Storia della letteratura italiana/Melchiorre Cesarotti
L'importanza di Melchiorre Cesarotti nella letteratura italiana tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento è legata alla sua attività di traduttore, in particolare delle opere inglesi dell'epoca, con le quali contribuisce a introdurre nella penisola il preromanticismo.
La vita
modificaFiglio di Giovanni (Zanne) e Medea Bacuchi, Cesarotti nasce a Padova il 15 maggio 1730 da una famiglia di antica origine nobile ma da tempo entrata nel "ceto civile". Studia nel seminario della sua città, dove ottiene il titolo e il privilegio di abate, e dove sarà poi accolto come giovanissimo professore di retorica e belle lettere nei primi anni cinquanta del Settecento. Nel novembre 1760 lascia Padova per trasferirsi a Venezia come precettore presso la famiglia Grimani. In questo ambiente si dedica all'esperienza che gli darà fama a livello europeo, la traduzione in italiano dei Canti di Ossian da poco pubblicati dallo scozzese James Macpherson.
Nel 1768 viene nominato professore di lingua greca ed ebraica presso l'università di Padova, cattedra che mantiene fino al 1797 quando passa, sempre nella stessa università, a quella di belle lettere, ovvero di eloquenza. Appartengono a questo periodo le sue opere più note: come traduttore dal greco (Demostene, Omero) e dalle lingue moderne (ancora l'Ossian, Gessner, Young), e come teorico dell'estetica (Saggio sulla filosofia del gusto) e della lingua (Saggio sopra la lingua italiana).
Da sempre sostenitore delle idee illuministe, è come molti spiazzato dall'esito violento della rivoluzione francese. All'arrivo delle truppe napoleoniche in Italia si schiera in favore di Bonaparte, per il quale scrive nel 1797 un sonetto encomiastico. Fa inoltre parte della delegazione inviata ad accogliere il generale vittorioso. Sempre a Napoleone dedicherà, dieci anni più tardi, un discusso poema celebrativo, la Pronea (1807), duramente commentato da Foscolo ("misera concezione, frasi grottesche, e per giunta, gran lezzo di adulazione"). Ispirati alle nuove idee portate dai francesi sono i suoi lavori Saggio sopra le istituzioni scolastiche, Il patriottismo illuminato, L'Istruzione d'un cittadino a' suoi fratelli meno istruiti.
Nella sua villa a Selvazzano, da lungo tempo di proprietà della sua famiglia, ospita amici come Madame de Stäel, Vittorio Alfieri, Ippolito Pindemonte e forse anche Foscolo, e impianta uno dei primi giardini all'inglese in Italia. Muore a Padova il 4 novembre 1808.
L'edizione completa della sua opera, in 42 volumi in ottavo, inizia a uscire a Pisa nel 1800 ed è completata postuma nel 1813.
Le traduzioni letterarie
modificaPer l'elenco delle opere di questo autore presenti su Wikisource, vedi Autore:Melchiorre Cesarotti
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Cesarotti è noto come traduttore di Omero: pubblica una versione in prosa dell'Iliade e un rifacimento in endecasillabi sciolti dal titolo La morte di Ettore (1795). Traduce anche due tragedie di Voltaire, la Morte di Cesare e il Maometto, oltre alle opere di Demostene e di altri oratori greci (nel Corso ragionato di greca letteratura, 1781).
Ma la traduzione che gli dà una fama europea gli capita tra le mani quando Charles Sackville, incontrato a Venezia, gli fornisce tutte le informazioni riguardanti l'attività di James Macpherson intorno al mitico bardo Ossian.[1]. Dei Poems of Ossian pubblicati da Macpherson nel 1762-63, Cesarotti dà alle stampe una prima traduzione parziale nel 1763, intitolata Poesie di Ossian, a cui fa seguito nel 1772 la traduzione dell'intero corpus di canti. La sua versione, stilisticamente innovativa e di grande suggestione letteraria, attrae l'attenzione dei letterati in Italia e Francia, suscitando numerosi imitatori. Per suo tramite Goethe entra in contatto con l'Ossian, e lo stesso Napoleone apprezza l'opera al punto da portarla con sé anche in battaglia. [2] . Nelle Poesie di Ossian Cesarotti riesce nell'intento di convertire tutti gli elementi e i princìpi della nascente lirica incentrata sulla natura e sui sentimenti, mantenendo una saldatura tra tradizione e nuovi temi poetici, di fatto dando il via al Romanticismo italiano.[1]
Il Saggio su la filosofia delle lingue
modificaPubblicato una prima volta nel 1785 con il titolo di Saggio sopra la lingua italiana, poi cambiato nell'edizione definitiva (1800) in Saggio sulla filosofia delle lingue applicato alla lingua italiana, il trattato di Cesarotti costituisce una delle voci più autorevoli e intelligenti del dibattito linguistico italiano del Settecento. Scritto in un periodo di contatti linguistici con la Francia, il trattato affronta il tema del prestito linguistico, teorizzando la possibilità che possa portare a un arricchimento della lingua, inserendosi nel dibattito sorto fra i tradizionalisti impegnati a conservare la purezza della lingua e dei princìpi letterari e i rinnovatori ansiosi di liberare la lingua dai modelli tipici della Crusca.
Cesarotti critica, nella prima parte, i pregiudizi sulla purezza della lingua e tende a evidenziarne il collegamento con la storia della civiltà. Nella seconda sezione distingue poi il genio grammaticale, ovvero la norma linguistica immutabile, e il genio retorico, che essendo legato alla contingenza può mutare. Infine, sostiene che i prestiti linguistici come i francesismi si possano accettare nella lingua italiana, a condizione però che essi non vadano in contrasto con le norme del genio grammaticale, ossia che nella lingua di destinazione non sia già presente un termine equivalente.
Tra le altre sue opere di saggistica si ricordano anche i saggi Sopra il diletto della tragedia e Sopra l'origine e i progressi dell'arte poetica (1762).
Note
modifica- ↑ 1,0 1,1 Le Muse, III, Novara, De Agostini, 1965, p. 215.
- ↑ Anna-Marie Thiesse, La creation des identites nationales. Europe XVIII-XX siècle, Paris, Éditions du Seuil, 1999, p. 52, ISBN 2020342472.