Storia della filosofia/Settecento

Storia della filosofia

È Kant che definirà chiaramente cosa deve intendersi per filosofia nel secolo dell'Illuminismo:

Immanuel Kant
« L'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l'incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro, Imputabile a se stesso è questa minorità, se la causa di essa non dipende da difetto d'intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! È questo il motto dell'Illuminismo.[1] »

Filosofia quindi come liberazione dalla superstizione e dall'ignoranza diffuse dalla Chiesa cattolica e dalla tirannia dei regimi assoluti.

Scriveva nel 1713 Anthony Collins nel Discourse of Freethinking (Discorso sul libero pensiero):

« Se la conoscenza di alcune verità ci è richiesta da Dio; se la conoscenza di altre è utile alla società; se la conoscenza di nessuna verità ci è proibita da Dio o è dannosa per noi; allora abbiamo il diritto di conoscere, cioè possiamo legittimamente conoscere ogni verità. E se abbiamo il diritto di conoscere ogni verità, abbiamo quindi il diritto alla libertà di pensiero.[1][2] »
Jean Baptiste Le Rond d'Alembert

Nel Discorso preliminare dell'Enciclopedia di Jean d'Alembert si mette in rilievo come l'Illuminismo erediti in un certo senso la concezione dell'empirismo inglese della filosofia come sapere risultato dell'attività della ragione per il bene della società. D'Alembert poi è convinto che debba rientrare nella filosofia anche lo studio della logica e del linguaggio poiché la filosofia non ha solo il compito di elaborare idee ma anche quello di comunicarle. Il philosophe illuminista, inteso come sinonimo di intellettuale, ha infatti il dovere di usare il sapere, la filosofia, ai fini della sua comunicazione sociale e della sua efficacia sociale. Il significato della filosofia è quello di "addolcire i costumi e istruire i governanti".[3]

La stessa visione della filosofia come educazione sociale si ritrova nell'Illuminismo tedesco: Christian Wolff definisce la filosofia come "la scienza del possibile in quanto possibile",[4] evidenziando fin dal titolo della sua opera il fine educativo e politico.

La filosofia illuministica è quasi totalmente allineata sulle posizioni di Bacone e di Newton riguardo al metodo ma riprende da Cartesio il valore della razionalità, intesa però, nello spirito di Locke, come programmaticamente finita.[5] Il pensiero di Diderot, per certi aspetti, è quello che meglio sintetizza l'indirizzo filosofico e scientifico in contrasto a quello metafisico e il suo Interpretazione della natura è uno dei testi chiave del pensiero illuministico legato alla scienza.

David Hume

Il percorso che segue David Hume e in generale l'Illuminismo inglese è quindi quello dell'empirismo lockeano; tale percorso tuttavia lo conduce a conclusioni scettiche, data l'inevitabile contingenza delle esperienze sensibili fondamenta di ogni pensiero.

Hume però ritiene anche, nei suoi scritti dove si occupa di etica, religione e politica, che la validità della filosofia non debba restringersi a verificarne il rigore e la precisione identificandola con la scienza, ma debba estendersi anche ad una nuova concezione della filosofia come sapere tendente al conseguimento del bene individuale e sociale.

Il tentativo degli illuministi di una sistemazione razionale del sapere scientifico per migliorare le condizioni di vita e arrivare ad un'organizzazione politica più razionale e giusta si basava però su un rapporto non ancora sufficientemente chiarito tra filosofia e scienza.[6]

Questo il compito che si assume Kant. Matematica e filosofia sono per Kant "arti razionali"[7] ma la filosofia si differenzia dalla matematica che procede per "costruzione" di concetti a priori, attraverso le intuizioni pure di spazio e tempo, concetti assolutamente certi perché indipendenti dall'esperienza ma che sono anche procacciatori di nuova conoscenza. Per questo che i giudizi che costituiscono la matematica sono "sintetici a priori". Quando ad esempio formulo l'espressione 7+5=12 non è vero che analizzo i concetti di 7 e di 5 e ne estraggo il 12 come relazione tra idee; al contrario, 7+5 è un materiale di lavoro base di una nuova conoscenza.

La filosofia, più che un'estensione delle conoscenze, deve proporsi di analizzare le condizioni che rendono possibile la formazione di un sapere, magari non più esteso ma più solidamente fondato come pretendeva di possedere la metafisica

« Nella metafisica, anche a considerarla soltanto per una scienza fin qui solo tentata, ma pure indispensabile per la natura della ragione umana, debbono essere contenute conoscenze sintetiche a priori. Quindi essa non ha il compito di analizzare semplicemente concetti, che noi formiamo a priori delle cose, e con ciò dichiararli analiticamente. Bensí è che noi vogliamo ampliare la nostra conoscenza a priori, per il quale scopo ci dobbiamo servire di tali princípi fondamentali che aggiungano oltre il concetto dato qualche cosa che in esso non era contenuto, e mediante giudizi sintetici a priori procedano pure così oltre, che la stessa esperienza non ci può seguire così lontano; per esempio, nella proposizione: il mondo deve avere un primo cominciamento, e così via. Così la metafisica consiste, almeno secondo il suo scopo, di evidenti proposizioni sintetiche a priori.[8] »

Nel criticismo trascendentale kantiano rientra quindi ancora la metafisica che ha perso però ogni pretesa di conoscenza assoluta riguardante la libertà, l'immortalità, l'esistenza di Dio ma che ha acquistato come postulato della morale il suo reale valore di principio direttivo certo dell'azione morale.[9].

Sarà poi Kant ad armonizzare il ragionamento di tipo matematico, quale quello del cartesianesimo, con quello di tipo sperimentale, che si ritrova nell'Illuminismo di tipo newtoniano. Da questo punto di vista Kant si riallaccia a Galilei che aveva proclamato l'accordo di matematica e sperimento quale condizione indispensabile al progresso della scienza. Galilei trovò una tecnica che dimostrava operativamente la possibilità di tale accordo ma lasciò ad altri il compito di giustificarlo filosoficamente. Ed è questa giustificazione al centro della problematica filosofica della Critica della ragion pura di Kant.

  1. 1,0 1,1 Immanuel Kant da Risposta alla domanda: che cos'è l'Illuminismo?
  2. C. Giuntini, Toland e i liberi pensatori del '700, Sansoni, Firenze, 1974, pag.81)
  3. Voltaire, Dizionario filosofico, voce "Philosophe", sez. IV.
  4. "Philosophia est scientia possibilium, quatenus esse possunt", in Discursus praeliminaris de philosophia in genere, Frankfurt - Leipzig (1728), § 29.
  5. Hans Georg Gadamer, Verità e metodo, tr. it. Di Gianni Vattimo, Bompiani, Milano 1986
  6. Immanuel Kant, Sogni di un visionario spiegati coi sogni della metafisica, trad. it. Venturini M., BUR Biblioteca Universale Rizzoli (collana Classici), 2001, cap.I.
  7. Kant, Critica della ragion pura, Dottrina del metodo, I, 1 (B 746/A 718).
  8. I. Kant, Critica della ragion pura, Introduzione alla seconda edizione
  9. Così nelle opere Primi principi metafisici della scienza della natura del 1786 e Opus postumum e nella Metafisica dei costumi del 1797