Riflessioni su Yeshua l'Ebreo/Profeta ebreo

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"Jésus s'assied au bord de la mer et prêche", guazzo & grafite su carta di James Tissot, 1886-94

Il Gesù storico come profeta ebreo: il suo significato per il dialogo ebraico-cristiano moderno

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Sebbene considerare ebreo il Gesù storico[1] sia un principio accademico comune, ma non universale, non è così percepito da quei segmenti, sebbene piuttosto limitati, del pubblico laico il cui anti-ebraismo li induce a separare Gesù il Messia dal suo contesto ebraico del Secondo Tempio.[2] Nel complesso, la grande maggioranza dei laici cristiani, che non hanno sentimenti antiebraici, non presta attenzione all'ebraicità del Gesù storico o vi accenna en passant, perché è poco o niente rilevante per la propria fede e/o precetti teologici.

D'altra parte, c'è un crescente movimento di laici cristiani che presta attenzione all'ebraismo di Gesù. Ciò si verifica perché i cristiani fondamentalisti credono che Gesù tornerà quando gli ebrei torneranno in Israele, presupponendo così una connessione fondamentale tra il ritorno del Messia, cioè Gesù, e quello dello spirito profetico,[3] con la storia ebraica passata, presente e futura;[4] inoltre, alcune sette cristiane sono influenzate dal dialogo ebraico-cristiano, che si concentra sui punti in comune — che sia riconosciuta o meno la loro origine condivisa dall'ebraismo del Secondo Tempio — piuttosto che sulle differenze. Poiché questo dialogo si sta evolvendo in una forte forza religiosa,[5] porta i laici nell'arena accademica.

Anche se oggi, almeno come dictum teologico, i cristiani e gli ebrei laici non pensano a Gesù come se fosse un profeta,[6] è probabile, a condizione che i primi manoscritti dei Vangeli fossero in accordo con i presunti manoscritti tramandati,[7] che alcuni o anche molti contemporanei di Gesù lo considerassero tale (si veda, ad esempio, Matteo 21:46).[8] Per esempio, in alcuni villaggi, la gente identificava Gesù come Giovanni Battista, Elia o un profeta (Marco 8:27; Luca 9:18). La delineazione di Gesù come profeta è indicata dall'uso che Gesù fa dei temi dell'Antico Testamento riguardanti la tortura e la morte dei profeti come vediamo in Matteo (23:34-39).[9] Lo vediamo anche negli oracoli "guai a voi..." (Matteo 23:13-33), che riflettono profondamente le dichiarazioni profetiche. Gesù mostra chiaramente di essere un profeta,[10] come lo dimostrano i suoi commenti riguardo all'accettazione o all'onore di un profeta nel proprio paese (Vang. Tomm. 31:1;[11] Matteo 13:57; Marco 6:4; Luca 4:24; Giovanni 4:44).[12] Inoltre, le "folle" in Matteo (21:11) e Luca (7:16,24:19) chiamano esplicitamente Gesù profeta. È considerato un grande profeta (Luca 11:16). Ancora più importante, egli si autoidentifica come un profeta (13:33 Luca). L'interpretazione che Gesù fosse un profeta rimane parte delle convenzioni musulmane (Q2:136), ma non ha continuato a essere presa in considerazione nelle tradizioni ebraico-cristiane non accademiche.

Ci sono vari motivi per cui la natura profetica del Gesù storico, che fa parte della interpretazione accademica, non fa parte del moderno dialogo laico ebraico-cristiano. Quest'ultimo sta solo ora cominciando a occuparsi dei realia storici pertinenti alle credenze, ai riti e alle pratiche fondamentali e ai paralleli molto specifici trovati tra i testi dell'Antico Testamento/Scrittura ebraica e del Nuovo Testamento.[13] Piuttosto, le differenze tra le due prospettive sono legate al punto focale, sebbene evoluto concettualmente o teologicamente, di quelle credenze, riti e pratiche. La concezione laica considera il testo neotestamentario solo per quanto riguarda il cristianesimo o l'ebraismo moderni: in altre parole, ruota attorno a ciò che è pertinente al rispettivo credente senza riguardo alla validità storica. D'altra parte, la comprensione accademica si occupa di validità storica, e guarda a ciò che crediamo fosse pertinente al rispettivo credente ai tempi di Gesù, nonché a quello in cui è stato composto il testo canonico.[14]

I cristiani hanno, come nucleo della loro fede, Gesù, che era nato come re dei Giudei (Matteo 1:1; Marco 1:1) e che è anche l'unto, il Messia o Cristo (Matteo 16:16; Marco 8:29; Luca 9:20; Giovanni 1:41,4:25).[15] Ma, sorprendentemente, è solo in Giovanni 4:26 che Gesù si autoidentifica come tale.[16] Tuttavia, poiché Giovanni è chiaramente influenzato dal medio-platonismo, questa attribuzione potrebbe essere semplicemente una diversa delineazione di ciò che era chiaramente compreso dai seguaci di Gesù, inclusi gli autori dei vangeli sinottici. Dal punto di vista della fede pasquale, la persona messianica di Gesù è fondata e basata sulla risurrezione (Atti 26:23; Romani 4:24,8:11; Galati 1:1; Efesini 1:20),[17] specificamente tramite lo spirito santo (Romani 8:11)[18] o il padre (Atti 2:32,3:15; 1 Tessalonicesi 1:10; Galati 1:1; 1 Corinzi 6:14; Romani 4:20-24; Efesini 1:17-20). Tuttavia la persona messianica abbraccia anche la nascita verginale di Gesù (Matteo 1:18-25); il suo status di Figlio dell'Uomo e Figlio di Dio,[19] la sua sofferenza e morte per i peccati dell'umanità (Matteo 26-27; Marco 14-15; Luca 22:23; Giovanni 12-19); la sua condizione di uno che è egli stesso stato risuscitato (1 Corinzi 15:12,19:3-4) e verrà di nuovo (Matteo 24:27; Marco 13:24-27; Luca 21:25-28); e, uno che non solo ha il potere di risuscitare altri dai morti (Marco 5:35-43; Luca 7:11-15; Giovanni 11:1-34),[20] ma risusciterà o condurrà i credenti alla vita eterna (Giovanni 5:21; Atti 26:8; Romani 4:17; 2 Corinzi 1:9) anche se non è chiaro se sia Dio Padre o Cristo la causa efficiente.[21]

Quando i laici cristiani moderni considerano Gesù e la profezia, generalmente lo fanno per quanto riguarda la profezia jahvista che si ritiene preannunci la venuta di Gesù. Trattano solo transitoriamente, se non per niente, della persona profetica di Gesù.[22] Questo non significa che coloro che conoscevano o trattavano il Gesù storico ignorassero anche la sua natura profetica. Essere l'unto di Yahweh e un profeta non si escludono a vicenda.

Sebbene la natura profetica di Gesù non sia rilevante per gli ebrei contemporanei, potrebbe essere stata rilevante per alcune sette di ebrei durante la tarda era del Secondo Tempio e poco dopo. Pertanto, dati i precetti teologici di alcune comunità del Mar Morto, nonché i modi in cui le loro pratiche differivano da molto ma non da tutto ciò che era praticato nello Stato templare di Giuda e a Gerusalemme, non sorprende trovare riferimenti nella loro letteratura ai profeti dell'Antico Testamento come unti (CD 2:12,5:21-6:1; 1QM 11:7,8).[23]

Per quanto riguarda il suo status messianico, è Gesù come il Messia, sia esso escatologico o politico-militare, non l'idea di un messia che è stata ed è ancora rifiutata da molti ebrei rabbinici dalla fine dell'era del Secondo Tempio in poi.[24] Durante l'era del Secondo Tempio, le aspettative di un messia escatologico potevano essere scarse e limitate a certi gruppi settari nella Palestina ebraica,[25] in particolare quelli a Qumran; ciononostante, stavano continuando a svilupparsi.[26] Nel periodo che va dal 200 p.e.v. al 100 e.v., i riferimenti messianici furono "usati solo raramente in relazione ad agenti della liberazione divina attesi in futuro".[27] Tale liberazione poteva o meno essere considerata imminente nello Stato templare di Giuda e a Gerusalemme, ma era chiaramente creduta come imminente nelle comunità di Qumran.[28] Inoltre, in Giuda e nella stessa Gerusalemme, sappiamo che Rabbi Akiva considerò Bar Kochba, che guidò la terza guerra giudaica contro Roma (132-135 e.v.) come un messia, se non il Messia. È significativo che alla fine del II secolo e.v. e all'inizio del terzo si riscontra l'aspettativa di un Mondo a venire per tutto Israele (m. Sanh. 10:1); e, nel sesto secolo e.v., troviamo nel Bavli l'aspettativa di un messia sofferente (b. Sanh. 98a-b). Ancor oggi, una coppa per Elia viene posta sul tavolo del Seder e la porta viene lasciata aperta in modo che Elia possa entrare e bere in accordo con la predizione presente nel Libro di Malachia (Malachia 3:23-24 [o vers. ND/NR 4:5-6]) alla fine del V secolo p.e.v., che Elia tornerà "prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore".

Tra vari ebrei laici d'oggi, ci sono varie aspettative per un futuro messia ebreo, sia esso basato sulla Scrittura, sul misticismo ebraico o sulle moderne credenze e pratiche settarie.[29] Proprio come alcuni ebrei rabbinici credono che il termine "unto" nella Scrittura possa raramente essere usato per riferirsi a un futuro salvatore o redentore escatologico, altri, in particolare ebrei chassidici e ortodossi, attendono l'arrivo di un tale messia escatologico.[30] Alcuni membri di diverse affiliazioni ebraiche attendono l'arrivo di un messia politico-militare. Ma, per la maggior parte, non si sentono molti ebrei laici esprimere aspettative messianiche.

Per quanto riguarda l'escatologia, oggi gli ebrei non rifiutano teologicamente l'idea della risurrezione, e certamente non fu rifiutata durante il periodo compreso tra la composizione della Storia deuteronomistica e qualche (molto) tempo dopo la fine del Secondo Tempio e persino della prima era rabbinica.[31] Sebbene nella maggior parte dei gruppi settari moderni all'interno dell'ebraismo rabbinico, la risurrezione non sia di solito un argomento di discussione né tra il pubblico laico né in ambiente rabbinico,[32] tale non è il caso dell'ebraismo chassidico (in particolare) e rabbinico ortodosso. Ciò che è storicamente significativo, qui, è che o Rabbi Yehudah HaNasi (Giuda il Principe) o gli artefici della Mishnah mantennero una fede, o almeno un dialogo riguardo alla fede, nella risurrezione. Si afferma che coloro a cui è negata una parte nel Mondo a venire sono quelli che negano l'attestazione della risurrezione dei morti nella Torah (m. Sanh. 10: 1).

Non si può negare che nella Storia Primaria vi sia almeno un caso esplicitamente notato di morte e risurrezione, in cui lo storico deuteronomista riferisce della risurrezione del figlio della donna sunammita da parte del profeta estatico-sciamanico Eliseo (2 Re 4:8-37).[33] Tuttavia, la tradizione chiaramente non tratta questo caso come anomalo poiché addirittura il contatto con le ossa del defunto Eliseo potevano far rivivere i morti (2 Re 13:20-21). Ma le circostanze in cui si verifica un tale atto in generale sono straordinarie e sono considerate limitate alle azioni del profeta sciamanico, Eliseo, che Yahweh possiede e pervade.[34]

Eliseo aveva varie caratteristiche sciamaniche che sono anche basilari e parallele, sebbene con modifiche, alle tradizioni di Gesù: per esempio, Eliseo fece sì che più vasi d'olio fossero riempiti da un solo vaso (2 Re 4:1-7); fu in grado di nutrire un certo numero di uomini solo con una piccola quantità di cibo (2 Re 4:42-44); guarì (2 Re 5:1-19) e fece ammalare di lebbra (2 Re 5:20-27). Come Eliseo aveva fatto riempire più vasi di olio da uno solo, Gesù fece riempire più vasi di vino trasformati dall'acqua (Giovanni 2:2-11). E compì altri miracoli simili a quelli di Eliseo: per esempio, sfamò migliaia di persone con sette pani (Matteo 15:32-39; Marco 8:2-10); e ancora, migliaia con soli cinque pani e due pesci (Matteo 14:13-21; Marco 6:35-44; Luca 9:10-17; Giovanni 6:1-15); guarì gli ammalati (Matteo 4:24-25;8:14-17;9:20-22;12:13-14; Marco 1:29-31;3:1-5;5:28-31; Luca 4:38-41;6:8-10;8:43-48); resuscitò i morti, in varie occasioni (ad esempio, la ragazza morta Matteo 9:24; Marco 5:35-39, la donna morta Luca 8:52-3, il figlio della vedova Luca 7:11-1, il ragazzo Marco 9:26, che la folla credeva morto, ma che forse era semplicemente posseduto; e, in particolare, Lazzaro Giovanni 12:1-17). Inoltre, si considerava che egli fosse Giovanni Battista risorto dai morti (Matteo 14:2).[35]

 
Possibile schema dell'"ipotesi documentaria":
'J': tradizione Jahvista
'E': tradizione Elohista
'D': tradizione Deuteronomista
'P': tradizione Sacerdotale
'R': "Redattore" che ha compilato le fonti
'DH': Storia deuteronomistica
* include la maggior parte del Levitico
† include la maggior parte del Deuteronomio
‡ include Giosuè, Giudici, Samuele 1&2, Re 1&2

Questi attributi, abilità e opere miracolose che il Gesù storico condivide con i presunti profeti sciamanici del IX secolo p.e.v.,[36] almeno come descritto dallo storico deuteronomista tra la fine del VI e l'inizio del V secolo p.e.v.,[37] complementano la sofferenza e il rifiuto che egli condivise coi profeti/autori dell'VIII secolo p.e.v.,[38] formando così un paradigma che richiede che egli sia classificato come profeta proprio come lo descrive l'autore degli Atti (3:22-26). Gesù non solo condivide alcune caratteristiche con il presunto sciamano Eliseo, ma condivide anche alcune caratteristiche con il presunto Mosè del tredicesimo secolo p.e.v.,[39] che gli ebrei considerano un profeta e che i cristiani credono abbia profetizzato la venuta di Gesù come Messia (3:22-26). Gesù, come Mosè e gli altri profeti, parla direttamente con Yahweh. Inoltre, Yahweh parla tramite Mosè, tramite i profeti sciamanici, tramite i profeti/autori e infine, appunto, Gesù. Inoltre, Yahweh possiede i profeti sciamanici, e alcuni ma non tutti i profeti/autori (almeno quando ricevono la loro "chiamata"), e a volte anche Gesù.

Quindi, è significativo che, come sottolinea de Jonge, Eliseo sia l'unico profeta non regale dell'Antico Testamento che è specificamente indicato dallo Storico deuteronomista come unto (1 Re 19:15-16); tuttavia, de Jonge sottolinea anche che questo non è menzionato nel suo racconto della chiamata,[40] fatto che è significativo. Comunque, c'è almeno uno (Saul) e forse un secondo (Davide) profeta estatico dell'Antico Testamento che è unto anche se a causa della sua condizione regale piuttosto che profetica. Quando Samuele lo unge re, Saul profetizza (1 Samuele 9:26-10:16; cfr. spec. 10:1-2 per l'unzione e 10:6-7 per Saul come estatico). Quando Saul manda messaggeri a prendere Davide, non solo vengono posseduti dallo Spirito di Dio (1 Samuele 19:20-22), ma alla fine succede anche a Saul stesso persino prima di incontrare Samuele (1 Samuele 19:23). Quando Saul infine trova Samuele, non solo si spoglia, ma delira: in altre parole, come descritto dallo Storico deuteronomista, agisce in modo folle o estatico, per la seconda volta. Ciò fu così tipicamente estatico che le azioni di Saul suscitano la domanda "Anche Saul è tra i profeti?". Quindi, lo Storico deuteronomista (1 Samuele 19:23-24) chiarisce che anche il re Saul fu un profeta estatico, per un periodo limitato. 2 Samuele ritrae il re Davide che agisce in modo simile. Quando Davide danza nudo davanti all'Arca mentre entra a Gerusalemme (2 Samuele 6:14),[41] egli agisce in estasi. Ciò indica una qualche relazione con l'estatico, cioè con i profeti sciamanici. Questa relazione è particolarmente definitiva dal punto di vista dello Storico deuteronomista poiché, come sottolineano Keil e Delitch, David indossava un efod bianco, che "era, a rigor di termini, un paramento sacerdotale" e "l'abito che denotava il carattere sacerdotale dell'indossatore".[42] Tuttavia, ciò che sappiamo sull'abito sacerdotale potrebbe essere tardivo, di data posteriore.[43] Quindi, ancora una volta, dobbiamo mettere in dubbio la veridicità dell'interpretazione. Sebbene sia Saul che Davide fossero re unti, il racconto collega chiaramente queste azioni allo status profetico.[44] Poiché si presume che Gesù si considerasse re dei Giudei, e molti dei suoi seguaci ritenessero tale, il concomitante stato profetico e regale di Saul e David, per quanto limitato possa essere, è particolarmente pertinente al paradigma di Gesù.[45]

Gli ebrei rabbinici rifiutano categoricamente Gesù come "il Messia", tanto meno "un" messia, e negano che sia mai stato il re degli ebrei, ma non negano che sia di linea davidica.[46] Da una prospettiva rabbinica, la mancanza di qualsiasi tradizione che abbia tramandato un Gesù unto con olio al suo ministero,[47] come è richiesto per lo status di sommo sacerdote o quello regale – ma non per lo status profetico – può ovviamente squalificarlo.[48] Sebbene i primi scritti cristiani mostrino che Gesù fu unto con lo Spirito, chiaramente un diverso tipo di unzione, ciò non è rilevante per l'ebraismo d'oggi; ma era rilevante per alcuni gruppi settari durante la tarda era del Secondo Tempio.[49]

Degno di nota è il fatto che, durante l'era del Secondo Tempio e per qualche tempo dopo, c'erano molteplici messia ebrei, alcuni dei quali già allora erano ritenuti falsi, e Gesù era uno dei tanti.[50] Inoltre, c'è una tradizione di unzione sacerdotale (1:10: "sacerdoti consacrati con l'unzione"). Tuttavia, esistevano varie aspettative settarie riguardo al tipo e alla delineazione del profeta messianico che doveva venire.[51]

Nella Storia primaria, i re d'Israele e di Giuda sono unti come lo sono alcuni sommi sacerdoti,[52] cioè Aronne, i suoi figli, come anche Zadok (vedere, ad esempio, Esodo 29:1-7; Levitico 4:3-5,6:15 [NR/ND 6:22]).[53] L'unzione regale è la più notevole: e, il maggior numero di citazioni dell'unzione regale si riferisce a Davide, tuttavia ce ne sono parecchie per Saul, che è chiamato l'unto di Yahweh almeno nove volte e forse più.[54] Ce ne sono un po' meno per Salomone, Joas, Jehoahaz, Absalom e Jehu.[55] Un non jahvista, Hazael, è chiamato unto (1 Re 19:15) insieme ai due profeti sciamanici jahwisti, Jehu ed Eliseo (1 Re 19:16-17). Ma questa è la rappresentazione dello Storico deuteronomista,[56] il cui lavoro è molto tardivo. Quindi, non possiamo presumere che le tradizioni che riporta e le storie che racconta abbiano una validità storica.[57]

Nella Storia primaria, con l'eccezione di Hazael, i non-jahvisti non sono solitamente chiamati messia anche se sappiamo che l'unzione faceva parte del processo di accessione regale, il rituale di intronizzazione, nell'Antico Vicino Oriente.[58] Nella letteratura esilica, c'è un esempio di un non-jahvista, Ciro, che Deutero-Isaia (45:1) considerava messia.

I cristiani oggi categorizzano Gesù come il Messia per cinque ragioni correlate: 1) Gesù era accettato dai suoi seguaci come il Cristo,[59] che egli riconoscesse o meno la sua regalità; 2) ogni re d'Israele e Giuda era stato un messia politico-militare; 3) secondo i Vangeli canonici, Gesù stesso riconosce, ma non troppo, la sua regalità sia nel giardino "di là dal torrente Cèdron" (Giovanni 18:1-11) e quando interrogato da Caiàfa (Marco 14:53-65; Matteo 26:57-68; Luca 22:63-71; Giovanni 18:20-23),[60] ma riconosce la sua unzione (Marco 14:62: "‘Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio benedetto?’ Gesù rispose: ‘Io lo sono!’"); tuttavia, quando viene interrogato da Pilato, che gli chiede se egli fosse il re dei Giudei, Gesù si adombra e risponde a Pilato: "Tu lo dici" (Matteo 27:11);[61] 4) i soldati lo scherniscono come re (Matteo 27:29; Marco 15:18; Luca 26:36); 5) inoltre la gente che schernisce e attacca Gesù come re dei Giudei quando porta la croce al Getsemani, pensa che egli abbia creduto di essere il re d'Israele (Matteo 27:42-43).

Sebbene fosse politica romana schierarsi con la fazione filo-romana, di solito le classi superiori, nell'amministrazione provinciale, non possiamo concludere che Pilato funzionasse come braccio dei sommi sacerdoti e del Sinedrio. Piuttosto, o almeno fatto più importante, stava agendo in accordo con gli interessi romani e la legge romana quando chiese a Gesù se fosse il re dei Giudei. Nessuno poteva diventare re in un regno cliente romano — tanto meno la Provincia imperiale romana in cui era stato incorporato lo Stato del Tempio e che era direttamente sotto il dominio imperiale — senza la previa approvazione dell'Imperatore.[62] Pilato era giustificato nell'interrogare Gesù poiché alcuni consideravano Gesù il loro re. Dato che Gesù non era un sacerdote, Pilato potrebbe aver ben compreso la regalità implicita nel fatto che Gesù fosse considerato messia. Il fatto che i Vangeli descrivano Pilato mentre chiedeva a Gesù se fosse il re dei Giudei, ma non se fosse l'unto, il Cristo, suggerisce che Pilato capisse la correlazione. Non si può presupporre una mancanza di comprensione: anzi, Pilato avrebbe saputo che era richiesta l'unzione per un legittimo re jahvista.[63]

La risposta di Gesù a Pilato ("Tu lo dici") mostra semplicemente che Gesù conosce la legge romana in merito a tale questione. Gesù non poteva riconoscere la propria regalità poiché ciò lo avrebbe sia accusato che condannato per tradimento contro Roma,[64] nella misura in cui si fosse arrogato la sovranità della Giudea senza il permesso o la nomina romana. Ancora più importante, la messianità di Gesù era un'idea estremamente pericolosa agli occhi dei romani. L'autodivinizzazione o deificazione popolare di un sovrano, in questo caso un qualcuno ritenuto messia, avrebbe posto tale persona al di sopra e contro il defunto autodivinizzato fondatore dell'Impero Romano, Augusto, come anche suo figlio Tiberio.

Prima di Gesù, è probabile che ogni messia ebreo fosse considerato umano,[65] che è ciò che spesso significa Figlio dell'Uomo.[66] Tuttavia, Gesù, nei Vangeli, è indicato come "il Figlio dell'Uomo"[67] e l'articolo "il" indica chiaramente un qualche tipo di divinità. Qui, pertanto, è usato in modo analogo a "Figlio di Dio".[68] Alla fine dell'era del Secondo Tempio, era nata l'aspettativa di un messia escatologico oltre che politico-militare,[69] per cui la classificazione di Gesù come il' Figlio di Dio. Questa è una designazione ambigua che potrebbe denotare una divinità, come è il caso in molte delle tradizioni greco-romane che stavano diventando ben note nella Palestina ebraica; o, come nel caso di "Figlio dell'Uomo", potrebbe anche designare un essere umano nella misura in cui denoti l'essere un seguace/fedele di Dio, come molti altri hanno notato.

Coloro che accettano Gesù come il Messia attingono al paradigma profeticamente annunciato, in particolare quello dei quattro Cantici del Servo nel Deutero-Isaia (42:1-4;49:1-7;50:4-11;52:13-53:12). Questi Cantici del Servo sono ancora interpretati dai cristiani[70] – da tempi relativamente antichi fino ai giorni nostri – come profetizzassero la venuta di Gesù quale messia escatologico e, quindi, come il "Servo Sofferente di Yahweh" e il Figlio di Dio.[71] Di conseguenza, interpretano la sua definizione di Figlio di Dio in modo inequivocabile come un segno di divinità. In realtà la designazione è ambigua e può denotare sia il divino che l'umano, e quindi definirlo in entrambi i modi.[72] Per i cristiani, la raffigurazione di Gesù come Figlio dell'Uomo e il (solo unigenito) Figlio di Dio è congruente, ma passibile di differenziazione. Quindi, la percezione di Gesù come il re dei Giudei così come quella predetta dai profeti, si basa e deve basarsi su quella di Gesù l'ebreo umano, che ciò sia riconosciuto o meno. La qual cosa non nega il suo status divino, ma piuttosto indica i legami regali con l'individuo umano.

Ci sono molti aspetti interessanti in questo. Ad esempio, da nessuna parte nei Vangeli Gesù si riferisce a se stesso come re dei Giudei, sebbene Matteo lo consideri nato per essere il re dei Giudei e Gesù concordi. Basandosi solo sugli scritti biblici ed extra-biblici esistenti, è impossibile determinare se la cautela di Gesù fosse per amor di sicurezza in modo da non essere classificato come traditore dalla legge romana (cfr. supra) oppure perché non si considerava il re degli ebrei, il che è improbabile date le sue quasi-ammissioni. D'altra parte, la targa sovrascritta sopra la testa di Gesù in croce recita "Il Re dei Giudei" (Marco 15:26); o "Questi è il re dei Giudei" (Luca 23:38); o "Gesù il Nazareno, il re dei Giudei" (Giovanni 19:19-20); o "Questi è Gesù, il re dei Giudei" (Matteo 27:37). Tali sovrascrizioni mostrano che i romani lo crocifissero per l'atto traditore di assumere regalità, indipendentemente dal fatto che lo avesse ammesso o meno quando fu interrogato da Pilato.[73]

Inoltre, c'è la questione del paradigma del Servo Sofferente di Yahweh che si trova in Deutero-Isaia, che i cristiani ipotizzano anticipi Gesù.[74] Tuttavia, è altamente possibile che Deutero-Isaia non abbia proposto i Cantici del Servo come profezia di una futura figura messianica. Piuttosto, molto probabilmente, proprio come Proto-Isaia stava riflettendo sulla nascita del re Ezechia (7:14) in una asserzione successivamente presa a profetizzare la nascita di Gesù,[75] Deutero-Isaia nei Cantici del Servo potrebbe aver riflettuto sulla sofferenza del Proto-Isaia. Cioè, potrebbe davvero essersi riferito all'Isaia di Gerusalemme dell'VIII secolo che, come altri profeti dell'VIII secolo di cui siamo a conoscenza,[76] ai suoi tempi era un disprezzato paria.[77]

Le correlazioni sono forti. Proprio perché la forma di jahvismo del Proto-Isaia era decisamente diversa da ciò che egli attribuisce ai suoi contemporanei Giudaiti, e in particolare ai gerosolimitani, fu giustamente disprezzato dai suoi contemporanei. Le sue pratiche, secondo la sua stessa testimonianza (Isaia 1-39),[78] sebbene richieste da Yahweh, erano anomale, almeno nella società per amore della quale, ma allo stesso tempo contro la quale, predica. È lui che è diverso, non quelli che egli critica. Soprattutto è vituperosa la sua predicazione sui peccati dei gerosolimitani nei capitoli 1-6.

Allo stesso modo, la predicazione di Gesù (ad esempio, le Beatitudini: Matteo 5:3-12; Luca 6:17,20-23) va al di là di ciò che, per quanto ne sappiamo, era praticato nello Stato del Tempio, ed era spesso in disaccordo con le dottrine sacerdotali (Matteo 5:17-48). L'attacco di Gesù (Matteo 5:1-7:27) alle pratiche religiose di coloro che si trovano nello Stato del Tempio è analogo all'attacco di Proto-Isaia alle figlie di Gerusalemme. Il suo attacco ai cambiavalute e ad altri nel Tempio (Matteo 21:12-13; Marco 11:15-19; Luca 19:45-48; Giovanni 2:13-22) è forse il punto saliente del suo attacco contro lo Stato del Tempio, in particolare l'establishment gerosolimitano. Ma, in modo significativo, quando a Gesù viene chiesto perché i suoi discepoli trasgrediscano le tradizioni degli anziani (Matteo 15:1-6), risponde (Matteo 3-9:1; Marco 7:1-23) dicendo ai farisei e agli scribi che costoro danno la priorità alle loro tradizioni piuttosto che a Dio. Nella giustificazione, cita Proto-Isaia (29:13). Come Isaia, è Gesù che è diverso e non quelli criticati. Per quanto riguarda la cattiveria, va notato che Gesù chiarisce che non di non esser venuto a portare la pace, ma a mettere gli uni contro gli altri (Matteo 10:34-36; Luca 12:51-53), e maltratta coloro che crede stiano violando la casa e le leggi di suo Padre. Inoltre, in Matteo, parla di se stesso come se fosse venuto con una spada. Sia Proto-Isaia che Gesù intendono portare il dissenso, per cambiare le pratiche religiose delle persone:

« Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: e i nemici dell'uomo saranno quelli della sua casa. »
(Matteo 10:34-36)

L'odio e il disprezzo per Proto-Isaia nacquero chiaramente per diversi motivi interconnessi. Proto-Isaia violò le usanze o il senso della moralità dei Giudaiti: ad esempio, seguì le istruzioni di Yahweh di togliersi i sandali e il sacco — di per sé non l'abito solito dei Giudaiti della classe superiore eccetto per quelli in lutto, se possiamo fidarci di 2 Samuele 3:31,[79] — e di camminare nudi e scalzi (Isaia 20:2: "In quel tempo il Signore disse per mezzo di Isaia figlio di Amoz: ‘Va', sciogliti il sacco dai fianchi e togliti i sandali dai piedi!’. Così egli fece, andando spoglio e scalzo"). Forse Proto-Isaia si tolse solo un indumento esterno, e quindi agì in disaccordo con le usanze piuttosto che violare la moralità, secondo l'interpretazione di Keil e Delitch. Nel qual caso, anche questo comunque non lo avrebbe reso gradito ai gerosolimitani.[80] Ancora più importante, offese i gerosolimitani dicendo loro che stavano violando una religione di cui, ironia della sorte, allora non erano consapevoli o non pensavano li riguardasse. In realtà, egli stava facendo di più: stava predicando un nuovo tipo di jahvismo che contrastava ciò che era stato praticato fino a quel momento. Allo stesso modo, Gesù predicava un diverso tipo di jahvismo, che chiaramente era offensivo per scribi e farisei. Era anche offensivo per i Sadducei, che non credevano nella risurrezione.

Proto-Isaia predicava l'adorazione soltanto di Yahweh, ritenendo quindi come anatema il culto dei morti comunemente praticato;[81] e più specificamente, condannò la religione prevalente in cui Yahweh era considerato il primo tra gli dèi piuttosto che l'unico Dio, accusando così i figli di Israele di violare il vero jahvismo e di conseguenza di dover essere puniti. Proto-Isaia (capp. 2-4) pronuncia "il giudizio su Israele e Gerusalemme in modi che ricordano Amos". Similmente, condanna "sia la leadership civile che religiosa" di Israele e di Giuda (Isaia 28-33.[82] Questo naturalmente portò Proto-Isaia alla condizione di martire. Gesù disse ai suoi discepoli e seguaci di praticare e osservare gli insegnamenti degli scribi e dei farisei, ma di non emulare le loro azioni (Matteo 23:1-12; Marco 12:38-40; Luca 20:45-47) e li condannò in una serie di "Guai a voi..." (Matteo 23:13-36).

È degno di nota il fatto che lo Jahvismo di Proto-Isaia – il culto in cui Yahweh è considerato l'unico Dio – come quello di altri profeti dell'VIII secolo, non fu accettato dalla maggioranza dei figli di Israele fino alla riforma di Giosia del 622 p.e.v. o forse successivo a quella riforma, ancor più tardi dell'esilio babilonese, e forse anche dopo.[83] Isaia e altri presumono che Ezechia, il re, accettasse, tuttavia, solo Yahweh piuttosto che Yahweh come primo tra gli dei. Parimenti, l'ebraismo di Gesù, che predicava Padre, Figlio e Spirito Santo, non fu accettato dalla leadership e, per quanto ne sappiamo, dalla maggioranza degli ebrei di Giuda e Gerusalemme.

Come Proto-Isaia, Gesù violò le norme accettate dell'ebraismo del Secondo Tempio praticate in Giuda e Gerusalemme.[84] Ad esempio, Gesù perdonò i peccati (Matteo 9:2-6; Marco 2:5-8; Luca 5:20-21); mangiò con peccatori ed esattori di tasse (Matteo 9:10-11; Marco 2:15-16; Luca 5:27-30), raccolse grano di Sabbath (Matteo 12:1-2; Marco 2:23-25; Luca 6:1-2); e quando gli fu chiesto della mancanza di osservanza delle tradizioni degli anziani da parte sua e dei suoi discepoli (Matteo 15:1-2; Marco 7:1-5), citò Proto-Isaia (29:13). Gesù attaccò frontalmente l'ordine stabilito quando entrò nel Tempio e scacciò i mercanti, rovesciando inoltre i tavoli dei cambiavalute (Matteo 21:12-17; Marco 11:13-19; Luca 19:45-46; Giovanni 2:13-16):

« Gesù entrò poi nel tempio e scacciò tutti quelli che vi trovò a comprare e a vendere; rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe e disse loro: "La Scrittura dice: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera ma voi ne fate una spelonca di ladri». »
(Matteo 21:12-17)

Chiaramente, Gesù l'Ebreo può essere modellato sul paradigma di Proto-Isaia tramite i Cantici del Servo di Deutero-Isaia.[85] Sebbene ciò sia in contraddistinzione con il dictum accettato che, in questi canti, Isaia profetizzò la sofferenza di Gesù per Israele, non significa che entrambe le cose non possano essere vere. Inoltre, anche se alcuni come John Drane pensano che Gesù abbia effettivamente modellato se stesso – piuttosto che essere stato interpretato in tal modo dai seguaci – sul Servo Sofferente di Deutero-Isaia,[86] ciò è improbabile. Gli studiosi ritengono che il termine "messia" non si trovi nell'ipotetico documento "Fonte Q" che, se vero, significa che i suoi primi seguaci non lo avevano sentito dichiararsi messia; inoltre i Vangeli mostrano che Gesù era riluttante ad essere chiamato messia.[87] Chiaramente, tuttavia, come Proto-Isaia, Gesù aveva raccolto il manto profetico. E, come molti profeti, Gesù era un servitore sofferente di Yahweh.

Conclusioni per un dialogo ebraico-cristiano moderno

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L'ebraicità di Gesù è oggi riconosciuta da alcuni ebrei, principalmente accademici, e tacitamente accettati dalla maggior parte degli ebrei, sia laici che accademici. A parte i "Jews for Jesus", gli ebrei moderni non lo considerano né un profeta né un messia.

D'altra parte, i laici cristiani per i quali Gesù è sia il leader politico-militare – cioè il capo regale "in battaglia"[88] – sia il messia escatologico, non lo considerano un profeta, mentre alcuni accademici lo vedono sia come profeta che come messia. Come ho già notato, solo pochi non accettano (stupidemente, direi} che egli fosse ebreo.

Il pubblico laico spesso non capisce che un profeta era un paria o nel migliore dei casi fuori dal mondo e odiato o disprezzato dai suoi contemporanei. Questo potrebbe essere il motivo per cui Gesù è raramente classificato come un profeta, e lo stesso Isaia non è visto attraverso la lente di Proto-Isaia, ma piuttosto intertestualmente attraverso la prospettiva del Deutero- e del Trito-Isaia.[89] Ciò può anche spiegare perché la maggior parte degli ebrei e cristiani laici guarda quello che predicavano i profeti piuttosto che il modo in cui coloro contro i quali predicavano vedevano ciò che veniva predicato. Quindi, la loro simpatia/empatia sta con un profeta come Isaia e quegli altri che predicarono solo Yahweh, piuttosto che Yahweh come primo degli dei, in particolare perché la prospettiva profetica colora e influenza fortemente la teologia moderna. L'approccio è chiaramente unilaterale.

La questione è più complicata nel caso dell'interpretazione di Isaia o di Gesù da parte della comunità accademica. Poiché è ormai raro per gli accademici — anche per coloro che desiderano vedere il testo biblico da una prospettiva di Nuova Critica e quindi ignorare il differenziale temporale della composizione — trascurare la diversa natura della voce profetica rispettivamente nei tre Isaia, non sembra esserci alcun problema nel definire il profeta come odiato e disprezzato dai suoi contemporanei laddove il testo sia appropriato. Tuttavia, se vogliamo capire perché Gesù l'Ebreo fosse un profeta del suo tempo, dobbiamo vederlo come il Servo Sofferente del Signore,[90] con tutta la panoplia di odio e disprezzo diretti contro di lui.

Inoltre, per perseguire la nostra comprensione della comunanza, dobbiamo cercare di capire come, perché e in quali circostanze la percezione laicale riguardo alla natura storica di Gesù sviluppata temporalmente, e che i fedeli ritengono invariata (ad esempio, nella dossologia, "Come era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli") differisce da quella accademica proprio nel momento stesso in cui ci concentriamo sulla storia della profezia e sui movimenti profetici.

In generale, la percezione laica di Gesù o di un profeta non è rilevante per uno studio accademico, anche quando viene discussa l'interpretazione accademica della sua natura profetica; e la percezione laica viene omessa o sommariamente respinta. Tuttavia, quando si tratta della percezione di chi e cosa fosse Gesù, di come erano visti lui e altri profeti dell'era del Secondo Tempio,[91] come anche gli Israeliti e i Giudaiti, in particolare i profeti dell'VIII secolo, erano considerati dai loro contemporanei, può essere utile esaminarli di nuovo. Nel processo, dobbiamo esaminare sia la percezione accademica che quella laica, rispettivamente, in modo da vedere come differiscono e come coincidono l'una con l'altra. Differenziare ciò che è basato sulla fede e ciò che è un'analisi storica (sebbene tentativa) ci consentirà di apprendere come l'uno ha influenzato e ha continuato a influenzare l'altro. Possiamo quindi vedere come le analogie tra Gesù e in particolare i profeti dell'VIII secolo abbiano influenzato la nostra percezione moderna di Gesù con il risultato che abbiamo perso di vista il Gesù storico.

È facile capire come si sia sviluppata la comprensione dei profeti amati dal popolo quando esaminiamo parti del Deutero- e del Trito-Isaia. Allo stesso modo, è facile ignorare l'odio e il disprezzo espressi per Gesù, che è attribuito a specifici gruppi settari senza riguardo allo stato sociale dei suoi membri,[92] in modo da vederlo come amato dalla gente nel Nuovo Testamento. Non è così facile vedere la stessa cosa quando leggiamo profeti vissuti dopo l'ottavo secolo, come Ezechiele o Geremia o persino Giona, sia attraverso la lente di una comprensione successiva alla loro predicazione sia attraverso una moderna analisi critica dei rispettivi testi nel loro contesto storico.[93] Per comprendere appieno il rispettivo fenomeno trasformativo, dobbiamo analizzare le loro opere da una prospettiva sociale, letteraria e teopolitica. Cioè, dobbiamo guardarlo comparativamente, nel suo ambiente storico, piuttosto che in un ambiente storicamente cronologico per categoria.

È inoltre facile capire come si sviluppò la percezione di Gesù come non-ebreo. Una volta che Paolo portò la sua nuova religione ai gentili, il cristianesimo gentile iniziò a dominare le pratiche religiose, almeno nella misura in cui suggeriscono le nostre tradizioni storiche. Tuttavia, a causa dell'influenza di Paolo (egli stesso di formazione rabbinica), la natura settaria del primissimo cristianesimo gentile differiva da quella del Secondo Tempio e del primo ebraismo rabbinico. La differenziazione settaria cristiana, che era apparentemente ma non realmente persa quando Costantino dichiarò il cristianesimo la religione del mondo romano, rifletteva la nazionalità nei confronti della polis o in alcuni casi della vasta nazione dei suoi praticanti. Questo, tuttavia, non fu determinante nel portare alla ribalta il cristianesimo gentile e relegare il cristianesimo ebraico a una religione in continua diminuzione. Ciò che conta è che l'influenza del primo cristianesimo gentile è tale da essere percepito come il vero cristianesimo, e il cristianesimo ebraico viene trattato come un'anomalia. Questo, ovviamente, porta ad alcuni dei problemi inerenti alla definizione del vero Israele così come del Gesù storico.

D'altra parte, l'influenza del primo ebraismo rabbinico, che come il cristianesimo è ramificazione dell'ebraismo del Secondo Tempio, ha anche portato alla percezione laica ebraica che non esiste una vera distinzione tra Secondo Tempio ed ebraismo rabbinico, che nell'ideologia rabbinica formano un continuum. Similmente, ha rafforzato la convinzione rabbinica che Gesù fosse un ebreo radicale che si separò dalla sua vera religione. Ciò potrebbe aver portato alla percezione che in un modo o nell'altro Gesù non fosse ebreo: uno sviluppo non sorprendente poiché Gesù visse in un momento in cui c'erano grandi disordini sociali e politici nella Palestina ebraica. Inoltre, non andava a vantaggio di nessuna scuola del primo ebraismo rabbinico trattare Gesù come "tradizionalmente" o "normativamente" ebreo.[94] Quindi, nella migliore delle ipotesi, egli viene ignorato. Se mai considerato, viene trattato come un ebreo rinnegato o un eretico o in qualche modo dissociato dall'ebraismo. È interessante notare che non è mai stato considerato un mezzo ebreo come lo furono i Samaritani.

Di conseguenza, anche quegli ebrei che riconoscono che Gesù è nato da genitori ebrei, e i cristiani che riconoscono che Gesù è nato, per nascita verginale, da una madre ebrea, spesso lo trattano come non fosse ebreo. Forse considerano l'evoluzione successiva del cristianesimo come un riflesso delle sue origini piuttosto che come qualcosa di derivato da esse. Ciò, naturalmente, presuppone che l'ebraismo del Secondo Tempio e l'ebraismo rabbinico da soli formino un continuum in conformità con i dicta rabbinici. In effetti, come l'ebraismo del Secondo Tempio e l'ebraismo rabbinico, anche l'ebraismo del Secondo Tempio e il paleocristianesimo ebraico formano un continuum. L'ebraismo rabbinico e il paleocristianesimo ebraico sono fratelli, ciascuno nato dallo stesso genitore.

Forse qualche tipo di antiebraismo gentile o addirittura antisemitismo, riconosciuto o meno, influenza la comprensione di un ottuso gruppetto riguardo all'ebraicità di Gesù. O forse un qualche tipo di anti-cristianesimo ebraico porta alcuni gruppi a desiderare di dissociare le origini della fede cristiana dalla storia dell'ebraismo. Detto questo, da dove viene la percezione che Gesù fosse un profeta ebreo? Da una prospettiva cristiana, abbiamo il Vangelo di Luca, in cui la natura profetica di Gesù è "il centro epistemologico" e "il kerygma essenziale".[95] Da una prospettiva musulmana, è un modo di cooptare Gesù e di sussumerlo nel lignaggio teologico di Maometto in modo da presentare l'Islam come sostituto del cristianesimo.

Per l'ebraismo, invece, la questione è più problematica. La maggior parte degli ebrei non pensa a Gesù come a un profeta. Sebbene gli studiosi ritengano di sapere cosa credessero i suoi contemporanei, in realtà sappiamo solo ciò che le fonti esistenti vogliono farci sapere. La letteratura paleocristiana tende a presentare il tardo ebraismo del Secondo Tempio come monolitico, cosa che sappiamo non essere il caso, e come antitetico – che potrebbe o non potrebbe essere stato – a Gesù come Cristo. La prima letteratura rabbinica tratta l'ebraismo rabbinico, sebbene con più di una scuola, come l'unica forma di ebraismo, negando ipso facto la natura profetica di Gesù e ancor meno la sua messianità. D'altra parte, i dati greco-romani pre-costantiniani, compresa la letteratura, per il cristianesimo primitivo tendono a presentare i cristiani come rivoluzionari e quindi traditori mentre, in realtà, era il trattamento di Gesù come re dei Giudei, non la sua natura rivoluzionaria, che rese il cristianesimo traditore. Affinché ci sia concordia, dobbiamo analizzare e comprendere sia le differenze che i punti in comune. Questo è il difficile compito che devono affrontare cristiani ed ebrei ora in dialogo.

Le molte facce di Yeshua

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Ricostruzione artistica del volto di Gesù dalla Sindone di Torino
  Per approfondire, vedi Biografie cristologiche, Ebraicità del Cristo incarnato, Ecco l'uomo e Serie cristologica.
  1. Nel discutere il Gesù storico, siamo limitati dal relativo ritardo anche dei primi testi come le lettere paoline autentiche, che sono contestualmente ellenistiche, con un focus non ebraico nonostante l'etnia ebrea di Paolo (si vedano i capitoli precedenti, nei riferimenti a Paolo di Tarso). I Vangeli sono successivi a Paolo. E, sebbene si consideri che la Fonte Q rifletta i detti del Gesù storico, è comunque ipotetica. Quindi, sebbene i Sinottici siano giudaici e si creda che Matteo e Luca siano derivati da Marco e Q insieme ad altri materiali orali anche se minori, possiamo solo essere sicuri della derivazione marciana. Non sappiamo fino a che punto essi, o qualsiasi altro scritto esistente, riflettano il Gesù storico.
  2. La distinzione tra il nome proprio, Messia, e il nome comune, messia, è importante e significativa.
  3. Per l'aspettativa ebraica che "il ritorno dello spirito profetico fosse inestricabilmente correlato ai tempi messianici", vedi Franklin W. Young, "Jesus the Prophet: A Re-Examination", Journal of Biblical Literature 68 (1949): 285-99. L'ipotesi di Franklin rende chiaro che esiste un collegamento tra Gesù come messia e Gesù come profeta ebreo.
  4. Anche se generalmente si presume che questo sia stato, e possa essere attualmente, una credenza in un ritorno del popolo ebraico nella "Terra", Israele, c'è un'altra interpretazione che deve essere considerata. Se i cristiani sono il verus Israel, è possibile che un tempo si credesse che il ritorno in Israele si riferisse alla conversione degli ebrei al vero Israele, non un ritorno alla "Terra". Per un'interpretazione in merito, si veda Marcel Simon, Verus Israel: A Study of the Relations Between Christians and Jews in the Roman Empire (AD 135-425), trad. (EN) H. McKeating (Oxford: Oxford University Press, 1986).
  5. Da notare in particolare l’International Center for Christians and Jews (ICCJ); il Council of Centers on Jewish-Christian Relations (CCJR); e i rispettivi gruppi costituenti, che sono molti.
  6. Forse questa confusione sorge perché, come afferma Amy-Jill Levine nel suo The Misunderstood Jew: The Church and the Scandal of the Jewish Jesus (San Francisco:Harper, 2006): "Gesù parla come un profeta" (110). Tuttavia, secondo Levine, ciò è mitigato dai Vangeli, in cui egli viene considerato "più di un profeta" con il contesto che disturba "l'analogia profetica". Tuttavia, Levine vede Gesù anche come parte del continuum degli insegnanti ebrei (rabbini) e profeti a causa della comunanza di visione del mondo (20).
  7. Levine, The Misunderstood Jew, 104-05, è in accordo con il consensus opinionis, che sottolinea che non abbiamo copie autografe dei Vangeli canonici; non sappiamo veramente chi ha scritto i Vangeli o dove; ma quelli che abbiamo provengono dal c. 200 e.v.
  8. Paul E. Davies, in "Jesus and the Role of the Prophet", Journal of Biblical Literature 64 (1945) asserisce che un crescente "interesse nella Cristologia" veniva accompagnato da "qualche riferimento all'opera di Gesù come profeta" sebbene con limitazioni (253). Nonostante la crescita della Cristologia oggi, gli studi sulla natura profetica di Gesù sono ancora limitati e scarsi; ma stanno sviluppandosi e sono diventati parte del dialogo accademico.
  9. P. Oxy. 2683 (che, risalendo alla metà/tardo II secolo, predata il primo MMS dei Vangeli canonici), ha un ampia sezione di Matteo 23-30. Ma manca Matteo 23:34-35, pertanto non ne possiamo trarre inferenza. Tutte le citazioni dei papiri in questo documento sono prese da: Philip W. Comfort e David P. Barrett, The Text of the Earliest New Testament Greek Manuscripts (Wheaton: Tyndale House/Libronix, 2001).
  10. David L. Turner, "Matthew 23 as Prophetic Critique", Journal of Biblical Studies 4 (2004): 23-42, cfr. partic. 25-33; Susan Rieske, "Jesus’ Use of Old Testament Themes in Matthew 23:34-39", Journal of Biblical Studies 4 (2004). Inoltre, Davies, "Jesus and the Role of the Prophet", suggerisce che i riferimenti ai falsi Cristo e ai falsi profeti in combinazione (Marco 13:22) potrebbero "indicare" l'"autodesignazione" di Gesù come il vero profeta (242). In modo significativo, J. Severino Croatto, in "Jesus, Prophet like Elijah and Prophet-Teacher like Moses in Luke-Acts", Journal of Biblical Literature 124 (2005) sottolinea che la designazione messianica offuscava la consapevolezza laica di Gesù come profeta, il cui ruolo è centrale in Luca (451). Più importante, egli afferma che il punto di vista profetico nella "attività di Gesù è così intenso nel magnum opus lucano, che pare sorprendente possa essere rimpiazzato da interpretazioni messianiche" e che ciò divenne il focus del testo con l'esclusione virtuale dell'interpretazione profetica (465).
  11. La citazione nel Vangelo di Tommaso è molto significativa poiché questa opera sembra alquanto vicina a quella che chiamiamo "Fonte Q".
  12. Giovanni 4:44 si trova nel Papiro Bodmer II + Inv. Nr. 4274/4298 del II secolo. William John Lyons dimostra che questa non è un'affermazione proverbiale citata comunemente da Gesù quando dice "Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua" — cfr. il suo "Mark 6:4 and Parallels: A Study in the Methodological (In)Consistency of the Jesus Seminar", Journal for the Study of the Historical Jesus 6 (2008): 59-84. Lyons specula sull'idea che il ministero di Gesù sia la base del suo detto (82-83).
  13. P. E. Davies pensa che la nostra consueta nomenclatura messianica per Gesù offuschi effettivamente la sua natura profetica ("Jesus and the Role of the Prophet", 254).
  14. Sulla base di ciò che sappiamo della trasmissione orale, è probabile che i due molto probabilmente differirono.
  15. Esiste un vasto corpus di letteratura che tratta di Gesù come il Messia. Nonostante la loro data di pubblicazione, Tryggve Mettinger col suo King and Messiah (Lund: ConBOT 8, 1976) Sigmund Mowinckel con He That Cometh: The Messiah Concept in the Old Testament and Later Judaism (Grand Rapids: Eerdmans, 2005) sono sempre importanti. Per problematiche in merito alla figure messianiche del Secondo Tempio, si veda Jacob Neusner, Messiah in Context: Israel’s History and Destiny in Formative Judaism(Philadelphia: Fortress, 1984); cfr. anche, Judaisms and Their Messiahs at the Turn of the Christian Era, curr. Jacob Neusner, William Scot Green e Ernest Frerichs (Cambridge: Cambridge University Press, 1987).
  16. Per una testimonianza precedente (metà II sec. e.v.) al primo MS del testo canonico di Giovanni 4:26, si veda P. Bodmer II + Inv. Nr. 4274/4298.
  17. Joseph Jensen, "Prediction-Fulfillment in Bible and Liturgy", Catholic Biblical Quarterly 50 (1988): 656. Se la risurrezione fu corporea è in discussione. George W. E. Nickelsburg, in "Resurrection", Anchor Bible Dictionary, cur. David Noel Freedman (New York:Doubleday, 1992) dice che tali tradizioni suggeriscono un tipo di "tendenza apologetica" (5:691). F. W. Horn, in "Holy Spirit", Anchor Bible Dictionary, nota che la risurrezione di Gesù dai morti "è espressa in alcune delle formula cristiane più antiche" (3:267).
  18. Cfr. 11Q Melch 18, dove si fa riferimento all'araldo della fine dei tempi come "unto dallo spirito" (חורה חישמ). Cfr. ad esempio, Adam Simon von der Woude, "Messianic Ideas in Later Judaism", Theological Dictionary of the New Testament, curr. Gerhard Kittel e Gerhard Friedrich, trad. e cur. Geoffrey W. Bromiley (Grand Rapids: Wm. B. Eerdmans, 1964), 9: 517.
  19. I Nuovo Testamento ripetutamente usa questi termini in riferimento al Gesù storico o al Gesù escatologico. Per una panoramica, si veda George W. E. Nickelsburg, "Son of Man", Anchor Bible Dictionary 6:141-50. Per il "Figlio dell'Uomo" e per l'influenza di Enoch nel delineare Gesù, cfr. G. W. E. Nickelsburg, "First and Second Enoch: A Cry against Oppression and the Promise of Deliverance", in The Historical Jesus in Context, curr. Amy-Jill Levine, Dale C. Allison Jr. e John Dominic Crossan (Princeton: Princeton University Press, 2006), 87-109; cfr. partic. 89-92. Per una discussione onnicomprensiva dei significati messianici ed umani ed i rispettivi usi, cfr. Adela Yarbro Collins e John J. Collins, King and Messiah as Son of God: Divine, Human, and Angelic Messianic Figures in Biblical and Related Literature (Grand Rapids: Eerdmans, 2008). Crispin H. T. Fletcher-Louis, in "Jesus as the High Priestly Messiah: Part 2" JSHJ 5 (2007), dimostra che il termine Figlio dell'Uomo viene riferito a Gesù come "re e sacerdote secondo l'ordine di Melchisedec" (57-79, partic. 57). Fletcher-Lewis nota che Giovanni (Apoc. 1:13-16) "vede Gesù come Figlio dell'Uomo" con le rispettive vesti del sommo sacerdozio (59). J. Andrew Overman, in The New Oxford Annotated Bible:NRSV with the Apocrypha, III ediz., cur. Michael D. Coogan, (Oxford:Oxford University Press, 2001) asserisce che l'uso greco di "Figlio di Dio" denota un leader di qualche tipo o un'entità divina (32 [New Testament] a Matteo 16:16).
  20. La credenza che i morti potessero essere risuscitati risale dall'antichità in poi. Importante nel Nuovo Testamento è la risurrezione di Lazzaro. Vediamo inoltre la risurrezione dei morti nei Padri della Chiesa pre-Nicene. Si veda, per esempio, "On the Resurrection of the Dead The Treatise of Athenagoras the Athenian, Philosopher and Christian" in Early Church Fathers 1.2.4.2.0.0: The Ante-Nicene Fathers 2, curr. Alexander Roberts, James Donaldson e A. Cleveland Coxe (Grand Rapids: Eerdmans/Libronix, ND), 149-62.
  21. Per questa ed altre tradizioni e termini riferiti alla designazione di Gesù quale profeta che, a differenza di Figlio dell'Uomo o Figlio di Dio, potrebbe essere un "minimo irriducibile", si veda P. E. Davies, "Jesus and the Role of the Prophet", 24. Che "Figli del Padre", l'equivalente di "Figli del Profeta" possa essere usato più esplicitamente di "Figlio di Dio", è molto importante. Si veda, per esempio, James G. Williams, "The Prophetic ‘Father’: A Brief Explanation of the Term ‘Sons of the Prophets,’" Journal of Biblical Literature 85 (1966): 344-48. J. Severino Croatto, in "Jesus, Prophet like Elijah", 453, chiama il termine Figlio di Dio "polisemico e ambiguo". Esamina "la tradizione dei ‘figli dei profeti’ in 1 Sam. 10:5; 19:20-24; 2 Re 2:3; Gioele 3:1-5" con riferimento all'estatico. D'altra parte, questa interpretazione potrebbe essere precedente.
  22. Ciò ignora il fatto che quando Gesù dichiara cosa accadrà, agisce come un profeta. Può, tuttavia, essere collegato al dibattito sull'esistenza della profezia nell'era del Secondo Tempio. Per una discussione sulla continuazione della profezia nell'era del Secondo Tempio, si veda Benjamin D. Sommer, "Did Prophecy Cease? Evaluating a Reevaluation", Journal of Biblical Literature 115 (1996): 31-47. Sebbene Sommer concluda che gli ebrei del Secondo Tempio si aspettavano che la profezia venisse rinnovata con l'avvento del Messia (47), credo che la storia dell'era del Secondo Tempio suggerisca che questa fosse una visione settaria. Per una discussione sulla storia del Secondo Tempio in generale, cfr. John H. Hayes e Sara R. Mandell, The Jewish People in Classical Antiquity: From Alexander to Bar Kochba (Westminster: John Knox, 1998).
  23. CD 5:21-6:1 si riferisce a Mosè e ai santi unti quali datori dei comandamenti. Per i profeti come unti dallo Spirito e ricercatore di verità, si veda Michael A. Knibb, The Qumran Community (Cambridge: Cambridge University Press, 1988), 27, a II.11-13. Cfr. anche Marinus de Jonge, "Messiah", Anchor Bible Dictionary 4:782; Emil A. Wcela, "The Messiah(s) of Qumran", Catholic Biblical Quarterly 26 (1964): 340-49. Potrebbe essere importante che il Salmo 105:15 usi "gli unti", avendo come suo antecedente i "patriarchi" e i "profeti" in parallelismo.
  24. Dobbiamo ricordarci che l'ebraismo rabbinico stesso è uno sviluppo successivo, forse ma non necessariamente iniziato come continuazione dell'ebraismo farisaico dopo la distruzione del Tempio. Per una possibile interpretazione romana di ciò, si veda Sara Mandell, "Who Paid the Temple Tax when the Jews were Under Roman Rule?" Harvard Theological Review 77 (1984): 223-32. Per la restaurazione della porzione del re (m. Sotah 7:8) ed il "Messia", che secondo gli ebrei sarebbe un Re Ebreo pienamente funzionante in senso politico, si veda Hyam Maccoby, Early Rabbinic Writings (Cambridge: Cambridge University 1998), 106.
  25. Si veda, per esempio, Richard A. Horsley, "Like one of the Prophets of Old", Catholic Biblical Quarterly 47 (1985): 435-63.
  26. Per un aumento delle aspettative messianiche in questo periodo, si veda John J. Collins, in Collins e Collins, King and Messiah as Son of God, 45-46.
  27. De Jonge, "Messiah", Anchor Bible Dictionary 4:777.
  28. Joseph Fitzmyer, in "The Aramaic ‘Elect of God’ Text from Qumran Cave IV", Catholic Biblical Quarterly 27 (1965), nota le aspettative messianiche a Qumran con inizio verso l'era Asmonea (352). Si veda, per esempio, 1QSa 2:14, 20 per il messia escatologico (unto); 1QS 9:11 per il profeta futuro ed i messia (cioè, militari ed escatologici); 4Q Test 5-8 per un profeta; e 4Q Flor vv. 11-12 per il messia davidico che arriverà alla fine dei tempi. Cfr. partic. 11Q Melch 18-19 per "l'unto dello Spirito", che è particolarmente interessante poiché serve chiaramente da prototipo per l'unzione di Gesù.
  29. Anche alcuni ebrei che rifiutano ogni forma di pratica religiosa, ma amano Israele, sperano ancora in un leader politico-militare, che salverà Israele dai suoi nemici. Potrebbero certo non considerarla un'aspettativa messianica, ma in fin dei conti e per definizione lo è.
  30. Si veda per esempio l'elenco delle opinioni chassidiche su <https://truthnet.org/> o anche il sito Chabad <https://chabadinfo.com/> e <https://www.chabad.org/>.
  31. David J. Bryan, in "The Jewish Background to The Resurrection of the Son of God by N.T. Wright", Journal for the Study of the Historical Jesus (2005), nota che l'osservazione di Wright che ci sono eccezioni bibliche alla prospettiva veterotestamentaria che la morte sia finale: vale a dire "Enoch (Gen. 5), Elia (2 Re 2) e Mosè (Deut. 34)" (156). Tuttavia non vedo giustificazioni ad includerci Deut. 34. In ogni caso, Bryan prosegue affermando "l'emergere di indizi di speranza per i morti" e successivamente il "‘risveglio’ dei dormienti". Per differenze settarie ebraiche nel tardo Secondo Tempio riguardo alla credenza nella risurrezione, di Gesù o di altri, si veda per es. Atti 17:32, 23:6, 24:21;1 Cor. 15:3-4, 21, 29; Efes. 5:14.
  32. Nel Kaddish del lutto, gli ebrei lodano Dio per tutta l'eternità senza citare la morte.
  33. Uso i termini sciamanico ed estatico come sinonimi. In ogni caso, qui Eliseo è anche chiamato l'uomo di Dio. L'articolazione può essere significativa.
  34. Il gruppo di cui Eliseo era il leader è stato paragonato a un "culto della possessione". Si veda, per esempio, R. R. Wilson, Prophecy and Society in Ancient Israel (Philadelphia: Fortress, 1980), 202. Cfr. anche Keith W. Whitelam, "Elisha", Anchor Bible Dictionary 2:472.
  35. In particolare, Gesù giustifica il suo ministero ai gentili (Luca 4:27) in virtù di Eliseo che guarì Naaman; si veda Whitelam, "Elisha", Anchor Bible Dictionary 2:472). Per il battezzatore di Gesù, Giovanni il Battista, come nuovo Elia, cfr. J. Severino Croatto, "Jesus, Prophet like Elijah", 454.
  36. Gesù è stato ben riconosciuto come una figura tipo Elia. Si veda per esempio, John A. T. Robinson, "Elijah, John and Jesus: An Essay in Detection", New Testament Studies 4 (1957-58): 263-81. J. Severino Croatto, in "Jesus, Prophet like Elijah", sottolinea che "Luca raccoglie una serie di miracoli che ‘imitano’ miracoli paralleli di Elia o di Eliseo" (456).
  37. 37. Il tardo collocamento cronologico della maggior parte di DtrH (= Storia deuteronomistica), con l'eccezione di diverse poesie, è ben stabilito. Nonostante la convinzione di molti studiosi che esistessero tradizioni precedenti su cui poggiano parti di DtrH, con l'eccezione di Giudici 4 che è una presentazione tardiva e variabilmente interpolata di ciò che sta in Giudici 5, l'esistenza di materiale narrativo precedente è attualmente non dimostrabile e quindi deve rimanere ipotetico. Inoltre, poiché i cicli di Elia ed Eliseo non sono tra le eccezioni, non abbiamo modo di attribuire alcuna veridicità storica alle narrazioni. Significativamente, Susanne Otto, in "The Composition of the Elijah-Elisha Stories and the Deuteronomistic History", Journal for the Study of the Old Testament 27 (2003): 487-508, data tre delle storie di Elia-Eliseo come composte non molto tempo dopo il 562 p.e.v., e le rimanenti storie di Eliseo risalgono al V secolo p.e.v. e persino al post-deuteronomismo (vedere specialm. 497). Il punto di vista di Otto che la maggior parte delle storie di Eliseo siano basate su "una vecchia raccolta di storie di miracoli" (505) è infondato e, in particolare, non fornisce data a quella raccolta. Sebbene possa avere ragione nell'affermare che 1 Re 19:1-18 era stato inserito in DtrH come tentativo di convalidare l'importanza della profezia, che era stata retrocessa a sostegno del primato di Mosè e del Pentateuco (507), questo sarebbe avvenuto in un secondo momento, poiché fu Esdra a dividere l'Antico Testamento della prima Bibbia in Pentateuco e corpus profetico. Si veda David Noel Freedman, "The Formation of the Canon of the Old Testament: The Selection and Identification of the Torah as the Supreme Authority of the Post-exilic Community," in Religion and Law: Biblical-Judaic and Islamic Perspectives, cur. Edwin B. Firmage, Bernard G. Weiss e John W. Welch (Winona Lake: Eisenbrauns, 1990), 317-18, 324-326.
  38. Qui includo Elia poiché, in Luca, c'è anche un legame implicito con il Terzo Isaia oltre che con Gesù. Tuttavia, non vediamo le stesse corrispondenze di quelle tra Eliseo e Gesù. Per le immagini di Elia in Luca 4:16-30 e la sua relazione con Isaia 61:1-2, vedere John C. Poirier, "Jesus as an Elijanic Figure in Luke 4: 16-30", Catholic Biblical Quarterly 69 (2007): 349-63. Poirier non considera "l'analogia di Elia ed Eliseo" come una "logion vagante" (363). Significativamente, Poirier osserva che è molto probabile che Elia sia stato unto sebbene non vi sia alcuna dichiarazione esplicita al riguardo (353). Questa è una chiara corrispondenza con Gesù, che è considerato l'unto del Signore, ma non vi è alcuna rappresentazione dell'unzione tradizionale con olio.
  39. Dato il ritardo della Storia Primaria (= da Genesi a 2 Re MT), e in particolare DtrH e P (= "Priestly" - "Sacerdotale"), con quest'ultimo molto probabilmente risalente all'inizio dell'era del Secondo Tempio, la nostra immagine di Mosè, che può o meno essere esistito, è di per sé abbastanza tardiva.
  40. De Jonge, "Messiah", Anchor Bible Dictionary 4:778.
  41. Dal momento che "tutto Israele" non era unto, è improbabile che i figli di Israele agissero in estasi quando, se possiamo considerare storica una qualsiasi parte non comprovata di Dtr, ballarono con Davide davanti a Yahweh (2 Samuele 6:5). Tuttavia, poiché l'unto Davide era vestito con l’efod sacerdotale quando danzava davanti all'Arca (2 Samuele 6:14), egli agiva sia come re che come sacerdote, ed era chiaramente estatico.
  42. Per una prospettiva divergente, che rifiuta il rapporto tra stato regale e stato profetico, cfr. trad. James Martin, "Isaiah", in C. F. Keil e F. Delitsch, Commentary on the Old Testament (Edinburgh: T. & T. Clark, 1866-1891), 7:119-644.
  43. 43. La mia fonte primaria è Esodo 28, con ulteriori informazioni in Esodo 29:2-31;39:28-29; Levitico 8:7, tutte quasi certamente da P. Poiché P è molto tardiva, esilica o più probabilmente dell'era Secondo Tempio, non possiamo presumere che il paramento sacerdotale descritto rifletta tradizioni precedenti. Sebbene l’efod sia stato collegato liturgicamente al santuario di Shiloh (1 Samuele 2 2:18-19,28;14:3), 1 Samuele fa parte di DtrH e quindi così tardivo che non possiamo presumere una qualsiasi base storica fondata su fonti precedenti. Anche se alcuni credono che parti di DtrH si basino su tradizioni precedenti, ciò non può essere comprovato. Sebbene il Cronista citi il trasporto dell'Arca da parte di Davide (1 Cronache 15:25-28), la sua descrizione è limitata, affermando semplicemente che Davide indossava un manto di lino fino e un efod di lino (1 Cronache 15:27). Poiché non possiamo risalire alle tradizioni usate dal Cronista, che stava scrivendo durante la Restaurazione o nell'era del Secondo Tempio, in un periodo di tempo molto precedente a quello di Dtr,la sua descrizione è sostanzialmente irrilevante.
  44. Cionondimeno, è interessante che il termine "mio eletto" venga usato per Mosè (Salmi 106:23), per il Servo Soferente di Yahweh (Isaia 42:1) e Gesù, che è chiamato Figlio di Dio (Giovanni 1:34). Tale uso è stato notato da J. Fitzmyer, "The Aramaic ‘Elect of God’ Text", Catholic Biblical Quarterly 27 (1965): 370 in un contesto differente.
  45. Pertanto, è particolarmente notevole che il primo riferimento al "Messia Regale", chiamato il Messia almeno una volta, sia 1QSa 2:12 da Qumran. Si veda S. von der Woude, "Messianic Ideas in Later Judaism", Theological Dictionary of the New Testament 9:516.
  46. Ciò richiede che egli sia amato. Per l'amore di Yahweh per il suo unto, Davide, e le promesse riguardanti il suo lignaggio, con accenni a una tradizione del Servo sofferente, si vedano Salmi 18:50;89:20,37-38,51;132:10,17. Per il messia come re "che verrà a continuare la dinastia davidica", si veda Pheme Perkins, "Messiah", in Paul Achtemeier, cur., Harper’s Bible Dictionary (New York: Harper and Row, 1985) 630. Ma Perkins osserva che il termine "messiah" non viene usato dai profeti a denotare "futuro re".
  47. La sua unzione fatta da Maria non può essere considerata come elevazione al ministero. Matteo (26:6-13), Marco (14:3-9) e Giovanni (12:1-8) sono chiari nell'affermare che egli viene unto per la sepoltura.
  48. Chiaramente ciò non lo avrebbe squalificato in Qumran (11Q Melch 18. Cfr. supra).
  49. L'idea dello Spirito Santo potrebbe essere stata presa in prestito dall'uso in Qumran. Cfr. F. W. Horn, "Holy Spirit", Anchor Bible Dictionary 3:261.
  50. Per una discussione sulle molteplici sette di ebrei con opinioni differenti riguardo all'idea e alla definizione di messia durante l'era del Secondo Tempio, vedi Neusner, Green e Frerichs, Judaisms and their Messiahs. Vedi, però, J. Jensen, "Prediction Fulfillment", 656 n. 33 per la prospettiva di diversi articoli presentati in questo saggio, ad indicare che l'ebraismo del I secolo "non aveva alcuna aspettativa unificata generale di un messia". Durante il secondo secolo e.v., Bar Kochba fu considerato messia da Rabbi Akiva, come ho già notato. È possibile che durante il II secolo p.e.v. il Maestro di giustizia fosse considerato un messia. Ma Joseph Fitzmyer, in "The Aramaic ‘Elect of God’ Text from Qumran Cave IV", Catholic Biblical Quarterly 27 (1965), crede che il Maestro di Giustizia non si considerasse un messia: piuttosto, era "un leader nella linea dei profeti come Mosè" (351). Inoltre, Fitzmyer non reputa ovvio che "Eletto di Dio" avesse un significato messianico in Qumran.
  51. Si veda per es. Richard A. Horsley, "Like One of the Prophets of Old", Catholic Biblical Quarterly 47 (1985): 435-63. Horsley nota che la testimonianza è limitata in merito alla "Aspettativa di un Profeta Escatoligico" ebreo (437-43).
  52. Questo è di particolare importanza, poiché Gesù visse durante il tardo Secondo Tempio e storicamente, anche il sommo sacerdozio è tardo giudaita, e forse uno sviluppo dell'era esilica o addirittura del Secondo Tempio. Ciò non significa che non ci fosse una casta sacerdotale precedente, ma piuttosto che P non serve come prova a meno che non possiamo dimostrare che anche P si basi su tradizioni precedenti, cosa per cui non ci sono testimonianze attuali.
  53. Qui sono P ("Sacerdotali").
  54. Interessante è che Saul non viene mai chiamato semplicemente unto, ma piuttosto Unto di Yahweh. Cfr. Franz Hesse, "חשמ and חַ שִׁ יָמ in the Old Testament", Theological Dictionary of the New Testament 9:502.
  55. Si veda per es., F. Hesse, "חשמ and חַ שִׁ יָמ in the Old Testament", Theological Dictionary of the New Testament 9:497. Hesse inoltre asserisce che "L'unizione viene fortemente attestata solo in relazione al Regno meridionale di Giuda e con riferimento a Davide ed i suoi successori".
  56. Per la nostra argomentazione, non importa se c'è più di un Dtr. Ciò è principalmente importante per quanto riguarda la sua/loro datazione.
  57. Chiunque abbia giocato al "Telefono senza fili" sa quanto sia inaffidabile la tradizione orale. La posizione teologica secondo cui le redazioni dell'Antico Testamento erano basate su resoconti accurati o addirittura reali di eventi o che i rabbini hanno ricevuto e tramandato infallibilmente le loro tradizioni (vedi ad esempio, m Pirqe Abot), è una postura teologica che non ha alcun rapporto con la realtà. C'è una grande quantità di letteratura, sia di supporto sia di opposizione, che si occupa della trasmissione delle tradizioni orali nella creazione del Pentateuco come anche in quella dei poemi omerici. Ancora più importante, il PH non ha la natura formulaica che caratterizza ed è necessaria per tale trasmissione su base continua. Poiché la maggior parte di ciò che abbiamo si basa su miti e leggende non databili, il massimo di ciò che possiamo dire su di loro è che potrebbero essere stati demitizzati. Per la maggior parte, non possiamo nemmeno speculare su una qualche base di realtà storica.
  58. Che, nonostante il ritardo della sua rappresentazione, può essere da dove nasce la tradizione giudaita sebbene, storicamente parlando, ci aspetteremmo più probabilmente che sia stato uno sviluppo israelita e quindi non collegato alle tradizioni di Davide.
  59. Con poche eccezioni, la maggior parte delle attestazioni proviene dalla prima letteratura cristiana.
  60. In effetti, risponde più o meno allo stesso modo di quando viene interrogato da Pilato.
  61. Non abbiamo modo di sapere se Pilato avesse capito che un messia politico-militare e un messia escatologico possano, ma non necessariamente essere trovati in un'unica persona. Per una discussione esoterica tra Pilato e Gesù riguardo alla regalità escatologica di Gesù, si veda Giovanni 18:33-38. Ciò che sarebbe importato a Pilato, in ogni caso, era la possibilità che, come re dei Giudei, fosse un messia politico-militare, trovandosi così in un rapporto di tradimento con il dominio romano in Giudea. Due figure attese sono annotate nel DSS: una sacerdotale, unta d'Aaronne e una regale, unta d'Israele (1QS 9:11; 1QSa 2:14,20; CD 20:1; 4QP Bless 2:4; 4Q). Per il "ramo" di Davide, che salverà Israele, cfr. 4Q Fior 1:11-13. Si veda anche M. A. Knibb, The Qumran Community, 261 per questo come il Messia davidico. Cfr. anche P. Perkins, "Messiah", Harper’s Bible Dictionary 630.
  62. Persino la nomina del sommo sacerdote e la supervisione dei suoi paramenti era una prerogativa romana (cfr. Hayes e Mandell, The Jewish People, 154).
  63. Il fatto che ne sentiamo parlare principalmente in relazione alla linea davidica potrebbe riflettere l'inimicizia tra Giuda e Israele anche se, per quanto ne sappiamo, entrambe le nazioni erano jahviste. (Non è questo il luogo per discutere la posizione minimalista, con la quale sono d'accordo.) In particolare, dato il pregiudizio anti-nordico e non davidico della Storia primaria o delle tradizioni all'interno dello Stato del Tempio, Pilato potrebbe non essere stato a conoscenza di nessun'altra prospettiva.
  64. Durante la tarda Repubblica e inizio Impero, la crocifissione veniva imposta solo per tradimento. In alcuni casi, la ribellione o la sedizione potevano essere considerate tradimento e i suoi leader crocifissi (ad esempio, Spartaco), ma non vi è alcuna indicazione che Gesù fosse ritenuto ribelle o sedizioso da Pilato. Piuttosto, egli viene portato davanti a Pilato per aver commesso un tradimento di per sé. Poiché la Giudea era una provincia imperiale, era sola prerogativa dell'imperatore nominare o almeno approvare il re della Giudea. Se Gesù avesse riconosciuto la sua regalità, allora avrebbe commesso tradimento. Il rifiuto di Gesù di riconoscere che era re dei Giudei è il motivo per cui Pilato non trovò alcuna colpa in lui.
  65. E successivamente, nell'ebraismo rabbinico, l'aspettativa che Elia verrà di nuovo o che fosse asceso al cielo vivo non lo divinizza.
  66. Per una discussione delle implicazioni dell'Ideologia Reale dell'Antico Testamento e AVO, e la possibilità che il re possa essere divino, cfr. John J. Collins in Collins & Collins, King and Messiah as Son of God, capp. 1-4.
  67. Si veda George Nickelsburg, "Son of Man", Anchor Bible Dictionary 6:137-50.
  68. Oggi, nella dossologia, i due sono usati parallelamente.
  69. In particolare a Qumran, ma forse tra certi gruppi settari nello Stato del Tempio. Il seguito che Gesù attrasse può dimostrare che alcune delle prospettive che attribuiamo a Qumran potrebbero essere state più diffuse di quanto suggeriscano gli scritti esistenti.
  70. Jensen, "Prediction-Fulfillment", 658 nota che la tardività dell'"identificazione ebraica del Servo Sofferente col Messia" non la si trova prima del quarto secolo e.v. Cfr. anche J. A. Fitzmyer, "Jesus in the Early Church through the Eyes of Luke-Acts", Scripture Bulletin 17 (1987): 32.
  71. Richard T. Murphy, in "Second Isaiah: The Servant of the Lord", Catholic Biblical Quarterly 9 (1947): 269, nota che fu la controversia coi cristiani che spinse i rabbini ad identificare il Servo Sofferente con Israele piuttosto che con l'atteso Messia.
  72. In quanto servo sofferente, potrebbe essere Figlio dell'Uomo o di Dio. Ma, in quanto Servo Sofferente escatologico, egli può solo essere il Figlio di Dio. Per il Figlio di Dio diverso dal suo uso onorifico nei circoli ellenistici, si veda Paul J. Achtemeier, "Mark, Gospel of", Anchor Bible Dictionary 4:551.
  73. Ciò solleva la questione della validità del rapporto nei Vangeli secondo cui Pilato non aveva trovato alcuna colpa in Gesù (supra).
  74. Inoltre, Siracide (48:24) dice di Isaia: "Con grande ispirazione vide gli ultimi tempi" che i cristiani ritengono sia una predizione di Gesù.
  75. Quindi è significativo che (48:22-25) descriva le azioni di Ezechie come re secondo gli insegnamenti di Isaia.
  76. 76. Poiché 1Qp Hab 2:9 si riferisca ai profeti servi di Dio, è una conclusione logica che Proto-Isaia sia, o possa essere, il Secondo Servo Sofferente descritto da Isaia. Per tale uso si veda 2 Re 17:23,21:10. Benjamin D. Sommer, The Jewish Study Bible (Oxford: Oxford University Press, 2004) 867, a Isaia 42:1-9, afferma che Ibn Ezra considerò che il servo fosse Isaia. Tuttavia, nel suo commentario di Isaia, ibn Ezra interpreta che il servo sia Israele.
  77. Per Isaia, come anche per altri profeti "presenti" sia in Deutero-Isaia che in Trito-Isaia, si veda Christopher R. Seitz, "How is the Prophet Isaiah Present in the Latter Half of the Book? The Logic of Chapters 40-65 within the Book of Isaiah", Journal of Biblical Literature 115 (1996): 237-38.
  78. Sebbene ci siano aggiunte al testo successive, è principalmente Proto-Isaia.
  79. Sebbene il "sacco" sia indossato anche dai profeti, tutte le attribuzioni di ciò sono tardive: 2 Re 1:8; Zaccaria 13:4; Matteo 3:4; Marco 1-6.
  80. Il suggerimento di A. R. Fausset, in "Isaiah" (in A Commentary, Critical and Explanatory, on the Old and New Testaments, curr. Robert Jamieson, A. R. Fausset e David Brown, Eerdmans, 1935), che egli si fosse tolto solo l'indumento esterno è discutibile e non del tutto supportato dai testi che cita. Il sacco poteve essere indossato in due modi: con niente sotto o come indumento esterno. Per un dibattito in merito a questo problema sull'abbigliamento di Isaia, si veda per es. "Isaiah" in Keil & Delitsch, Commentary on the Old Testament, 7:119-644. Da notare che Keil e Delitsch pensano anche che egli non fosse nudo. Tuttavia, in questo caso citano 2 Samuele 6:20 riguardo a Davide.
  81. Per il Culto dei Morti trattato con trattato con "sfumature peggiorative", si veda per es., Theodore J. Lewis, "Ancestor Worship", Anchor Bible Dictionary 1:241.
  82. Joseph Blenkinsopp, "Isaiah" in The New Oxford Annotated Bible:NRSV (Oxford: Oxford University Press, 2001), 976.
  83. Addirittura fino all'era del Secondo Tempio, alcuni ebrei non erano monoteisti. Ad esempio, i Samaritani, che gli Jahvisti dello Stato del Tempio consideravano arrogantemente mezzi ebrei, alla fine dedicarono il loro tempio a Zeus. E le monete Yahu hanno l'immagine di una divinità maschile che assomiglia decisamente a Zeus.
  84. Le pratiche dei vari gruppi settari a Qumran e dintorni erano separate da ciò che veniva praticato nello Stato del Tempio di Giuda e Gerusalemme. Allo stesso modo, anche quelle dei Samaritani erano separate.
  85. 85. Dtr. (2 Re 21:16) nota che Manasse fu reponsabile di grande strage. Flavio Giuseppe (Ant. 10.3.1) aggiunge a ciò la sua uccisione dei profeti. Pertanto, è degno di nota che la benché tarda "Ascensione di Isaia" consideri la sua morte come un martirio (cfr. Asc. Isa. 5:1b-14).
  86. John Drane, Introducing the New Testament, ediz. riv. (West Oxford: Lion Publishing, 1999), 72.
  87. Perkins, "Messiah", Harper’s Bible Dictionary, 630.
  88. Attualmente non è di moda pensare a Gesù come a una figura militare. Tuttavia, fino a tempi recenti, i cristiani riconoscevano che Gesù era il loro leader di battaglia. Vedi, ad esempio, inni anglofoni come "Onward Christian Soldiers", "Stand up for Jesus", "We all do extol Thee, thou Leader in Battle", "The Battle Hymn of the Republic", "Soldiers of Christ, Arise", ecc. (non mi sovvengono inni equivalenti in italiano, ma sono aperto a suggerimenti), che continuano ad essere cantati ancor oggi. Essendo il figlio (unigenito) del Padre, Yahweh Elohim, che i cristiani credono che egli sia, le cui origini sono come dio guerriero, è logico che Gesù, come suo padre, sia un guerriero.
  89. Non abbiamo modo di sapere se il Deutero- o il Trito-Isaia siano stati accettati dai loro contemporanei. Quello che sappiamo è che sono stati tenuti in stima dalle generazioni successive, sebbene non possiamo stabilire quando ciò sia iniziato.
  90. Pertanto l'osservazione di Richard T. Murphy che il servo sarà un profeta ("Deutero-Isaia", 263) è molto importante.
  91. È un costrutto teologico indimostrabile che la profezia fosse cessata nell'era del Secondo Tempio.
  92. Non possiamo presumere che alla fine dell'era del Secondo Tempio tutti i Farisei o i Sadducei, rispettivamente, appartenessero alla stessa classe sociale. Ma, nel Nuovo Testamento, non c'è distinzione tra la leadership e la "gente" che apparteneva a una delle due sette.
  93. Data la loro condanna dei figli d'Israele, è difficile credere che qualcuno dei loro contemporanei si prendesse cura di loro.
  94. Gli studiosi moderni hanno sfatato la teoria che esistesse un qualche tipo di ebraismo normativo. Ciò, tuttavia, non nega che fosse una chiara postura teopolitica, cosa resa abbastanza chiara nel precetto della Mishnah (in m. Pirqe Abot) che la Torah orale fosse stata tramandata dal Sinai, e li avesse raggiunti tramite una catena di ebrei credenti.
  95. J. Severino Croatto, "Jesus, Prophet like Elijah", 452.