Italiano L2/Verbo essere e convenevoli

Indice del libro

Ho già introdotto il verbo Essere (qui). Oggi mi concentro sui suoi possibili usi.

È da notare che il verbo Essere è sì irregolare, ma non presenta particolarità fonetiche (infatti la s è sempre sorda). Posso quindi rimandare un altro po' l'analisi dell'alfabeto e della fonetica dell'italiano. Un allievo adulto ambisce a conoscere nomi delle lettere e pronuncia, per cui soddisferò presto questa esigenza!

Inizio comunque questo incontro ripetendo il rituale delle presentazioni, a mo' di ripasso. E quando un alunno mi dirà Sono Ibrahim, risponderò Eeeeh, lo so! Lo scherzo dev'essere chiaro: serve solo a introdurre questo importante chunk (lo so), veicolato da una muscolatura facciale che ne esalti il significato.

Bene, le presentazioni mi permettono di riattualizzare l'uso del verbo Essere. A questo punto lo riscrivo alla lavagna, sempre completo del suo "titolo": IL VERBO ESSERE

  • IO SONO
  • TU SEI
  • LUI È - LEI È
  • NOI SIAMO
  • VOI SIETE
  • LORO SONO

A questo punto, con la mia fedele spugnetta, cancello i pronomi personali e faccio spallucce o comunque chiarisco che la loro sparizione ci lascia tranquilli. (Se i tuoi allievi parlano inglese o francese o un'altra lingua che tu domini, non è in assoluto sbagliato farne uso come lingua veicolare. Io provo a insistere un altro po' con il mimo, che è una risorsa inestimabile e ti avvicina, anche affettivamente, ogni tipo di auditorio). L'apparire o meno del pronome soggetto in italiano dipende soprattutto dalla volontà di porre un'enfasi contrastiva (*Io* mi chiamo Giuseppe, non tu), ma dipende anche da situazioni di contesto più erratiche (ad esempio, È Franco è diverso da Lui è Franco: il primo è un Franco noto, il secondo è un Franco che viene presentato). Insomma, non è prudente investire troppo su questa strada in termini di analisi esplicita. Per ora lascio solo intendere che possiamo ben fare a meno dei pronomi soggetto e che i verbi declinati in genere bastano a sé stessi. Se gli allievi sono francofoni o anglofoni, sarà facile spiegare che in francese e in inglese i pronomi soggetto non possono essere omessi perché le forme verbali sono molto spesso omofone e quindi ambigue, mentre in italiano le forme verbali sono molto trasparenti. Sarebbe bene lasciare intendere che l'ellissi del soggetto è preferibile: tendendo a non usarlo ci si azzecca più spesso.

Il nostro verbo Essere ha ora questa forma: IL VERBO ESSERE

  • SONO
  • SEI
  • È
  • SIAMO
  • SIETE
  • SONO

A questo punto va subito sottolineata l'identità della prima persona singolare e della terza plurale. Metto l'indice vicino all'occhio e mimando quindi di fare attenzione dico Attenzione!

Ora provo a esplicitare i possibili utilizzi del verbo Essere, non mancando di sottolineare l'importanza fondamentale di questo verbo in italiano:

  • Sono Giuseppe.
    • Indico il mio petto.
  • Sono italiano. Sei afghano? Sei senegalese? Sei inglese? Tu sei maliano. Lui è francese.
    • Presento tutti gli aggettivi relativi alle nazionalità dei presenti (al singolare, senza analisi).
  • Sono alto. Sono basso. Sono magro. Sono grasso.
    • Tutte condizioni mimabili.
  • Io sono qui. Tu sei lì.
    • Basta usare l'indice.
  • Siete/Siamo due/tre/quattro...
    • Dipende ovviamente da quanti sono gli allievi. Naturalmente non manco di utilizzare il dito per indicare il numero di persone in questione. Nomino anche la forma Siete in due/tre/quattro. Infine, presento Sono da solo, È da solo e chiarisco che è la forma per dire "è in uno" (!).

Come già visto, le forme plurali sono facilmente utilizzabili con i locativi.

Dopo essere stati presentati oralmente, scrivo tutti gli esempi alla lavagna.

È bene esplicitare la differenza tra è ed e. Due frasi d'esempio potrebbero essere:

  • Giuseppe e Ibrahim sono a Roma/Torino/Palermo.
  • Michele è in Toscana.

Ovviamente è il caso di fare riferimento a luoghi conosciuti (la città e la regione italiana in cui ci si trova: diversamente, scelgo città e regioni che gli allievi potrebbero conoscere). Va comunque sottolineato che la terza persona singolare presenta un accento disambiguante rispetto alla congiunzione e che la pronuncia è comunque la stessa. Ho introdotto incidentalmente una forma più articolata e anche semanticamente più pregnante di collocazione nello spazio. Posso fin da subito far notare che l'alternanza tra in e a fa riferimento ad aree/regioni/Stati, da un lato, e abitati "puntuali", come le città.

A questo punto, interrogo tutti più volte:

  • Chi sei?

Almeno come formula non analizzata viene in genere compresa per il tramite del corrucciarsi della fronte. Se ci sono difficoltà a capire la domanda, la si può alternare all'affermazione Tu sei (nome dell'allievo)., diretta a un terzo allievo. La diversa mimica facciale e la presenza di sei in entrambe le frasi, dovrebbe chiarire il significato di chi, che senza l'uso di una lingua veicolare risulta astratto e difficile da spiegare. Per rendere meno inautentico il sapore della domanda, si può mimare di comunicare al telefono (al telefono la domanda è certamente legittima). Ostacolare in qualche modo l'incontro degli sguardi rende migliore la simulazione della telefonata.

Frasi interessanti da proporre a questo punto potrebbero essere:

  • Lui e lei sono amici.
    • Se la classe non è promiscua o se è difficile avere un lui e una lei disponibili, si può ricorrere a Loro due/tre sono amici, che ha peraltro una forma peculiare.
  • Noi non siamo fratelli.
    • Introduco seminalmente la negazione.
  • Sei bravo.
    • La bravura inizialmente può essere spiegata con un generico "OK".
  • È bravo.
    • Indico il malcapitato agli altri.
  • Voi siete qui/lì.

Visto che abbiamo introdotto anche i nomi di alcuni numeri, è il caso di sottolineare che la forma della seconda persona singolare è identica al nome del numero 6. Se serve, si può sottolineare il rischio di confondere siete e sette.

A questo punto, introduco alcune forme invariabili, relative ai convenevoli. È bene presentarle quanto prima, visto che verranno utilizzate sistematicamente ad ogni lezione (e anzi probabilmente sono già state usate). Anche qui, il mimo può facilmente far intendere il significato delle espressioni coinvolte.

  • Ciao!
    • Mostro il suo utilizzo sia in entrata sia in uscita. L'importante è far intendere che è informale.
  • Salve!
    • Da contrapporre a ciao almeno in due sensi: è formale/informale, quindi assai utile; si usa solo in entrata.
  • Buongiorno! Buonasera! Buonanotte!
    • Non è il caso di insistere adesso sull'articolata distinzione tra sera e notte (visto che non cade ad una certa ora del giorno, ma riflette piuttosto una condizione individuale). Piuttosto è il caso di introdurre (senza articoli) le parole giorno, sera e notte, presentando la sera come una fase del giorno (l'imbrunire). Anche l'aggettivo buono può essere reso facilmente, senza insistervi troppo.
  • Arrivederci. Alla prossima.
    • Queste espressioni possono essere introdotte senza analisi.
  • Grazie. Prego.
    • Di prego sottolineo sia il valore di risposta convenzionale a grazie, sia il suo uso per "favorire" una azione (indico una sedia, lascio passare qualcuno, passo un oggetto a qualcuno). Quanto a grazie, sicuramente la z sorda comporterà dei problemi di pronuncia, di cui per ora non mi preoccupo.
  • Piacere, sono Giuseppe.
    • Anche questa forma, piacere, può essere introdotta senza analisi.

Bene, in questa lezione abbiamo:

  • ripassato il rituale delle presentazioni;
  • ripassato il verbo Essere e sviscerato i suoi utilizzi fondamentali;
  • evidenziato che l'uso dei pronomi soggetto è facoltativo;
  • presentato alcuni aggettivi relativi alla nazionalità;
  • presentato alcuni aggettivi di largo uso, relativi al fisico;
  • presentato il nome di alcuni numeri;
  • ripassato i locativi e introdotto sommariamente l'uso di in e a nello stato in luogo;
  • esplicitato un uso puramente disambiguante di un accento;
  • fatto uso della domanda Chi sei?;
  • introdotto le principali espressioni relative ai convenevoli.