Insegnare fisica/Didattica tradizionale/L'atomo di Bohr
Dall'elettrone di Thomson all'atomo di Bohr
modificaSe si desidera condurre la storia della fisica moderna almeno fino al punto del primo modello quantistico della struttura atomica, vi son alcuni ingredienti che sono necessari per generare una sequenza in cui lo studente possa riconoscere coerenza, plausibilità e comprensibilità, piuttosto che una semplice asserzione dei risultati finali. Tuttavia, il resoconto di una vicenda storica rigorosamente dettagliata non è fattibile, ma si può riportare i fatti essenziali che creano le domande giuste e che rendono comprensibile la necessità di discostarsi dalla fisica classica. Gli elementi essenziali per tale sviluppo sono: (1) gli spettri di emissione a righe dei gas; (2) la natura e le proprietà delle emissione radioattive e 3) la determinazione delle dimensioni atomiche e la nascita del modello nucleare; oltre che l'effetto fotoelettrico e il concetto di fotone, che però verrà discusso nel prossimo capitolo.[1]
- In connessione con gli spettri a righe di emissione. E' molto utile far notare il parallelismo tra il ruolo delle leggi empiriche di Keplero nell'evoluzione della teoria della gravitazione e quello delle formule empiriche di Balmer-Rydberg nell'evoluzione della teoria della struttura atomica. Molti studenti non hanno ancora un’idea chiara di ciò che si intende dicendo "empirico", e questi episodi pongono tale termine in chiaro contrasto con "teorico". Inoltre, questi episodi illustrano come talvolta la scienza moderna progredisca attraverso una combinazione dell’empirismo baconiano con la formazione di nuovi concetti e teorie, e come queste due modalità interagiscano fruttuosamente l’una con l’altra. Si tratta di un ulteriore passo verso una cultura scientifica.[1]
- In connessione con la natura e le proprietà delle emissioni radioattive. E' adesso un buon momento per introdurre agli studenti gli esperimenti Rutherford relativi all'emissione del radon di particelle . Un secondo aspetto importante nel trattare la radioattività si verifica quando gli studenti incontrano l’aritmetica del decadimento esponenziale. Dal momento che l’aritmetica è simile, questa è anche un’occasione importante per fare un collegamento con la crescita esponenziale; in caso contrario pochi studenti raggiungono una coscienza esplicita dell’intima connessione tra i due processi. Qui è conveniente fare riferimento all’equazione differenziale fondamentale, e indicare con chiarezza le altre situazioni fisiche che gli studenti possono aver incontrato (o che incontreranno), in cui si applica la stessa equazione differenziale. Non è comunque essenziale essere in grado di maneggiare l’equazione differenziale e la funzione esponenziale. È possibile guadagnare le stesse idee attraverso l’aritmetica del periodo di dimezzamento e del tempo di raddoppio. Questo collegamento di calcoli di crescita e di decadimento offre un’eccellente opportunità per portare gli studenti a conoscenza della straordinaria serie di articoli di Bartlett (1976-1979) sui pericoli inerenti a una crescita esponenziale incontrollata.[1]
- In connessione con le dimensioni atomiche e il modello nucleare. La storia della diffusione all’indietro delle particelle , come osservata da Geiger e Marsden e interpretata da Rutherford come una prova della presenza di centri di diffusioni piccoli ma massivi, è descritta in dettaglio, in un modo o nell’altro, in molti testi. Relativamente in pochi testi viene data però agli studenti l’opportunità di riflettere sulla ricca fenomenologia in questione e di eseguire i semplici calcoli che definiscono un limite superiore per le dimensioni nucleari. In primo luogo è necessario fare in modo che gli studenti tornino alla loro esperienza di laboratorio (o di dimostrazioni in aula) con gli urti macroscopici e fare in modo che ne rammentino, in modo esplicito, le idee: (1) che quando un oggetto più massivo ne urta uno meno massivo e a riposo, avviene solo una diffusione in avanti, e (2) che il rimbalzo all’indietro ("diffusione a grande angolo") avviene solo quando l’oggetto incidente è meno massivo del bersaglio. Questi effetti possono sembrare ovvi all’insegnante, ma molti studenti non li interiorizzano certo al primo incontro, o nel frattempo li hanno persi di vista, e non richiamano queste idee spontaneamente in rapporto ai fenomeni microscopici che si stanno considerando. Un secondo elemento richiede di considerare il fatto che se si adotta provvisoriamente il modello nucleare per rendere conto del rimbalzo all'indietro di una particella , il proiettile caricato positivamente per avvicinarsi al nucleo deve attraversare una "nube" di carica negativa. Rutherford, nel suo primo lavoro su questa interpretazione, svolge il calcolo matematico completo per un'ipotetica distribuzione sferica, ma ciò non è realmente essenziale per gli studenti. È sufficiente richiamare l’idea (che dovrebbe essere stata sviluppata in relazione con le leggi dell’inverso del quadrato sia in gravitazione sia in elettrostatica) che il campo è zero ovunque all’interno di uno strato sferico uniforme e che perciò l’effetto della nube carica negativamente diminuisce molto rapidamente quando la particella penetra al suo interno. Il calcolo successivo che gli studenti potrebbero fare è quello di valutare la distanza massima di avvicinamento della particella . Il conto è analogo a quello dell'altezza massima raggiunta da un oggetto lanciato verso l'alto, o a quello della velocità di fuga di un corpo da un pianeta, dal momento che la distanza di massimo avvicinamento è determinata dalla separazione radiale dal bersaglio per la quale tutta l'energia cinetica è immagazzinata nel sistema bersaglio-proiettile sotto forma di energia potenziale (velocità della particella dell'ordine di X . Si tratta quindi di una opportunità di ripasso, dove gli studenti dovrebbero esprimere con parole proprie le analogie che intercorrono tra i vari casi. E' il tornare agli argomenti precedenti, e il fatto di fare collegamenti espliciti tra situazioni che sembrano completamente non correlate tra loro, che aiuta a impadronirsi dei concetti e delle linee di pensiero.[1]
Il primo modello quantistico dell'atomo di Bohr
modificaIl primo modello semplice di Bohr dell'atomo di idrogeno, se motivato e interpretato con attenzione e con un ritmo abbastanza lento da permettere la comprensione, ottiene un effetto sugli studenti impressionante. Essi capiscono che hanno accumulato, in un unico contesto, una grande quantità di argomenti fondamentali (moto circolare, legge di Coulomb, energia cinetica e potenziale, forza centripeta ecc. ecc.) e allo stesso tempo muovono un primo passo verso nuove idee.
Trattare l’atomo di idrogeno come viene fatto nel primissimo lavoro di Bohr del 1913 ha un grande valore pedagogico. Purtroppo molte versioni che vengono date nei libri di testo indeboliscono la trattazione, accorciandola come fanno per l’esperimento di Thomson, e così la riducono di molto in contenuto fisico, impatto e comprensibilità.[1]
Livelli energetici
modificaBohr cerca di interpretare l'atomo in luce delle nuove considerazioni sui quanti di luce di Einstein e la ricorrente costante di Plank (si veda effetto fotoelettrico e fotone), discostandosi dall'atomo di Rutherford nel seguente modo:
1. Si abbandona l’elettrodinamica classica fino al punto di assumere che, per raggi dell’ordine delle dimensioni atomiche, gli elettroni possono orbitare su traiettorie circolari stabili ("stati stazionari") senza emettere continuamente radiazione. Continuando a ritenere valida la legge di conservazione dell’energia, si suppone quindi che il sistema elettrone-nucleo acquisti o perda energia solo quando trasferiamo degli elettroni da uno stato stazionario all’altro, Così, se un elettrone è trasferito da un’orbita a un'orbita , il sistema deve cambiare la propria energia di una quantità , e questo cambiamento corrisponde a un assorbimento o a un'emissione di energia a seconda che sia minore o maggiore di .
2. Facendo riferimento all’idea di fotone di Einstein, si assume che la radiazione elettromagnetica sia assorbita o emessa solo nel trasferimento di elettroni da un'orbita all’altra, e che tale assorbimento o emissione di energia dai singoli elettroni sia associato all’assorbimento o emissione di singoli quanti di energia , come suggerito dalla spiegazione euristica dell'effetto fotoelettrico. Ciò suggerisce la relazione:
3. Se prendiamo in considerazione la formula empirica di Balmer-Rydberg per l’idrogeno, e la scriviamo come un’espressione per le frequenze delle righe di emissione osservate, si ottiene:
Quest'equazione suggerisce fortemente, confrontandolo con l'equazione sopra, che i due termini al membro di destra della formula di Balmer-Rydberg si riferiscano agli stati stazionari corrispondenti a due diversi raggi. Così Bohr scrive l'equivalente della formula:
4. Dal momento che si osservano solo frequenze discrete , dall'equazione sopra si evince che anche le distanze (o "livelli energetici") sono discreti.
5. Ora bisogna capire com'è composto l'atomo di idrogeno, senza dare direttamente agli studenti la risposta "elettrone e protone". A tal proposito, Bohr scrive:
«Prove di tipo generale indicano che un atomo di idrogeno è formato semplicemente da un singolo elettrone che ruota attorno a un nucleo di carica . [Questa conclusione] è sostenuta con forza dal fatto che l'idrogeno, negli esperimenti sui raggi positivi di Sir J. J. Thomson, è l'unico elemento che non appare mai con una carica positiva che corrisponda alla perdita di più di un elettrone.»
Se diamo agli studenti scoperte storiche di questo tipo da assaporare rendiamo sicuramente la lezione molto più interessante e utile.
6. Ora è necessario capire come si comporta lo stato stazionario, Bohr scelse il risultato classico:
da cui si trova, passando ai livelli successivi:
Confrontando la precedente con si ricava in funzione della costante di Rydberg :
7. Eliminando dalle ultime due equazioni ricavate si ottiene:
.[1]
Quantizzazione del momento angolare
modificaIl principio di corrispondenza fu richiamato introducendo la richiesta che, se e il raggio diventano molto grandi (avvicinandosi alle dimensioni macroscopiche) la frequenza del fotone emesso deve divenire uguale alla frequenza del moto orbitale, cioè alla frequenza della radiazione che sarebbe emessa sulla base della teroia classica di Maxwell.
Riprendendo le equazioni precedenti per orbite adiacenti, si trova:
e, per grande:
Se poi applichiamo la dinamica newtoniana al moto orbitale dell'elettrone e si trascura il moto del nucleo (problema a un corpo) e si approssima l'orbita come circolare, la frequenza è data da:
Se combiniamo questa formula con la precedente per la frequenza nel limite di grandi (principio di corrispondenza) si ottiene le ben note formule:
che, una volta indicato con il momento angolare con , si riducono a:
.[1]
Note
modificaBibliografia
modifica- (EN) Arnold B. Arons, Teaching introductory physics, New York, Wiley publication, 1997, pp. Chapter 10, ISBN 0-471-13707-3.