Insegnare fisica/Basi cognitive/Sistemi di riferimento

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Figura 1 - Moto reale (frecce nere) e moto percepito (frecce rosse) da un soggetto. Vediamo che l'unico caso in cui il quadrato venga concepito come in movimento è quello a destra, dove è stata aggiunta un'ulteriore figura che sostituisce, almeno in parte, il ruolo di sfondo alla seconda.

Composizione dei moti

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Uno dei problemi inerenti si riscontra nella composizione dei moti. Esperimenti condotti con studenti della Johns Hopkins University (Baltimora, Maryland) mostrano come, se mettiamo i soggetti a confronto con un problema concernente un corpo con una certa velocità (per esempio una persona che cammina o un aeroplano in volo) che lascia cadere una sfera in direzione verticale rispetto al suolo, soltanto il 50-60% (dipendentemente dal tipo di situazione proposta) crede che la sfera, oltre che a cadere, si muova anche in avanti[1]. Risultati simili sono emersi anche in altri studi.[2] [3]Il motivo di questa incomprensione può essere riassunto attraverso una serie di esperimenti: è stato infatti dimostrato come uno sfondo o un punto di riferimento mobile giochi un ruolo fondamentale nella nostra percezione del moto. Riporteremo qui alcuni esempi:

  1. In riferimento alla Figura 1, vediamo come introducendo un anello (oggetto) all’interno di una figura geometrica più grande (sfondo) l’individuo finisca inevitabilmente per percepire soltanto l’oggetto come in movimento, qualunque sia lo spostamento realmente avvenuto. L’unica eccezione sta nel caso a destra, dove però è stato introdotto una nuova figura più grande sottostante le altre due (abbiamo quindi, in un certo senso, la presenza di due sfondi).
  2. In un altro esperimento viene accesa su uno sfondo nero una lampadina che percorre una cicloide. Se accendiamo un’ulteriore luce che si muove lungo l’orizzontale a velocità costante in maniera che la distanza dalle due luci rimanga sempre la stessa (come riportato in Figura 2), si riscontra che il moto non viene più percepito come in precedenza, ma piuttosto si tende a vedere la prima luce girare intorno alla seconda.
  3. Ultimo caso, due oggetti vengono mossi lungo traiettorie perpendicolari tra loro (a destra della Figura 3). I soggetti percepiscono questo tipo di moto come composizione di quello lungo la congiungente i due oggetti e quello di un fittizio piano di appoggio che si muove in diagonale.

Gli esempi precedenti mettono in evidenza la predisposizione dell’essere umano a considerare come mobile soltanto un oggetto su due, se questo è abbastanza piccolo rispetto all’altro. L’esigenza di poter usufruire di uno sfondo di questo tipo può sfociare addirittura nella creazione di uno fittizio (come nell’esperimento 3 o l’anello dell’esperimento 2) nel caso in cui i due oggetti abbiano la stessa grandezza. Facciamo notare che, in tutti e tre i casi, il moto così concepito (almeno in prima approssimazione) è sempre quello dell’oggetto relativo allo sfondo, esattamente come avviene nel caso considerato in precedenza del corpo lasciato cadere da un altro più grande.[4]

Riteniamo che fraintendimenti di questo tipo possono portare lo studente verso grosse difficoltà, visto che il concetto di moti relativi ricorre spesso in fisica. Crediamo anche che molti di questi errori possono essere evitati se si invita i soggetti a concentrarsi in maniera più peculiare sull’oggetto e non sul sistema oggetto-sfondo, ma non sarà comunque sufficiente al raggiungimento di una comprensione generale in materia di composizione dei moti.

Moto di un proiettile

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Figura 2 - In alto: se all'interno di un anello che si muove di rotolamento puro accendiamo una luce sul suo bordo, il moto della luce viene percepito come una cicloide (ovvero come il moto reale dell'oggetto); In basso: se al centro del medesimo anello aggiungiamo un'altra luce, il moto della prima non è più percepito allo stesso modo, ma bensì come un moto rotatorio attorno alla seconda. Nota: in entrambi gli esperimenti l’anello non è visibile, in figura appare solo a livello esplicativo
 
Figura 3 - Due oggetti che si muovono di moto rettilineo uniforme lungo traiettorie perpendicolari tra loro. A sinistra il moto reale e a destra quello percepito (la linea nera tratteggiata rappresenta lo sfondo fittizio ideato dall'osservatore)

Non meno problemi sopraggiungono quando, invece di composizione di velocità, abbiamo anche a che fare con un’accelerazione. Sappiamo che in questo caso la fisica Newtoniana prevede che il moto sia di tipo parabolico (come avviene per un oggetto che cade sotto la forza di gravità), ma non è detto che si ottenga lo stesso risultato basandoci sulla fisica intuitiva. È stato visto che soltanto il 28% dei soggetti di un esperimento ha dato la risposta corretta. Il 5% crede che l’oggetto si muova prima in orizzontale e poi improvvisamente in verticale (linea A in figura 4) mentre il 35% appoggia l’idea che l’oggetto si muova prima in orizzontale per poi spostarsi più gradualmente (ma comunque in un intervallo limitato di spazio) verso una traiettoria verticale passando per una curvilinea (linea B). Il restante 32% ha associato all’oggetto una traietto ria verticale (l’obbiettivo richiesto dall’esperimento era quello di disegnare la traiettoria di un oggetto lanciato in direzione orizzontale). Il parallelismo storico è evidente: la traiettoria A in figura è la stessa teorizzata del filoso arabo Avicenna dell’undicesimo secolo, mentre la traiettoria B è quella del filosofo scolastico Alberto di Sassonia nel quattordicesimo secolo. Rappresentano entrambe, ad ogni modo, visioni piuttosto caratteristiche di tutto il periodo pre-newtoniano, come avveniva per esempio all’interno della teoria d’impeto.[3]

Riteniamo che questo tipo di incomprensioni possono nascere da un erroneo punto di vista: siamo soliti guardare gli oggetti lanciati da noi e questo può portare a errori di prospettiva. O forse il nostro naturale associare un “impeto” che segue l’oggetto nella stessa direzione in cui lo abbiamo lanciato può portarci a credere che il primo tratto della traiettoria sia più "orizzontale" di quello che in realtà è. Qualunque sia la spiegazione, l’aspetto sicuramente è legato a un impulso cognitivo sviluppatosi con la nostra necessità di lanciare oggetti.

<refereces />

  1. McCloskey M., McCloskey M., Washburn A., Felch L., The Straight-Down Belief and Its Origin, Johns Hopkins University, 9 ottobre 1983.
  2. M. McCloskey, Naive Theories of Motion, Johns Hopkins University, gennaio 1983.
  3. 3,0 3,1 M. McCloskey, Intuitive physics, in Scientific American, 1º aprile 1983.
  4. Hans Wallach, The perception of motion (PDF), in Scientific American, giugno 1959.