Coloranti sintetici/Storia
Fin dall’epoca della Preistoria si usavano i pigmenti per decorare caverne, oggetti e pellicce. I pigmenti si ottenevano da minerali e la maggior parte proveniva dall’ocra, un pigmento costituito da ossido di ferro e impurezze argillose, che era in grado di dare solo i colori primitivi nero, giallo, marrone, rosso. Successivamente gli Egizi introdussero il pigmento di colore blu noto come Blu Egiziano che si otteneva da una miscela di silicati di calcio e rame.
I coloranti organici venivano prodotti da materiali di origine vegetale come piante o alberi e da animali come insetti o molluschi. I coloranti naturali in commercio erano solo una dozzina ed era disponibile una quantità limitata di colori. Come colorante blu era diffuso l'indaco, uno dei primi coloranti naturali, che si otteneva dalla pianta Indigofera tinctoria in cui era presente l'indicano, una molecola composta da α-glucopiranosio legato glicosilicamente all'indolo. Il glucoside si estraeva con l'acqua e idrolizzava ad indossile con un enzima, quindi l'intermedio si lasciava ossidare all'aria per ricavare l'indaco. Il guado era un altro colorante blu che si estraeva dalla pianta Isatis tinctoria diffusa in Europa e negli Stati Uniti. Quando l'indaco venne messo in commercio, il guado venne sostituito a causa delle peggiori proprietà tintoriali. La Porpora di Tiro era un colorante rosso-violaceo che veniva prodotto dai gusci dei molluschi della specie Murex. Il composto era diffuso solo tra gli aristocratici a causa dell'elevato costo di produzione, infatti l'estrazione di un solo grammo di colorante richiedeva circa 10,000 gusci del mollusco. Come colorante rosso veniva utilizzata l'alizarina che si otteneva dalle radici della Rubia tinctorum in cui è presente l'acido ruberitrico, un glucoside composto da destrosio, xilosio e alizarina. Lo zucchero poteva essere idrolizzato con un acido diluito e si otteneva il colorante rosso. Tra i coloranti viola era diffuso il cocciniglia che si estraeva dall'insetto Coctus cacti presente in Sud America. La molecola estratta è l'acido carminico e poteva essere trattato con determinati metalli per ottenere diverse sfumature di viola. Un altro colorante naturale importante era il Legno di campeggio estraibile dall'albero Haematoxylon campechianum. Nella sua corteccia è presente un glucoside di ematossilina che può essere ossidato a emetina la quale, complessata con determinati metalli, può donare diversi colori al substrato. Il legno di campeggio trova ancora oggi applicazioni istologiche.[1][2]
Uno dei primi approcci alla sintesi dei coloranti avvenne nel 1771 quando Woulfe riuscì a sintetizzare l’acido picrico facendo reagire l’indaco con l’acido nitrico, ma la sintesi non ebbe un grande impatto commerciale a causa dello scarso potere tintoriale del colorante. La svolta nella produzione dei coloranti si ebbe nel 1856 quando Perkin isolò la Porpora di Anilina, anche chiamata Malva. La scoperta avvenne durante gli studi di produzione della chinina, un farmaco antimalarico, e conoscendo solo le formule di struttura Perkin provò a sintetizzare la chinina ossidando l’allil-toluidina con il potassio dicromato in una soluzione di acido solforico. Dalla reazione ottenne un solido nero poco promettente, ma se il prodotto veniva estratto con un alcool si colorava di un viola brillante. Perkin scoprì che il composto era in grado di tingere di viola la seta, presentando buone proprietà tintoriali, e decise di brevettare il nuovo colorante. Con la diffusione della Porpora di Anilina si ebbe un notevole incremento nella produzione sintetica di coloranti e nel 1859 si riuscì a produrre uno dei primi coloranti triarilmetinici noto come Fucsina o Magenta. La preparazione prevedeva l’ossidazione dell’anilina con cloruro di stannico e si otteneva come prodotto il colorante rosso brillante. I nuovi coloranti triarilmetinici presentavano una grande varietà di colori brillanti dalle ottime proprietà e si diffusero velocemente. Nel 1858 Griess riuscì a produrre i sali di diazonio trattando un’ammina aromatica con l’acido nitrico i quali reagivano facilmente per formare composti colorati. Il primo colorante azoico fu il Giallo Anilina che veniva preparato trattando l’anilina con mezzo equivalente di acido nitrico in modo tale che metà ammina formasse il sale di diazonio e la rimanente servisse da copulante per ottenere il colorante azoico. La diffusione dei coloranti azoici si ebbe quando si riuscirono a eseguire la diazotazione e la diazocopulazione in due step diversi in modo tale da permettere l'utilizzo di due reagenti ciascuno ed avere una versatilità maggiore. Il primo tra questi coloranti azoici, la crisoidina, si preparò dalla diazotazione dell’anilina con l’acido nitrico e il sale di diazonio si fece reagire con la m-fenilendiammina.
Dopo gli studi di Kekulé (1865) sulla tetravalenza del carbonio e sulla struttura ciclica del benzene si riuscì a risalire alle strutture dei composti organici, tra cui l’indaco e l’alizarina, che permise di trovare delle nuove vie sintetiche per produrre i coloranti naturali in modo più economico e veloce. La scoperta della struttura dell'alizarina diede il via alla produzione di una delle classi più importanti: gli antrachinoni. Nel 1900 una scoperta significativa fu quella delle ftalocianine che si diffusero grazie ai toni verdi e blu. [3]