Coloranti sintetici/Coloranti allo zolfo
La struttura chimica dei coloranti allo zolfo è poco conosciuta e questa classe raggruppa tutti quei composti eterociclici in cui sono presenti ponti solfuro (-S-), disolfuro (-S-S-) o polisolfuro (-Sn-). Nonostante i coloranti allo zolfo conferiscano al substrato dei colori spenti si utilizzano per tingere di tonalità blu marino, verdi oliva, nere e marroni. In commercio esistono pochi coloranti allo zolfo ma vengono prodotti in grandi quantità.[1]
Classificazione e sintesi
modificaI composti vengono suddivisi in base ai due metodi di preparazione: la cottura con zolfo o con polisolfuro e il trattamento in mezzo solvente[2]. In entrambi i casi la produzione prevede il riscaldamento ad alte temperature di un composto aromatico o eterociclico in presenza di zolfo. Nel primo metodo il composto si scalda ad alte temperature e viene solfatato dallo zolfo stesso oppure da polisolfuri di sodio. Il secondo metodo prevede la dissoluzione del reagente in un opportuno solvente che viene scaldato a riflusso in presenza di zolfo e ad alte temperature.[1] Entrambe le reazioni portano alla formazione di miscele di composti allo zolfo simili e l'isolamento di una molecola pura risulta difficile a causa della struttura amorfa e colloidale e dell'insolubità nei solventi. I coloranti allo zolfo solitamente vengono ridotti da ponte solfuro a gruppo tiolo per poter essere applicati alla fibra su cui vengono riossidati per fissarsi al substrato.
Nel caso dei coloranti preparati con la cottura i prodotti di reazioni sono molecole con anelli tiazolici che sono difficili da determinare strutturalmente a causa dell'elevata quantità di composti solforici ottenuti. Solo il cromoforo dei coloranti preparati con reagenti amminici o metilici è stato identificato e corrisponde a una struttura macromolecolare con un gruppo tiazolico. Data l'elevata complessità dei coloranti tiazolici per definire la struttura si sono dovuti analizzare i singoli coloranti che evidenzia la formazione della miscela dei composti di zolfo. Un esempio è l'analisi del colorante C.I. Sulphur Yellow 4 [53160], preparato sciogliendo deidro-p-toluidina e benzidina in presenza di zolfo. Il colorante ottenuto si fonde in presenza di KOH e si ottiene l’acido p-tamminobenzoico più altri tre o-amminotiofenoli. Questi composti si trattano con acido cloroacetico e si trasformano in lattami che possono essere analizzati per determinare la struttura del colorante. Il risultato è che il C.I. Sulphur Yellow [53160] si ottiene da una miscela di molecole contenenti zolfo in determinate proporzioni. La maggior parte dei coloranti si sintetizza dalla reazione tra intermedi aromatici contenenti zolfo e si ottengono dei composti ad alto peso molecolare corrispondenti al sistema cromoforico. Da questo procedimento si ottengono colori gialli, arancioni, marroni e verdi oliva che dipendono dall'intermedio utilizzato.
I coloranti fusi di polisolfuri mostrano una struttura macromolecolare chinonica con ponti disolfuri. Per sintetizzare questi composti i reagenti più diffusi sono i derivati ridotti dell'indofenolo e dell'indoanilico che sono scaldati a riflusso in presenza di zolfo. I prodotti sono composti da fenazoni, fenotiazine o fenossazoni su sui si possono essere eseguite diverse solforazioni per ottenere dei composti eterociclici ad alto peso molecolare. In base all'intermedio di sintesi si producono principalmente coloranti rossi, marroni, blu o viola.[3]