Profili di donne emiliano-romagnole/Partigiane/Partigiane M-Z
Clelia Manelli
modificaVoce scritta dalla coppia 2: Luca e Giulia
Clelia Manelli (Collecchio, 1917 - Modena, 1997) è stata una partigiana italiana conosciuta con il nome di battaglia "Clara".
Biografia
modificaNasce il primo gennaio 1917 a Collecchio (PR) da una famiglia di piccola borghesia con ideali anarchici e antifascisti. Suo zio, Giacomo Manzini di Parma, era un politico perseguitato dai fascisti e veniva arrestato ogni 1 maggio e durante ogni manifestazione fascista. Vedere la guerra in Etiopia (in cui vi furono aggressioni disumane e l'uso di veleni e gas tossici contro la popolazione) e i soldati che conosceva partire per combattere in Africa, sensibilizza Clelia Manelli sin da giovane. Si accorge della sua prima avversione contro il fascismo quando in treno le mostrano raccapriccianti fotografie dei crimini di guerra commessi dai fascisti.
Studia, nel 1937 diventa maestra e nel 1942 si sposa con un militare di Modena, Oscar Righi, il quale durante le lotte partigiane è il capo del Comitato militare provinciale modenese. Fino al 1943 lavora in municipio, impiegata nell'ufficio sperimentale anagrafico comunale, e nel 1944 ottiene una cattedra nella zona di Montefiorino, in cui inizia l'attività partigiana. Nell'aprile del '44 nasce il suo primo figlio, quindi si trasferisce a Modena, dove dona ai partigiani la sua casa come base.
Resistenza
modificaClelia Manelli prende parte alla resistenza antifascista contro Mussolini, ma mai con le armi; inoltre si occupa della raccolta dei medicinali per il sostentamento dei partigiani.
Il 25 luglio 1943, durante la caduta di Mussolini, Clelia Manelli si trova a Carpi, città in cui si svolgono una serie di manifestazioni antifasciste, principalmente nella piazza in cui si trova la sua abitazione. Nel settembre 1943, arrivato l'annuncio dell'armistizio, Manelli aiuta e supporta i soldati mandando vestiti e cibo.
Dopo la nascita di suo figlio, nell'aprile del 1944, Clelia Manelli da Montefiorino torna a Modena, lasciando la sua casa a disposizione dei partigiani, che diventa la sede di incontro del comando SAP, in cui vengono svolte riunioni ad alto livello sia politico che militare. Per questioni di sicurezza lei non partecipa mai direttamente a queste riunioni, ma, nonostante ciò, ogni volta che qualche partigiano viene catturato lei e la sua famiglia sono costretti a spostare altrove i loro pochi averi per evitare di essere arrestati ugualmente.
Diventa, inoltre, una staffetta partigiana ed entra lei stessa nelle Squadre d'Azione Patriottica col nome di battaglia "Clara". Si occupa di opere di collegamento, di diffondere volantini e stampa clandestina e di trascrivere verbali di processi che arrivano dai vari reparti.
Il pensiero di Clelia Manelli viene riassunto con la frase:[1]
Dopoguerra
modificaNel 1945, dopo la fine della guerra, entra a fare parte della Giunta Popolare organizzata dal CNL locale. È una delle fondatrici dell'UDI di Modena, viene eletta nel consiglio comunale di Modena e poi diventa assessora ordinaria. Durante il mandato di assessora viene anche nominata presidente dell'Omni (Opera Nazionale Maternità ed Infanzia). Dal 1947 diviene componente del comitato federale e della commissione femminile del Pci di Modena.
Nel 1956 conclude il suo periodo nell'amministrazione tornando a insegnare e ad occuparsi dei tre figli.
Muore a Modena il 10 luglio 1997.
Aude Pacchioni
modificaAude Pacchioni (Soliera, 1926 - Modena, 2021) è stata una partigiana conosciuta con il nome di battaglia "Mimma", sindacalista, consigliera comunale e assessora italiana.
Biografia
modificaAude Pacchioni nasce il 18 dicembre 1926 in via Lama a Soliera[2], in provincia di Modena, in una famiglia di contadini, produttori agricoli e proprietari del terreno dove svolgevano la loro attività. Oltre ad Aude, la famiglia è formata dal padre, la madre, i genitori della madre (i veri titolari del terreno) e altre due sorelle, una più grande e l'altra più piccola; una famiglia antifascista e attiva nelle azioni di solidarietà durante la Resistenza.[3] Aude Pacchioni frequenta la scuola di "avviamento" fino alla terza elementare[4].
Muore il 12 gennaio 2021 a Modena, all'età di 94 anni[5].
Resistenza
modificaDopo l'Armistizio dell'8 settembre 1943 - quando la famiglia offre rifugio nella cascina familiare a disertori, feriti e fuggitivi dal campo di concentramento di Fossoli - Pacchioni partecipa alla Resistenza, militando nella brigata partigiana "Diavolo" della divisione "Modena Pianura"[6] con il nome di battaglia di "Mimma"[7]
Sindacato e amministrazioni locali
modificaDopo la Liberazione, Pacchioni si impegna a livello sindacale con Federbraccianti e Federmezzadri (attivandosi a favore delle mondine e delle braccianti), con UDI (partecipando alle lotte del movimento femminile per la parità salariale tra uomini e donne[8]) e politicamente con il PCI[9].
Divenuta consigliera comunale nel 1956 (e riconfermata fino al 1985), a Modena Pacchioni ricopre vari incarichi (come assessora con deleghe a Sanità e Servizi sociali e successivamente Bilancio e Patrimonio, al fianco dei sindaci Alfeo Corassori, Rubes Triva, Germano Bulgarelli e Mario del Monte) e presiede diverse entità - dal 1954 al 1960 è presidente provinciale dell'Unione donne italiane (UDI), dal 1970 al 1976 presidente degli Istituti ospedalieri di Modena[10] - che danno vita a quello che viene chiamato "modello emiliano" di welfare[11].
A livello amministrativo, si occupa dei servizi per l'infanzia (supervisionando la gestione delle colonie estive e promuovendo il campeggio per le ragazze) e si fa promotrice della realizzazione, nel 1969, del primo asilo nido comunale di Modena (in anticipo rispetto alla legge nazionale che attribuiscono le competenze agli enti locali solo nel 1971); a lei si deve anche la costruzione - sempre nel 1969 - della prima casa albergo per anziani[12].
Per vent'anni, dal 1998 e fino al 2018, è presidente provinciale dell'Anpi di Modena.
Riconoscimenti
modificaNella seduta di giovedì 26 ottobre 2023, su proposta di Sinistra per Modena (sottoscritta da Europa Verde-Verdi e Partito democratico e con il voto favorevole del Movimento 5 stelle), il Consiglio comunale di Modena approva l'ordine del giorno che prevede l'intitolazione ad Aude Pacchioni di uno spazio pubblico[8]. Nel 2003, il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, le conferisce l'onorificenza di Ufficiale dell'Ordine al Merito della Repubblica[13].
Ibes Pioli
modificaVoce scritta dalla coppia 1: Wissal e Matteo
Ibes Pioli (Cavezzo, 1926 - Modena, 2020) è stata una partigiana italiana conosciuta con il nome di "Rina (Lea)".
Biografia
modificaIbes Pioli, nata in una famiglia antifascista il 18 Febbraio 1926 a Cavezzo in provincia di Modena, è stata una partigiana Italiana. Ha frequentato le superiori fino ad arrivare alla quarta ragioneria. Il padre era di famiglia contadina ed era un bracciante agricolo. Il fratello si rifiutò di andare ai primi bandi di richiamo alle armi e il padre, che naturalmente lo sosteneva, si mise immediatamente in contatto con suo fratello, lo zio di Ibes Pioli. Nella sua famiglia, si avvertiva già il peso dell'angheria in ogni aspetto della vita. Sua madre patì molto per questa situazione, al punto di dover prendere la dolorosa decisione di separarsi dai figli. Ibes trovò rifugio presso la sorella, una donna agiata, che la accudì e le permise di studiare un po' di ragioneria e altro ancora[14]. Non ebbe mai l'opportunità di conoscere la vita insieme ai suoi fratelli e ai suoi genitori, ma quella nuova realtà si rivelò una fortuna.
Resistenza
modificaDurante il corso della Resistenza, tra Modena e Mirandola, partecipa come staffetta nella brigata Remo[15] con l'appellativo di Rina e entra a far parte del Comitato provinciale dei Gruppi di difesa della donna. Dopo il bombardamento di casa sua, avvenuto prima della Liberazione, Rina partigiana si inserisce in un gruppo di azione patriottica assieme al fratello e alle ragazze di via di Sotto a Cavezzo. Quando vengono sfollati, nel novembre del 1943, hanno contatti solo con questi ragazzi. Iniziano così i preparamenti nelle barlete, luogo spopolato situato a ridosso dell'argine del Secchia. La prima riunione è tenuta da Omar Bisi che dà le prime istruzioni su come organizzarsi. Cominciano così ad attaccare i primi volantini in tutto il circondario. Tra le prime attività svolte ci sono i prelevamenti dei viveri; il primo di questi prelevamenti avviene in un caseificio all'inizio del mese di marzo del 1944, vestita da uomo e con la pistola[15]. L'8 marzo 1945, con Gabriella Rossi che guida il settore nord, Ibes Pioli è a capo del GDD del settore sud, gruppi mobilitati nella requisizione al salumificio Frigieri di Paganine, la più significativa manifestazione femminile in Emilia Romagna durante i mesi dell'occupazione[16]; a fine giornata vengono ripartiti - tra la popolazione ridotta alla fame e consegnati ai partigiani - una trentina di quintali di carne.
Dopoguerra
modificaDopo la guerra, sposa un ex comandante partigiano con cui avrà un figlio e inizia a lavorare come amministratrice di azienda[15].
Cesarina Prampolini
modificaVoce scritta dalla coppia 7: Tommaso e Nadiia
Cesarina Prampolini (Villanova, 1921 - 2014) è stata una partigiana italiana del CUMER (Comando unico militare dell'Emilia Romagna) col nome di battaglia "Marta" e organizzatrice di Gruppi di difesa della donna.
Biografia
modificaCesarina Prampolini nasce a Villanova (Modena) il 15 aprile 1921 in una famiglia di contadini. La sua infanzia è segnata dalla prematura morte del padre, che lascia la madre, da sola, a provvedere a quattro figli. In seguito si trasferiscono a Nonantola; qui l'intera famiglia inizia a lavorare, tra cui la stessa Cesarina (undicenne), i fratelli e la sorella, per guadagnare un po' di soldi, utili a colmare il periodo di profonda crisi in cui si trovano.
Cesarina Prampolini va a scuola fino alla quinta elementare. Arriva a Modena all'età di dodici anni, quando la madre la manda, così che possa imparare un mestiere, da una sarta. Per il troppo basso stipendio cambia però subito lavoro, diventando fruttivendola.
L'intera famiglia, durante il ventennio fascista e l'intera guerra, assume sempre una posizione contraria al fascismo, tanto da avvicinarsi al mondo della Resistenza, a cui la stessa Cesarina prende parte dal 5 aprile 1944. Durante questi anni si sposa, perde la madre per cause naturali e le viene ucciso il suocero in seguito ai bombardamenti degli Alleati sulla città.
Resistenza
modificaAvvicinamento alla Resistenza
modificaSi avvicina alla Resistenza in seguito, appunto, alla morte del suocero, causata dal primo dei quattro bombardamenti che colpiscono la città di Modena. Con il soprannome di Marta e come staffetta prende quindi parte al CUMER (comando militare della Resistenza in Emilia-Romagna) e diviene membro, dal 5 aprile 1944, del CVL (corpo volontari della libertà).
Questo passo evidenzia lo strazio emotivo e i pensieri che la tormentavano in quegli anni.
Incarichi presieduti durante la guerra
modificaEntra nella Resistenza come staffetta del CUMER (Divisione "Modena Pianura"), operando nelle zone di Modena, Reggio Emilia e Bologna. Organizza i Gruppi di Difesa della Donna e offre ospitalità ad alcuni soldati stranieri a casa sua, dando loro acqua e cibo. Le viene attribuito il grado di Capitano e viene riconosciuta partigiana italiana dal 5 aprile 1944 al 30 aprile 1945.
Questo passaggio descrive il ruolo quotidiano della partigiana in un aneddoto ai limiti del reale. Proprio in queste occasioni, infatti, molte donne sono state uccise nel tentativo di passare, trasmettere informazioni tra zone e città diverse.
All'arrivo degli americani a Modena, il 22 e il 23 aprile 1945, durante le parate e le feste di liberazione, la donna assume sempre un ruolo distaccato, non applaudendo mai ai soldati alleati, poiché pur sempre la causa di numerosi morti.
Dopoguerra
modificaAl termine della guerra la donna inizia a lavorare come magliaia.
Dopo la guerra si impegna nel PCI e nell'UDI, non rivelando, almeno inizialmente, di aver fatto parte della Resistenza, per evitare gli stereotipi di genere che si erano creati nei primi anni del Dopoguerra, verso le partigiane italiane.
Vive la sua vita normalmente fino a giugno 2014, data della sua morte.
Olema Righi
modificaVoce scritta dalla coppia 5: Lorenzo e Carolina
Olema Righi (Limidi di Soliera, 1923 - Carpi, 2013)[20] è stata una componente attiva della Resistenza partigiana nella provincia modenese conosciuta con il nome di battaglia "Wanda".
Biografia
modificaNata in una famiglia antifascista, il padre, un commerciante di legnami, perseguitato politico che rimane in carcere dal 1921 al 1923. La madre fa la sarta e manda avanti la famiglia con 4 figli. Lei frequenta la scuola fino al quinto anno della elementare. Il padre non ha mai voluto farle prendere la tessera da Piccola Italiana. Finita la scuola inizia a lavorare nella sartoria delle Sorelle Valenti.
Finita la guerra si sposa e fa l'operaia ed l'impiegata in un ufficio che produce buoni benzina per camion addetti al trasporto alimentare.
Resistenza
modificaDopo l'ennesimo arresto del padre, Olema, a 19 anni, esprime per la prima volta la sua avversione al fascismo, affrontando un appuntato dei carabinieri[21]. Ha quattro fratelli, tra questi, Sarno, è arrestato e fucilato a Limidi di Soliera il 17 novembre 1944.
Vita partigiana
modificaOlema, spinta dalla rabbia e dal dispiacere di essere sempre stata discriminata in quanto donna, si unisce alla Resistenza, sottolineando di non essere mai stata discriminata. Nella Resistenza ricopre il ruolo di staffetta e, spostandosi con la famosa bici costruita dal padre, porta per mezzo di un "cariolino" armi tra paesi del modenese. La famiglia ha un terreno a Cortile, che viene impiegato come luogo di rifugio per i partigiani durante la Resistenza. Tra di loro i partigiani non si conoscono, ma hanno come un sesto sento per distinguersi, "ci conoscevamo così a naso".
Dopoguerra
modificaLe attività politiche del dopo guerra cominciano nel 1946. In quest'anno iniziano anche le prime lotte sindacali e Olema si iscrive a diverse associazioni partigiane come: Unione Donne Italiane, Partito Comunista e Associazione Nazionale Partigiani Italiani.
Un simbolo
modificaOlema Righi diventa il simbolo della Resistenza partigiana assieme a Ibes Pioli e Tina Anselmi. Famosa è la foto che la ritrae nei giorni successivi alla Liberazione, sulla bicicletta con i pantaloni e la bandiera tricolore appoggiata sulla spalla. Da questa immagine prende il soprannome de "La partigiana in bicicletta".
Fernanda Rossi
modificaVoce scritta dalla coppia 6: Alessio e Enrico
Fernanda Rossi (Monteveglio, il 16 settembre 1925), è una partigiana che ha militato nella brigata Walter Tabacchi, nota in battaglia come "Riccia".
Biografia
modificaAlla morte della madre, quando lei aveva 9 anni, è mandata a vivere a Rivazzurra, dove vive con i nonni e le zie per 13 anni.
Frequenta la scuola commerciale a Rimini.
Successivamente il padre si risposa e la famiglia va a vivere a Ponte Rosso. Lì il padre inizia a collaborare con i gruppi partigiani e lei si unisce a sua volta alla Resistenza.
Resistenza
modificaLa strage dei fratelli Artioli,[22] e la morte del padre, portano Fernanda ad entrare nella Resistenza come staffetta partigiana, trasportando principalmente lettere, documenti, abbigliamento e "bigliettini di una certa importanza"; dopo aver intrapreso diverse azioni nel gruppo, viene arrestata il 29 dicembre nel 1944 insieme ai suoi compagni, a seguito della confessione sotto tortura di uno dei loro comandanti. Finisce nella prigione di San Giovanni in Persiceto.
Rimane in carcere, facendo avanti e indietro per villa San Chiara dove per circa 80 giorni viene torturata per estorcerle informazioni.
Dopo esser stata liberata si unisce al CNL, occupandosi del recupero di materiali abbandonati dai tedeschi.
Dopoguerra
modificaSusseguentemente si sposa e ha dei figli, inoltre partecipa ad attività nel PCI e nell'UDI.
Gabriella Rossi
modificaGabriella Rossi (Modena, 1921 – Modena, 1992) è stata un'operaia e politica italiana, croce al merito di guerra per la sua attività partigiana dove era conosciuta con il nome di battaglia "Carla".
Biografia
modificaNasce a Baggiovara di Modena in una famiglia antifascista di operai; il padre Francesco lavora a cottimo per una ditta casearia e la madre Caterina Prampolini[23].
Muore a Modena il 18 agosto 1992.
Resistenza
modificaDopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, Rossi si impegna attivamente nella lotta di liberazione, presta soccorso ai soldati in fuga, scrive biglietti, prepara e distribuisce volantini propagandistici antifascisti. Nei primi mesi del 1944 partecipa alla Resistenzia nelle Squadre di azione partigiana (SAP) e dei Gruppi difesa della donna (GDD), offrendo la sua casa come base per l'organizzazione[24].
Iscritta al Partito Comunista Italiano (PCI), comincia l'attività politica nella Federazione Giovanile Comunista, accanto ad un giovane Sandro Cabassi (diventato un suo eroe) e nel 1944 diventa responsabile del settore nord di Modena e contemporaneamente viene nominata segretaria del fondatore del Fronte della Gioventù provinciale, Sandro Cabassi[24].
Il 18 luglio 1972, il Distretto militare di Modena le conferisce la Croce al merito di guerra.
Lucia Sarzi
modificaLucia Evelina Ofelia Sarzi (Acquanegra sul Chiese, 1920 - Modena, 1968) è stata un'attrice e partigiana italiana conosciuta con il nome di battaglia "Margherita".
Biografia
modificaNasce a Acquanegra sul Chiese, la sera dell'8 novembre 1920, durante una tournée dei suoi genitori, sposatisi l'anno prima. Primogenita di Francesco (nato a Mantova in una famiglia che militava nelle file cattoliche, figlio di un burattinaio) e Linda Bozzi (nata nella provincia di Verona in una famiglia di esplicite simpatie fasciste, figlia di una maestra elementare e di un sarto che dirigeva la banda musicale di Dossobuono)[25].
Resistenza
modificaLucia Sarzi, attrice giovane ma già affermata, lettrice appassionata e militante comunista, entra nella Resistenza fra il 1941 e il 1943 al fianco dei fratelli Cervi. Parla un bell'italiano, arriva ai Campi rossi a tutte le ore e nascosta in solaio, discute con gli uomini di politica. Figlia d'arte, cresciuta calcando le tavole del palcoscenico, infiammava le platee con le sue improvisate. Tisbe Bigi, futura partigiana, la ricorda mentre interpretava uno dei suoi cavalli di battaglia, Tosca. La parola d'ordine contro il regime era di «picchiare le mani» quando Lucia diceva: «O popolo incancrenito perché non ti ribelli a tante ingiustizie?». Ma, inconsapevoli, applaudono anche i fascisti e tutti giú a ridere. Con il suo esempio e il suo carisma ha ispirato tantissime ragazze a diventare partigiane[26].
Marta Sola
modificaVoce scritta dalla coppia 3: Vittorio e Federico
Marta Sola (Collegara di Modena, 4 Novembre 1922 - ?) è stata una componente attiva della Resistenza partigiana italiana nella provincia modenese dove era conosciuta con il nome di battaglia "Maria".
Biografia
modificaMarta Sola nasce a Colegara di Modena il 4 novembre 1922 da genitori mezzadri. Frequenta le scuole elementari fino alla quinta per poi iniziare il suo impiego lavorativo nei panni di domestica e successivamente operaia presso la fabbrica delle Fonderie riunite[27].
Durante l'occupazione tedesca, con il nome di battaglia di "Maria", è staffetta nella brigata Walter Tabacchi e collabora a nascondere renitenti alla leva e partigiani.
Prende parte e partecipa attivamente alle attività organizzate dai Gruppi di Difesa della Donna.
Resistenza
modificaMarta Sola ha il primo approcio alla resistenza tramite un gruppo di giovani, del quale faceva parte anche suo fratello, ucciso il 25 dicembre del 1944, che si organizzavano in gruppi d'azione e si nascondevano dentro le case.
Marta Sola entra nella resistenza modenese nella brigata di Walter Tabacchi nel ruolo di staffetta[27], accompagnatrice dei giovani partigiani e trasportatrice di viveri e medicinali, sotto il nome da battaglia di "Maria".
Si occupa principalmente di aiutare a nascondere renitenti alla leva e partigiani e partecipare alle attività dei gruppi di difesa delle donne.
Dopoguerra
modificaNel dopoguerra sceglie di frequentare una scuola di partito e di dedicarsi a tempo pieno alla politica come funzionaria, rivestendo incarichi sia all'UDI nazionale che provinciale. Decide poi in questo periodo di sposarsi ed ha due figlie.
Teresa Vergalli
modificaTeresa Vergalli (San Polo d'Enza, 1927), è una partigiana italiana conosciuta con il nome di battaglia "Annuska".
Biografia
modificaNasce ad ottobre del 1927 nel comune di San Polo d'Enza, frazione Villa Ghilga, in una famiglia di contadini poveri; la madre Caterina proviene da una famiglia di mezzadri e il padre Prospero da una di affittuari, diventato esso stesso affittuario. Ha un fratello nato il 26 giugno 1932. Va a scuola fino al bombardamento di Reggio Emilia del 7 gennaio 1944, quando le magistrali vengono trasferite più lontano, a nord verso il Po, ed andare in bicicletta per 20 chilometri in più diventa faticoso. Termina gli studi appena finita la guerra, diventando maestra elementare. Sposa Claudio Truffi[29].
Resistenza
modificaGiovanissima, a nemmeno 17 anni, partecipa alla guerra di liberazione con il nome di battaglia "Annuska". Con una piccola rivoltella - che non sapeva usare - nascosta nel reggiseno, porta messaggi e documenti, accompagna in bicicletta, per i sentieri delle campagne della Val d'Enza, i comandanti militari da un posto all'altro, curandosi che non venissero intercettati o arrestati, partecipa ai sabotaggi e rischia la vita nei posti di blocco, difende i diritti femminili nei Gruppi di difesa delle donne[30]. Dopo la guerra prosegue l'attività politica, partecipando alla creazione dell'Unione Donne Italiane (UDI) e dell'Associazione delle ragazze[29].
Note
modifica- ↑ citazione tratta dall'intervista a Clelia Manelli del 23 giugno 1994
- ↑ Aude Pacchioni commemorata a tre anni dalla scomparsa, Comune di Soliera, 12 gennaio 2024
- ↑ Caterina Liotti e Angela Remaggi, A guardare le nuvole, Carocci, 2004, ISBN 88-430-2961-4 (p.194)}}
- ↑ Aude Pacchioni, Arte Stampa Edizioni, 21 novembre 2021
- ↑ Chiara Ugolini, Addio a Aude ‘Mimma’ Pacchioni, partigiana della Resistenza a Modena e una vita dedicata al bene comune. “Una madre della Repubblica”, Il Fatto Quotidiano, 12 gennaio 2021
- ↑ Aude Pacchioni, Modena '900
- ↑ Aude Pacchioni, Aude Pacchioni (ANPI)
- ↑ 8,0 8,1 A Modena uno spazio pubblico per Aude Pacchioni, Comune di Modena, 28 ottobre 2023
- ↑ Paola Nava, Aude Pacchioni, Enciclopedia Delle Donne
- ↑ Modena dedica uno spazio pubblico ad Aude Pacchioni, partigiana a politica, Modena Today
- ↑ Modena, è morta Aude Pacchioni, la partigiana Mimma, pioniera del welfare, La Repubblica, 12 gennaio 2021
- ↑ Pacchioni Aude (Mimma) (1926-2021), Fondazione Altobelli
- ↑ Aude Pacchioni, autentica “madre della Repubblica”, Comune di Modena, 12 gennaio 2021
- ↑ A guardar le nuvole, p. 205.
- ↑ 15,0 15,1 15,2 A guardar le nuvole, p.204.
- ↑ Ibes Pioli, la partigiana Rina, “testimone di libertà”, Comune di Modena, 23 novembre 2020
- ↑ Sebben che siamo donne. 8 marzo 1945: l'assalto al salumificio Frigieri di Paganine, Rivoluzioni Modena900
- ↑ Frase pronunciata dalla partigiana durante un'intervista del 10 aprile 1996, a cura di Anna Maria Agnini
- ↑ A guardare le nuvole, pag. 215.
- ↑ È morta Olema, la partigiana in bicicletta, su gazzettadimodena.it, 6 marzo 2013. URL consultato il 9 aprilie 2024.
- ↑ Anna Rossi, titolo dell'articolo, in Rinascita, 20 luglio 1985, p. 45.
- ↑ Episodio di Casale California, San Cesario sul Panaro, 14.06.1944, Episodio di Casale California, San Cesario sul Panaro, 14.06.1944 (PDF), su straginazifasciste.it. URL consultato il 9 aprile 2024.
- ↑ Gabriella Rossi: una vita al servizio della democrazia, ANPI Modena
- ↑ 24,0 24,1 Rossi Gabriella, Siusa Archivi Beni Culturali
- ↑ Lucia Sarzi. Partigiana e attrice girovaga, Rai Cultura
- ↑ Benedetta Tobagi, La resistenza delle donne, Einaudi, 2022, pp. 24-25
- ↑ 27,0 27,1 A guardar le nuvole, pp. 243-245.
- ↑ 25 Aprile, la lotta di liberazione dal nazi-fascismo in Emilia-Romagna, Regione Emilia-Romagna
- ↑ 29,0 29,1 Teresa Vergalli, Una vita partigiana, Mondadori, 2023, capitolo I Era l'altro secolo
- ↑ Simonetta Fiori, Aspettando il 25 aprile: Teresa Vergalli, ora e sempre partigiana, La Repubblica, 2 aprile 2023
Bibliografia
modifica- Caterina Liotti (curatrice) Angela Remaggi (curatrice), A guardare le nuvole. Partigiane modenesi tra memoria e narrazione, Carocci (2004), ISBN 9788843029617
- Roberta Pinelli, Dizionario biografico delle donne modenesi, Elis Combini editore in Modena (2019), ISBN 9788865091838
- Teresa Vergalli, Una vita partigiana, Mondadori (2023), ISBN 9788835724698
- Benedetta Tobagi, La resistenza delle donne, Giulio Einaudi editore, 2022, ISBN 9788858440810