Noli me tangere/Appendice
Tabella degli ambiti esplicativi di applicazione
modificaTeorie naturali | Fatti storici non comprovati da teoria[1] |
---|---|
Tomba sbagliata | 2, 5-12
|
Allucinazioni dei discepoli | 4, 7 e 8
|
Risurrezione esistenziale | 4, 5, 7 e 8
|
Gesù aveva un gemello | 4, 7 e 8
|
Leggenda - Abbellimenti nel corso dei secoli | 1-12 + Primo resoconto di Paolo
(Cap. 3) |
Risurrezione spirituale (non fisica) | 4, 5, 7 e 8
|
Discepoli mentirono e/o trafugarono il cadavere | 6, 7 e 8
|
Altri trafugarono il cadavere (cioè tombaroli) | 5-12
|
Gesù svenne sulla croce | 1 e 6
|
Risurrezione fisica di Gesù | Comprova tutti i fatti[2] |
Fatti storici
modifica- Morte di Gesù per crocifissione
- Inumazione di Gesù
- La sua morte provoca lo smarrimento dei discepoli e la perdita di speranza
- Tomba vuota
- I discepoli hanno esperienze reali che ritengono essere apparizioni effettive di Gesù risorto
- I discepoli sono trasformati e disposti a soffrire e morire per fede
- Giacomo, fratello scettico di Gesù, è convertito quando crede di vedere Gesù risorto. Incredulità di Tommaso e dito nel costato di Gesù risorto
- Paolo, famoso persecutore della Chiesa, si converte credendo di aver veduto Gesù risorto
- Questo messaggio di risurrezione diventa centrale nella predicazione paleocristiana
- La risurrezione è soprattutto proclamata a Gerusalemme
- La Chiesa cristiana nasce e cresce
- La domenica viene descritta come il giorno primario di culto
PRECISAZIONE E DOVUTO RIDIMENSIONAMENTO
modificaPer approfondire, vedi Biografie cristologiche. |
Alla luce di ciò che si è detto nei precedenti capitoli, come si può riassumere la figura di Gesù, di un Gesù che si vuole risorto, risorto a tutti i costi? La sua religione è una particolare risposta ad una situazione specifica data da un uomo straordinario e la sua risurrezione è un sine qua non ben definito da Paolo, quando afferma: "se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede."(1 Corinzi 15:14 — notare la contrapposizione di "nostra" e "vostra", un po' come il mussoliniano "armiamoci e partite!"). Il Cristianesimo, d'altra parte, è lo sviluppo della religione di Gesù fatta da persone pratiche che pianificavano il futuro in un contesto temporale ordinario. Le due cose sono definitivamente connesse, eppure sono anche radicalmente differenti.[3]
Seguendo le conclusioni dello storico ed esegeta Géza Vermes,[3] si può certamente affermare che la situazione specifica sorse dal trambusto politico generato dal dominio romano in Palestina, iniziato verso il 63 a.C. L'agitazione fu chiaramente palese negli atti di ribellione dopo la morte di Erode il Grande nel 4 a.C, che furono soppressi violentemente dai romani, e nell'amaro risentimento causato dal censiomento o registrazione fiscale romana imposta sulla Giudea da Quirinio, governatore della Siria, nel 6 d.C. L'agitazione politica scatenò e alimentò un desiderio febbrile di intervento divino imminente, specialmente dopo il ministero vastamente influente di Giovanni il Battista nei tardi anni venti. Gesù avrebbe reagito e risposto a tale aspettativa febbrile. Il Regno di Dio si credeva fosse alle porte. Tale Regno era una questione prettamente ebraica, che coinvolgeva esclusivamente gli ebrei, e richiedeva una soluzione esclusivamente ebraica. Il mondo non ebraico non aveva nulla a che fare con tale problematica, assolutamente nulla.[3]
Una soluzione fu fornita da un uomo straordinario, Gesù di Nazaret, profeta provinciale, senza educazione "rabbinica", ma colmo di intuito, compassione, magnetismo e potere carismatico, pronto a gettarsi anima e corpo nel crescente movimento lanciato da Giovanni Il Battista e prenderne le briglia. Il suo modo particolare di promuovere la causa del regno derivò dalla sua convinzione totale della necessità del compito al quale era stato preposto. Di conseguenza dai propri discepoli egli pretese una fede illimitata in Dio. A ragione della natura escatologica del loro compito, portarlo avanti non ammetteva né lentezza né procrastinazione e richiedeva una devozione assoluta indipendentemente dai costi. Il fine previsto era un posto al banchetto escatologico preparato da Dio per coloro che rispondevano all'invito che Gesù offrì loro con urgenza profetica. Per seguire il suo appello ed entrare nello spirito del suo Ebraismo escatologico, i discepoli di Gesù dovevano abbandonare una religione banale, rivolgere la propria attenzione ai più alti ideali e progredire decisamente alla massima velocità.[3]
Ciò che rende questa religione particolare è lo sforzo incessante che Gesù impose a se stesso e ai suoi seguaci. Non mostrò mai segni di esitazione, né sopportò tattiche dilatorie o tergiversazioni da parte di potenziali discepoli. La fiducia che il Regno è vicino, sta arrivando, è arrivato, sottendeva una permanente atmosfera di urgenza. Afferma Vermes che la religione rivelata dal messaggio autentico di Gesù è lineare, senza dogmi complessi, o immagini "mitiche" o egocentriche speculazioni mistiche. Somiglia ad una gara che consiste soltanto di un rettilineao finale, che dai corridori richiede un ultimo sforzo di energia e con una medaglia di vittoria preparata per tutti i partecipanti ebrei che attraversino il traguardo. A questo punto, Vermes si chiede "come un genio religioso del calibro di Gesù possa essere stato un tale sciovinista di mentalità ristretta", esclusivista ebreo per soli ebrei.[3] Ma l'escatologia ebraica dell'epoca era esclusiva e forse Gesù era semplicemente un figlio del suo tempo. D'altra parte, potrebbe aver sposato l'idea profetica manifesta nella seconda metà del Libro di Isaia secondo cui l'entrata degli ebrei nel Regno di Dio avrebbe persuaso i gentili ad associarsi. Se fosse così, Gesù potrebbe benissimo essersi immaginato che, dopo il riuscito completamento della sua missione esclusivamente ebraica, Dio sarebbe intervenuto e si sarebbe preso cura del resto dell'umanità. Gesù si prospettava ottimisticamente una buona e positiva riuscita della sua missione nel radunare insieme i figli di Israele e di condurli sani e salvi alle porte del Regno di Dio. Non previde la crisi e la tragedia della croce.[3][4]La divinizzazione di Gesù e la sua trasformazione in Cristo sono «astrazioni successive» e, come dice bene anche Ehrman, saranno poi i cristiani ad alterare i relativi testi per introdurre elementi tesi a legittimare la credenza in un Gesù divino, che infatti risorge e poco dopo ascende al Cielo. Abbiamo esaminato fonti e miti di questa "risurrezione", fornendo a volte "inconfutabili testimonianze probatorie", anche per rendere chiaro come si possa creare un mito partendo da semplici basi contestuali.
Profeta apocalittico errante ed ebreo osservante
modificaIn questo contesto, quindi, e dopo un'accurata analisi bibliografica scaturita dalle ricerche storico-esegetiche di Géza Vermes, Bart Ehrman, Gary Habermas, e altri illustri teologi/biblisti, tra i libri consultati in lingua italiana, si riscontra particolarmente interessante quello di Paolo Flores d'Arcais, Gesù. L'invenzione del Dio cristiano[5] Il libro si è posto all'attenzione specifica dell'argomento qui trattato in appendice grazie alla seguente recensione di Valentino Salvatore (Agosto 2011), pubblicata su uaar.it. La si riporta in stralcio:
Note
modifica- ↑ Non include la teoria delle altre ragioni problematiche.
- ↑ Tabella modificata da H. Wayne House & Joseph M. Holden, Charts of Apologetics and Christian Evidences, Zondervan, 2006, grafico nr. 58.
- ↑ 3,0 3,1 3,2 3,3 3,4 3,5 Géza Vermes, The Authentic Gospel of Jesus, 2003, pp. 413-417.
- ↑ Su queste conclusioni si vedano anche i relativi capitoli, spec. Capp. 6-8, di Biografie cristologiche con relative fonti.
- ↑ Paolo Flores d'Arcais, Gesù. L'invenzione del Dio cristiano, Add Editore, 2011.