Micro e nanotecnologia/Microtecnologia/Tecniche litografiche

Indice del libro

Storia modifica

L’invenzione della litografia è dovuta a Alois Senefelder e la data d’invenzione è fissata nel 1796. Senefelder trovò che alcuni particolare tipi di pietre, opportunamente levigate e quindi disegnate con una matita grassa, hanno la peculiarità di trattenere nelle parti non disegnate un sottile velo d’acqua, che il segno grasso invece respinge. Passando l’inchiostro sulla pietra così trattata, esso è respinto dalle parti inumidite e trattenuto dalle parti grasse. Al torchio, perciò, il foglio di carta riceve solo l’inchiostro che si deposita sulle parti disegnate e non sulle altre. La litografia si dice essere stata una scoperta casuale, ma comunque preceduta da diversi studi e prove. Il suo interesse iniziale è nel campo della riproduzione di disegni artistici. Già nel 1806 inizia ad essere usata tanto che nel 1818 apriranno a Parigi 5 litografie, e che diventano 59 nel 1831. In Italia viene introdotta attorno al 1805, a Roma, da G. Dall'Armi.[1]

La fotolitografia usata in microelettronica è in realtà una derivazione della fotografia, che viene inventata da Niépce nel 1822, sulla base delle conoscenze acquisite con la litografia. Tale tecnica permette di produrre immagini senza l'intervento diretto dell'uomo. Sperimentando diverse tecniche Niépce riesce ad ottenere, la sua prima immagine disegnata dalla luce, la tecnica in breve consisteva nel distendere uno strato di bitume ridotto in polvere e disciolto in essenza di lavanda, in seguito la soluzione veniva pennellata su una lamina di rame ricoperta d'argento e quindi fatta asciugare; lo strato di vernice fotosensibile viene esposto per qualche ora sul fondo di una camera oscura ed impressionata con l'immagine che si intendeva riprodurre; successivamente la lamina veniva immersa in un bagno di lavanda per dissolvere i frammenti che non avevano ricevuto la luce e così si otteneva l'immagine in negativo. L'unico imprevisto è che il risultato del suo lavoro non è stabile, cioè annerisce progressivamente al contatto con la luce. Nel 1827, durante un viaggio a Parigi, conosce Daguerre e Lemaitre che in seguito diventeranno suoi collaboratori. Nel 1829 fonda con Daguerre un'associazione per il perfezionamento dei materiali fotosensibili. Il processo di Niépce è alla base della fotografia. Il difetto iniziale della poca stabilità viene corretto, ma la sua morte prematura non gli permette di avere la fama aspettata. Daguerre continua da solo le ricerche che lo portano alla invenzione del dagherrotipo. La consacrazione della scoperta viene fatta il 19 agosto 1839 durante una seduta dell'"Accademia delle scienze". Vi è da aggiungere che gli inglesi affermano che l'invenzione spetta a Thomas Wedgwood, che circa nel 1790 circa aveva prodotto delle immagini chimiche su carta.

La tecnologia per l'elettronica modifica

Il processo di fotomaschere, cioè i processi chimici utilizzati nella fabbricazione di circuiti integrati è molto posteriore. Infatti solo dopo la seconda guerra mondiale si applicò una tecnica simile nella produzione di piastre per componenti elettronici. Inizialmente tali piastre laminate di rame venivano incise e servivano come base per saldare separatamente componenti elettronici semplici: resistenze, transistor, capacità eccetera. Solo nel 1961 si sono prodotti i primi componenti su una singola fetta di silicio. In quegli anni la risoluzione era peggiore di 5  m. [2].

Microlitografia e nanolitografia si riferiscono specificatamente a metodi di disegni litografico capace di strutturare materiali su piccola area. Se le strutture hanno dimensioni inferiori a 100  m si parla di microlitografia, mentre se le strutture sono più piccole di 100 nm si parla di nanolitografia.

Tra i metodi litografici la fotolitografia è semplicemente uno dei tanti metodi, anche se il più utilizzato nella produzione di circuiti integrati su fette di semiconduttori. La fotolitografia è anche usata per la fabbricazione di sistemi micro elettromeccanici. La fotolitografia utilizza generalmente una fotomaschera prefabbricata, chiamata anche reticolo, come matrice da cui viene ricavato il disegno finale. La fotomaschera è simile al negativo utilizzato nella stampa fotografica. La differenza sostanziale rispetto ai negativi fotografici, è l'estrema qualità, a questo scopo la fotomaschere è fabbricata su una lastra di quarzo di elevata planarità, con un numero estremamente ridotto di difetti. Le fotomaschere sono prodotte in camere pulite di alta qualità.

Sebbene la fotolitografia è la tecnica commercialmente più sviluppata, altre tecniche sono anche utilizzate. Alcune come la litografia elettronica sono capaci di una molto maggiore risoluzione, in alcuni casi anche di pochi nm. La litografia elettronica ha anche una notevole importanza industriale, in quanto permette la fabbricazione delle fotomaschere ed inoltre permette di realizzare prototipi senza maschere, lo svantaggio è la lentezza di disegno.

Assieme a queste tecniche ben sviluppate esistono nuove tecniche emergenti quali la Litografia a raggi X, la litografia a fascio ionico, la litografia con microscopio a forza atomica e il nanoprinting che vengono trattate nel seguito.


Note modifica

  1. Giorgio Fioravanti. Il dizionario del grafico. Bologna, Zanichelli, 1993. ISBN 88-08-14116-0.
  2. Marc J. Madou. Fundamental of Microfabrication. CRC PRESS, 2002. ISBN 0-8493-0826-7.

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