Calcolo differenziale/Introduzione

Indice del libro

Questo testo si propone di esporre il calcolo differenziale sugli spazi vettoriali basando l'impianto espositivo e dimostrativo sul concetto di differenziale di una funzione, che in generale può essere definito come la parte lineare (detta anche parte principale) della variazione della funzione nell'intorno di un punto.

Questa definizione generica può essere resa in modo rigoroso non appena si sappia definire in modo rigoroso il concetto di "parte lineare" di una funzione. Intuitivamente la parte lineare di una funzione è la funzione lineare che "meglio approssima" la funzione data, e tale intuizione può essere resa geometricamente dicendo che si tratta di approssimare il grafico della funzione con una figura "piatta" (retta, piano, iperpiano). Per formalizzare tale concetto è sufficiente disporre del concetto di limite, e di quello conseguente di stima asintotica, i quali concetti a loro volta sono formalizzabili in qualunque spazio vettoriale che sia normato e completo, ovvero che sia uno spazio di Banach.

Basando l'impianto espositivo sul concetto di differenziale, altri concetti del calcolo differenziale - in particolare quello di derivata - vengono definiti a partire da questo. Ciò costituisce un notevole vantaggio, in quanto il concetto di derivata non è facilmente generalizzabile a degli spazi vettoriali, come si evince dalla semplice considerazione che in uno spazio vettoriale non è definito un rapporto fra vettori, per cui non è chiaro come generalizzare il concetto di "rapporto incrementale", di cui la derivata è il limite. Invece, come si è detto, il differenziale può essere definito in qualunque spazio vettoriale in cui si disponga di una definizione di limite.

Inoltre il differenziale, quando inteso come operatore che agisce in uno spazio funzionale, risulta essere un operatore "scalare" (cioè trasforma funzioni scalari in funzioni scalari e funzioni vettoriali in funzioni vettoriali, e più in generale non altera il rango tensoriale della funzione su cui agisce), mentre la derivata definita su spazi vettoriali è un operatore "vettoriale" (trasforma una funzione scalare in una funzione vettoriale, una funzione vettoriale in una funzione operatoriale, e così via salendo progressivamente di rango). I principali vantaggi degli operatori scalari sono che essi agiscono in modo analogo sia sulle funzioni scalari sia su quelle vettoriali (in quest'ultimo caso agiscono indipendentemente sulla proiezione della funzione in qualunque direzione), e che risulta facile applicarli più volte ad una stessa funzione, in quanto le loro "potenze" si comportano in modo analogo a quelle di uno scalare. Per ottenere un operatore scalare che abbia le caratteristiche di una derivata bisogna definire una derivata direzionale, restringendo la funzione in una direzione e riconducendola così ad una funzione di una variabile scalare, ma così facendo non si dispone di tutte le informazioni rese disponibili dal differenziale, in quanto una funzione differenziabile ha le derivate direnzionali in tutte le direzioni, ma l'implicazione contraria non è vera.

Un altro vantaggio di questa impostazione è che molte dimostrazioni, se condotte a partire dal concetto di differenziale (che in quanto applicazione lineare può essere trattata in modo puramente algebrico), risultano particolarmente semplici ed immediate. Questo testo, tuttavia, si propone principalmente di fornire dei risultati, per cui le dimostrazioni non vengono date in modo del tutto rigoroso. In particolare non ci si premura di elencare per ogni teorema tutte le ipotesi necessarie per la sua dimostrazione, e ci si limita a mostrare in linea di massima come procede la dimostrazione a partire dalla definizione di differenziale, dando per scontato che ogni volta siano soddisfatti tutti i requisiti necessari per compiere i vari passaggi (funzioni sufficientemente regolari, eccetera).

Si giustifica in quest'ottica anche il ruolo marginale dato alla trattazione dei casi notevoli rispetto ai testi usuali di natura didattica. Ad esempio in letteratura dopo aver definito la derivata e il differenziale si procede al calcolo di tali grandezze per tutte le funzioni notevoli, dopodiché alcuni importanti teoremi - come quello dello sviluppo in serie di Taylor - vengono dimostrati ricorrendo a questi casi notevoli. Invece in questo testo, a costo di rendere la dimostrazione più laboriosa e lasciare la sua generalizzazione al lettore, anche in questi casi si è preferito mostrare come tale dimostrazione può essere condotta a partire unicamente dalla definizione di differenziale. Nel caso dello sviluppo in serie di Taylor ciò risulta particolarmente utile per comprendere il nesso fra i differenziali di ordine superiore e i termini multilineari dell'incremento di una funzione rispetto l'incremento della variabile.

Un altro vantaggio notevole di questa impostazione è che tutte le definizioni e le dimostrazioni possono essere condotte senza ricorrere alla scelta di una particolare base. Questo implica che tutte le equazioni vengono esposte e dimostrate senza far comparire le componenti al posto dei vettori, né le derivate parziali al posto degli operatori differenziali, né le componenti delle funzioni al posto delle funzioni vettoriali, né funzioni definite sulle componenti anziché sui vettori. Invece ogni grandezza vettoriale (variabile, funzione, operatore) compare esplicitamente in quanto tale, e viene manipolata sfruttando unicamente le proprietà della sua natura vettoriale. Solo alla fine, quando tutti i risultati del calcolo differenziale vettoriale sono già stati presentati, si mostra come "proiettare" questi risultati su una base. Così facendo si vede chiaramente la continuità e la generalizzazione fra il caso monodimensionale e quello multidimensionale, e quando a livello di componenti compaiono dei termini che non trovano il corrispondente in ambito monodimensionale (come ad esempio quello che compare nella "differenziazione assoluta" delle funzioni vettoriali) tali termini diventano facilmente comprensibili in quanto "effetti della proiezione su una base" di una relazione vettoriale che invece ha un suo corrispondente evidente in ambito monodimensionale.