Esistenzialismo shakespeariano/Introduzione: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
testo
Riga 137:
Dopo la guerra, l'esistenzialismo divenne un movimento filosofico estremamente popolare. L'agenda esistenzialista risuonava del gusto populista per l'individualismo, del contraccolpo ''anti-establishment'' e del crescente interesse per i movimenti controculturali. La parola "esistenzialismo" divenne un elemento del linguaggio quotidiano casuale. Tuttavia, questa improvvisa popolarità ''[[w:mainstream|mainstream]]'' spesso significava che le preoccupazioni filosofiche dell'esistenzialismo venivano trascurate o volontariamente fraintese. L'esistenzialismo venne pensato come una filosofia cupa e morbosa che sottolineava l'impossibilità di una situazione umana immune dal peccato, dal fallimento, dal flusso e dalla morte. L'improvvisa ascesa dell'esistenzialismo alla fama ostacolò e minò i suoi meriti filosofici. Divenne stranamente e paradossalmente caratterizzato come una forma di filosofia astorica, essenzialista, umanistica, amorale e [[Ragionamento sull'assurdo|assurda]]. Come mostrerò, questo tipo di esistenzialismo divenne evidente nelle interpretazioni di Shakespeare.
 
Nel 1959 [[:en:w:Walter Kaufmann (philosopher)|Walter Kaufmann]] pubblicò ''From Shakespeare to Existentialism: An Original Study''.<ref>Walter Kaufmann, ''From Shakespeare to Existentialism: An Original Study'' (Princeton: Princeton University Press, 1980), p. 3.</ref> Fu il primo studio a riconoscere esplicitamente un'affinità filosofica tra i suoi due argomenti. Tuttavia, il titolo è fuorviante, poiché il libro non è una storia di idee esistenzialiste originate da Shakespeare. Lo studio di Kaufmann è compromesso da una visione confusa e generale dell'esistenzialismo, a cui altrove si riferisce come "a timeless sensibility that can be discerned here and there in the past".<ref>Walter Kaufmann, ''Existentialism: From Dostoevsky to Sartre'', {{en}} trad. e cur. Walter Kaufmann (Cleveland and New York: Meridian Books, 1956), p. 12.</ref> Egli identifica due principali aspetti esistenzialisti del dramma e della poesia di Shakespeare: costruzione del personaggio esistenzialista (piuttosto che psicologicamente realistico) e la "visione del mondo" esistenzialista secondo cui non ci sono ragioni metafisiche che spieghino l'esistenza umana. Afferma che "Shakespeare knew the view that man is thrown into the world, abandoned to a life that ends in death; but he also knew self-sufficiency. He had the strength to face reality without excuses and illusions and did not even seek comfort in the faith in immortality".<ref>Kaufmann, ''From Shakespeare to Existentialism'', p. 3.</ref> Invece di mostrare le potenti intensità esistenziali al centro del dramma shakespeariano, Kaufmann fa vaghe osservazioni pop-esistenzialiste per smentire interpretazioni cristiane delle opere teatrali. Si riferisce ripetutamente ai due versi iniziali del novantaquattresimo sonetto di Shakespeare: "They that have power to hurt and will do none, / That do not do the thing they most do show". Per Kaufmann, il sonetto è una precedente articolazione dell'idea di Nietzsche dell’''Übermensch''. In una rassegna dello studio, [[:en:w:Hazel Barnes|Hazel Barnes]] osserva come Kaufmann individua nell'opera di Shakespeare "the self-contained, self-sufficient man, one who lives and dies for himself and who helps humanity only by making himself a monument of moral perfection."<ref>Hazel E. Barnes, ‘Walter Kaufmann’s New Piety’, ''Chicago Review'', 13:3 (1959), p. 91.</ref> Kaufmann suggerisce che Shakespeare sia un esistenzialista perché è il grande precursore di Nietzsche. Sebbene ci possa essere un certo fondamento critico in questa argomentazione, ''From Shakespeare to Existentialism'' non è all'altezza di uno studio completo delle preoccupazioni esistenziali di Shakespeare.
 
 
 
== Conclusione ==