Interpretazione e scrittura dell'Olocausto/Memoria e compimento: differenze tra le versioni

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Il terzo tema ruota attorno a questo atto di iscrizione, in particolare allo scopo di preservare queste ferite infettanti, [[w:Prometeo|prometeiche]], piuttosto che "sanarle". Quando l'atto di ricordare dà fede alla vita e quando è autodistruttivo e esteriormente aggressivo? È possibile dare a queste domande delle risposte definitive? Ad esempio, Selma all'inizio indossa un fazzoletto attorno al polso per nascondere il tatuaggio del campo. Sceglie di non rimuovere questo marchio significativo del passato anche se ovviamente desidera nasconderlo. La sua relazione con il passato, che voglia ricordarlo o dimenticarlo, è molto ambigua. Come il personaggio di Yosel in ''Not of This Time, Not of This Place'' (1963) di [[w:Yehuda Amichai|Yehuda Amichai]], che sfoggia un tatuaggio di sirena per coprire quello inflitto ad Auschwitz, la situazione di Selma sul "ricordo" e il "lasciar perdere", come quella di Israele, è forse insolubile.
 
Temi del ricordare e del dimenticare inevitabilmente toccano la natura della narrazione. Il tatuaggio, come iscrizione del passato, sul corpo di Smadar (rappresentante dell'attuale corpo politico di Israele) è necessariamente una buona cosa? È finanche legato alla ricerca di integrità storica? Uno ad uno, "Smadar/Selma" sfida preconcetti e narrazioni del pubblico: l'Olocausto, l'imperativo del collettivo israeliano e, soprattutto, gli atteggiamenti israeliani verso i palestinesi. Dopo tutto, sono i palestinesi a sopportare il peso della rabbia generata dalle ferite di un passato che non andrà via. ''Arbeit Macht Frei'' è un'indagine sulla narrativa sionista basilare, più o meno allo stesso modo di ''Cherli Ka Cherli'' di Danny Horowitz. Per molti versi, l'opera di Horowitz è il precursore stilistico e tematico di ''Arbeit Macht Frei''. In entrambi i brani, il pubblico è guidato da una serie di reperti e guide che pongono domande per costringere gli spettatori a interrogare le immagini e le storie proposte. In particolare, ''Arbeit Macht Frei'' utilizza la fotografia del ragazzo nel ghetto di Varsavia, le braccia in alto (visto in ''Cherli Ka Cherli'' e in ''Ha Patriot'' di Hannover Levin). Selma, in piedi davanti a questa fotografia, espone e spiega la gerarchia della sopravvivenza nell'Olocausto. "Ognuno afferma di essere questo ragazzo", dice, insinuando che la narrativa israeliana ha enfatizzato il ruolo dei partigiani ebrei nel continuum dell'identità ebraica e stigmatizzato convenientemente coloro che si sono comportati con acquiescenza "da pecora". Ecco perché Selma, una "vittima" dei campi, nasconde il suo tatuaggio: è lo stigma di un codardo piuttosto che le stimmate di un martire.
Temi del ricordare e del dimenticare inevitabilmente toccano la natura della narrazione.
 
Il quarto tema è la politica aggressiva che Israele ha adottato per garantire che l'Olocausto non si ripeta mai. In termini contemporanei questo si manifesta nel trattamento israeliano della minoranza araba. Fermandosi davanti ad un modello del ghetto di Varsavia, Selma chiese agli spettatori se sapessero di altri ghetti odierni. Qualcuno offrì l'analogia dei campi profughi palestinesi. Selma non approvò né disapprovò la risposta, anche se sembrava fosse quella che si aspettava. L'analogia di israeliani come nazisti e arabi come ebrei espropriati è evidenziata con altri mezzi, in particolare attraverso la musica militare. In ''Cherli Ka Cherli'', Horowitz aveva fatto lo stesso parallelo descrivendo i suoi soldati israeliani e nazisti che ripetevano lo stesso ritornello di "sinist, destra, sinist, destra". Nel museo Selma e successivamente Khaled stabiliscono il ''[[w:Leitmotiv|Leitmotiv]]'' della musica nazionalistica, sottolineandone l'impatto drammatico ed emotivo. Mentre guardava ''Ambulans'', ad esempio, "Selma" chiese al pubblico di notare la drammatica qualità della musica, la facilità con cui può essere utilizzata per manipolare la risposta del pubblico. "Perché suonavano musica nei campi?" Khaled chiese in seguito. "Per nascondere le urla degli ebrei', ci disse. La musica militare e nazionalistica copre una profonda bestialità. Copre l'orrore della guerra. Funziona allo stesso livello dell'eufemismo linguistico e distoglie l'attenzione popolare dalla ferocia del nazionalismo.
 
Il quinto livello, che fu ulteriormente sviluppato ad Akko, è l'esperienza di essere una vittima, in particolare una vittima del Terzo Reich. Selma depone la prima "mina" per questa discussione quando il pubblico passa davanti ad una raccolta di interpretazioni artistiche contemporanee dell'Olocausto. Osservandole, ci disse, "la vera creatività è dove nascondere un pezzo di pane quando non hai né capelli e né vestiti". La fame, il disorientamento, l'ambiente stesso e la privazione saranno usati in seguito per costringere il pubblico a mettersi nei panni dei perseguitati di Hitler. Ad esempio, un altro punto in cui questa strategia entrò in ballo fu quando Selma chiese al pubblico di scendere una rampa di scale per incontrare Khaled. "Tenete la destra', avvertì. Mentre scendevamo, si fermò in cima alle scale, sorridendoci consapevolmente. Stavamo rievocando l'arrivo degli ebrei ad Auschwitz. Eravamo i fortunati, a differenza di "quelli a sinistra" che passarono dal processo di selezione giù per la "scala del paradiso" e nelle camere a gas.
 
Selma ci aveva condotto sui gradini con la frase "Ora andiamo da Khaled che sa tutto sui campi di concentramento". Ancora una volta le percezioni furono messe alla prova: cosa può mai un arabo insegnare a un pubblico israeliano sull'Olocausto? Khaled, parlando con un forte accento arabo, stava di fronte a un grande modello tridimensionale di Treblinka con un bastone in mano e istruiva il pubblico sui meccanismi di un campo di sterminio. Il tour di Selma era stato strutturato in modo approssimativo sulla storia della ricerca nazista per affinare l'eliminazione di "un segmento alieno della società". Khaled ci informò che i campi costituivano il metodo "finale". L'immagine di un arabo in piedi davanti a un modello di Treblinka, ci ricordò l'immagine precedente del ghetto di Varsavia, in particolare l'analogia con i campi profughi palestinesi. La domanda sollevata dall'immagine di Khaled e Treblinka sollevò la questione se una simile soluzione finale spettasse anche ai palestinesi.
 
''Arbeit Macht Frei'' propone un diverso tipo di nazionalismo basato sulla comprensione e il rispetto reciproci in una società multiculturale. Khaled ci disse di non aver mai saputo nulla dell'olocausto fino a quando non andò al Yad Vashem, dove fu così scioccato che si mise a piangere. Descrisse quindi le sue successive reazioni. Prima odiò i tedeschi, poi iniziò a odiare l'Uomo. Ora, ci disse, si riferisce alle persone solo come esseri umani piuttosto che come gruppi o tipi. Il suo atteggiamento rifletteva la necessità di distruggere gli stereotipi. Il pubblico venne incoraggiato a capire, non solo gli ebrei e gli arabi, ma anche l'un l'altro. La comprensione può venire solo mediante il contatto individuale nella vita quotidiana. Ci fu un tentativo deliberato di far condividere agli spettatori le proprie storie, i ricordi e la compassione. Ad esempio, nel museo, Selma si fermò alla cabina di vetro di Eichmann. Uno degli spettatori rivelò che suo padre era stato una delle guardie di Eichmann. Un altro infine ammise di essere un turista tedesco. Questi due estranei condivisero quindi un legame e si formò tra loro un rapporto.
 
Il pubblico fu quindi riportato ad Akko in autobus. Al centro teatrale fummo condotti in un'anticamera buia. Una guida con una torcia ci disse bruscamente di lasciare le nostre cose e andare in bagno perché questa sarebbe stata la nostra ultima opportunità. Ancora una volta il pubblico venne posto nella posizione di vittime. Era un "gioco" teatrale in cui eravamo ora molto consapevoli di essere coinvolti. Nessuno di noi "protestò" e "da pecora" ci incamminammo verso quello che sarebbe diventato il nostro percorso verso Auschwitz.
 
 
 
 
== ''Conclusione'' ==