Filosofia dell'amicizia/Ellenistico: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
testo
Riga 49:
 
È facile sopravvalutare la misura in cui il carattere incerto dei tempi abbia influenzato il contenuto della filosofia ellenistica. La magistrale opera di [[w:Eduard Zeller|Eduard Zeller]], ''Grundriss der Geschichte der Griechischen Philosophie'' (1883) riporta quanto segue:
{{q|la madrepatria greca, derubata della sua indipendenza e attività politica, divenne oggetto di contesa per
{{q|...}}
gli stranieri e scena di conflitto... In queste circostanze era naturale che il desiderio e il potere di una visione libera e puramente scientifica del mondo scomparissero; che dovessero emergere problemi pratici e che la filosofia dovesse trovare il suo valore principale nel fornire un rifugio dalle miserie della vita.<ref>''Outlines of the History of Greek Philosophy'', trad. {{en}} Palmer, Thoemmes Press, 1955, p. 207. Si veda Léon Robin, ''La pensée greque et les origines de l'esprit scientifique'', trad. {{en}} M. R. Dobie, Russell and Russell, 1967, p. 313: "Le circostanze politiche e sociali che precedettero immediatamente e seguirono la morte di Alessandro avevano aggravato intensamente le urgenti necessità a cui la filosofia doveva fornire nuove risposte. Nel grande stato centralizzato a cui era ora assoggettato, il cittadino della vecchia e piccola città chiedeva che atteggiamento avrebbe dovuto assumere; si sentiva perso. Si quindi rivolse a se stesso, al suo intimo, considerò la sua salvezza interiore, chiese che gli fosse detto quale era lo scopo della vita, che gli fosse dato un ideale da perseguire per ritrovare la sua libertà perduta, verso l'ottenimento della propria felicità. L'ideale sarebbe stato diverso in ogni scuola, ma sarebbe sempre stato l'ideale del Saggio, che non appartiene a nessuna età o nessun paese."</ref>}}
<!---
Le osservazioni di Zeller dimostrano il suo punto di vista secondo il quale gli [[w:Stoicismo|stoici]] e gli [[w:Epicureismo|epicurei]] erano solo uno sfortunato interludio tra le glorie di Platone e Aristotele e la rinascita della filosofia con Plotino. Anche se rifiutiamo il giudizio di Zeller sul valore della filosofia ellenistica, dobbiamo riconoscere che c'è stato un sottile cambiamento. Gli ideali filosofici dell'amicizia articolati dagli stoici e dagli epicurei erano, rispettivamente, più austeri e più limitati degli ideali di amicizia che troviamo nel periodo classico.
Outlines of the History of Greek Philosophy trs. Palmer, (London: Thoemmes Press, 1955),
p. 207. Compare Léon Robin, La pensée greque et les origines de l'esprit scientifique trs.
M. R. Dobie (New York: Russell and Russell, 1967), p. 313:
The political and social circumstances which immediately preceded and followed
the death of Alexander had intensely aggravated urgent needs to which philosophy
had to supply new answers. In the great centralised state of which he was now a
subject, the citizen of the old small city asked himself what attitude he should take
up; he felt lost. Then he turned upon himself, considered his inner salvation, asked
to be told what was the object of life, to be given an ideal in pursuing which he
would find his lost liberty, with a view to his own happiness. The ideal would be
different in every school, but it would always be the ideal of the Wise Man, who
belongs to no age or country.--->
 
=== Gli stoici ===
== ''Conclusione'' ==
La scuola di filosofia stoica prende il nome dal consueto luogo d'incontro dei compagni e degli studenti di [[w:Zenone di Cizio|Zenone di Cizio]] (344–262 p.e.v.) — il portico dipinto o la stoa di Atene. Gli schemi essenziali della filosofia di Zenone furono poco modificati dai suoi successori, [[w:Cleante|Cleante]] (morto nel 232 p.e.v.) e [[w:Crisippo di Soli|Crisippo]] (morto nel 206 p.e.v. circa), sebbene fossero significativamente raffinati e rafforzati soprattutto da Crisippo. Le nostre testimonianze per la scuola stoica nei successivi due secoli sono più frammentarie. Gli stoici di questo periodo includono [[w:Posidonio|Posidonio]] e [[w:Panezio|Panezio]]. Abbiamo un'abbondanza di scritti di romani che adottarono lo stoicismo, tra cui [[w:Lucio Anneo Seneca|Seneca]] (4 p.e.v. – 65 e.v.), che scrisse in latino, nonché [[w:Epitteto|Epitteto]] (ca. 55-135 e.v.) e [[w:Marco Aurelio|Marco Aurelio]] (121-180 e.v.), che scrisse in greco.
 
Per apprezzare la natura radicale dell'ideale stoico dell'amicizia, è necessario dire alcune cose sulla loro filosofia morale. Qui ci sono due fatti davvero salienti. In primo luogo, gli stoici abbracciarono con tutto il cuore una tesi che è spesso assegnata a Socrate: che la virtù morale era necessaria e sufficiente per il benessere o ''eudaimonia''. Sebbene fosse naturale e razionale per gli esseri umani ''preferire'' la salute alla malattia, o la sufficienza materiale alla povertà abietta, queste cose erano del tutto irrilevanti alla questione se uno fosse ''eudaimonos'' o meno. Questi "irrilevanti preferiti" come li chiamavano, erano semplicemente la materia prima per una vita virtuosa. Siamo felici solo se perseguiamo virtuosamente questi irrilevanti. Era il ''perseguimento virtuoso'' di obiettivi come la salute, la ricchezza e la sicurezza che contava, non il loro effettivo raggiungimento. Poiché gli stoici equiparavano le virtù morali come la giustizia, l'autocontrollo e il coraggio con la comprensione razionale o l’''[[w:episteme|epistêmê]]'' (ἐπιστήμη), la nostra felicità dipendeva esclusivamente dalla perfezione o dalla piena realizzazione della nostra natura razionale.
 
Gli stoici erano anche severi deterministi causali. Tutti gli eventi avvenivano in conformità con la legge della natura, che identificavano con la presenza divina che compenetrava tutte le cose e produceva tutte le cose in un'unica narrazione estremamente razionale. Questa storia era così bella che Dio la ripeteva di continuo. Il cosmo era soggetto a episodi periodici in cui tutte le cose venivano consumate nel fuoco che era Zeus. Dalla conflagrazione, il ciclo ricominciava e si svolgeva esattamente come prima. In questa dottrina dell'eterno ritorno, il ciclo successivo avrebbe incluso qualcuno da te indistinguibile che avrebbe letto questa stessa pagina di Wikibooks nelle stesse circostanze in cui ti trovi ora. Qualunque sia il tuo futuro, sta certo che sia una parte essenziale della narrazione massimamente razionale e migliore per una storia mondiale. La persona saggia, e quindi completamente razionale, accoglie positivamente tutti gli aspetti del suo ruolo in questa narrazione. Il suo benessere o ''eudaimonia'' non dipende da ciò che gli accade, ma da come ha interpretato la parte che gli è stata assegnata. Quindi egli non vuole mai nulla a meno che non sia destinato ad averla. Allo stesso modo, non si risente mai di nulla, perché gli è sempre destinata a succedergli. Come dice Epitteto:
{{q|Gli uomini non sono turbati dalle cose ma piuttosto dalle credenze [sbagliate] che essi pensano sulle cose. La morte, ad esempio, non è qualcosa di [oggettivamente] terribile, altrimenti sarebbe apparsa così a Socrate [che era abbastanza saggio da sapere cosa fosse oggettivamente terribile]. Piuttosto, il terrore consiste nella convinzione che la morte sia terribile.|''[[w:Manuale di Epitteto|Manuale di Epitteto]]'', 5}}
Questa affermazione su cosa consiste il terrore ci porta a una seconda tesi distintiva della filosofia morale stoica – la loro visione del ''pathê''. ''Pathos'' era letteralmente qualcosa a cui si era sottoposti – qualcosa che ti era successa. Era in contrasto con ''praxis'', o ciò che uno faceva. È da questa origine che otteniamo il termine piuttosto vecchio stile che include le emozioni — "le passioni". Il catalogo stoico di passioni includeva molte delle cose che chiamiamo emozioni, come anche alcune cose che non sono così definite. Includevano ira, paura, gelosia, pietà e invidia, ma includevano anche intensi impulsi sessuali, confusione, fastidio e piacere o gioia (''hêdonê''). Tutti questi stati condividevano due importanti proprietà secondo gli stoici. Innanzitutto, erano tutti giudizi di un certo tipo. In secondo luogo, si trattava di giudizi ''errati'': la persona in cui la ragione era completamente sviluppata non commetteva errori e quindi non subiva nessuna di queste passioni. La persona pienamente saggia era quindi ''a-pathetikos'', ma ciò non significa che fosse apatico nel senso moerno che diamo in italiano. Significava semplicemente che in tutti gli aspetti della vita egli era l'attore, non il paziente. In effetti, il saggio stoico era fortemente motivato – anzi, era ''solo motivato'' – a fare ciò che la giustizia, il coraggio, la saggezza e l'autocontrollo richiedevano. Di fronte alla corruzione del governo, l'avrebbe denunciata senza paura. Cioè, non si sarebbe limitato a dominare la paura della punizione e a fare ciò che la sua coscienza e la ragione gli dicevano fosse giusto, ma non avrebbe addirittura provato nessuna paura da dominare. Sentire paura sarebbe stato come credere erroneamente che qualcosa di diverso dalla propria integrità morale e razionalità contasse per la propria felicità — per esempio, la propria vita o la vita della propria famiglia. Ma questo era semplicemente falso: lo stoico non sentiva paura.
 
Che cosa diventa amicizia all'interno di una filosofia morale come questa? Gli stoici affermarono che la vera amicizia era in realtà possibile solo tra saggi stoici privi di emozioni.<ref>Questa è la visione attribuita loro in Diogene Laerzio VII. 124 = SVF 3.631, ''Stoicorum Veterum Fragmenta'', cur. H. von Arnim, 4 voll (Teubner, 1903–24). Tuttavia, altre fonti attribuiscono loro forme di amicizia non così esclusive, cfr. Clemente di Alessandria, ''Stromateis'' 2.483 (Potts) = SVF 3.723. La spiegazione per questo apparente disaccordo è probabilmente il fatto che si parla di amicizia in vari modi. Tali modi sono catalogati in [[w:Giovanni Stobeo|Stobeo]], ''Ecloghe'' II. 94.26 (Wacksmuth) = SVF 3.98. L'amicizia che si può ottenere solo tra i virtuosi è probabilmente la terza di queste, e l'amicizia nel senso più stretto.</ref> Inoltre, questa amicizia era altruista e non conosceva confini. Era "un certo tipo di comunità che riguarda tutte le cose della vita in cui si tratta il proprio amico come se stessi".<ref>DL VII.124.</ref> Era possibile solo tra saggi perché solo loro avevano la stessa ''[[w:forma mentis|forma mentis]]'' (''homonoia'') su tutte queste questioni attinenti alla vita.<ref>[[w:Giovanni Stobeo|Stobeo]], ''Ecloghe'' II.108,5 (Wacksmuth) = SVF 3.360: "Gli stoici accettano che ci può essere solo amicizia tra i saggi, dal momento che solo tra loro c'è somiglianza di mente riguardo alle questioni della vita, poiché la somiglianza di mente è la conoscenza certa del bene comune. Perché la vera amicizia – non quella che è falsamente chiamata amicizia – non può esistere senza fede (''pistis'') e sicurezza. Ma nel caso di coloro che mancano di virtù e di valore, c'è mancanza di fede e insicurezza, e quindi non hanno amicizia, ma legami e attaccamenti diversi nascono avventiziamente tra loro tramite le loro opinioni e per necessità."</ref> Era anche possibile tra tali saggi e gli dei, che erano uguali in virtù a questi straordinari esseri umani.<ref>Quando un saggio allungava un dito in modo razionale – e quindi virtuoso – tutti i saggi del mondo ne beneficiavano. Plutarco, ''Moralia'' 1076A = SVF 3.246.</ref>
 
 
 
 
=== Epicurei e altri edonisti ===
 
 
 
=== Plutarco e l'amicizia ===
 
 
 
=== Amicizia pitagorica e neoplatonica ===
 
 
 
== ''Conclusione'' ==
 
 
 
{{clear}}
== Note ==
<div style="height: 200px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4" >