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Per tale approccio problematico, la geografia diviene dunque un contesto impreteribile per una filosofia che ritiene doveroso portare il territorio e la terra al pensiero, in analogo modo con cui altre discipline, come la "geopolitica" o la "geoeconomia", hanno inteso ripensare l'orizzonte della terra alla luce dell'affermazione planetaria della tecnoscienza<ref>Bonesio, p. 4637</ref>.
 
Luisa Bonesio nota<ref>Cfr. Luisa Bonesio, ''Geofilosofia'', in "Enciclopedia filosofica", vol. 5 p. 4637. Milano, Bompiani, 2006</ref> che se diversi sono sono gli studi che hanno arricchito la ''geofilosofia'', essi possono essere ricondotti a due filoni apparentemente antitetici già individuati da Massimo Cacciari nel suo ''Icone della legge''<ref>Massimo Cacciari, ''Icone della legge''. Milano, Adelphi, (1985) 2002</ref> (precisamente nel capitolo ''Errante radice''), là dove il filosofo italiano individua due differenti letture della problematica.
 
La prima inerisce a una lettura del filosofo tedesco di cultura ebraica Franz Rosenzweig, in particolar modo nell'opera ''Der Stern der Erlösung'' (1921, "La Stella della redenzione"), là dove viene individuata la tradizione ebraica dello sradicamento e quindi della interminabile ricerca della terra santa che obbliga il popolo ebraico alla erranza, per cui nessuna terra può mettere in quiete, in quanto esso è legato alla legge e all'ascolto dei suoi dettami. Per questa ragione l'ebreo risulterebbe la figura metafisica dello sradicamento<ref>Luisa Bonesio, p.4637</ref>, condizione che nella mistica ebraica è resa con l'immagine dell'albero rovesciato le cui radici sono nel cielo, nella ''Torah'', e che spiega l'unicità del popolo eletto: