I due mondi dell'ebraismo/Capitolo 9

Indice del libro

Il Dybbuk: le origini e la storia di un concetto

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  Per approfondire, vedi Dibbuk, Il Dibuk (opera), Dybbuk (en) e The Dybbuk (play).

Circa un secolo fa, Shlomo Zanvil Rapoport, meglio conosciuto con il suo pseudonimo, S. An-sky, iniziò a scrivere un'opera teatrale intitolata Between Two Worlds (The Dybbuk) (ital. Dibbuk: sul confine di due mondi). L'opera era una storia d'amore circondata da una storia di possessione del dybbuk.[1] L'interesse di An-sky per il dybbuk derivava dal suo lavoro etnografico, che raccoglieva e preservava le tradizioni popolari ebraiche dell'Europa orientale che stavano rapidamente scomparendo. Lo spettacolo venne rappresentato per la prima volta il 9 dicembre 1920 a Varsavia, e il resto è storia. Divenne l'opera yiddish più popolare, rapidamente tradotta in ebraico e in numerose altre lingue e rappresentata in tutto il mondo. Resta la grande icona del teatro yiddish. Un effetto collaterale fu che il soggetto del dybbuk divenne popolare come motivo folk. Nonostante tale popolarità, o forse proprio a causa di essa, il tema della possessione del dybbuk non divenne oggetto di una seria indagine accademica. I pochi studi accademici che sono stati pubblicati prendono l'opera di An-sky come punto di partenza e presuppongono che rappresenti una comprensione accurata del concetto e della sua storia.[2] Questo Capitolo tenterà di riconsiderare il concetto di dybbuk tramite un esame delle fonti primarie che discutono questo concetto senza presupposti o precedenti teorie. Traccerà inoltre lo sviluppo storico e l'evoluzione del concetto di dybbuk.

Racconti di persone possedute da demoni e altri spiriti maligni si possono trovare nella letteratura ebraica già nel I secolo EV. Anche la letteratura talmudica e midrashica contiene storie di questo tipo,[3] ma tali storie non attirarono un'attenzione o commenti significativi nella tradizione ebraica medievale post-talmudica. I modelli classici di possessione nel cristianesimo erano le storie di possessione di persone da parte di demoni e Satana, e il loro esorcismo da parte di Gesù nel Nuovo Testamento.[4] Seguendo l’esempio di Gesù, storie di possessione ed esorcismo si incontravano spesso nella vita dei santi cristiani. La capacità di esorcizzare o sottomettere uno spirito demoniaco o addirittura di sconfiggere le opere di Satana era un sicuro segno di santità. Le storie di possessione demoniaca e di collegamento con le forze sataniche, che divennero note come stregoneria, crebbero nel corso del periodo medievale e raggiunsero il culmine nei secoli XVI e XVII nel mezzo dei conflitti religiosi e politici derivanti dalla Riforma protestante e Controriforma cattolica.[5]

Nella tradizione ebraica, a parte le storie talmudiche di possessione demoniaca, fu solo nella Safed del sedicesimo secolo che sentiamo parlare di casi di persone possedute che necessitavano di esorcismo. Apparve un nuovo tipo di entità, l'anima di un uomo ebreo che aveva commesso un peccato la cui punizione era che l'anima sarebbe rimasta intrappolata tra questo mondo e l'altro e avrebbe dovuto vagare finché non fosse stata trovata l'espiazione per detto peccato. Non ci sono prove in letteratura di una dybbuk femmina. Hayim Vital affermò esplicitamente che l'anima di una donna non può diventare un dybbuk perché le donne non partecipano al processo di gilgul. Piuttosto, le loro anime vengono inviate direttamente nella geenna, dove vengono punite per i loro peccati.[6] Non esiste inoltre alcuna prova che l'anima di un non-ebreo possa essere un dybbuk.[7]

L'anima del peccatore condannato a gilgul era originariamente chiamata "spirito maligno" [ruah rah] nelle prime storie di possessione provenienti da Safed. È opinione comune che il termine dybbuk (דִּיבּוּק‎), che significa ciò che è attaccato, cominciò ad essere usato al posto di “spirito maligno” alla fine del diciassettesimo secolo.[8] Più recentemente, Sara Zfatman ha dimostrato che questa transizione terminologica è avvenuta più tardi, nella prima parte del XVIII secolo. Il primo riferimento al termine dybbuk da lei trovato è nel racconto di un esorcismo avvenuto a Spira nel 1715.[9] Per ragioni di chiarezza, userò il termine dybbuk anche laddove sia storicamente anacronistico.

Origini teoriche del concetto di Dybbuk

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Le basi teoriche per il concetto di dybbuk sono due concetti cabalistici, gilgul [trasmigrazione o metempsicosi] e ibbur [impregnazione]. Il concetto di gilgul si trova per la prima volta nella prima opera cabalistica, Sefer Bahir, e poi ampliato nello Zohar, il grande classico della Kabbalah medievale. La punizione di gilgul era originariamente collegata nella letteratura cabalistica alla trasgressione delle leggi del matrimonio levirato. La persona che si rifiutava di sposare la cognata e di perpetuare la memoria di suo fratello avendo un figlio con lei o partecipando al rito della halitzah, che le avrebbe permesso di sposare qualcun altro, veniva punita con gilgul. Cioè, la sua anima avrebbe vagato per la terra all'infinito e non avrebbe trovato mai riposo né espiazione per gli altri suoi peccati. A poco a poco, la gamma dei peccati che richiedevano la punizione di gilgul e che potevano essere espiati attraverso di essa fu ampliata.

Esiste un exemplum midrashico, "Il Tanna e l'Uomo Morto", che è probabilmente la prima descrizione di un caso di gilgul e della sua risoluzione, anche se il termine gilgul non è collegato a questa storia. Varie versioni di questa storia sono citate in numerose fonti post-talmudiche e medievali, incluso lo Zohar.[10] Una prima versione di questa storia si trova nel trattato Kallah Rabbati (כלה רבתי):

« Vieni e ascolta; R. Akiva andò in un certo posto [un cimitero] dove incontrò un uomo [cioè un fantasma] che portava un carico pesante sulle spalle con il quale non era in grado di procedere, e piangeva e gemeva. Gli chiese: "Cosa hai fatto [nella tua vita]?" Lui rispose: "Non c'è atto proibito al mondo che io abbia lasciato incompiuto, e ora sono state poste su di me delle guardie che non mi permettono di riposare". R. Akiva gli chiese: "hai lasciato un figlio?" Lui rispose: “Per la tua vita! Non trattenermi perché ho paura degli angeli che mi colpiscono con frustate infuocate e mi dicono: ‘Perché non cammini velocemente?’" R. Akiva gli disse: "Dimmi chi hai lasciato?" Lui rispose: "Ho lasciato mia moglie che era incinta". R. Akiva si recò quindi in quella città e chiese: "Dov'è il figlio di Tal dei Tali?" [Gli abitanti] risposero: “Sia sradicata la memoria di quel malvagio”. Chiese loro il motivo e loro dissero: “Derubava e depredava le persone e li faceva soffrire; per di più, violentò una ragazza fidanzata nel Giorno dell'Espiazione". Si diresse verso casa e trovò la moglie che stava per partorire. Attese finché lei diede alla luce [un figlio], lo circoncise e, quando fu grande, lo portò alla Sinagoga per partecipare al culto pubblico. Più tardi R. Akiva ritornò a quel [cimitero] e [il fantasma] gli apparve e disse: "Possa la tua mente essere [sempre] riposata poiché hai calmato la mia mente". »
(Kallah Rabbati, 2.9.[11])

Le versioni successive di questa storia sono molto più dettagliate e hanno molte somiglianze con gli interrogatori del dybbuk trovati in alcuni dei racconti sul dybbuk del diciassettesimo secolo e successivi. Tuttavia questa storia, che è il prototipo del concetto di gilgul, ci porta solo a metà strada verso il concetto di dybbuk. Il secondo aspetto cruciale anche per il dybbuk è il concetto di ibbur, impregnazione di un'anima nel corpo di un'altra persona. Come vedremo, ibbur rimase un concetto teorico fino ad arrivare ai cabalisti di Safed.

Un'altra definizione di gilgul che si è evoluta prevedeva che l'anima rinascesse in un nuovo corpo e avesse l'opportunità di espiare un peccato che non era stato completamente espiato nella vita originale dell'anima. Un esempio famoso è la già citata storia dei Dieci Martiri rabbinici che furono uccisi dai romani alla fine della ribellione di Bar Kochba. Secondo il Midrash Bereshit Rabbati medievale, di Rabbi Moses ha-Darshan, la morte dei Dieci Martiri fu una punizione per il peccato commesso dai dieci fratelli di Giuseppe, che erano presenti quando lo vendettero come schiavo. Questo si trova in un commentario esteso a Genesi 37:26. I rabbini erano i gilgulim dei dieci fratelli.[12] Una discussione estesa su questo tipo di gilgul può essere trovata anche nel diario mistico di Hayim Vital, Sefer Hezyonot, che sarà discusso di seguito.

Un dybbuk era un'anima che aveva commesso crimini particolarmente atroci che non potevano essere espiati semplicemente trasmigrando in un nuovo corpo, dove avrebbe potuto scontare il suo peccato originale. Il dybbuk era intrappolato in un limbo, vagando tra il cielo e la geenna, tra questo mondo e l'altro, finché non veniva trovata l'espiazione e l'anima poteva essere giudicata e inviata nella geenna per la sua punizione e poi nel Giardino dell'Eden per la sua ricompensa. Ibbur era considerato un argomento molto più esoterico di gilgul e non fu oggetto di discussioni significative. Il termine ibbur era sempre preceduto dal termine sod [il segreto di], e qualsiasi discussione sul concetto e sul suo significato era fortemente scoraggiata. Per la maggior parte, l’ibbur era riservato ai giusti e considerato una ricompensa piuttosto che una punizione.[13]

Prima del XV secolo, i concetti di gilgul e ibbur erano solo concetti astratti presenti nella letteratura rabbinica e cabalistica. Con la diffusione di testi e idee cabalistiche il concetto di gilgul divenne oggetto di dibattito e di disaccordo tra cabalisti e filosofi ebrei razionalisti.[14] I filosofi rifiutarono il concetto di gilgul, sotto l'influenza di tradizioni filosofiche risalenti al concetto di anima proposto da Aristotele. È interessante notare che anche il cristianesimo e l'islam tradizionale hanno rifiutato il concetto di trasmigrazione. Teologi cristiani di tutte le confessioni, protestanti e cattolici, rifiutarono più volte il concetto di trasmigrazione e la possibilità di possessione da parte delle anime dei defunti.[15] Anche l'islam sunnita non accetta il concetto di trasmigrazione, ma alcuni rami dell'islam sciita, come i drusi, gli alawiti e gli ismailiti, accettano il concetto di trasmigrazione.[16] In altre parole, credere nella possessione da parte di un dybbuk è impossibile nelle tradizioni cristiane e quelle musulmane tradizionali. È un concetto unicamente ebraico. Naturalmente, la trasmigrazione è un concetto chiave nell'induismo e nel buddhismo insieme alle religioni che da essi emanano. Tuttavia, la comprensione di questo concetto in tali religioni è diversa dalla sua comprensione nell'ebraismo, e una relativa analisi va oltre la nostra attuale portata.

Gilgul e Ibbur a Safed

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  Per approfondire, vedi Gilgul, Ibbur e Safed.

I primi resoconti di casi reali di possessione, basati sui concetti gilgul e ibbur, apparvero nella letteratura del risveglio cabalistico a Safed. Perché i cabalisti di Safed diedero vita al concetto di possessione del dybbuk, e a quale scopo servì nella loro reinterpretazione della fede e della pratica ebraiche? Perché questo concetto è passato dalla teoria alla realtà solo a Safed? Non ci sono segnalazioni della comparsa di un dybbuk prima degli eventi di Safed. Fondamentali per rispondere a questa domanda sono i concetti di gilgul e ibbur e il modo in cui furono implementati dai cabalisti di Safed. L'aspetto di gilgul che più interessava ai cabalisti di Safed era l'idea delle famiglie di anime e degli alberi genealogici.[17] Questo concetto asserisce che esiste una relazione familiare tra le anime che può avere un impatto sulla vita presente e sui comportamenti di una persona. Uno dei talenti mistici di Isaac Luria era che poteva anche guardare la fronte di qualcuno e raccontargli la storia della sua anima, non solo i suoi precedenti gilgulim, ma identificare persino a quali famiglie di anime appartenevano.

Nella quarta parte del suo diario mistico, Il Libro delle Visioni, Hayim Vital discute in grande dettaglio ciò che gli fu detto da R. Isaac Luria sulle origini e la storia della sua anima, facendola risalire ai figli di Adamo, Caino e Abele. Sorprendentemente, l'anima di Vital viene fatta risalire a Caino, piuttosto che ad Abele, come ci si potrebbe normalmente aspettare. Luria raccontò a Vital anche dei suoi precedenti gilgulim, a cominciare da Rabbi Vidal de Tolosa (seconda metà del XIV secolo), autore del Maggid Mishneh, un importante commentario alla grande opera halakhica di Maimonide, la Mishneh Torah. Vital poi attraversò molti altri gilgulim tra persone mediocri, ognuna delle quali commise un peccato relativo al sangue che non fu espiato. Adesso era il turno di Vital, che aveva bisogno di impegnarsi per espiare finalmente il peccato commesso per primo dal rabbino Vidal de Tolosa.[18]

Questo era importante perché uno Yihud o unificazione, che è una forma di ibbur, era efficace quando si cercava di unire la propria anima con l'anima di un defunto degno che apparteneva alla stessa famiglia di anime. Yihud di due anime che hanno un legame familiare è una versione di ibbur positivo. Il concetto di ibbur asserisce che è possibile per l'anima di una persona deceduta entrare nel corpo di una persona vivente e comunicare con l'anima e la mente della persona vivente. Esistono due tipi di ibbur positivo e uno di ibbur negativo, e tutti e tre, Yihud e i due tipi di ibbur, sono rappresentati nella letteratura di Safed. Dei tre, quello negativo, la possessione dybbuk, è il più conosciuto, ma quelli positivi erano quelli più importanti per i cabalisti di Safed. Il praticante più importante di Yihudim era Isaac Luria, che visitava regolarmente la tomba di Rabbi Shimon bar Yohai, il presunto autore dello Zohar, testo canonico della tradizione cabalistica. La tomba di Rabbi Shimon si trovava a Meron, non lontano da Safed. Anche Luria vedeva se stesso, e veniva visto dai suoi discepoli, come un gilgul di Rabbi Shimon, il che accrebbe ulteriormente la sua aura di autorità.[19] Non solo Luria era un gilgul di Rabbi Shimon, ma i suoi discepoli erano anche visti come i gilgulim dei discepoli di Rabbi Shimon menzionati nello Zohar.[20]

Oltre agli Yihudim di Luria e dei suoi discepoli, a Safed c'era un altro tipo di possessione ibbur positiva. In questo tipo di ibbur, la persona posseduta non invitava direttamente alla possessione, ma era per uno scopo positivo e la persona non veniva danneggiata. L'esempio più noto è il Maggid, il messaggero celeste che guidò in molti modi Rabbi Joseph Karo nel corso della sua vita. I messaggi e le istruzioni del Maggid sono contenuti nel libro di Karo, Maggid Mesharim.[21] Un altro esempio di possessione maggidica si trova nel diario mistico di Hayim Vital, il Libro delle Visioni. Racconta la storia del messaggero celeste che possedeva la figlia di Raphael Anav e portò una serie di messaggi per Hayim Vital, con lei che fungeva da medium.[22]

Maggid e Dybbuk

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  Per approfondire, vedi Magghid, Maggid e Joseph Karo.

Più o meno nello stesso periodo in cui apparve il fenomeno della possessione maggidica, nel XVI secolo, apparve un altro tipo di possessione, da parte di uno spirito malevolo che divenne noto come dybbuk e che potrebbe essere visto come l'inverso negativo del maggid. Invece di portare rivelazioni positive, portava discordia e la rivelazione di peccati e comportamenti scorretti da parte dei partecipanti e degli osservatori. Come ha osservato Moshe Idel, non è un caso che Rabbi Joseph Karo, la persona più conosciuta posseduta da un maggid,[23] sia stato anche il primo esorcista di un dybbuk. I due fenomeni erano le due facce della stessa medaglia, il risultato dei tentativi dei cabalisti del XVI secolo di accedere alle rivelazioni divine con mezzi magici.[24]

Possesso da Dybbuk a Safed

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La forma negativa di ibbur è ciò che chiamiamo possessione da dybbuk. In questa circostanza, un'anima condannata alla punizione di gilgul trova un ospite umano vulnerabile e se ne impossessa. I dybbukim, quando interrogati, menzionavano spesso il dolore del vagare e il loro desiderio di trovare riposo, che può essere trovato solo in un ospite. Il dybbuk non solo prendeva il controllo del corpo dell'ospite, ma assumeva anche la capacità di parlare e muoversi, e l'ospite diveniva un burattino controllato dal dybbuk. Sebbene i dettagli su come e perché un dybbuk sia entrato in una persona siano interessanti, il nostro interesse qui è nel più ampio significato sociale e culturale del possesso da dybbuk.

La letteratura di Safed contiene sette storie di possessione da dybbuk. Alcune cose risaltano in questo gruppo di storie. Le persone possedute erano quattro uomini e tre donne. Due dei maschi erano descritti come ragazzini e uno aveva diciotto anni. Il quarto uomo era Rabbi Hayim Vital, il discepolo più importante di Luria.[25] Le tre femmine sono descritte come una donna, la figlia di qualcuno, e una vedova.[26]

Un'altra caratteristica delle storie di esorcismo a Safed è che nella maggior parte delle descrizioni di Safed viene prestata relativamente poca attenzione agli eventi reali. Non ci sono descrizioni dettagliate di ciò che accadde durante un esorcismo a Safed nella letteratura prodotta dagli stessi cabalisti safediani. Viene menzionato l'evento della possessione e che fu fatto un tentativo di esorcismo. La metà delle volte l'esorcismo falliva e la persona posseduta moriva a causa del processo di costringere il dybbuk ad andarsene. In un caso, R. Isaac Luria non poteva andare, quindi insegnò al suo discepolo, R. Hayim Vital, cosa fare e lo mandò ad affrontare la questione da solo. In un altro caso, Vital racconta di essersi arrabbiato con un dybbuk per non aver mostrato il giusto rispetto che sentiva gli fosse dovuto. Dopo aver schiaffeggiato il dybbuk e averlo rimproverato, conclude il suo racconto con "e poi lo esorcizzai".[27] Sembrerebbe che ottenere il dovuto rispetto fosse più importante per Vital che esorcizzare un dybbuk.

Lo scopo delle storie del Dybbuk a Safed

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Non sembra esserci alcuno scopo più ampio in queste storie. A differenza di altre storie su Luria, non riflettono positivamente sui suoi poteri e abilità mistici, che sembra essere lo scopo della maggior parte delle altre storie conservate su di lui. Qual era allora il significato e l'importanza di queste storie di possessione da dybbuk per i cabalisti di Safed? Se lo scopo fosse stato quello di glorificare i poteri magici e mistici di Luria, ci si sarebbe aspettati un tasso di successo molto più elevato per gli esorcismi tentati da Luria. Piuttosto, suggerirei che siano legati all'importante ruolo che i concetti di gilgul e ibbur hanno giocato nella Kabbalah di Safed. Questi due concetti interconnessi erano centrali nel processo di convalida e autenticazione delle idee e delle pratiche apparentemente nuove dei cabalisti di Safed.

Entro la seconda metà del XVI secolo, una combinazione di fattori, tra cui la codificazione della legge ebraica nello Shulhan Arukh[28] di Rabbi Joseph Karo e la stampa, che rese disponibili molte più opere, ebbero l'effetto di canonizzare determinate idee e pratiche. Ciò conferiva loro un’aria di autorità che rendeva l'innovazione religiosa più difficile di quanto non fosse stata prima dell'era della stampa. Tuttavia, nonostante le crescenti difficoltà legate all'innovazione e alla creatività religiosa, Isaac Luria e il circolo di cabalisti di Safed furono in grado di rivoluzionare sia lo studio della Kabbalah che, soprattutto, la pratica dell'ebraismo. Le nuove pratiche religiose e i rituali creati o “riscoperti” dai cabalisti di Safed nello Zohar e in altri testi cabalistici medievali trasformarono l'ebraismo nei secoli successivi.[29]

La fonte dell’autorità religiosa di Isaac Luria

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  Per approfondire, vedi Isaac Luria e la preghiera.

Centrale per comprendere come sia avvenuta questa innovazione è la questione dell'autorità religiosa di Isaac Luria. Ci furono due fasi nella carriera di Luria, e in ciascuna di esse fu offerta una ragione diversa per sostenere l'autorità religiosa e la santità degli insegnamenti di Luria. La prima fase furono i sei anni in Egitto, iniziati quando ottenne un manoscritto di scritti mistici e terminati con il suo mentore celeste, il profeta Elia, che gli disse che era giunto il momento per lui di andare nella terra d'Israele e diventare un insegnante di misticismo. Durante questi sei anni trascorse il suo tempo in una capanna vicino al Nilo studiando con Elia, che gli insegnò il significato del manoscritto esoterico che aveva ottenuto. Pertanto, le sue idee ebbero l'approvazione e il sostegno del suo mentore celeste.[30]

Luria arrivò a Safed all'inizio del 1570 EV. Quell’estate, Moses Cordovero, che prima dell'arrivo di Luria era considerato il più grande cabalista di Safed, si ammalò. Prima della sua morte i suoi discepoli gli chiesero: chi sarebbe stato il suo successore? Rispose che sarebbe stato colui che avrebbe visto la colonna di fuoco sulla sua tomba. Al funerale, Luria disse di aver visto una colonna di fuoco in un certo punto del cimitero e quello doveva essere il luogo della tomba di Cordovero. Luria aveva ricevuto il segno che Cordovero aveva detto ai suoi discepoli di cercare. Nel giro di pochi mesi dal suo arrivo a Safed, Luria divenne la figura dominante nella comunità cabalistica di Safed che era stata fondata circa trentacinque anni prima. I suoi insegnamenti cabalistici soppiantarono quelli di Cordovero e divennero la scuola dominante del pensiero cabalistico.[31]

Non c'è prova di alcuna affermazione di rivelazioni di Elia durante il suo periodo a Safed. A parte il suo carisma personale, che senza dubbio era grande, quale fu l'autorità religiosa che diede il grande peso necessario per spingere la comunità ad accettare i suoi insegnamenti e le innovazioni nella pratica religiosa rispetto a quelli dei suoi predecessori? Un ulteriore problema è la convinzione tra i cabalisti che la vera innovazione nella Kabbalah terminò con Nahmanide (morto nel 1270 EV).[32] Credo che la risposta si trovi nella sua affermazione di essere un gilgul, una trasmigrazione di Rabbi Shimon bar Yohai, l'autore dello Zohar, l'opera più autorevole della Kabbalah, e l'uso dei concetti di gilgul e ibbur, che furono combinati nel concetto di Yihud come spiegazione e convalida della sua autorità spirituale e carismatica.

Yihudim

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  Per approfondire su Wikipedia, vedi la voce Yichudim.

Il processo di Yihudim [unificazioni] prevedeva che Luria si prostrasse sulla tomba della sua anima gemella, Rabbi Shimon bar Yohai, e attraverso una serie di preghiere e incantesimi mistici invitasse l'anima del defunto a scendere dal cielo e unirsi con l'anima del cabalista nel suo corpo. Quando questa unione veniva effettuata, il cabalista poteva comunicare con l'altra anima e acquisire informazioni su eventi futuri o ottenere una migliore comprensione di un testo che non gli era chiaro. R. Shloimel Dreznitz, autore della prima agiografia di R. Isaac Luria, ha citato una descrizione della pratica degli Yihudim di Luria:

« He [Luria] used to stretch himself out on the tomb of R. Simeon bar Yohai, and he knew how to cleave spirit to spirit, and to concentrate on binding and raising up his soul with that of R. Simeon until he brought about unity above. Afterwards, R. Simeon’s soul descended into his body, and R. Simeon would speak with him, revealing to him all that he had learned in the academy on high, as a man speaks with his neighbor. »
(Fine, Physician of the Soul, 285)

Se si dovesse vedere R. Isaac Luria impegnato in uno dei suoi Yihudim a Meron, si scorgerebbe ben poco oltre Luria sdraiato sulla tomba, in preghiera e forse qualche piccolo movimento corporeo. D'altra parte, le manifestazioni pubbliche positive e negative di gilgul e ibbur, cioè dybbukim e maggidim, erano eventi pubblici che la comunità poteva vedere e ascoltare. Contribuivano a rafforzare le pretese di Luria sull'autorità spirituale. Avere visto un dybbuk possedere qualcuno o aver sentito parlare da testimoni oculari del maggid di Karo, dava maggiore credito all'idea che Luria potesse meditare sulla tomba di una grande figura talmudica, come Rabbi Shimon bar Yohai, e tornare con nuove interpretazioni e insegnamenti che derivavano da una fonte celeste che ne garantiva l'autenticità e l'autorità. Le storie del dybbuk a Safed non hanno avuto un ruolo centrale nello sviluppo dello status di Rabbi Isaac Luria come sant'uomo. Piuttosto, sostenevano e aggiungevano un'ulteriore convalida del suo status di autorità religiosa le cui innovazioni erano sostenute dall’autorità celeste e antica della sua precedente incarnazione e anima gemella, Rabbi Shimon bar Yohai, l'autore del santo Zohar.

Il Dybbuk nel XVII secolo

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La storia successiva del concetto di dybbuk e la sua relazione con gli incidenti di Safed sono complicate. Molte delle storie rilevanti di Safed riguardanti i dybbukim furono trovate in documenti rimasti nei manoscritti e non furono pubblicati se non molto più tardi, alcuni fino alla metà del ventesimo secolo. Ad esempio, il Sefer Hezyonot di Hayim Vital, la fonte più importante di storie di dybbuk a Safed, non fu pubblicato in un'edizione completa fino al 1954.[33] Pertanto, la maggior parte di ciò che si seppe successivamente sul possesso da dybbuk era basato su due documenti pubblicati per la prima volta nel diciassettesimo secolo.

La prima fonte è una lettera scritta da R. Elijah Falcon, un discepolo di Luria, che Luria espulse dal suo gruppo di discepoli.[34] Falcon scrisse una lunga lettera in cui descrisse dettagliatamente un esorcismo avvenuto a Safed nel 1571. Allegò anche una seconda storia di esorcismo più breve. Distribuì copie di questa lettera a un certo numero di comunità ebraiche. Le sue motivazioni nell'inviare questa lettera non sono chiare e non sappiamo a quali comunità abbia inviato questa lettera. Tuttavia, copie di questa lettera sono sopravvissute in diverse fonti. La prima versione pubblicata della sua intera lettera fu nell'opera Nishmat Hayyim di Manasseh Ben Israel, che difendeva l'immortalità dell'anima e fu pubblicata ad Amsterdam nel 1652. La storia della possessione e dell'esorcismo fu pubblicata nel contesto dell'essere un'altra prova attestante l'immortalità dell'anima. La seconda storia contenuta nella lettera di Falcon apparve in Mayse Bukh in yiddish, pubblicato per la prima volta a Basilea nel 1602. Questo è il primo resoconto pubblicato su un dybbuk.[35] Un'altra importante testimonianza della circolazione della lettera di Falcon è Divrei Yosef, una cronaca di Joseph Sambari, composta a Damasco negli anni Settanta del Seicento, ma pubblicata solo nel 1993.[36]

La seconda descrizione di un dybbuk si trova nel Ta’alumot Hokhmah di Rabbi Yosef Shlomo Delmedigo, pubblicato dal suo discepolo, Samuel Ashkenazi, a Basilea nel 1629. Tra le cose pubblicate in questa miscellanea cabalistica c'erano tre lettere di R. Shloimel Dresnitz e un'appendice che descriveva la possessione e l'esorcismo di un dybbuk. Dresnitz era un cabalista della Moravia che si recò a Safed nel 1590 per saperne di più sui nuovi sviluppi cabalistici lì. Rimase e sposò la figlia di uno dei discepoli di Luria. Inviò anche una serie di lettere al suo amico, il rabbino Issachar Ber di Kremnitz, in Polonia descrivendo ciò che aveva sentito su Luria e sulla sua grandezza. Queste lettere divennero la base del racconto agiografico della vita di Luria noto come Shivhei ha-AR”I. Alla fine della terza lettera c’è una storia dybbuk, simile per molti versi al resoconto di Falcon.[37]

Questi due resoconti di Dresnitz e Falcon divennero la base per molte delle future storie e tradizioni del dybbuk. La relazione di questi due documenti con gli eventi reali di Safed che pretendono di descrivere non è del tutto chiara. Sono necessarie ulteriori analisi e confronti tra questi due resoconti prima di poter prendere una decisione in merito alla loro accuratezza storica. Ci sono differenze significative tra questi due documenti e i rendiconti di possessione ed esorcismo trovati negli scritti di Hayim Vital e di altri cabalisti di Safed che non furono pubblicati fino alla fine del XIX o addirittura del XX secolo.

Una cosa che salta all'occhio quando si confrontano i resoconti di Safed con queste due lettere è la brevità e la mancanza di particolari nelle esposizioni di Safed e la prolissità e il grande dettaglio di queste lettere. Inoltre, motivi, concetti e procedure riscontrati per la prima volta in questi due testi divennero aspetti stereotipati di quasi tutte le storie successive di possessione ed esorcismo, ma non si trovano nei testi di Safed. Ad esempio, l'intenso interrogatorio del dybbuk che è una parte centrale della lettera di Falcon non è una caratteristica delle storie di Safed. Isaac Luria aveva la capacità unica di discernere le origini e i peccati delle anime e non aveva bisogno di interrogare il dybbuk. A Safed non si trova nemmeno l'introduzione di fumo nel naso della persona posseduta per scacciare il dybbuk. È interessante notare che entrambi questi motivi sono importanti nelle storie cristiane di esorcismi demoniaci. Un confronto più attento tra i dettagli delle storie di Safed con i resoconti di Dresnitz e Falcon è un importante desideratum. Il racconto di Falcon, in particolare, presenta aspetti che sollevano interrogativi sulla sua autenticità.

La seconda metà del XVII secolo produsse anche il primo resoconto del dybbuk, molto probabilmente di fantasia. Sarah Zfatman ha trovato un interessante opuscolo yiddish di cui esiste solo una copia sopravvissuta, intitolato “L’Esorcismo dello Spirito Maligno a Koretz”. Il suo studio di questa storia ha dimostrato che non aveva basi storiche e deve essere considerata un racconto di fantasia. L'opuscolo non ha data, ma le prove fisiche dell'opuscolo lo datano alla fine del XVII secolo nell'Europa orientale.[38] Più recentemente, Zfatman ha discusso diverse altre storie di dybbuk riportate nello stesso periodo e area geografica in un’importante monografia.[39] A differenza della storia di Koretz, la storia di un dybbuk a Nikolsburg, in Moravia, nel 1696, includeva personaggi storici ben noti, e la storia fu ampiamente riportata e potrebbe essere diventata un modello per le successive storie di dybbuk.[40]

Un aspetto di questa storia che risalta è la connessione sabbateana di alcune delle figure coinvolte in questo episodio.[41] Questa relazione con il sabbateanismo potrebbe essere la chiave per comprendere il significato di questo incidente di dybbuk. Fin dai suoi inizi, questo movimento cercò di dimostrare la sua legittimità modellandosi sul risveglio cabalistico di Safed. La profezia e il contatto diretto con il mondo divino erano aspetti centrali del sabbateanismo[42] e, come a Safed, un dybbuk sarebbe stata una vivida illustrazione del fatto che il contatto diretto tra il mondo mondano e quello celeste era ancora possibile. In altre parole, il dybbuk giocò per i sabbateani della Moravia della fine del XVII secolo un ruolo simile a quello che ebbe per i cabalisti di Safed un secolo prima.

La relazione sabbateana con il dybbuk è confermata dal ruolo significativo che ha svolto negli scritti di Rabbi Elijah ha-Cohen di Izmir, conosciuto con il suo soprannome, Ittamari. Nacque a metà del XVII secolo, visse a Smirne e morì nel 1729. È meglio conosciuto come l'autore della famosa opera etica Shevet Musar, ma fu un autore prolifico che scrisse un gran numero di trattati omiletici ed etici, la maggior parte dei quali furono pubblicati dopo la sua morte. Non servì mai come rabbino, ma fu un predicatore popolare e influente, condizionato dalla Kabbalah.[43] Studi recenti hanno suggerito che fosse un seguace moderato del falso messia Sabbatai Zevi.[44] Egli fornisce la seguente spiegazione come motivo del suo interesse per i dybbukim: “Io, l'autore, affermo che è una mitzvah informare pubblicamente il pubblico sul concetto di gilgul e inculcare nelle loro menti che attraverso il concetto di gilgul molte questioni difficili si possono risolvere che inducono una persona ad allontanarsi da Dio, a causa del [problema dei] giusti che soffrono, e cose simili. Attraverso il concetto di gilgul, questi problemi saranno risolti e i saggi capiranno la questione".[45]

Con l'ascesa del Chassidismo, la capacità di esorcizzare un dybbuk divenne uno degli attributi dello zaddiq chassidico. La biografia agiografica di Israel Baal Shem Tov (Besht), il fondatore del chassidismo, Shivhei ha-Besht, fu modellata direttamente su Shivhei ha-Ari, quella di Isaac Luria.[46] Shivhei ha-Besht includeva un'importante storia del suo incontro con un dybbuk e sua dominazione. Secondo una storia, quando il Besht e molti altri entrarono nella stanza dove fu trovata una donna posseduta, lo spirito che la possedeva salutò ciascuno secondo le sue azioni e il suo status. Tuttavia, lo spirito disse al Besht che non aveva paura di lui perché sapeva che il cielo gli aveva proibito di utilizzare i nomi santi e di praticare come baal shem prima del suo trentaseiesimo compleanno.[47] A sua volta, il Baal Shem Tov divenne il modello per i futuri leader chassidici e le storie di esorcismo proliferarono e divennero una parte standard dell'agiografia chassidica. I resoconti di possessione da dybbuk e del relativo esorcismo facevano parte della successiva agiografia chassidica, dei libri di testo e del folklore popolare. È anche degno di nota il fatto che la maggior parte delle storie dybbuk nell'agiografia chassidica sono resoconti di seconda mano, storie raccontate su personaggi precedenti e non resoconti di prima mano di eventi testimoniati dal narratore della storia.[48]

Il dramma di An-sky è una combinazione di molti di questi fattori con una forte dose di influenza da parte degli adattamenti teatrali russi di Romeo e Giulietta, come è stato dimostrato da numerosi autori nell'importante raccolta di saggi su An-sky curata da Steve Zipperstein e Gabriella Safran.[49] Può essere buon teatro, ma non riflette in alcun modo la realtà storica della possessione del dybbuk. La storia completa e il significato del concetto di dybbuk restano tuttora da esplorare.

  Per approfondire, vedi Serie misticismo ebraico, Serie delle interpretazioni e Serie maimonidea.
  1. In merito al dramma e la storia della sua popolarità, cfr. Michael C. Steinlauf, “The Dybbuk,” in YIVO Encyclopedia of Jews in Eastern Europe (cur. Gershon Hundert; New Haven: Yale University Press, 2008) 1: 434–36. Sulla vita e opere di An-sky, cfr. Steven Zipperstein e Gabriella Safran, curr., The Worlds of S. An-sky: A Russian Jewish Intellectual at the Turn of the Century (Stanford: Stanford University Press, 2006); Gabriella Safran, Wandering Soul: the Dybbuk’s Creator, S. An-sky (Cambridge: Belknap Press of Harvard University Press, 2010).
  2. Due studi recenti di questo tipo sono Jeffrey H. Chajes, Between Worlds: Dybbuks, Exorcists and Early Modern Judaism (Philadelphia: University of Pennsylvania Press, 2003); Rachel Elior, Dybbuks and Jewish Women in Social History, Mysticism and Folklore (Gerusalemme: Urim, 2008).
  3. Si vedano le fonti citate in Gedalyah Nigal, Dybbuk Stories in Jewish Literature [Hebrew], (Gerusalemme: Reuben Mass, 1983; 2nd ed., 1994), 265–66. Altre fonti rabbiniche sono Bernard Mandelbaum, cur., Pesikta de Rav Kahana (New York: Jewish Theological Seminary, 1962) 1:74; Midrash Tanhuma, Hukat, 8; Midrash Numbers Rabah, 19.8.
  4. Tra i riferimenti a demoni e loro esorcizzazioninel Nuovo Testamento ci sono: Marco—1:34, 1:39, 5:8, 7:26, 16:9; Matteo—4:10, 8:16, 8:31–32, 9:34, 12:24, 12:26–27; Luca—4:35, 4:41, 8:29, 11:14, 11:18–20, 13:32.
  5. In merito al possesso demoniaco e la sua relazione con la stregoneria nella prima Europa moderna, cfr. Moshe Sluhovsky, Believe Not Every Spirit: Possession, Mysticism, & Discernment in Early Modern Catholicism (Chicago: University of Chicago Press, 2007); Brian P. Levack, The Witch-Hunt in Early Modern Europe (Londra: Longman, 1987).
  6. Hayim Vital, Sefer ha-Gilgulim (Vilna, 1886), cap. 13. Citato in Moshe Hallamish, An Introduction to the Kabbalah (Albany: State University of New York Press, 1999), 283.
  7. Zohar, II: 96a–98b; Hayim Vital, Etz Hayyim (Gerusalemme, 1962), Porta 5, cap. 2.
  8. Gershom Scholem, “Dibbuk-Dybbuk,” in Encyclopedia Judaica (Detroit: Macmillan Reference USA, 2007) 5:643–44.
  9. Sara Zfatman, Leave Impure One: Jewish Exorcism in Early Modern Ashkenaz (He) (Gerusalemme: Magnes Press, 2015), xiv, nota 7.
  10. David I. Shyovitz, “‘You Have Saved Me From the Judgment of Gehenna’: The Origins of the Mourner’s Kaddish in Medieval Ashkenaz,” AJS Review 39:1 (April 2015): 55–58. Cita una versione medievale di questa storia e le note 28–30 citano la ricerca precedente in merito a questa storia.
  11. Cfr. anche A. Cohen, The Minor Tractates of the Talmud (Londra: Soncino, 1965) 2: 434–35.
  12. Benjamin non era presente e quindi non responsabile. Per quanto riguarda le origini di questa storia vedere Ra'anan S. Boustan, “The Contested Reception of The Story of the Ten Martyrs in Medieval Midrash”, in Envisioning Judaism: Studies in Honor of Peter Schafer on the Occasion of his Seventieth Birthday (curr. Ra'anan Boustan, et al.; Tubinga: Mohr Siebeck, 2013) 1: 383–90.
  13. I tre studi basilari sul gilgul sono Gershom Scholem, “Gilgul: The Transmigration of Souls,” in On the Mystical Shape of the Godhead: Basic Concepts in the Kabbalah (New York: Schocken Books, 1991), 197–250; Hallamish, Introduction to the Kabbalah, 281–309; Rachel Elior, “The Doctrine of Transmigration in Galya Raza,” in Essential Papers on Kabbalah (cur. Lawrence Fine; New York: New York University Press, 1995), 243–69. Per il concetto di ibbur, cfr. Moshe Idel, “The Secret of Impregnation as Metempsychosis in Kabbalah,” in Verwandlungen (ed. Aleida and Jan Assmann; Munich: Wilhelm Fink Verlag, 2006), 341–79.
  14. Lo studio principale di questa controversia è Ephraim Gottlieb, “The Controversy about Gilgul in Candia in the 15th Century” (He), in Studies in the Literature of Kabbalah (cur. Joseph Hacker; Tel Aviv: Rosenberg School of Jewish Studies of Tel Aviv University, 1976), 370–96. Uno studio più recente e ampio della controversia nei secoli XV e XVI è Brian Ogren, Renaissance and Rebirth: Reincarnation in Early Modern Italian Kabbalah (Leiden: Brill, 2009).
  15. Levack, The Witch-Hunt, 167–68.
  16. Cfr. Paul E. Walker, “The Doctrine of Metempsychosis in Islam,” in Islamic Studies Presented to Charles Adams (curr. W. B. Hallaq e Donald E. Little; Brill: Leiden, 1991), 219–38.
  17. Hayim Vital, Sha’ar ha-Gilgulim, è dedicato specialmente alla descrizione e analisi delle famiglie di anime. Una discussione particolarmente interessante, in cui Vital descrive in grande dettaglio la propria famiglia animica e le proprie trasmigrazioni, si trova in Hayim Vital, Book of Visions, in Jewish Mystical Autobiographies: Book of Visions and Book of Secrets (cur. e trad. Morris M. Faierstein; New York: Paulist Press, 1999), 156–243.
  18. Faierstein, Jewish Mystical Autobiographies, 161–63.
  19. Lawrence Fine, Physician of the Soul, Healer of the Cosmos: Isaac Luria and His Kabbalistic Fellowship (Stanford: Stanford University Press, 2003). Il cap. 9 ha un'ampia discussione su Luria quale trasmigrazione di Rabbi Shimon bar Yohai e relative implicazioni.
  20. Faierstein, Jewish Mystical Autobiographies, 172.
  21. Lo studio principale di Karo e del suo Maggid è R. J. Z. Werblowsky, Joseph Karo: Lawyer and Mystic (Philadelphia: Jewish Publication Society, 1977).
  22. La storia si trova in Faierstein, Jewish Mystical Autobiographies, 57–62, e 65–73.
  23. Le prime figure che rivendicarono rivelazioni magidiche furono l'insegnante di Karo, Rabbi Joseph Taitatzak e l'anonimo autore del Book of the Responding Angel [Sefer ha-Meshiv]. Per quanto riguarda Taitatzak, cfr. Gershom Scholem, “Rabbi Joseph Taitatzak e le rivelazioni attribuite a lui (He)”, Sefunot 11 (1971–1978): 69–112. Per quanto riguarda il Sefer ha-Meshiv, cfr. Moshe Idel, “Inquiries in the Doctrine of Sefer ha-Meshiv (He)”, Sefunot 17 (1983): 185–266. Tuttavia, è importante ricordare che entrambe queste opere sono rimaste manoscritte fino alle recenti pubblicazioni di questi studiosi e quindi la loro influenza è stata, nella migliore delle ipotesi, minima.
  24. Moshe Idel, “Jewish Magic from the Renaissance Period to Early Hasidism,” in Religion, Science, and Magic: In Concert and in Conflict (cur. J. Neusner, et al.; New York: Oxford University Press, 1989), 106–11.
  25. In merito alla possessione di Vital, cfr. Morris M. Faierstein, “The Possession of Rabbi Hayyim Vital by Jesus of Nazareth,” Kabbalah: Journal for the Study of Jewish Mystical Texts 37 (2017): 29–36.
  26. Una lista di queste storie di possessione si può trovare in Morris M. Faierstein, “Maggidim, Spirits, and Women in Rabbi Hayyim Vital’s Book of Visions,” in Spirit Possession in Judaism: Cases and Contexts from the Middle Ages to the Present (cur. Matt Goldish; Detroit: Wayne State University Press, 2003), 187.
  27. Faierstein, Jewish Mystical Autobiographies, 73.
  28. Per una panoramica dell'importanza e influenza dello Shulhan Arukh, cfr. Isadore Twersky, “The Shulhan Arukh: Enduring Code of Jewish Law,” in The Jewish Expression (cur. Judah Goldin; New York: Bantam, 1970), 322–43.
  29. Questa trasformazione viene descritta in Morris M. Faierstein, Jewish Customs of Kabbalistic Origin: Their History and Practice (Boston: Academic Studies Press, 2013).
  30. In merito alla vita di Luria in Egitto, cfr. Lawrence Fine, Physician of the Soul, Healer of the Cosmos: Isaac Luria and His Kabbalistic Fellowship (Stanford: Stanford University Press, 2003), 19–39.
  31. Fine, Physician of the Soul, è lo studio biografico più completo di Luria e descrive la sua vita a Safed in grande dettaglio.
  32. Moshe Idel, “We Have No Kabbalistic Tradition on This, ” in Rabbi Moses Nahmanides (Ramban): Explorations in His Religious and Literary Virtuosity (cur. I. Twersky; Cambridge: Harvard University Press, 1983), 51–73.
  33. A. Z. Aescoli, Sefer Hezyonot (Gerusalemme: Mosad Harav Kook, 1954). Una seconda edizione critica fu pubblicata da M. M. Faierstein, Sefer Hezyonot: Yomano shel R. Hayyim Vital (Gerusalemme: Machon Ben Zvi, 2005). Una versione molto abbreviata di quest'opera, che non conteneva tutte le storie di possessione, fu pubblicata con il titolo Shivhei Rabbi Hayyim Vital (Ostraha, 1826).
  34. Faierstein, Jewish Mystical Autobiographies, 236. Vital non spiega perché Falcon fu espulso dalla confraternita, ma solo che fece qualcosa che irritò molto Luria. Sappiamo da altre fonti che Luria e Vital dopo di lui si sforzarono di mantenere la segretezza degli insegnamenti di Luria. Forse la distribuzione della sua lettera fu un fattore.
  35. Morris M. Faierstein, “The Dibbuk in the Mayse Bukh”, Shofar 30:1 (2011): 94–103.
  36. Joseph Sambari, Divrei Yosef (cur. S. Shtober; Gerusalemme: Machon Ben Zvi, 1994), 318–25.
  37. Yosef Shelomo Delmedigo, Ta’alumot Hokhmah (Basel, 1629), 49b–50b.
  38. Sara Zfatman. “The Story of an Evil Spirit in Koretz: A New Stage in the Development of a Popular Genre (He),” Jerusalem Studies in Jewish Folklore 2 (1982): 17–65. La datazione del pamphlet è basata sulla carta e i caratteri tipografici.
  39. Zfatman, Leave Impure One.
  40. Ibid., 241.
  41. Ibid., 203–24.
  42. Uno studio importante del ruolo della profezia nel sabbateanismo è Matt Goldish, The Sabbatean Prophets (Cambridge: Harvard University Press, 2004).
  43. Lo studio più recente su di lui e i suoi esorcismi dei dybbuk è Yaron Ben-Naeh, “A Glimpse into a Hidden World: The Dybbuk Stories of Rabbi Eliyahu Hacohen of Izmir” (He), in Fleeting Dreams and Possessive Dybbuks: On Dreams and Possession in Jewish and Other Cultures (curr. Rachel Elior, et al.; Gerusalemme: Magnes Press, 2013), 305–23.
  44. Gershom Scholem. “Rabbi Elijah ha-Cohen Ittamari and Sabbatianism (He)”, in Researches in Sabbataeanism (cur. Yehudah Liebes; Tel Aviv: Am Oved, 1991), 453–77.
  45. Rabbi Elijah Hacohen, Midrash Eliyahu (Izmir, 1759), 11d. Citato in Yaron Ben-Naeh, “A Glimpse into a Hidden World”, 311.
  46. Morris M. Faierstein, “From Kabbalist to Zaddik: R. Isaac Luria as Precursor of the Baal Shem Tov”, in Studies in Jewish Civilization, Volume 13: Spiritual Dimensions of Judaism (curr. L. J. Greenspoon e R. A. Simkins; Omaha: Creighton University Press, 2003), 95–104.
  47. In Praise of the Baal Shem Tov (curr. e trad. D. Ben-Amos e J. R. Mintz; Bloomington: Indiana University Press, 1970), 34–35.
  48. Queste storia chassidiche sono descritte ed esaminate da Gedalyah Nigal, The Hasidic Tale (Oxford: Littman Library of Jewish Civilization, 2008), 195–211.
  49. Cfr. Nota 1.