Franz Kafka e la metamorfosi ebraica/Antisemitismo nell'Austria

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Franz Kafka, foto passaporto, 1916

L'antisemitismo nell'Austria di inizio secolo

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Austro-Ungheria — mappa etnica, censimento 1890

L'Impero austro-ungarico al volgere del secolo presentava molte complesse sfide sociali e politiche per la sua popolazione ebraica. La mancanza di una cultura nazionale coesiva dell'impero multietnico lo rendeva vulnerabile ai disordini politici e sociali dei suoi vari gruppi etnici. Prima delle rivoluzioni del 1848, l'Austria e l'Ungheria erano governate principalmente dalla monarchia asburgica, sotto l'approvazione del Sacro Romano Impero.[1] Il liberalismo avvolse l'Austria nel 1840, lasciando all'imperatore Ferdinando V poca scelta se non quella di abdicare al trono, ponendo suo nipote Francesco Giuseppe al potere.[2] Francesco Giuseppe, con l'accordo di compromesso (Ausgleich) del 1867, divenne imperatore della doppia monarchia di Austro-Ungheria.[3] La monarchia mantenne un esercito condiviso e autorità sulla politica estera e sul commercio, ma lasciò il governo degli affari interni all'Austria e all'Ungheria rispettivamente.[4] Francesco Giuseppe emancipò gli ebrei nel 1848 prima della sanzione ufficiale della Doppia Monarchia. Nuove leggi garantivano agli ebrei il diritto di possedere terra, ottenere un impiego e vivere al di fuori dei ghetti.[5] Prima dell'emancipazione, i regolamenti sottoponevano gli ebrei boemi a tasse severe, aree di residenza ristrette e decreti di controllo della popolazione.[6] Francesco Giuseppe, come altri leader politici del suo tempo in tutta Europa, aveva riconosciuto l'operosità e l'ingegnosità ebraica come un bene nazionale e quindi si prefissò di utilizzarlo emancipando la popolazione. Francesco Giuseppe non fu però amico o simpatizzante del popolo ebraico.[7] Limitò i suoi interessi all'assistenza politica e finanziaria in modo che potessero contribuire alla nuova era industriale. Nonostante l'ambivalenza personale dell'Imperatore riguardo al loro posto nella società e nello stato, il popolo ebraico lo celebrò perché aveva portato la libertà e gli ebrei quindi mantennero un certo grado di fedeltà alla monarchia asburgica. Ora, vivendo tra i gentili come liberi cittadini, gli ebrei cercavano un posto nella società. L'Impero austro-ungarico era composto da molte etnie, ma i gruppi più consistenti erano tedeschi, magiari e cechi (vedi mappa a destra).[8] La popolazione ebraica in Ungheria si identificava e sosteneva fortemente i magiari. La lealtà degli ebrei nei confronti del gruppo etnico dominante nello stato ungherese offriva loro una notevole integrazione nella società, nonché la tolleranza da parte dei movimenti nazionalisti.[9] Gli ebrei residenti negli stati austriaci trovarono maggiori difficoltà a raggiungere l'egemonia all'interno della popolazione maggioritaria, in particolare a Vienna e nella capitale boema di Praga. L'identità ebraica in queste due città subì un profondo cambiamento e una varietà di ricostruzioni in risposta all'antisemitismo politico e sociale, unico per l'Austria fin de siècle.

Vienna attirò un gran numero di immigrati ebrei in seguito all'emancipazione per ragioni simili all'immigrazione ebraica in altre città europee. Le città offrivano opportunità accademiche e professionali che le città provinciali non potevano offrire. A metà del diciannovesimo secolo, Vienna non era solo un centro di potere politico e ricchezza per l'Impero austro-ungarico, ma un importante centro culturale e commerciale per tutta l'Europa.[10] L'industrializzazione dell'Europa centrale portò opportunità economiche e favorì innovazioni culturali a Vienna, attirando così un gran numero di immigrati ebrei. Gli ebrei in fuga dai pericoli dei pogrom nelle province orientali si precipitarono a Vienna per cercare sicurezza e lavoro. All'inizio della Prima Guerra Mondiale, Vienna avrebbe avuto la più grande popolazione di ebrei in tutta Europa.[11] Questo boom demografico derivava da molte caratteristiche uniche di Vienna. In primo luogo, rispetto ai non ebrei, gli immigrati ebrei si abituarono più facilmente alla vita urbana. Gli ebrei trovarono lavoro nei settori della finanza e degli affari, un settore al quale in precedenza erano stati costretti a limitarsi.[12] Agricoltori e contadini non avevano le competenze professionali richieste in una società industriale. In secondo luogo, una vasta popolazione di immigrati ebrei parlava tedesco, la lingua del commercio nell'Europa del diciannovesimo secolo. L'Illuminismo ebraico apprezzava la cultura tedesca, e quindi molti ebrei erano di lingua tedesca. Gli immigrati provenienti da altri gruppi etnici in Austria e Ungheria si aggrappavano alle proprie lingue native e resistettero all'adozione del tedesco. Infine, Vienna attirò gli ebrei a causa della sua politica liberale.[13] Il liberalismo fiorì brevemente dagli anni 1860 a gli anni 1890 a Vienna. In seguito alla sconfitta della guerra austro-prussiana, i liberali presero il controllo politico dall'aristocrazia indebolita.[14] Composti principalmente da tedeschi della classe media ed ebrei tedeschi, i liberali dell'Austria stabilirono la nuova classe borghese a Vienna.[15]

La Vienna borghese offrì agli ebrei l'opportunità di "occidentalizzarsi". La cultura tedesca rappresentava l'ideologia occidentale nell'Europa del diciannovesimo secolo.[16] Gli ebrei viennesi riuscirono ad acquisire la cultura tedesca attraverso l'istruzione scolastica tradizionale e frequentando le università tedesche. I genitori ebrei consideravano l'educazione ginnasiale una risorsa preziosa per garantire il successo professionale e sociale dei figli.[17] Gli studenti ebrei rappresentavano il 40% della popolazione studentesca nei ginnasi viennesi nel 1910, sebbene gli ebrei rappresentassero solo il 20% della popolazione complessiva della città.[18] Altri gruppi etnici, in particolare i cechi, si opposero a ciò che percepivano come un indottrinamento della cultura tedesca e non mandarono i loro figli al ginnasio.[19] I gentili favorirono scuole di commercio e apprendistati nell'intento di preservare le loro singole nazionalità. Per quanto gli ebrei della classe media fossero educati insieme agli studenti tedeschi, non erano in alcun modo socialmente integrati. L'istruzione occidentale e l'acquisizione dei diritti civili basilari modificarono il comportamento e le abitudini ebraiche. Essere ebrei aveva criteri diversi alla fine del diciannovesimo secolo, incluso il crescente assorbimento della cultura occidentale insieme alla continua separazione dalla società più ampia. Gli ebrei continuarono a socializzare con altri ebrei; il ginnasio fornì un'arena agli ebrei viennesi per incontrare e assorbire la cultura tedesca nel conforto e nella familiarità della propria gente.[20] Gli ebrei formarono inoltre gruppi secolari volti a promuovere e proteggere le imprese e le comunità ebraiche. L'esistenza dell'ebreo di ceto medio in effetti era garantita solo grazie al liberalismo. I valori e gli ideali del liberalismo erano sinonimo dei valori e ideali del moderno ebreo viennese. Per quanto poteva apparire, gli ebrei di Vienna erano assimilati alla società occidentale, ma la conformità illusoria non li integrava coi non-ebrei.[21] La maggior parte degli ebrei viennesi era ancora socialmente limitata alla propria gente e solo tollerata dai tedeschi e da altri non ebrei. Rimasero un popolo a parte e il loro posto nella società viennese sarebbe presto stato minacciato dall'antisemitismo con il crollo del liberalismo negli anni 1890.

L'identità ebraica divenne secolare quando il valore dell'educazione aumentò e i riti e le usanze religiose svanirono gradualmente. Gli ebrei influenzarono profondamente la cultura viennese durante la seconda metà del XIX secolo con contributi accademici, politici e artistici. Gli ebrei si distinsero come membri di spicco dell’intellighenzia di Vienna e si assicurarono la leadership e l'influenza nelle università. L'impatto di questo nuovo "ebraismo secolare" caratterizzò non solo la mutevole identità della popolazione ebraica, ma ha anche esemplificò il mutevole focus della cultura liberale. L'effimero potere del liberalismo a Vienna durò solo un paio di decenni prima che i movimenti politici nazionalisti prendessero il controllo dell'opinione pubblica. Il liberalismo e l'apprezzamento del razionale in Vienna cedette sotto la pressione delle campagne nazionaliste. Il borghese viennese mancava della solidarietà tipizzata dal bourgeois d'Inghilterra o di Francia.[22] Il liberalismo a Vienna e in Austria non si integrò mai veramente con l'antica aristocrazia e tuttavia l'aristocrazia rimase un'influenza notevole.[23] Il borghese austriaco continuò a guardare all'Imperatore per supporto e guida e rimase in una certa misura dipendente dall'aristocrazia.[24] La continua dipendenza e incapacità di combaciare i piani aristocratici e liberali indebolì il potere politico del ceto medio.[25] Sotto la protezione del liberalismo, gli ebrei della classe media e i tedeschi di Vienna prosperarono nell'economia sempre più capitalista. Successivamente, la prosperità del borghese suscitò critiche da parte dei popoli slavi, dei contadini e dei membri delle classi inferiori.[26] Partiti come il Partito Cristiano Sociale, i Pan-tedeschi, Socialisti e Nazionalisti slavi si organizzarono per opporsi alle politiche liberali.[27] L'elezione vittoriosa di Karl Lueger a sindaco nel 1895 indicò che il rifugio liberale ebreo di Vienna era in pericolo di politica antisemita.[28]

Gli sforzi politici di Georg von Schönerer dimostrarono il collasso della razionalità nel governo viennese. Nel 1882 Schönerer organizzò i pan-tedeschi in un partito di nazionalisti tedeschi, chiedendo limitazioni al coinvolgimento e al profitto degli ebrei nelle imprese e restrizioni sull'immigrazione ebraica.[29] Gli obiettivi politici di Schönerer includevano l'unificazione con la monarchia bismarkiana e la separazione dei legami austriaci con la monarchia asburgica pro-slava.[30] Egli considerava deboli l'imperatore austro-ungarico e l'idea di uno stato multinazionale.[31] La visione di Schönerer per l'Austria – unificazione con la Germania – dipendeva dall'identificazione e dalla coltivazione di un ideale nazionale. Senza un'identità nazionale coerente, l'Austria avrebbe continuato ad essere uno stato frammentato, vulnerabile ai vari motivi della sua popolazione etnicamente diversificata. Schönerer usò l'antisemitismo per unire il suo partito nazionalista tedesco.[32] Composto principalmente da cittadini operai e di classe inferiore, i nazionalisti tedeschi erano del tutto ansiosi di identificare gli ebrei come nemico comune, e usarono questa comunanza per delineare ulteriormente la loro nazionalità. L'antisemitismo unì Schönerer non solo coi cittadini tedeschi ma anche con altri gruppi politici. Gli anti-socialisti, gli anti-liberali, gli anti-capitalisti, gli anti-cattolici e gli anti-asburgici trovarono tutti un terreno comune con Schönerer per quanto concerneva le loro opinioni sugli ebrei.[33] Schönerer non ottenne una vera posizione di potere politico a Vienna, tuttavia le sue accuse rabbiose contro gli ebrei influenzarono e mobilitarono i membri frustrati della classe inferiore. Karl Lueger esibì più moderazione dello spesso fanatico Schönerer. Lueger, come Schönerer, faceva appello agli artigiani della classe operaia, ai giovani scapestrati e agli emarginati con le sue insinuazioni antisemite sugli affari austriaci.[34] Lueger vinse la posizione di sindaco di Vienna unendo la classe inferiore, l'aristocrazia e i democratici contro gli ebrei.[35] La condotta governativa si incentrò sempre più sugli appelli emotivi e sempre meno sullo stato di diritto e sulla ragione. Il dominio della razionalità a Vienna svanì sotto un violento antisemitismo politico.

La risposta ebraica all'aumento dell'antisemitismo nella politica viennese e austriaca variò da un ritirarsi esclusivamente all'espressione artistica alla creazione del Sionismo. Poiché il borghese perse sempre più la sua influenza politica, i liberali austriaci cercarono strade alternative per promuovere i loro valori. Le arti dello spettacolo fiorirono a Vienna negli anni 1890 con il patrocinio della classe borghese.[36] Il borghese promosse un'estetica più tedesca, celebrando la ragione e la legge, allontanandosi dal gusto tradizionale associato all'aristocrazia.[37] L'influenza liberale scemò di significato e conforto nel governo.[38] I valori un tempo riveriti della razionalità occidentale diminuirono sotto le pressioni della politica nazionalista e antisemita nella Vienna di inizio secolo, facendo spostare l'attenzione della classe media. La sconfitta del liberalismo generò un'ansia tra la Borghesia e l'incertezza del proprio posto nel futuro di Vienna si riflesse nel fuoco interiore della sua nuova estetica.[39] Sia l’intellighenzia che la comunità artistica del ceto medio esplorarono la coltivazione del "" e delle proprietà distintive dell'individuo.[40] La città cosmopolita degli ebrei borghesi di Vienna diventò sempre più insulare, distanziandosi dagli altri paesi europei e dalle loro campagne sempre più nazionalistiche.

 
Theodor Herzl, 1897
 
Arthur Schnitzler, 1906

La letteratura di Vienna al volgere del secolo esemplificava l'attenzione isolata degli ebrei bourgeois politicamente impotenti. Gli scrittori limitarono la loro prospettiva all'immediato e al familiare, e quindi si discostarono dall'analisi oggettiva addentrandosi nel mondo del "sentimento".[41] Gli scrittori passarono da temi universali a temi specifici, classificati come "feuilleton" o "artisti in vignette".[42] Theodor Herzl, che avrebbe fondato il movimento sionista, commentò sulla natura narcisistica della letteratura di questo periodo, mettendo in guardia contro i pericoli di "innamorarsi del proprio spirito, e quindi di perdere qualsiasi standard nel giudicare se stessi o gli altri".[43] La reazione soggettiva degli scrittori feuilleton alle proprie esperienze personali fu ironicamente parallela alla mancanza di obiettività mostrata dai partiti politici che le repressero. Chiaramente, il crollo della razionalità non si applicò esclusivamente ai nazionalisti e ai gruppi antisemiti. La ragione e la legge non erano riuscite a garantire una significativa permanenza nella società viennese per gli ebrei o la borghesia, quindi iniziarono a cercare un significato anche nel soggettivo. Il sociologo, medico e autore ebreo Arthur Schnitzler esaminò la tensione tra la realtà sociale per gli ebrei e la loro nostalgia e lealtà verso i valori liberali nel suo romanzo, Der Weg ins Freie [44] Il suo romanzo indagava la distruzione del liberalismo da parte dell'antisemitismo nella società austriaca e i suoi effetti sulla ricerca di un posto nella società da parte degli ebrei.[45] Schnitzler, che aveva studiato psicologia con l'insegnante di Freud, usò il suo romanzo, Der grüne Kakadu, per comunicare la sua percezione della connessione tra psiche e politica.[46] Schnitzler affermò che la "psiche si manifestava in politica": l'espressione politica quale comunicazione esteriore del sé interiore di un individuo o di una società.[47] Questa personalizzazione del comportamento e dell'interazione civica rifletteva l'avvento della società moderna alle condizioni della vita sociale nel ventesimo secolo.

 
Sigmund Freud fotografato da Max Halberstadt (1922) per il New York Times, immagine dall'archivio della rivista Life

Probabilmente le analisi più significative del "sé" nella Vienna del diciannovesimo secolo furono lo sviluppo delle teorie psicoanalitiche di Sigmund Freud e l'indagine del subconscio. Freud infuse i concetti classici del sé e dell'inconscio ottenuti attraverso la sua educazione al gymnasium con le sue osservazioni scientifiche per creare una comprensione del sé e del subconscio individuali.[48] Il lavoro di Freud esplorava i conflitti della psiche umana, nonché l'incongruente identità degli austriaci e degli ebrei assimilati esponenzialmente. Gli ebrei austriaci, come gli ebrei assimilati in tutta Europa, attraversavano una crisi di identità di fronte al collasso del liberalismo e alla nascita dell'antisemitismo. Avendo perso gran parte delle loro tradizioni e usanze religiose alla ricerca di occidentalizzazione, gli ebrei austriaci si ritrovarono senza comunità o sostegno politico quando il liberalismo si volatilizzò con l'ascesa del nazionalismo. Ora, senza i loro ruoli laici nella società, gli ebrei della borghesia viennese si ritrovavano senza la comunità religiosa che aveva dato forza alle generazioni precedenti in tempi di tribolazione. Freud, tuttavia, resistette ai fallimenti politici e civili del liberalismo viennese e mantenne un senso di scopo mediante la sua obiettività in politica (e astenendosi dalla partecipazione a discussioni politiche) e la sua fedeltà ai concetti di Bildung.[49] Il curriculum del gymnasium insegnava e celebrava il Bildung o i principi della cultura europea, principalmente tedesca.[50] Freud, insieme a molti ebrei austriaci, si assimilò alla cultura tedesca anziché alla cultura austriaca a causa della propria formazione educativa.[51] Mentre gli artisti viennesi svilupparono tendenze narcisistiche in risposta alla politica turbolenta, Freud e altri aderenti al Bildung mantennero una prospettiva di razionalità e distanza.[52] Freud integrò perfettamente le sue osservazioni scientifiche innovative sinonime dello spirito innovativo della Modernità con i concetti classici esplorati da Aristotele, Platone, Rousseau e Goethe.[53] Le sue teorie esemplificavano la natura graduale del progresso tradizionale nelle scienze e la moderna nozione di innovazione.[54] Alfred Pfabigan fa riferimento alla combinazione di lealtà al Bildung e impegno innovativo di Freud come il "Mezzo" di Freud.[55] Il "Mezzo" di Freud riflette l'identità di Vienna al volgere del secolo, divisa tra l'alta cultura tedesca e quella delle tradizioni della monarchia asburgica, la mancanza di un'identità definita per l'ebreo austriaco e la sua strategia personale per determinare uno scopo di fronte al declino del liberalismo. Freud espresse la sua complessa identificazione come ebreo e come austriaco a Vienna nel suo discorso alla Società del B'nai B'rith nel 1926:

« Ciò che mi legava agli ebrei non era (mi vergogno di ammettere) né fede né orgoglio nazionale, poiché sono sempre stato un non-credente ed fui educato senza alcuna religione, sebbene non senza rispetto per quelli che sono chiamati gli standard "etici" della civiltà umana. Ogni volta che provavo un'inclinazione per l'entusiasmo nazionale, mi sforzavo di sopprimerlo come dannoso e sbagliato, allarmato dagli esempi ammonitori dei popoli tra cui viviamo noi ebrei.[56] »

Più tardi, nel suo Il disagio della civiltà, Freud esplorò i fondamenti della società umana e il suo futuro. Il disagio della civiltà offre informazioni sulla comprensione da parte di Freud dell'antisemitismo e delle sue radici:

« Dio li ha fatti a immagine della Sua stessa perfezione; nessuno vuole essere ricordato quanto sia difficile conciliare l'innegabile esistenza del male — nonostante le proteste del Cristianesimo scientista — con la Sua onnipotenza o la Sua infinita bontà. Il diavolo sarebbe la migliore via d'uscita come scusa per Dio; in tal modo egli reciterebbe la stessa parte di un agente di dimissione finanziaria come fa l'ebreo nel mondo dell'ideale ariano.[57] »

La letteratura, l'arte e le scienze della Vienna di fine secolo riflettono il costo dell'assimilazione ed entrarono nella coscienza collettiva.

Mentre alcuni ebrei borghesi si ritirarono nell'arena del sé e altri come Freud navigarono la via di mezzo (il "Mezzo"), Theodor Herzl propose la creazione di uno stato ebraico come soluzione alla Questione Ebraica. Educato nelle tradizioni dell'educazione del gymnasium del diciannovesimo secolo, Herzl iniziò la sua carriera a Parigi come corrispondente per il Neue Freie Presse di Vienna,[58] sostenitore dell'assimilazione e dei valori occidentali. Herzl lavorò a Parigi dal 1890 al 1895[59] e fu testimone delle intense campagne antisemite di gruppi nazionalisti e dei media francesi. Fu particolarmente colpito da Le France Juive di Drumont.[60] Herzl si rese conto dell'inutilità e del pericolo dell'assimilazione mentre lavorava a Parigi. Il rapido aumento dell'antisemitismo nella società francese indicava l'impotenza dell'assimilazione e il futuro instabile per gli ebrei nella società francese o europea. Nel 1896, Herzl osservò l'impossibilità di una vera integrazione nella società occidentale nel suo Der Judenstaat:

« Solo un uomo ignorante confonderebbe l'antisemitismo moderno con un'esatta ripetizione della persecuzione ebraica del passato. I due possono avere alcuni punti di somiglianza, ma la corrente principale del movimento è ora cambiata. Nei principali paesi in cui prevale l'antisemitismo, succede a causa dell'emancipazione degli ebrei. Quando le nazioni civili si risvegliarono dalla disumanità della legislazione esclusiva e ci emanciparono — la nostra emancipazione arrivò troppo tardi. Poiché, stranamente, mentre eravamo nel Ghetto ci eravamo sviluppati in persone borghesi, e ne uscivamo solo per entrare in una feroce concorrenza con le classi medie...[61] »

Herzl indirizzò l'attenzione degli ebrei sull'inutilità dei loro sforzi di assimilarsi alla società occidentale e propose lo sviluppo di uno stato ebraico come l'unica risposta praticabile alla "Questione Ebraica":

« Siamo un popolo — Un Popolo. Abbiamo cercato onestamente ovunque di unirci nella vita sociale delle comunità circostanti e di preservare solo la fede dei nostri padri. Non ci è stato permesso. Invano siamo patrioti leali, in alcuni punti la nostra lealtà arriva agli estremi; invano facciamo sacrifici di vita e di proprietà come i nostri concittadini; invano ci sforziamo di aumentare la fama della nostra terra natale in scienza e arte, o la sua ricchezza con commercio e affari. Nei paesi in cui abbiamo vissuto per secoli, siamo ancora tacciati come estranei; e spesso da coloro i cui antenati non erano ancora domiciliati nella terra dove gli ebrei avevano già fatto esperienza di sofferenze. Eppure, nonostante tutto, siamo soggetti leali, leali come gli ugonotti, che sono stati costretti a emigrare. Se solo potessimo essere lasciati in pace...[62] »

L'elezione a Vienna di Karl Lueger come sindaco non fece che rafforzare la convinzione di Herzl sulla necessità di uno stato ebraico.[63] Herzl espresse la sua consapevolezza che la sopravvivenza e il successo degli ebrei erano la contingenza di una società liberale. Il desiderio di Herzl di uno stato ebraico non solo servì come un rifugio sicuro per gli ebrei ma anche per il Liberalismo, l'ideologia che definiva gli ebrei assimilati.[64] La politicizzazione dell'antisemitismo, una volta limitata ai movimenti marginali dei partiti nazionalisti e dei media di destra, aveva preso possesso del bastione della ragione e della legge: Vienna.

"Kafka e Praga in pericolo", di Adolf Hoffmeister, 1968

Seconda solo a Vienna, Praga si sviluppò in una potenza industriale e divenne un centro culturale nel diciannovesimo secolo, attraendo un gran numero di immigrati ebrei in seguito alla loro emancipazione nel 1859.[65] La popolazione ebraica in Boemia aumentò del 26% durante la seconda metà del secolo e nel 1921 il 40% degli ebrei boemi viveva a Praga.[66] Molti ebrei di Praga immigrarono dalle zone rurali ceche e si identificavano come cechi ebrei;[67] in effetti, la maggioranza degli ebrei boemi e moravi non si identificava come tedesca, ma come ceca.[68] Mentre gli ebrei viennesi si schieravano fermamente con la cultura tedesca che dominava l'ideologia occidentale al volgere del secolo, gli ebrei boemi si trovavano in bilico tra le loro radici ceche e il fascino dell'assimilazione tramite l'illuminismo tedesco. Sebbene la maggior parte degli ebrei boemi si considerasse ceca, il buon adattamento alla vita urbana e all'economia industriale dipendeva in gran parte dall'acquisizione della lingua tedesca e da un'istruzione occidentale. Il drammatico aumento demografico degli ebrei in Boemia generò competizione con la popolazione gentile ceca per lavoro, alloggio e opportunità educative.[69] L'emancipazione degli ebrei in Boemia, come altrove in Europa, portò alla secolarizzazione degli ebrei attraverso l'implementazione dell'istruzione occidentale o specificamente tedesca.[70] Gli ebrei boemi mantennero anche un certo grado di lealtà verso la cultura tedesca a causa della loro gratitudine per Francesco Giuseppe, il loro emancipatore e membro della monarchia asburgica.[71] L'emancipazione in Austria portò avanti anche le scuole per ebrei sponsorizzate dallo stato e il tradizionale curriculum del gymnasium.[72] Agli ebrei era ora premesso di frequentare le scuole secondarie e le università.[73] I nazionalisti cechi, nella speranza di preservare la propria cultura, rifiutarono il concetto di scolarizzazione universale e si allontanarono dall'occidentalizzazione delle scuole statali.[74] I gentili non erano i soli cechi ad opporsi all'influenza tedesca delle scuole statali o l'implementazione della lingua tedesca come lingua statale. La popolazione ceca-ebraica nelle aree rurali della Boemia si unì agli sforzi nazionali cechi per liberare la campagna dalle scuole statali e alla fine ebbe successo.[75] Gli sforzi sia del Partito Liberale Nazionale/Giovani Cechi (Národní strana svobodomyslná) sia dei cechi-ebrei ridussero il numero di scuole primarie sponsorizzate dallo stato per ebrei da oltre cento nel 1885 a solo cinque nel 1910.[76] L'assimilazione alla cultura tedesca era una necessità della vita di città, ma le aree rurali della Boemia richiedevano comprensione e aderenza al sentimento ceco. Gli ebrei della Boemia non potevano allinearsi a nessuna delle parti del dibattito sulla nazionalità in Austria. Non erano considerati tedeschi perché erano ebrei e tuttavia non potevano essere veri cechi perché parlavano tedesco e si identificavano in gran parte con i principi politici del Liberalismo e della tradizione occidentale.

La popolazione tedesca di Praga era composta principalmente da ebrei, il che li rendeva vulnerabili sia al sentimento antitedesco che all'antisemitismo dei cittadini cechi.[77]

« Che cosa avevano fatto, i piccoli ebrei di Praga, gli onesti mercanti della classe media, i più pacifici di tutti i cittadini pacifici?... A Praga, la gente insinuava che non erano cechi, a Saaz ed Eger [le province della Boemia], che non erano tedeschi... Allora a cosa dovevano aggrapparsi? Se alcuni volevano essere tedeschi, i cechi gli saltavano addosso — e anche i tedeschi... Se si considera l'atteggiamento completamente distorto degli ebrei boemi, si capisce perché fossero ricompensati per i loro servizi con punizioni fisiche. Entrambe le nazionalità in conflitto trovarono una strana nuova variante della battuta del vecchio cocchiere: due carrozze si incontrano su uno stretto sentiero. Nessuno dei due cocchieri vuole cedere il passo e in ogni carrozza siede un ebreo. Ciascun cocchiere schiocca la sua frusta sul passeggero dell'altro: "Tu picchia il mio ebreo e io picchierò il tuo". Ma in Boemia, dicono "E anche il mio", cosicché in un singolo viaggio l'ebreo boemo riceve doppie frustate. Si può quindi capire perché abbiano cercato di mantenere un basso profilo nella disputa sulla nazionalità.[78] »

La minaccia del pan-germanismo non fece che intensificare la politica antisemita e le campagne dei cittadini cechi.[79] Gli ebrei di Praga subirono poche discriminazioni dai tedeschi durante l'era del Liberalismo nel diciannovesimo secolo.[80] Il successo finanziario degli ebrei a Praga insieme alle difficoltà degli immigrati gentili per acclimatarsi da una società rurale ad una società urbana aumentarono la sfiducia dei cechi nei confronti degli ebrei e la di loro affiliazione ai tedeschi.[81] Invece di attribuire le loro lotte finanziarie alla loro mancanza di istruzione o formazione (che rifiutavano per principio di conservazione culturale), i cechi prendevano di mira gli ebrei come la fonte delle loro tensioni economiche.[82] I cittadini cechi nel 1890 tentarono di neutralizzare la concorrenza straniera e salvaguardare la loro economia boicottando le imprese ebraiche.[83] Le imprese ebraiche erano ritenute imprese tedesche e quindi erano percepite come una "intrusione austriaco-tedesca negli affari cechi". [84] Le imprese ebraiche nella città di Praga sopravvivevano con il sostegno della sua vasta popolazione ebraica e tedesca, ma i boicottaggi produssero effetti devastanti per le imprese rurali.[85] I boicottaggi, noti anche come il programma "A ciascuno il suo", inflissero angoscia finanziaria agli ebrei e rispecchiarono gli stress psicologici, sociali e finanziari dei cechi e la loro incapacità di navigare in una nuova economia e società.[86] I cechi proiettarono le loro paure e i loro fallimenti sugli ebrei proprio come le fiorenti società industriali di Francia, Germania e Russia.

I boicottaggi sponsorizzati dai nazionalisti cechi furono solo un'espressione dell'antisemitismo nella Praga di inizio secolo. La politicizzazione dell'antisemitismo diede nuova vita ai miti e agli stereotipi medievali antisemiti. La fine del diciannovesimo secolo fu testimone di un riemergere di accuse di omicidio rituale o "accusa del sangue". L'accusa del sangue derivava dalla convinzione che gli ebrei uccidessero i gentili per acquisire sangue da usarsi in riti segreti della Pasqua ebraica.[87] Accuse e voci sull'omicidio rituale si diffusero in tutta Europa nel diciannovesimo secolo. L'Affare di Damasco nel 1840 coinvolse la misteriosa scomparsa di un frate cappuccino durante le vacanze della Pasqua ebraica.[88] Alla ricerca del sostegno politico tra cristiani e musulmani locali nell'area, il console francese appoggiò le accuse dei monaci contro gli ebrei e accettò le loro pretese di omicidio rituale come spiegazione per la scomparsa del frate.[89] Ebrei locali furono interrogati, torturati e accusati di omicidio rituale nonostante la mancanza di prove di colpa credibili.[90] Il Processo Beilis nel 1913 a Kiev accusò Menahem Mendel Beilis, ebreo, di aver ucciso un ragazzo ucraino tredicenne.[91] Secondo l'accusa, Beilis uccise Andrey Yushchinsky nel marzo del 1911 per ottenere sangue da usarsi in cerimonie private della Pasqua ebraica.[92] Nessuna prova fisica o circostanziale confermò l'accusa, ma il procuratore distrettuale di Kiev accusò Beilis del crimine.[93] Il processo di Beilis si concluse con un'assoluzione[94] e gli accusati nell'Affare di Damasco furono infine rilasciati, tuttavia la ripresa dell'accusa del sangue segnalò l'allarme per gli ebrei europei.[95] L'emancipazione legale e l'integrazione nella società occidentale non avevano eliminato le minacce antisemitiche tipiche del Medioevo. La società europea nutriva ancora sospetti e odio per gli ebrei, nonostante gli sforzi degli ebrei per assimilarsi. In Boemia, l'Affare Hilsner riflettè la precaria posizione sociale degli ebrei austriaci e la loro vulnerabilità agli attacchi antisemiti.

Leopold Hilsner fu accusato e dichiarato colpevole di omicidio rituale di Anežka Hrůzová, una ragazza cattolica ceca, nel 1899 a Polná, in Boemia.[96] Condannato a morte nel 1900, la pena di morte di Hilsner fu in seguito commutata in ergastolo nel 1901, e alla fine ricevette la grazia completa dall'imperatore nel 1918.[97] Il caso di Hilsner, a differenza dei casi di accusa del sangue in altre parti d'Europa, si concluse con un verdetto di colpevolezza.[98] Il verdetto di colpevolezza iniziale non significava soltanto l'ascesa dell'antisemitismo in Boemia, ma indicava anche la manipolazione politica dell'antisemitismo da parte del governo austriaco. L'Affare di Damasco e il Processo di Beilis nacquero da accuse del sangue antisemite che alla fine furono annullate dalla capacità del tribunale di sostenere i principi liberali di ragione e legge. Ma lo stato confermava invece la mitologia medievale dell'omicidio rituale, come evidenziato dal verdetto di Hilsner.[99] Oltre all'approvazione politica dell'accusa del sangue, il caso innescò un dibattito pubblico e contribuì a disordini sociali in Boemia. I politici del Partito Socialista Cristiano di Vienna furono in grado di espandere la loro influenza in Boemia e nelle aree rurali dell'Austria rafforzando l'identità ceca tramite l'esclusione della minoranza ebraica. Karel Baxa, l'avvocato della madre di Anežka Hrůzová e politico ceco, usò l'omicidio rituale nel suo caso contro Leopold Hilsner e impiegò stereotipi antisemiti nei suoi sforzi politici per consolidare una vera identità ceca.[100] Il conflitto tra tedeschi e cechi per un'identità nazionalesi si placò nel momento che un gruppo minoritario comune e praticabile, gli ebrei, fu identificato come minaccia sovversiva alla cultura nazionale ceca. Il caso Hilsner portò l'attenzione sulla portata in continua espansione dell'antisemitismo, dai margini della società alla sfera della politica radicale e infine al presunto paradiso della ragione, i tribunali. In mancanza di sostegno politico e protezione giudiziaria, gli ebrei boemi si interrogarono sulla reale sostanza della loro identità di occidentali, austriaci, cechi, tedeschi ed ebrei.

 
Jiří Langer, 1943

Alla fine del diciannovesimo secolo, gli ebrei di Praga affrontarono la vera crisi d'identità risultante dal crollo del Liberalismo, dal conflitto tra nazionalità tedesca e ceca e dall'assenza di un autentico sistema di sostegno religioso derivante dagli sforzi borghesi per assimilarsi ad una cultura a loro per sempre chiusa. Alcuni ebrei cercarono la connessione spirituale abbandonata dalle generazioni precedenti per le promesse di occidentalizzazione. Il sionismo offriva opzioni politiche, anche se all'epoca solo come fantasia, ma il chassidismo si appellò a quegli ebrei in cerca di connessione, scopo, conforto e comunità. Il chassidismo ebbe origine dalla Polonia e dall'Ucraina negli anni 1800 e alla fine ottenne slancio in province occidentali come la Boemia.[101] Quelli frustrati dalla limitata accettazione della società occidentale e dal desiderio di una connessione significativa con le interpretazioni mistiche dell'ebraismo, trovarono soddisfazione e scopo nella pratica del chassidismo. Un ricco ebreo borghese di Praga, Jiří Langer, descrisse dettagliatamente le sue esperienze e scoperte spirituali nel suo romanzo, Devĕt bran (Le nove porte dei misteri chassidici):

« Un giorno d'estate del 1913, un giovane diciannovenne, cresciuto come tutti i giovani del suo tempo nelle tradizioni morenti della generazione prebellica, lasciò Praga ispirato da un desiderio segreto che anche adesso dopo il passaggio di così tanti anni egli non riesce ancora a spiegarsi, e partì per l'est, per strani paesi. Aveva forse avuto un presagio di ciò che stava perdendo quel giorno? La civiltà europea con le sue comodità e le sue conquiste, i suoi successi di vita chiamati carriere? Aveva avuto un presentimento che la sua anima non sarebbe più stata in grado di sentire la poesia che fino a quel momento era stato così appassionato di citare, che, dal primo momento in cui aveva ascoltato i ritmi delle canzoni hasidiche, tutti i magici fascini della musica sarebbero stati sommersi una volta per tutte, e tutte le cose belle che i suoi occhi avevano mai ammirato sarebbero state in futuro nascoste per metà dal velo mistico della conoscenza del bene e del male?[102] »

La trasformazione spirituale di Langer contrasta nettamente con la sua educazione borghese a Praga. František Langer, fratello di Jiří, riflette sulla reazione della sua famiglia alla mutata identità del fratello:

« L'atteggiamento della nostra famiglia nei confronti di Jiří ci sembrava in quel momento assomigliare alla situazione nel romanzo di Kafka, Die Verwandlung [La metamorfosi], in cui un'intera famiglia trova il suo modo di vivere completamente sconvolto quando il figlio della casa si trasforma improvvisamente in un enorme scarafaggio, e di conseguenza deve essere nascosto al resto del mondo, mentre la famiglia si sforza invano di trovare un posto per lui nei loro affetti.[103] »

Il termine "Metamorfosi" non solo descrive il risveglio spirituale di Langer, ma racchiude in sé l'esperienza ebraica nella Praga di inizio secolo e in tutta Europa. In mancanza di sicurezza e tolleranza dalle nazioni in cui vivevano, l'identità ebraica si trasformò e si acculturò alle esigenze della maggioranza politica del momento. La trasformazione attraverso il processo di assimilazione divenne lo strumento di sopravvivenza principale per gli ebrei in Austria, tuttavia ebbe effetti negativi sulla psiche ebraica. Il vuoto del "giudaismo bourgeois" di fronte alla sconfitta del liberalismo lasciò gli ebrei alla ricerca di significato senza la direzione o il sostegno di una coerente comunità religiosa.

Gli ebrei austriaci, in particolare a Praga all'inizio del secolo, manovrarono in un labirinto di sfide assimilative. Cechi e tedeschi si contendevano l'identità nazionale dell'Austria, mentre la doppia monarchia dell'Austro-Ungheria manteneva l'autonomia domestica ma condivideva un imperatore comune e una politica estera. Le province multietniche dell'Impero austro-ungarico, divise tra la tradizione asburgica e il Liberalismo, lottarono per integrare la cultura locale con l'Alta cultura tedesca che definiva l'Europa occidentale. Gli ebrei dell'Austria di recente emancipati tentarono di assimilarsi alla cultura tedesca che garantiva la loro libertà pur sostenendo gli sforzi per preservare la loro cultura locale, ma ricevettero solo discriminazioni e disprezzo dalle comunità per le quali lavoravano. L'assimilazione non riuscì a garantire agli ebrei un posto nella nazione austriaca perché non era chiaro con quale cultura avrebbero dovuto identificarsi e l'ascesa dell'antisemitismo distrusse tutti i progressi politici che avevano guadagnato.

  Per approfondire, vedi Interpretazione e scrittura dell'Olocausto.
  1. Carl E. Schorske, Fin-de-Siècle Vienna: Politics and Culture (New York: Alfred A. Knopf, 1980), 5.
  2. Ibid.
  3. Marsha L. Rozenblit, The Jews of Vienna 1867-1914: Assimilation and Identity (Albany: State University of New York Press, 1983), 14.
  4. Ibid.
  5. Christoph Stölzl, Kafka: Jew, Anti-Semite, Zionist, da Mark Anderson, Reading Kafka: Prague, Politics, and the Fin de Siècle (New York: Schocken Books, 1989), 53.
  6. Walter H. Sokel, "Kafka as a Jew." New Literary History 30, nr. 4 (Autunno 1999): 838.
  7. Ibid.
  8. Jews, Anti-Semitism, and Culture in Vienna. Cur. Ivar Oxaal, Michael Pollak e Gerhard Botz. (Londra: Routledge and Kegan Paul, 1987), 14.
  9. Robert S. Wistrich, "Austrian Legacies: Jews and the questions of national identity." Partisan Review, 69, nr. 3: 366.
  10. Rosenblitz, The Jews of Vienna, 5.
  11. Ibid.
  12. Ibid., 19.
  13. Ibid., 34.
  14. Schorske, Fin-de-Siècle Vienna, 5.
  15. Ibid.
  16. Rosenblitz, The Jews of Vienna, 33.
  17. Ibid., 10.
  18. Ibid., 99.
  19. Ibid., 116.
  20. Ibid., 125.
  21. Jews, Anti-Semitism, and Culture in Vienna, cur. Ivar Oxaal, Michael Pollak e Gerhard Botz. (Londra: Routledge and Kegan Paul, 1987), 25.
  22. Schorske, Fin-de-Siècle Vienna, 7.
  23. Ibid.
  24. Ibid.
  25. Ibid.
  26. Ibid., 5.
  27. Ibid.
  28. Ibid.
  29. Ibid., 127-129.
  30. Ibid.
  31. Ibid., 129.
  32. Ibid., 130.
  33. Ibid.
  34. Ibid., 133.
  35. Ibid., 146.
  36. Ibid., 8.
  37. Ibid., 7.
  38. Ibid., 8-9.
  39. Ibid., 9.
  40. Ibid.
  41. Ibid.
  42. Ibid.
  43. Ibid.
  44. Ibid., 11-12. Ediz. (IT) col titolo Verso la libertà.
  45. Ibid.
  46. Ibid. Ediz. (IT) col titolo Al pappagallo verde.
  47. Ibid.
  48. Alfred Pfabigan, "Freud’s ‘Vienna Middle’." in Rethinking Vienna 1900. Cur. Steven Beller, 154-170. (New York: Berghahn Books, 2001), 157.
  49. Ibid., 157-159.
  50. Ibid.
  51. Ibid., 157.
  52. Ibid.
  53. Ibid.
  54. Ibid.
  55. Ibid.
  56. Sigmund Freud, Address to the Society of Bnai Brith, da Paul Mendes-Flohr & Jehuda Reinharz, The Jew in the Modern World (New York: Oxford University Press, 1995), 278.
  57. Sigmund Freud, Civilization and Its Discontents. trad e cur. James Strachey. (New York: W. W. Norton and Company, 2010), 108.
  58. Theodor Herzl, A Solution of the Jewish Question, da Paul Mendes-Flohr & Jehuda Reinharz, The Jew in the Modern World (New York: Oxford University Press, 1995), 537.
  59. Ibid.
  60. Schorske, Fin-de-Siècle Vienna, 157-159.
  61. Theodor Herzl, A Solution of the Jewish Question, da Paul Mendes-Flohr & Jehuda Reinharz, The Jew in the Modern World (New York: Oxford University Press, 1995), 534.
  62. Ibid.
  63. Schorske, Fin-de-Siècle Vienna, 162-163.
  64. Ibid., 147.
  65. Hillel J. Kieval, "Nationalism and Antisemitism: The Czech-Jewish Response." in Living with Antisemitism: Modern Jewish Responses, 210-233. (Hanover: Brandeis University Press, 1987), 210.
  66. Ibid., 211-212.
  67. Ibid., 214.
  68. Robert S. Wistrich, "Austrian Legacies: Jews and the questions of national identity." Partisan Review, 69, nr. 3: 355-366.
  69. Kieval, Living with Antisemitism, 211-212.
  70. Ibid.
  71. Ibid., 213.
  72. Ibid.
  73. Ibid.
  74. Ibid., 214-215.
  75. Ibid.
  76. Ibid.
  77. Klaus Wagenbach, Prague at the Turn of the Century, da Mark Anderson, Reading Kafka: Prague, Politics, and the Fin de Siècle (New York: Schocken Books, 1989), 33.
  78. Ibid.
  79. Kieval, Living with Antisemitism, 214.
  80. Ibid.
  81. Ibid., 216.
  82. Ibid.
  83. Ibid.
  84. Ibid.
  85. Ibid.
  86. Ibid.
  87. The Damascus Affair, da Paul Mendes-Flohr & Jehuda Reinharz, The Jew in the Modern World (New York: Oxford University Press, 1995), 315.
  88. Ibid.
  89. Ibid.
  90. Ibid.
  91. The Beilis Trial, da Paul Mendes-Flohr & Jehuda Reinharz, The Jew in the Modern World (New York: Oxford University Press, 1995), 413.
  92. Ibid.
  93. Ibid.
  94. Ibid.
  95. The Damascus Affair, da Paul Mendes-Flohr & Jehuda Reinharz, The Jew in the Modern World (New York: Oxford University Press, 1995), 315.
  96. Larissa Douglass, "Years of Blood and Darkness: Czech Extra-Parliamentary Representation and Austrian Democratization during the Hilsner Affair, 1899-1900", Canadian Journal of History, 43, Issue 1: 4.
  97. Ibid.
  98. Ibid.
  99. Ibid.
  100. Ibid., 6.
  101. Jiří Langer, From Prague to Belz, da Paul Mendes-Flohr & Jehuda Reinharz, The Jew in the Modern World (New York: Oxford University Press, 1995), 286.
  102. Ibid., 284.
  103. František Langer, Premessa a Nine Gates by Jiri Langer. Trad. Stephen Jolly (Londra: James Clarke and Co., 1961), xvii.