Filosofia dell'informazione/Informazione e contenuto
Informazione e contenuto
modificaGli stati mentali si differenziano dalla gran parte delle altre entità in quanto hanno una semantica e proprietà intenzionali (p.i.). Uno dei problemi con le p.i. è che è difficile coniugarle con una ontologia naturalistica. Alcuni filosofi utilizzano il concetto di “informazione” per cercare di riconciliare intenzionalità e naturalismo.
Alcuni requisiti naturalistici per una teoria del contenuto
modifica- Una teoria informazionale del contenuto deve mostrare come l'intenzionalità sia spiegabile in termini naturalistici. Non bisogna quindi ricorrere ad espressioni intenzionali o qualsiasi altra nozione che non sia indubitabilmente compatibile con il naturalismo. Questo vincolo ha l'obiettivo di forzare l'analisi delle p.i. ad uscire dal circolo dell'intenzionalità e per questo verranno considerate inaccettabili spiegazioni delle qualità intenzionali effettuate tramite ricorsi ad altre qualità intenzionali.
- Si possono dare contenuti distinti che sono equivalenti sotto alcuni aspetti (metafisico, logico, analitico, nomico). Molti seguono Frege nel sostenere che è razionalmente possibile credere p e non q anche se p e q sono equivalenti sotto qualcuno degli aspetti suddetti. Quindi una teoria del contenuto deve fare in modo che sia possibile distinguere tra contenuti di questo tipo.
- Una teoria del contenuto intenzionale accettabile deve far sì che sia possibile che un contenuto rappresenti il mondo erroneamente.
Dretske e il flusso di informazioni
modificaUno dei primi approcci sistematici alla comprensione del contenuto intenzionale (c.i.) in termini di informazione si trova in Dretske 1981. D. vuole comprendere il c.i. di un segnale (ad esempio di uno stato mentale) in termini dell'informazione che il segnale trasporta. Interpreta quindi l'informazione in termini di probabilità condizionali oggettive tra eventi. Un segnale r trasporta l'informazione p solo nel caso che la probabilità condizionale di p, dato r (e k, con k=conoscenza del ricevente di r) sia 1 (ma dato solo k, minore di 1). Però non possiamo semplicemente identificare l'informazione trasportata con il c.i., perché un segnale di solito trasporta molte informazioni e il contenuto intenzionale è invece molto più limitato. D. deve escludere la nidificazione informazionale. Quindi stipula che l'informazione che p è annidata nell'informazione q solo nel caso in cui q trasporti l'informazione che p e quindi afferma che un segnale s ha come contenuto p sse: -s trasporta l'informazione che p; -s non trasporta nessuna altra informazione q tale che l'informazione che p sia annidata (analiticamente o nomicamente) in q. Questa nozione di trasmissione di informazione presuppone una connessione che supporti un controfattuale tra il segnale e l'informazione che esso trasporta. Per questo un segnale correlato a p non riuscirà a trasmettere l'informazione che p se la correlazione è solo accidentale o statistica.
Alcuni problemi
modificaQuesta visione di c.i. sembra rispettare il requisito (1), ma ha problemi con gli altri due requisiti.
(i) Consideriamo il requisito (2). La teoria di D. non permette di scegliere tra due proprietà necessariamente covarianti. Se q è covariante di p, un segnale che trasporta p trasporta anche q, dunque qual è il c.i. del segnale? D. ammette che in un caso del genere non si può avere che il segnale trasporti p e non q. Il problema è che nessuno dei due può essere il c.i. di un segnale. Dato che non si può avere un segnale che trasporti un contenuto intenzionale che sia a sua volta contenuto di qualche altra informazione, in un caso come il suddetto, dati p e q necessariamente covarianti, né p né q possono essere c.i.
(ii) Non riesce a soddisfare neanche il requisito (3), perché un segnale con contenuto intenzionale p deve trasportare p e questo significa che p deve essere vero. D. propone che solo alcuni tokens di un segnale trasportano l'informazione che determina il c.i. del segnale. Vi sarebbe quindi periodo di apprendimento nel quale il segnale trasporta l'informazione p e il c.i. del segnale sarebbe dato in termini dell'informazione che trasporta durante questo periodo. Dopo questo periodo, quando il contenuto intenzionale è già fissato come p, alcuni tokens del segnale possono sbagliare e non trasportare p. Ciò solleva alcuni problemi:
- sembra implausibile una distinzione tra periodi di apprendimento e periodi di non apprendimento;
- quest'ipotetico periodo non dovrebbe avere connotazioni intenzionali, in osservanza del requisito (1);
- rimane il problema di come i segnali innati possano sbagliare;
- l'escamotage dei periodi di apprendimento non funziona con alcuni segnali.
Ottimalità epistemica
modificaAlcuni filosofi credono che queste difficoltà possano superarsi con una teoria ibrida che consideri altri fattori oltre l'informazione; fattori che possono coesistere a patto che osservino il principio naturalistico. Una famiglia di teorie fa appello alla nozione di ottimalità epistemica.
Un segnale s ha contenuto p sse ci sono condizioni epistemicamente ottime Cp per p tali che se si ha Cp allora s covaria nomicamente con p. I proponenti sperano che questa teoria risolva il problema del requisito (3): l'errata rappresentazione si potrebbe avere quando un sistema cognitivo prova a rappresentare il mondo operando in condizioni epistemicamente non ottimali.
Un approccio del genere potrebbe riuscire ad osservare anche il requisito (2). Non è certo però, dato che fallirebbe se Cp=Cq perché s covarierebbe nomicamente sia con p che con q. Inoltre c'è da riflettere sulle credenziali naturalistiche di questo genere di teorie. Prima di tutto perché è plausibile che Cp non possa essere individuato senza chiamare in causa p. Poi, in una prospettiva olistica, difficilmente si potrebbe avere Cp senza riferirsi a contenuti diversi da p.