Confessione di fede di Westminster/cfw20

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20. La libertà cristiana e la libertà di coscienza modifica

1. modifica

La libertà che Cristo ha acquistato per i credenti sotto l'Evangelo consiste nella loro liberazione dalla colpa del peccato, dall'ira di Dio che li condannava e dalla maledizione della Legge morale; essi sono liberati dal presente secolo [mondo] malvagio, dalla dura servitù [schiavitù] di Satana e dal dominio del peccato, dalle afflizioni del male, dal dardo [aculeo] della morte, dalla vittoria del sepolcro e dalla dannazione eterna; essi hanno libero accesso a Dio e diventano ubbidienti a Lui, non per timore servile, ma con amore filiale e con animo pronto [mente volenterosa]. Tutto ciò era dato anche ai credenti sotto la Legge, ma nel Nuovo Testamento la libertà dei cristiani è ulteriormente allargata alla libertà del giogo delle leggi cerimoniali cui la chiesa ebraica era soggetta, ad una maggior certezza [fiducia] d'accesso al trono della Grazia e ad una maggiore e gratuita effusione dello Spirito di Dio rispetto a quanto potevano ordinariamente fruire i credenti sotto la Legge.(Originale inglese e latino con riferimenti biblici)

2. modifica

Dio soltanto è Signore della coscienza. Egli l'ha lasciata libera dalle dottrine e dai comandamenti degli uomini allorché, in materia di fede e di culto, essi siano in qualsiasi modo contrari [avversi] alla Parola o intendano supplementarla. Cosicché, credere a tali dottrine o ubbidire a tali comandamenti per [dovere di] coscienza, significa [di fatto] tradire la vera libertà di coscienza. Richiedere [per essi] fede implicita e un'ubbidienza assoluta e cieca significa [di fatto] distruggere sia la libertà di coscienza che la stessa ragione. (Originale inglese e latino con riferimenti biblici)

3. modifica

Coloro che, sotto il pretesto della libertà cristiana, praticano abitualmente un qualsiasi peccato o indulgono in qualche cupidigia, corrompono il fine [stesso] della libertà cristiana, vale a dire, dopo essere stati liberati dalla mano dei nostri nemici, noi si possa servire il Signore senza paura, alla Sua presenza, in santità e giustizia, tutti i giorni della nostra vita. (Originale inglese e latino con riferimenti biblici)

4. modifica

E poiché la potestà che Dio ha ordinato [stabilito] e la libertà che Cristo [ci] ha acquistato, non sono destinate da Dio ad annientarsi [distruggersi] ma a sostenersi e preservarsi reciprocamente, coloro che, sotto il pretesto della libertà cristiana, si oppongono ad ogni potere legittimo (civile o ecclesiastico [che sia]) od al legittimo suo esercizio, resistono all'ordinamento divino. Possono quindi essere legittimamente chiamati a rendere conto [della loro condotta] e si può procedere contro di loro mediante le censure [provvedimenti disciplinari] della chiesa e con il potere del magistrato civile, coloro che pubblicizzano simili opinioni e persistono a praticare ciò che è contrario al lume della natura o ai principi noti della Cristianità - sia che riguardino la fede, il culto, la condotta [la morale] che la potenza [forza] della pietà. Tali opinioni erronee e pratiche, sia per la loro stessa natura, sia per il modo in cui vengono rese pubbliche e seguite, sono distruttrici [perniciose] della pace e dell'ordine esterno che Cristo ha stabilito nella [Sua] Chiesa. (Originale inglese e latino con riferimenti biblici)

Articoli interpretativi ed attualizzazione modifica

Il capitolo 20 della Confessione di fede di Westminster tratta della libertà cristiana e della libertà di coscienza. Il concetto di "libertà cristiana" si distingue sostanzialmente da quello comunemente inteso nel mondo, vale a dire di poter essere autonomi ed indipendenti nei propri giudizi, decisioni ed azioni. Proponendo sostanzialmente la libertà come una "dichiarazione di indipendenza" da Dio, dalla Sua sovranità e leggi, l'insegnamento biblico lo rivela come del tutto illusorio ed ingannevole, tanto da non essere affatto libertà. E' Cristo che ci rende veramente liberi (Giovanni 8:36). L'articolo 1 del capitolo 20 della Confessione di fede indica come la libertà abbia sostanzialmente a che fare con l'emancipazione dal peccato e dalle sue conseguenze. L'articolo 2 mette in evidenza come la coscienza del cristiano sia legata soltanto a quanto comanda la Parola di Dio e da nessun'altra regola ecclesiastica. L'articolo 3 denuncia l'errore di quei cristiani che si credono sciolti dall'ubbidire alla Legge morale di Dio appellandosi alla bontà del proprio giudizio soggettivo creduto illuminato [anomia]. Il quarto articolo mette in evidenza il dovere del cristiano di sottomettersi alle legittime autorità (sia civili che religiose) nella misura in cui essa non venga abusata.

  • 2. Cristo libera i credenti non solo dal senso di colpa, ma dalla colpa stessa.
  • 3. Respingiamo l'insegnamento che i credenti al tempo dell'Antico Testamento non avessero quella libertà che appartiene ai credenti nell'ambito del Nuovo Testamento. La differenza fra la libertà che godevano i primi e quella che godono i secondi, è di grado non di sostanza. (Salmo 32:1-5; Salmo 130:7-8).
  • 4. La coscienza è il senso del giusto e dello sbagliato, per la quale una persona valuta i propri pensieri e comportamento. Quando si segue la propria coscienza, si sente una certa misura di soddisfazione; quando si viola la propria coscienza, si sente disagio e sofferenza. La coscienza è cosa naturale per l'essere umano ed implica la sua responsabilità verso Dio, ma non è regola di fede e di condotta. La coscienza mostra come la legge di Dio sia stata impressa nel cuore, ma è distorta dall'opera di Satana, dalla natura umana peccaminosa, e dai criteri di comportamento empi che prevalgono nel mondo. La coscienza del cristiano è diretta dalla Legge rivelata di Dio, sotto l'illuminazione dello Spirito Santo, con debita attenzione all'insegnamento ed ammonizione dei fratelli e sorelle in fede. Sebbene la coscienza non sia infallibile, una persona non dovrebbe fare ciò che in cuore sente essere sbagliato. (Romani 2:14-15; 2 Corinzi 4:4; 1 Timoteo 4:2-3; Romani 12:1-2; Matteo 15:9; 2 Timoteo 3:16-17; Salmo 143:10; Romani 8:5-9; Colossesi 3:16; Romani 14:14,23).
  • 5. La libertà di coscienza differisce dalla libertà cristiana. La libertà di coscienza è la libertà di interpretare ed applicare la Parola di Dio alla propria vita. Il cristiano deve rendere debita sottomissione nel Signore ad ogni autorità legittima, ma ha il diritto di dissentire con qualsiasi uso improprio dell'autorità umana. Se quell'autorità lo vorrebbe condurre a peccare, il cristiano ubbidisce a Dio piuttosto che all'uomo. La libertà individuale è regolata dai principi contenuti nella Scrittura ed è limitata ai doveri reciproci che i credenti devono l'uno all'altro, e dal desiderio di fare del bene a tutti. (Romani 13:1-7; Atti 5:29; 1 Pietro 2:3-16; 1 Corinzi 10:27-29; Romani 14:10-15; 1 Corinzi 8:9-15; Tito 3:1; Galati 5:13-18).
  • 6. Il magistrato civile non ha autorità di imporre sanzioni disciplinari ecclesiastiche.