Utente:Xinstalker/sandbox9

Heidegger: gli Schwarze Hefte modifica

Su questa voce nei mesi scorsi, sull'onda di una serie di articoli di quotidiani, in Italia pubblicati soprattutto dal Corriere della sera, si era avviata una piccola querelle su cosa riportare in merito a ciò che sembrava emergere dalla edizione di quelli che venivano indicati come Schwarze Hefte (Quaderni neri). Io e Custoped abbiamo invitato ad aspettare quello che a breve sarebbe stata l'effettiva edizione di questi Schwarze Hefte e gli studi accademici che sarebbero seguiti. Oggi si può fare un primo punto al riguardo. Lascio qui questi appunti per chi avesse l'intenzione di approfondirne gli aspetti in voce.

Innanzitutto occorre capire di cosa materialmente stiamo parlando:

  • La Gesamtausgabe (Edizione completa delle opere) di Martin Heidegger è in corso di pubblicazione da parte della casa editrice tedesca Vittorio Klostermann di Francoforte, casa editrice notoriamente specializzata in filosofia. La Gesamtausgabe di Heidegger è prevista in 102 volumi. L'unica altra edizione della Gesamtausgabe di Heidegger, anch'essa in corso di pubblicazione, è in lingua giapponese con il titolo ハイデッガー全集 (Haideggā zenshū), dalla casa editrice Sōbunsha, Tokyo. Da notare che la Gesamtausgabe è una edizione definitiva, e quindi non storico-critica, in quanto stabilita in accordo con lo stesso autore.
  • Heidegger inizialmente non fu del parere di pubblicare una edizione completa delle sue opere, lo si evince da una lettera che il filosofo tedesco inviò all'editore l'11 aprile del 1972 e, il mese prima, ad Hannah Arendt. Ma l'editore Vittorio Klostermann non si arrese e, grazie alla mediazione di Hermann Heidegger[1], riesce a convincere Heidegger a decidersi favorevolmente alla pubblicazione che verrà definita nella riunione del 16 novembre 1976 alla presenza della moglie Elfride e di Vittorio e Michael Klostermann.
  • Nello stesso periodo Heidegger deposita presso la Deutscher Literaturarchiv di Marbach am Neckar 34 quaderni/taccuini rilegati in tela cerata di colore nero (tipologia di taccuini di uso comune all'epoca che decideranno il nome collettivo di "Quaderni neri" assegnato a loro dallo stesso Heidegger) che contengono una serie di annotazioni le quali ricoprono un periodo che va, all'incirca, dal 1930 al 1970. La volontà del filosofo tedesco espressa in quella circostanza è che questi quaderni venissero pubblicati nella Gesamtausgabe solo al termine della pubblicazione di tutte le altre opere. Prima, questa la volontà espressa da Heidegger, tali quaderni dovevano essere di fatto "secretati". Tuttavia, il prolungarsi della pubblicazione di tutte le opere, e l'importanza dei contenuti dei Quaderni, ha persuaso i responsabili della Gesamtausgabe ad anticipare l'edizione di questi Schwarze Hefte, edizione curata dal filosofo tedesco Peter Trawny (Gelsenkirchen, 1964). In cosa consistono questi 34 Schwarze Hefte?
    • 14 Überlegungen (Riflessioni, dal II al XV; il I è andato perduto) sono pubblicati nei volumi 94-96 della Gesamtausgabe.
    • 2 Anmerkungen (Annotazioni/Note) divisi in A e B. Anmerkungen A (I-V) è stata pubblicata lo scorso marzo nel 97° volume, mentre la B è prevista nel 98° volume.
    • 2 Vier Hefte (Quaderni quadrupli) la cui pubblicazione è prevista nel 99° volume.
    • 2 Vigiliae (Veglie) e 1 Notturno la cui pubblicazione è prevista nel 100° volume.
    • 2 Winke (Cenni) la cui pubblicazione è prevista nel 101° volume.
    • 4 Vorläufiges (Questioni Provvisorie/Temporanee) la cui pubblicazione è prevista nel 102° volume.
    • Esistono ulteriori due quaderni, Megìston e Grundworte (Parole fondamentali) la cui pubblicazione nella Gesamtausgabe è incerta in quanto è incerta la loro collocazione tra gli Schwarze Hefte.
  • È universalmente condivisa l'opinione secondo la quale questi 34 Schwarze Hefte svolgano un ruolo molto importante per una migliore comprensione dell'intera filosofia di Heidegger.
  • Stabilito in cosa consistono questi Schwarze Hefte, occorre precisare cosa NON siano. Gli Schwarze Hefte NON sono "diari", sono dei quaderni/taccuini in cui il filosofo tedesco riportava via via nel corso del tempo delle riflessioni, delle annotazioni, potendo intervenire al contempo su diversi di loro.
  • La pubblicazione dei primi volumi contenenti gli Schwarze Hefte ha generato del clamore mass-mediatico in quanto questi riportano alcune affermazioni evidentemente antisemite. Ad esempio nei 1.694 passaggi numerati nelle Überlegungen (a cui vanno aggiunte le 120 pagine dell'ultimo volume che non contengono la numerazione) Heidegger cita per 14 volte temi inerenti agli ebrei e all'ebraismo, 7 di questi 14 passaggi sono chiaramente antisemiti.
  • La pubblicazione di questi primi Schwarze Hefte riaccende quindi una vecchia polemica sulla figura del filosofo tedesco, già precedentemente accusato da alcuni autori di essere antisemita e filonazista. Il fatto che questa volta non siano dei polemisti non specializzati nel pensiero heideggeriano, quanto gli stessi scritti di Heidegger ad "accusare" il filosofo tedesco, ha spinto diversi specialisti ad affrontare il tema dell'antisemitismo negli Schwarze Hefte e, più in generale, nel pensiero del filosofo tedesco. A tal proposito in lingua italiana sono usciti, molto recentemente, degli importanti lavori:
    • Metafisica e antisemitismo. I «Quaderni neri» di Heidegger tra filosofia e politica, curato da Adriano Fabris. ETS, 2014. Contiene i contributi, oltre che di Fabris, anche di Peter Trawny, Jesús Adrián Escudero, Dean Komel, Alfredo Rocha de la Torre. Fabris è ordinario di "Filosofia morale" all'Univeristà di Pisa.
    • Peter Trawny, Heidegger e il mito della cospirazione ebraica. Bompiani, 2015. Ricordo che Peter Trawny è il curatore dell'edizione degli Schwarze Hefte.
    • Donatella Di Cesare, Heidegger e gli ebrei - I "Quaderni neri" Boringhieri 2014. Donatella Di Cesare è ordinario di Filosofia teoretica alla Sapienza di Roma ed è stata vicepresidente della Martin Heidegger-Gesellschaft dal 2011 al 2015.
    • La pietà del pensiero - Heidegger e i "Quaderni neri", una raccolta di studi curata da Francesca Brencio. Aguaplano, 2015. Contiene i contributi, oltre che della Brencio, di Àngel Xolocotzi Yañez, Sonia Caporossi, Marco Casucci, Luis Alejandro Rossi, Francisco Gómez-Arzapalo y V., Paolo Beretta, Michael Fraft. Francesca Brencio è Postdoctoral Research Fellow alla Albert-Ludwigs-Universität Freiburg, nonché, tra l'altro, fra gli autori del The Oxford Handbook of Phenomenological Psychopathology (Oxford University Press, Oxford 2016).
  • Personalmente sto terminando di leggere gli ultimi due testi qui elencati, i primi due li terminerò nelle prossime settimane, ma preferisco, al momento, non riportarne le conclusioni, tantomeno intervenire nella voce. Lascio ciò, infatti, all'autore della voce. Le mie vogliono essere solo delle semplici indicazioni per un primo punto, chi volesse averne di ulteriori può comunque contattarmi nella mia pagina di discussione del progetto Wikibooks. Ovviamente per affrontare questa particolare "materia" occorre una discreta preparazione filosofica e una conoscenza adeguata del pensiero heideggeriano.
  • A margine vorrei far notare, come alcuni di questi studiosi già notano, che l'"attenzione" riservata dai mass-media ad Heidegger su questi temi non fu, e non è, riservata a un altro filosofo del novecento che in termini di "pensiero filosofico" si pone agli antipodi del pensatore tedesco, mi riferisco al logico tedesco Gottlob Frege (1848-1925) fondatore della "Logica matematica" e della "Filosofia analitica" le cui affermazioni antisemite[2] sono di gran lunga più evidenti e marcate di quelle espresse dallo stesso Heidegger. Se i fascismi europei con le loro criminali "leggi razziali" hanno irrimediabilmente conquistato il poco invidiabile posto sul fondo della pattumiera della storia, alcuni suggerimenti "operativi" del Frege andavano decisamente nel loro senso. L'attenzione riservata a Heidegger è probabilmente, quindi, dovuta al fatto che questo filosofo tedesco sia considerato tra i più importanti filosofi del novecento, se non il più importante. Buona parte del pensiero novecentesco emerge infatti dalle sue radici, a partire dai suoi stessi allievi ebrei come Herbert Marcuse, Hans Jonas, Karl Löwith, Hannah Arendt, continuando con gli "eredi" più "impegnati" come Michel Focault, Jacques Derrida, Philippe Lacoue-Labarthe, Giorgio Agamben, questo solo per citarne alcuni. Forse è proprio l'enorme "peso" complessivo del pensare heideggeriano, anche se indiretto e critico nei confronti del "maestro", ad essere il vero obiettivo dell'"attenzione" mass-mediale...
  • Dai lavori che stanno emergendo non credo che il complessivo pensare heideggeriano verrà emarginato dalla cultura europea come alcuni autori auspicano, anzi... verrà semmai espunto e criticato solo nei suoi contenuti non condivisibili e, anche, comprensibili. Resta l'amarezza e il fastidio... per questo assurdo interpretare il porsi dell'ebraico come "calcolo", "guadagno"; amarezza che vorrei ricordare con un brano proprio di quei tempi, e di quei climi, di Stefan Zweig tratto da Il mondo di ieri ( Die Welt von Gestern, 1942)
« Si ritiene in generale che la tipica e vera meta per l'ebreo sia arricchire. Nulla di più falso. Arricchire è per l'ebreo soltanto un grado intermedio, un mezzo per giungere al vero scopo, non la meta interiore. La volontà dell'ebreo, il suo ideale immanente è salire nella scala intellettuale, giungere ad una sfera culturale superiore. Già nell'ebraismo ortodosso orientale, in cui si rivelano con maggiore intensità le debolezze e i meriti di tutta la razza, questa supremazia dell'aspirazione intellettuale sulla materia trova plastica espressione: l'erudito della Bibbia, il religioso, vale nella comunità mille volte più del ricco; anche il più agiato preferisce dare sua figlia ad un uomo di studi poverissimo che ad un commerciante. Questo prevalere dell'intellettualità segue negli ebrei tutte le classi; anche il più miserando venditore ambulante, che trascina il suo fardello alla pioggia ed al vento, aspirerà a far studiare coi più gravi sacrifici almeno un figliolo. Così è considerato titolo d'onore per l'intera famiglia avere nel suo seno qualcuno che visibilmente si dedica a cose intellettuali, un professore, un dotto, un musicista, quasi egli valga col suo lavoro a nobilitarli tutti. Inconsciamente v'è qualcosa nell'ebreo che tende a sfuggire a quel tanto di moralmente ambiguo, di ripugnante e di meschino che è proprio di ogni traffico, di ogni mero commercio, per elevarsi alla pura sfera dell'intelletto, estranea al denaro, quasi volesse - per dirlo wagnerianamente - redimere se e tutta la sua razza dalla maledizione dell'oro. Per questo quasi sempre il bisogno di ricchezza, si esaurisce tra gli ebrei in due o al più in tre generazioni, nell'ambito di una famiglia, e proprio le dinastie più potenti trovano i loro figli restii ad assumere le banche, le fabbriche, le aziende comode e solide dei padri. Non è per caso che un lord Rothschild è ornitologo, un Narburg storico dell'arte, un Cassirer filosofo, un Sassoon poeta: tutti obbedirono all'uguale impulso inconscio di liberarsi da quelle che aveva reso angusto l'ebraismo, dal mero e freddo accumular denaro, e forse in ciò si manifesta anche la segreta aspirazione di riuscire con la fuga nel mondo dell'intelletto a perdersi fuori dall'elemento prettamente giudaico in quello universalmente umano. Una famiglia definendosi "buona" non designa quindi soltanto il suo grado sociale; vuol indicare un ambiente ebraico che si è liberato o comincia a liberarsi da tutte le angustie e le meschinità impostegli dal ghetto, assimilando una cultura diversa e, dove può, universale. Che d'altra parte questa fuga nel mondo dello spirito, sovraccaricando sproporzionatamente le professioni intellettuali, sia divenuta fatale agli ebrei non meno della sua precedente limitazione agli interessi materiali, costituisce uno degli eterni paradossi del destino ebraico. »
  1. Storico tedesco (Friburgo, 1920), figlio non biologico del filosofo e da lui nominato come responsabile della pubblicazione delle opere.
  2. Su questo ad es. Gottfried Gabriel e Wolfgang Kienzler, Gottlob Freges politisches Tagebuch. Mit Einleitung und Kommentar herausgegeben, Deutsche Zeitschrift für Philosophie. 1994, Volume 42, Issue 6, Pages 1057–1066.