Utente:Xinstalker/sandbox37

Caitanya (con il vestito rosa, con il vestito blu è raffigurato Nityānanda) mentre celebra con altri devoti di Kṛṣṇa, lungo le strade di Navadvīpa, la pratica del saṃkīrtana. Dipinto del XIX secolo. Si deve al mistico bengalese del XVII secolo la diffusione della pratica del saṃkīrtana pubblico[1], celebrato per mezzo di canti e danze estatiche accompagnati da tamburi (mṛdaṅgaṁ) e i timpani (karatāḷaṁ) in onore della coppia divina di Rādhā e di Kṛṣṇa.
La forma di Jagannātha ( Kṛṣṇa/Viṣṇu), presso il suo tempio principale a Purī (Oṛiśā). Narrano le agiografie che quando Caitanya la scorse cadde in profonda estasi perdendo i sensi.
Caitanya in un dipinto degli inizi del XX secolo. Il segno posto sulla fronte e sulla spalla corrisponde al tilaka ed è un marchio che lo identifica come appartenente al sampradāya viṣṇuita: esso è composto da argilla bianca detta gopīcandana proveniente dalla città di Dvārakā (Dwarka), e rappresenta i due piedi di Kṛṣṇa (le linee parallele).
Yogapith, il tempio dedicato a Caitanya ed eretto sul luogo della sua nascita a Mayapur (India) nel 1880 da Kedarnath Datta, meglio conosciuto con il nome religioso di Bhaktivinoda Ṭhākura (1838-1914).
Altare dedicato a Caitanya e al suo compagno di predicazione Nityānanda, in un tempio ISKCON a Delhi.

Caitanya, anche Caitanya Mahāprabhu (lett. "il grande maestro/signore Caitanya"; devanāgarī:चैतन्‍य महाप्रभु; bengalī: চৈতন্য মহাপ্রভূ) nome religioso di Viśvambhara Miśra, (Navadvip, 27 febbraio[2] 1486 – Puri, 9 luglio ? 1533), è stato un mistico indiano Viṣṇuismo gauḍīya|viṣṇuita, di particolare carisma[2], venerato in quel contesto come manifestazione delle divinità di Kṛṣṇa e di Rādhā[3]; nonché il fondatore di quella forma di viṣṇuismo che va sotto il nome di viṣṇuismo gauḍīya o bengalese.

Viśvambhara (lett. "Reggitore del mondo", intende Viṣṇu), è il secondo figlio[4] di una famiglia di brahmano|brahmani viṣṇuiti (suo padre, Jagannātha Miśra, era un paṇḍit; sua madre, Śacī, era la figlia di Nīlambar Cakravartī, un famoso erudito), che viveva a Navadvīpa (Nadīyā ,oggi Navadvip, Bengala), importante centro di studi sanscriti, all'epoca sotto il dominio musulmano.

Nato durante una eclissi lunare nel mese di Phālgun (27 febbraio 1486), da bambino gli viene assegnato il soprannome di Nimāi, dal nome di una pianta medicinale, nima, per proteggerlo dai possibili assalti dei demoni; e anche i soprannomi di Gaura (il "dorato") e Gauracandra ("Luna dorata"), che più tardi verranno associati alla figura di Rādhā da lui stesso rappresentata. Il giovane Nimāi frequenta la locale scuola di sanscrito (ṭola) sotto un paṇḍita di nome Gaṅgādāsa.

Raggiunta l'età adulta, Viśvambhara diviene anche lui un insegnante di sanscrito (paṇḍita), sposando dapprima Lakṣmī, figlia di un brahmano di nome Vallabhācārya, e, dopo la sua morte causata dal morso di un serpente, Viṣṇupriyā, anch'essa di casta brāhmaṇa.

Nel 1508, all'età di ventidue anni Viśvambhara si reca a Gayā per i rituali śrāddha (inerenti ai defunti) che intende celebrare a favore del padre e della prima moglie. In quella circostanza Caitanya incontra l'asceta e maestro (gurū) viṣṇuita Īśvara Purī, allievo di Mādhavendra Purī (quindi del lignaggio, sampradāya, fondato da Madhva nel XIII secolo) e, secondo le agiografie, si ritira dentro una grotta da cui esce dopo tre giorni trasfigurato da una profonda esperienza mistico-estatica consistente nella devozione (bhakti) nei confronti di Kṛṣṇa, qui inteso come la Persona suprema, Dio.

Ottenuta successivamente l'iniziazione (dīkṣā) da Īśvara Purī, Viśvambhara promuove delle riunioni pubbliche di saṃkīrtana (danze e canti religiosi in onore di Kṛṣṇa) finendo col provocare le autorità musulmane, ma acquisendo presto il ruolo di leader carismatico dell'importante comunità viṣṇuita di Navadvīpa.

La comunità religiosa promossa da Viśvambhara è solita riunirsi nel cortile della casa di un brahmano di nome Śrīvāsa oppure presso l'abitazione dell'anziano Advaita-ācārya, anche lui un brahmano, ma di stretta e ortodossa osservanza, iniziato nel lignaggio di Mādhavendra Purī. I rumorosi cortei mistico-estatici danzanti (detti nagara saṃkīrtana) di questi devoti viṣṇuiti creano presto delle turbolenze nella città di Navadvīpa e non manca chi li denuncia per "ubriachezza" al locale qāzī (governatore) musulmano, giungendo persino a imbrattare la porta di Śrīvāsa con il sangue di animali sacrificati[5].

Queste ostilità non fermano l'entusiasmo religioso di questi devoti, entusiasmo che progressivamente coinvolge anche numerosi cittadini di Navadvīpa.

Caitanya viene descritto alto oltre il metro e ottanta, una notevole altezza per un nativo del Bengala, e la sua abitudine di danzare ondeggiando con le braccia levate al ritmo degli strumenti insieme alla numerosa folla estatica deve aver infatti impressionato numerosi suoi concittadini[6], tra cui il giovane Gadādhara-paṇḍita, particolarmente attratto dalla figura di Viśvambhara.

Molti di costoro iniziarono a vedere nell'estatico Viśvambhara un avatāra di Kṛṣṇa e in Gadādhara-paṇḍita la sua śakti[7].

Anche un altro famoso e carismatico asceta, questo dalle caratteristiche iconoclaste del genere avadhūta, di nome Nityānanda[8], riconosce pubblicamente in Viśvambhara la persona di Dio, Kṛṣṇa. Allo stesso modo Viśvambhara riconosce in Nityānanda il suo fratello maggiore e in tale veste lo fa adottare dalla madre Śacī.

La comunità dei devoti inizia quindi a vedere in Nityānanda il fratello maggiore di Kṛṣṇa, Balarāma.

Queste cinque personalità: Caitanya (Viśvambhara), Nityānanda, Advaita-ācārya, Gadādhara-paṇḍita e Śrīvāsa, finiranno per costituire quel Pañca-tattva (viṣṇuismo)|Pañca-tattva oggetto di culto ancora oggi per i Viṣṇuismo gauḍīya|viṣṇuiti gauḍīya.

L'attività religiosa del mistico bengalese ormai occupa la sua intera vita quotidiana così, nel febbraio 1510, di fronte all'ācārya e saṃnyāsa Keśava Bhāratī, anche lui collegato a Mādhavendra Purī, Viśvambhara rinuncia al mondo (acquisendo lo status di saṃnyāsa), e quindi alla propria famiglia, prendendo il nome religioso di Kṛṣṇa Caitanya (lett. "la cui coscienza è Kṛṣṇa")[9] che gli viene assegnato dallo stesso maestro che appartiene all'ordine dei Bhāratī, a loro volta nell'ordine dei daśanāmi istituito secoli prima dal brahmano Śaṅkara, proprio per sottolineare che il nuovo saṃnyāsa Caitanya avrebbe reso il mondo "cosciente" (san. caitanya) in Kṛṣṇa [10].

Consapevole del significato di questa scelta ascetica e itinerante, questo per quanto concerne i futuri rapporti con la madre e la sposa, Viśvambhara ora chiamato con il nome religioso di Caitanya, decide di seguire il consiglio della madre Śacī e di recarsi presso la più vicina Purī (Oṛiśā), piuttosto che nella lontana località, sacra, di Vṛndāvana. Purī, inoltre, è la città in cui è ospitato il celebre tempio di Jagannātha ("Signore dell'universo", ovvero Kṛṣṇa/Viṣṇu).

Durante il viaggio verso Purī, Caitanya incontra un altro famoso studioso e asceta, Sārvabhauma Baṭṭācārya, a cui espone le teologie dualiste della bhakti, superiori, a detta di Caitanya, a qualsiasi lettura monistica tipica dell'advaitavedānta. Sārvabhauma Baṭṭācārya, profondamente colpito anche dalle estasi mistiche del giovane bengalese, introduce Caitanya presso la corte di Rāmānanda Rāya, un alto funzionario dell'imperatore Pratāparudra Deva[11] della dinastia hindū Gajapati, funzionario che gli diviene subito devoto.

Giunto a Purī, poco tempo dopo il mistico bengalese decide di intraprendere con alcuni dei suoi devoti un lungo pellegrinaggio verso Sud, fino a Kanyakumari (Cape Comorin), passando per numerose località dell'India centrale e occidentale, diffondendo, in questo, modo il culto di Kṛṣṇa e la pratica pubblica del saṃkīrtana, questo senza fare alcuna distinzione di casta (varṇa), o di nazionalità, nella sua predica[12]. Questo lungo pellegrinaggio consente a Caitanya di convertire alla sua pratica religiosa e alle sue dottrine anche devoti di altre religioni come i buddhisti, i musulmani e gli śivaiti.

Nel 1516, rientra a Purī, presso il tempio di Jagannathā dove Caitanya viene considerato avatāra di Kṛṣṇa [13].

Alcuni anni dopo il suo rientro a Purī, Caitanya decide di intraprendere un nuovo pellegrinaggio, questa volta verso Vṛndāvana attraversando il Bengala seguito dalla numerosa folla dei suoi devoti, ma due suoi nuovi discepoli, i fratelli Rūpa (1493-1564) e Sanātana (1488–1558) (i quali faranno successivamente parte del gruppo detto dei sei Gosvāmin), lo convincono a ritornare sui suoi passi e quindi a rientrare a Purī, in quanto questo tipo pellegrinaggio sarebbe risultato troppo "pubblico" e quindi inadatto per un saṃnyāsa.

Trascorsa una stagione, Caitanya intraprende nuovamente il pellegrinaggio, ma in tono minore, verso la regione del Vraja[14]. Durante questo viaggio si narra dell'attraversamento della foresta di Jhārikhaṇḍa, dove Caitanya inizia a cantare le lodi di Dio accompagnato dagli uccelli, mentre una tigre lo segue nella danza.

Sempre durante questo pellegrinaggio il mistico bengalese evita i contatti con le celebri comunità ascetiche e brahmaniche di Vārāṇasī, fatto salvo il brahmano Tapana Miśra, il cui figlio Raghunātha Bhaṭṭa (1505-1579) diverrà suo devoto e, successivamente, uno dei sei Gosvāmin.

Giunto a Vṛndāvana, Caitanya ripercorre i luoghi da lui vissuti in qualità di Kṛṣṇa, cadendo frequentemente in estasi a tal punto che i suoi compagni di pellegrinaggio lo convincono ad allontanarsi da quei luoghi, temendo per la sua salute.

Nel viaggio di ritorno il mistico bengalese incontra nuovamente Rūpa nella località di Prayāga, nel Triveṇi, e Sanātana a Vārāṇasī. I due fratelli hanno nel frattempo abbandonato la loro professione di funzionari al servizio del sultano del Bengala, Alauddin Husain Shah, per dedicarsi esclusivamente alla vita religiosa sotto la guida di Caitanya che successivamente li invia nel Vraja a costituire quella comunità religiosa che avvierà i locali culti kṛṣṇaiti.

Rientrato a Purī, Caitanya guiderà, anche in qualità di saṃnyāsa, la numerosa e composita comunità religiosa che gli era profondamente devota e che vedeva in lui l'avatāra di Kṛṣṇa nel kaliyuga. Tra questi spicca il nome dell'erudito Svarūpa Dāmodara che più di ogni altro gli stette vicino in qualità di "amanuense".

Svarūpa Dāmodara ebbe come discepolo Raghunātha Dāsa, questi il maestro di Kṛṣṇadās Kavirāja, l'autore del celebre Caitanya-caritāmṛta. Fu Raghunātha Dāsa che informò Kṛṣṇadās Kavirāja sull'incarnazione "androgina" in Caitanya della divina coppia di Rādhā-Kṛṣṇa[15], incarnazione poi celebrata dalla tradizione gauḍīya.

Kṛṣṇadās Kavirāja riferisce anche che, con il prosieguo degli anni, le estasi mistiche di Caitanya divennero sempre più frequenti al punto che lo si dovette assistere giorno e notte.

Non esistono testimonianze precise riguardo alla sua morte che avvenne a Purī, nel 1533, nel mese di Āṣārḥ, forse il 9 luglio[16].

Dottrine

modifica
  Per approfondire, vedi Viṣṇuismo gauḍīya.

Caitanya non è stato un teologo in senso stretto, quanto piuttosto un mistico e un estatico che pure seppe provocare in personalità differenti lo stesso suo ardore mistico.

Molti eruditi, che poi furono a fondamento di complesse dottrine teologiche (ad esempio i fratelli Rūpa Gosvāmī[17] e Sanātana Gosvāmī[18] e il loro nipote Jīva Gosvāmī[19]) furono suoi diretti discepoli e devoti.

Sono testimoniate delle estasi profonde di Caitanya nei confronti di Kṛṣṇa e anche degli struggimenti per la lontanza (viraha "separazione). Caitanya a volte vestiva da donna identificandosi con Rādhā, la sposa divina di Kṛṣṇa [20] intesa come anima individuale che mira a servire il Bhagavān, rispettando così la sua autentica natura spirituale.

Gli insegnamenti di Caitanya sono fondati sul Bhāgavata Purāṇa (in particolare nella versione con il commento, dal titolo Bhāvārthabodhinī, di Śrīdhara Svāmī; 1378-1414 [21]). La natura di Dio, Kṛṣṇa, la Persona suprema, è indicata come Bhagavat/ Bhagavān ed è pienamente personale.

Gli esseri viventi sono sue emanazioni particolari, quindi diverse ma allo stesso tempo partecipanti (non diverse) dalla loro natura e origine divina (dottrina della acintya-bhedābheda).

L'anima (ātman individuale: lo jīvātman) degli esseri viventi è trascinata dal karman, quindi nel saṃsāra, ovvero nelle rinascite nel mondo materiale finché, per "grazia divina" (kṛpa), non si rende pienamente consapevole della sua autentica natura di servitrice e devota di Dio, Kṛṣṇa.

Nell'era attuale, detta del kaliyuga l'unico modo per conseguire la liberazione dal dominio del saṃsāra, luogo di sofferenza e di ignoranza (avidyā), è quello di imitare i comportamenti di coloro che furono parenti, compagni, amici, amanti di Dio, Kṛṣṇa e quindi amarlo ed essergli devoti (bhakta).

Degli scritti di Caitanya conserviamo solo "Otto stanze" (Śikṣāṣṭakam), la prima recita:

(IT)
« Gloria allo Śrī Kṛṣṇa Sańkīrtanam (vijayate śrī-kṛṣṇa-sańkīrtanam), che rimuove dallo specchio del cuore tutta la polvere accumulata, estinguendo il fuoco ardente della esistenza nel mondo materiale; questo canto è come il chiaro di luna che diffonde il bianco loto della buona sorte per tutti gli esseri viventi; è il fondamento della formazione religiosa; espande l'oceano di beatitudine, consentendone a chiunque di esperirne il nettare a ogni passo. »

(SA)
« ceto-darpaṇa-mārjanam bhava-mahā-dāvāgni-nirvāpaṇaḿ
śreyaḥ-kairava-candrikā-vitaraṇaḿ vidyā-vadhū-jīvanam
ānandāmbudhi-vardhanaḿ prati-padaḿ pūrṇāmṛtāsvādanaḿ
sarvātma-snapanaḿ paraḿ vijayate śrī-kṛṣṇa-sańkīrtanam »
(Caitanya, Śikṣāṣṭakam, I; riportato nel Caitanya-caritāmṛta, Antya-līlā, 20, 12)

  1. Cfr. al riguardo Jan Gonda, L'induismo vol.2 Induismo recente, p. 205. Milano, Jaca Book, 1980.
  2. «He was but forty-eight years old, and all of Bengal, Orissa, and Vraja grieved; the year was 1533, and the life that ended was anything but ordinary.», Tony K. Stewart, p.56.
  3. Questa la ragione per cui viene raffigurato con la carnagione chiara e non scura come Kṛṣṇa , cfr. Monier Monier-Williams, Brahmanism and Hinduism, p. 142.
  4. Il primo figlio, Viśvarūpa, abbandonerà più tardi la famiglia per farsi saṃnyāsa, in disaccordo per un matrimonio combinato dai genitori. Viśvarūpa nacque dopo otto gravidanze non concluse dalla madre. Cfr. Tony K. Stewart, p.49; 0. B. L. Kapoor, p. 16.
  5. Tony K. Stewart, p.52.
  6. Tony K. Stewart, p.52.
  7. Tony K. Stewart, p.52.
  8. Cfr. Tony K. Stewart, p.52.
  9. « He received ascetic initiation from Keśava Bhāratī in February 1510, when he took the name Kṛṣṇa Caitanya. »
    (Joseph T. O'Connel, vol.3 p.1345)
  10. Cfr. a tal proposito il Caitanya-bhāgavata, II, 26, 216-217.
  11. Secondo il Caitanya-caritāmṛta, Madhya, XI, Pratāparudra divenne in seguito devoto di Caitanya.
  12. Qui coerentemente con l'insegnamento ortodosso del Mahābhārata (cfr. cap. III Vanaparvan 216, 13cd-15ab) dove, e nella narrazione è un brahmano a sostenerlo, viene stabilito che si è brahmano in base al comportamento: così se un brahmano si comporta in modo riprovevole va considerato alla stregua di uno śūdra, viceversa se uno śūdra si comporta in modo nobile è senza dubbio come un brahmano.
  13. Cfr. al riguardo Jan Gonda, L'induismo vol.2 Induismo recente, p. 206. Milano, Jaca Book, 1980.
  14. Corrisponde a quell'area tra Vṛndāvana e Mathura, altrimenti conosciuta con la pronuncia in bengali "Braj".
  15. « For Kṛṣṇadāsa's guru Raghunātha Dāsa had been assigned to the direct care of Svarupa by Caitanya himself and had remained at his side most of that time, and it was from Raghunātha that Kṛṣṇadāsa learned the secret of the androgynous incarnation. »
    (Tony K. Stewart, p. 55)
  16. « There is no confirmed report of the circumstances of his death/disappearance at Puri in the month of Āṣārḥ (possibly July 9) in 1533. »
    (Joseph T. O'Connel, vol.3 p.1345)
  17. Di lui ricordiamo lo Bhaktirasāmrtasindhu.
  18. Di lui ricordiamo lo Haribhaktivilasa.
  19. Di lui ricordiamo lo Śrīkṛṣṇasandarbha
  20. Cfr. Melville T. Kennedy The Caitanya Movement, p. 17 e sgg.
  21. Kiyokazu Okita, Hindu Theology in Early Modern South Asia, p. 65-66.

Bibliografia ragionata

modifica
  • Sulla vita e sull'insegnamento di Caitanya vi sono due principali raccolte tradizionali:
    • Caitanya-bhāgavata di Vṛndāvanadāsa (circa 1545; in origine in lingua bengalī). 6 voll., Calcutta, 1966.
    • Caitanya Caritāmṛta di Kṛṣṇadās Kavirāja (circa 1615; in origine in lingua bengalī). 6 voll. Calcutta, 1962-1963. Traduzione in lingua inglese: Caitanya Caritāmṛta of Kṛṣṇadās Kavirāja A Translation and Commentary di Edward C. Dimock Jr., con "introduzione " di Dimock e Tony K. Stewart (Cambridge, Mass., 1999). Altra traduzione commentata è quella di A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada, pubblicata dalla Bhaktivedanta Book Trust.
  • La bibliografia utilizzata per questa voce:
    • Tony K. Stewart, The Final Word. The Caitanya Caritāmṛta and the Grammar of Religious Tradition. Oxford, Oxford University, Press, 2010.
    • Jan Gonda, L'induismo vol.2 Induismo recente. Milano, Jaca Book, 1980.
    • Joseph T. O'Connel, Caitanya in "Encyclopedia of Religion", vol.3. NY, Macmillan, 2005.
    • 0. B. L. Kapoor, The Philosophy and Religion of Śrī Caitanya. New Delhi,Munshiram Manoharlal Publishers Pvt LM, 1976.
  • Ulteriore bibliografia:
    • Melville T. Kennedy, The Chaitanya movement, Monshiram Manoharlal, Delhi, 1993
    • Madeleine Biardeau, L'induismo, Mondadori, Milano 1995
    • John Corrigan, The Oxford Handbook of Religion and Emotion, Oxford University Press US, 2008, ISBN 978-0-19-517021-4
    • Diane Morgan, The Best Guide to Eastern Philosophy and Religion, St. Martin's Press, 2001, ISBN 978-1-58063-197-6
    • Rāmapada Caṭṭopādhyāẏa, Kanti Chattopadhyay,A Vaiṣṇava Interpretation of the Brahmasūtras: Vedānta and Theism, BRILL, 1992, ISBN 978-90-04-09570-0
    • Prem Lata, On the life and philosophy of Chaitanya, 1486-1534, Vaishnavite leader of Bengal, Ess Ess Publications, 1989
    • Steven Rosen, Essential Hinduism, Greenwood Publishing Group, 2006, ISBN 978-0-275-99006-0