Israele – La scelta di un popolo/Capitolo 6: differenze tra le versioni

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Ora, sembra che Maimonide operi qui con una nozione di azione molto aristotelica.<ref>Cfr. ''Fisica'' 194b16 segg.; ''Metafisica'' 1044b1 segg.; ''Etica Nicomachea'' 112a20 segg.</ref> Vale a dire, si devono vedere quattro principi all'opera in ogni azione umana intelligente. Questi quattro principi sono diventati noti come: (1) la causa materiale; (2) la causa efficiente; (3) la causa formale; e (4) la causa finale. Nel caso di un comandamento della Torah – specialmente se centrale come lo studio della Torah – l'azione da compiere può essere scomposta come segue: (1) la causa materiale è il contenuto del comandamento come ricevuto dalla tradizione; (2) la causa efficiente è la persona che sceglie di compiere questo specifico atto; (3) la causa formale è la relazione anticipata con Dio come originariamente data nella rivelazione profetica; (4) la causa finale (''telos'') è la relazione attualizzata con Dio.<ref>Cfr per es., ''[[Mishneh Torah]]'': Shemittah Ve-Yovel, 13.13; Me’ilah, 8.8.</ref> Tenendo presente questo schema, possiamo ora vedere che la scelta di eseguire il comandamento – di compiere l'atto – è la scelta da parte dell'attore stesso di un ''mezzo'' per un ''fine'' anticipato. Il comandamento viene sia da Dio (''min ha-shamayim'') sia per amore di Dio (''le-shem shamayim'').<ref>Cfr. ''Guida'', 2.35, 39; inoltre, ''Commentario alla Mishnah'': Sanhedrin, cap. 10, intro., principio 8, trad. {{en}} Y. Kafih (Gerusalemme, 1976), 143.</ref> Ma l'atto stesso può essere compiuto solo per libera scelta della persona umana a cui e per il quale è affrontato. In altre parole, la scelta effettiva può essere solo umana e non divina. La causa efficiente, in contrasto con le altre tre cause, è sempre l'uomo e mai Dio. Ecco perché Maimonide insiste sul fatto che nulla nella Torah può essere visto in contraddizione con il primato della scelta per gli umani. Tutto ciò che ''sembra'' farlo deve essere spiegato in senso figurato, non letterale.<ref>Cfr. ''[[Mishneh Torah]]'': Teshuvah, 6.1 segg.</ref>
 
Questa visione dell'azione umana è coerente con la visione generale della rivelazione da parte di Maimonide. Dunque, inizialmente, qualsiasi discussione sulla rivelazione deve sottolineare che si tratta essenzialmente di un evento. Succede in un momento preciso in un luogo preciso. La domanda è: per chi la rivelazione è un evento? Per molti teologi ebrei, la rivelazione è un evento sia nella vita di Dio che nella vita di Israele. È solo con questo concetto di rivelazione che si può costituire la rivelazione come fondamento di una ''relazione di alleanza'' tra Dio e il Suo popolo. Di conseguenza, c'è una storia nella loro relazione reciproca, e quella storia è qualcosa che entrambe le parti condividono insieme. Dio appare al popolo per eleggerlo, e da questo evento emerge la struttura e il contenuto dell'alleanza — la Torah. Ma per Maimonide questo non può essere il caso perché Dio non ha una vita nel senso di un continuum temporale. Pertanto, non ci sono eventi nella "vita" di Dio. La Torah, quindi, è essenzialmente un'espressione della verità eterna di Dio. È qualcosa che coloro che sono benedetti con l'esperienza profetica scoprono in un determinato momento in un determinato luogo. L'evento della rivelazione, in quanto distinto dal suo contenuto effettivo, è un'esperienza umana, non divina.<ref>Il ''telos'' finale dei comandamenti della Torah è raggiungere il Mondo a venire, e Maimonide sottolinea che questo non è "il mondo che verrà nel tempo (''she’ayno matsui attah'')" ma, piuttosto, "ciò che è eterno (''matsui ve’omed'')", vale a dire, relativo a Dio in perpetua beatitudine (''Mishneh Torah'': Teshuvah, 8.8).</ref>
 
Per questo motivo Maimonide, a differenza di Ha-Levi, non può limitare la profezia a Israele. La profezia è una possibilità della stessa natura umana.<ref>Cfr. ''[[Mishneh Torah]]'': Yesodei Ha-Torah, 7.1; ''[[Guida dei perplessi]]'', 2.36; inoltre, Kellner, ''Maimonides on Judaism and the Jewish People'', 26 segg.</ref> È qualcosa che dovrebbe idealmente seguire dopo il pieno esercizio del raziocinio da parte degli umani, sebbene anche Maimonide debba ammettere che c'è un fattore di grazia implicato in questa visione finale della verità.<ref>''[[Mishneh Torah]]'': Yesodei Ha-Torah, 7.5; ''[[Guida dei perplessi]]'', 2.32.</ref> Tuttavia, ciò che è necessario (sebbene mai del tutto sufficiente) perché si verifichi questo stato elevato è il risultato di una serie di scelte razionali da parte di alcuni individui molto dotati. La profezia, per Maimonide, è chiaramente l'oggetto finale del desiderio razionale umano.<ref>''[[Guida dei perplessi]]'', 2.32.</ref> Tuttavia, sebbene la rivelazione profetica sia qualcosa che è, almeno in linea di principio, una propensione umana, egli è pur sempre un teologo ''ebreo'' impegnato nella superiorità dell'ebraismo sia alla filosofia in sé che alle altre due religioni della rivelazione: cristianesimo e islam.<ref>Cfr. per es., ''ibid.'', 2.35.</ref> Ma se tale superiorità è relativa piuttosto che assoluta (come lo è per Ha-Levi), allora, secondo Maimonide, con quale criterio la rivelazione ebraica deve essere preferita – cioè scelta – da persone razionali?
 
La risposta a questa domanda fondamentale emerge in questo testo centrale del suo capolavoro teologico, la ''[[Guida dei perplessi]]''. Il testo riguarda la differenza essenziale tra una legge che può essere definita "divina" e una che può essere definita solo "umana".
{{citazione|Se invece trovi (''ke-she-timtsa'') una Legge tutte le cui ordinanze sono dovute all'attenzione prestata, come è stato detto sopra, alla solidità delle circostanze relative al corpo e anche alla solidità della fede — una Legge che si sforza di inculcare opinioni corrette riguardo a Dio ... e che desidera (''ve-hishtadel'') rendere saggio l'uomo, dargli comprensione e risvegliare la sua attenzione, affinché conosca tutto ciò che esiste nella sua vera forma (''al tekhunat ha’emet'') — devi sapere che questa guida (''ha-hanhagah'') viene da Lui (''me’itto'') ... e che questa Legge è divina (''elohit'').|''[[Guida dei perplessi]]'', 2.40, pp. 38-384<ref>Testo {{Lingue|he}} di [[w:Samuel ben Judah ibn Tibbon|Samuel ibn Tibbon]].</ref>}}
 
=== Il primato della scelta umana ===