Israele – La scelta di un popolo/Capitolo 6: differenze tra le versioni

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Nonostante il fatto che Maimonide e Ha-Levi siano generalmente visti come opposti su quasi tutte le questioni dell'ebraismo, entrambi accettarono la nozione platonica e aristotelica dell'eternità di Dio. Per questo entrambi possono attribuire la volontà a Dio, ma nessuno dei due è disposto ad attribuire a Dio la scelta perché, come abbiamo visto, la scelta presuppone non solo che Dio sia la causa del reame temporale, ma che Dio vi entri effettivamente, sia per realizzarlo che per esserne realizzato ''dall'interno''.<ref>Cfr. ''[[Guida dei perplessi]]'', 2.25; cfr. ''ibid.'', 3.26. L'uso da parte di Maimonide del termine "scelta" (''behirah''), a differenza del suo uso del termine "volontà" (''ratson''), deve essere considerato metaforico. Cfr. ''ibid.'', 2.48. Cfr. ''ibid.'', 3.17, dove la distinzione tra ''ratson'' e ''behirah'' viene mantenuto più attentamente.</ref> Dopo questo accordo generico, il disaccordo specifico tra loro è che Ha-Levi vede il popolo di Israele come un'entità unica, dotata di tutte le eccellenze della natura umana più eccellenze che non possono provenire dalla natura umana. E poiché la Torah è ciò che viene loro data per il loro stesso bene, anch'essa condivide questo ''status'' unico nell'ordine cosmico creato da Dio. C'è una differenza di tipo tra Israele/Torah e il resto della creazione. Per Maimonide, la differenza tra la Torah e il popolo ebraico da un lato e il resto della creazione – in particolare l'umanità creata – dall'altro, è di grado, non di tipo.<ref>Quindi la Torah è la migliore, ma non necessariamente l'unica, "legge divina". Cfr. ''[[Guida dei perplessi]]'', 2.35 segg.</ref> Concentrandosi su questo disaccordo ontologico tra Maimonide e Ha-Levi per quanto riguarda la questione dell'elezione, possiamo vedere come il ruolo che ciascuno assegna alla scelta stessa determini in gran parte perché Israele ha uno ''status'' speciale per l'uno che non ha per l'altro.
 
Sia per Ha-Levi che per Maimonide, la scelta è qualcosa che caratterizza la condizione umana più di ogni altra cosa. Gli esseri umani, essendo persone intelligenti soggette alle esigenze del tempo, sono quindi tenuti a fare delle scelte.<ref>Cfr. ''[[Mishneh Torah]]'': Teshuvah, 5.1 segg.</ref> Non c'è modo che possano sfuggire a tale fardello, almeno in questo mondo. Ma per Ha-Levi, come abbiamo visto, la condizione del popolo ebraico non è una questione di scelta proprio perché è qualcosa creato per loro da Dio. Gli ebrei, sia collettivamente che individualmente, non hanno più scelta di essere ebrei di quanto qualsiasi altra specie abbia una scelta di essere ciò per cui è stata creata. Avendo la libertà umana, tuttavia, l'unica scelta che gli ebrei hanno è pretendere di essere qualcosa che non sono, cioè agire (ma non essere) contrario al loro ''status creato''. Ecco perché, come abbiamo anche visto, i convertiti non diventano pienamente parte di Israele nella loro stessa generazione solo perché la loro ebra''icità'' (diversa dalla loro adozione dell'ebra''ismo'') è ancora troppo una questione di ''loro'' volontà.
 
Tuttavia, la scelta umana gioca un ruolo più importante nella teologia di Maimonide perché l'inizio primario del rapporto tra Dio e l'uomo in questo mondo è più umano che divino. Questo emerge in un illuminante ''[[w:storia dei responsa nell'ebraismo|responsum]]'' di Maimonide.
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Il Talmud discute la precisa formulazione della benedizione da recitare al mattino prima di iniziare lo studio della Torah, che a sua volta è considerata un'esigenza quotidiana. Vengono proposte tre formulazioni, la seconda delle quali loda Dio come Colui che "insegna (''ha-melamed'') la Torah al suo popolo Israele".<ref>TB Berakhot 11b.</ref> La conclusione del redattore finale del testo è che tutte e tre le formulazioni devono essere recitate. Ma Maimonide sostiene su basi puramente teologiche che questa seconda benedizione non va recitata "perché Dio non ce l'ha insegnata [la Torah], ma ci ha comandato di studiarla e insegnarla. Ciò deriva da una radice fondamentale della nostra religione (''banui al iqqar dattenu''), vale a dire, l'adempimento dei comandamenti è nelle nostre mani, che non è qualcosa imposto (''be-hekhreh'') su di noi da Dio né di farlo né di non farlo".<ref>''Teshuvot Ha-Rambam'', cur. Blau, 2:331-333 (no. 182). Cfr. la nota di Blau a p. 333. Cfr. ''[[Mishneh Torah]]'': Tefillah, 7.10.</ref>
 
Ora, sembra che Maimonide operi qui con una nozione di azione molto aristotelica.<ref>Cfr. ''Fisica'' 194b16 segg.; ''Metafisica'' 1044b1 segg.; ''Etica Nicomachea'' 112a20 segg.</ref> Vale a dire, si devono vedere quattro principi all'opera in ogni azione umana intelligente. Questi quattro principi sono diventati noti come: (1) la causa materiale; (2) la causa efficiente; (3) la causa formale; e (4) la causa finale. Nel caso di un comandamento della Torah – specialmente se centrale come lo studio della Torah – l'azione da compiere può essere scomposta come segue: (1) la causa materiale è il contenuto del comandamento come ricevuto dalla tradizione; (2) la causa efficiente è la persona che sceglie di compiere questo specifico atto; (3) la causa formale è la relazione anticipata con Dio come originariamente data nella rivelazione profetica; (4) la causa finale (''telos'') è la relazione attualizzata con Dio.<ref>Cfr per es., ''[[Mishneh Torah]]'': Shemittah Ve-Yovel, 13.13; Me’ilah, 8.8.</ref> Tenendo presente questo schema, possiamo ora vedere che la scelta di eseguire il comandamento – di compiere l'atto – è la scelta da parte dell'attore stesso di un ''mezzo'' per un ''fine'' anticipato. Il comandamento viene sia da Dio (''min ha-shamayim'') sia per amore di Dio (''le-shem shamayim'').<ref>Cfr. ''Guida'', 2.35, 39; inoltre, ''Commentario alla Mishnah'': Sanhedrin, cap. 10, intro., principio 8, trad. {{en}} Y. Kafih (Gerusalemme, 1976), 143.</ref> Ma l'atto stesso può essere compiuto solo per libera scelta della persona umana a cui e per il quale è affrontato. In altre parole, la scelta effettiva può essere solo umana e non divina. La causa efficiente, in contrasto con le altre tre cause, è sempre l'uomo e mai Dio. Ecco perché Maimonide insiste sul fatto che nulla nella Torah può essere visto in contraddizione con il primato della scelta per gli umani. Tutto ciò che ''sembra'' farlo deve essere spiegato in senso figurato, non letterale.<ref>Cfr. ''[[Mishneh Torah]]'': Teshuvah, 6.1 segg.</ref>
 
=== Il primato della scelta umana ===