Israele – La scelta di un popolo/Capitolo 4: differenze tra le versioni

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E poco prima di questo brano, a ciascuno del popolo è comandato: "Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze" ({{passo biblico2|Dt|6:5}}). Ma può esserci amore senza desiderio? E il desiderio non è forse sperimentato, di certo in modo involontario, prima ancora che arrivi il suo ''desideratum''?<ref>C'è un importante dibattito sul ruolo dell’''eros'', cioè del desiderio, nel rapporto Dio-umano tra i teologi cristiani che mi permetto di confrontare qui perché aiuta ad acquisire una migliore prospettiva filosofica sul ruolo del desiderio nella stessa alleanza biblica (cfr. M. Avot 4.1 rif. Salmi 119:99 e Maimonide, ''Commentario alla Mishnah'': introd., trad. {{en}} Y. Kafih [3 voll., Gerusalemme, 1976], 1:247). I principali protagonisti sono Agostino e Paul Tillich, che sottolineano la componente erotica, e Karl Barth e Anders Nygren, che la negano. Direi che senza il fattore del desiderio umano inerente per Dio, la relazione di alleanza tra Dio e gli esseri umani può essere vista solo come essenzialmente una di Dio con se stesso piuttosto che una tra Dio e i suoi partner di alleanza non-divini. Pertanto, mi sembra che i teologi ebrei dell'alleanza abbiano più cose in comune con Agostino e Tillich che con Barth e Nygren su questo punto chiave. Si veda Agostino, ''Confessioni'', 7.10; Paul Tillich, ''Systematic Theology'' (Chicago, 1951), 1:282; Karl Barth, ''Church Dogmatics'', 2/2, sez. 37, pp. 555 segg.; Anders Nygren, ''Eros and Agape'', trad. {{en}] P. Watson (Chicago, 1982), 160 segg.</ref> "O Signore, ogni mio desiderio (''kol ta’avati'') è davanti a te" ({{passo biblico2|Salmi|38:9}}).<ref>Seguendo R. Judah Halevi, "Adonai Negdekha Kol Ta’vati", in ''Selected Religious Poems of Jehudah Halevi'', cur. H. Brody (Philadelphia, 1924), 87.</ref> E il desiderio non implica forse la speranza, che è essenzialmente un'anticipazione di qualcosa in sé sconosciuto nel presente? Inoltre, può esistere qualche desiderio che non intenda il bene per colui che lo prova?<ref>Cfr. Aristotele, ''Etica Nicomachea'' 1094a1; ''Metafisica'' 1O72a25. Per il riconoscimento del desiderio universale di Dio, cfr. Mal. 1:11 e R. Solomon ibn Gabirol, "Keter Malkhut", in ''Selected Religious Poems of Solomon ibn Gabirol'', cur. I. Davidson (Philadelphia, 1924), 86. I cabalisti chiamavano ''eros'' umano ''it’aruta dil-tata'' ("risveglio dal basso" - vedi ''Zohar'': Vayetse, 1:164a) per Dio. Ma senza un'adeguata teologia della rivelazione, il Dio tanto desiderato rimane intrappolato come un oggetto eterno pari al dio intransitivo di Aristotele (cfr. ''Metafisica'' 1072a20 segg.) o qualcosa di simile ad ''esso''.</ref> O come dice il salmista: "Chi ho io in cielo fuori di te? E sulla terra non desidero (''lo hafatsti'') che te ... Ma quanto a me, il mio bene (''li tov'') è stare unito a Dio ..." (Psalms 73:25, 28). Dio non deve forse esser servito da un'"anima desiderosa" (''nefesh hafetsah'') ({{passo biblico2|1Cronache|28:9}})?
 
[[File:Abraham Lilien.jpg|240px|thumb|right|''Abramo contempla le stelle'', di [[:en:w:Ephraim Moses Lilien|Ephraim Moses Lilien]] (1908)]]
Mi sembra che le ragioni per cui Abramo rispose alla chiamata elettiva di Dio, e quindi il paradigma per ogni successiva risposta ebraica ad essa, possono essere viste nella promessa fatta nella stessa chiamata iniziale che Abramo e la sua progenie saranno la fonte di benedizione per tutta l'umanità. Di conseguenza, il rapporto di Abramo con Dio è correlativo al suo rapporto con il mondo. E la presentazione precisa di tale correlazione si trova nel dialogo di Abramo con Dio sul giudizio delle città di Sodoma e Gomorra. Dio giustifica l'inclusione di Abramo in questo dialogo come segue:
{{citazione|Devo io tener nascosto ad Abramo quello che sto per fare, mentre Abramo dovrà diventare una nazione grande e potente (''atsum'') e in lui si diranno benedette tutte le nazioni della terra? Infatti io lo conosco, cosicché (''le-ma’an'') egli obblighi i suoi figli e la sua famiglia dopo di lui ad osservare la via del Signore e ad agire con giustizia (''tsedaqah'') e diritto (''mishpat''), perché il Signore realizzi per Abramo quanto gli ha promesso.|{{passo biblico2|Genesi|18:17-19}}}}
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In connessione con l'elezione di Israele, il profeta Amos trasmette a Israele l'annuncio di Dio: "Voi soli ho conosciuto (''raq etkhem yad’ati'') fra tutte le famiglie della terra" ({{passo biblico2|Amos|3:2}}). Ora, il profeta non può dire che Dio è inconsapevole delle altre nazioni in quanto egli stesso è già stato chiamato a profetizzare su di esse da Dio.<ref>Cfr. {{passo biblico2|Amos|1:3}} segg.</ref> Ciò che il profeta sta dicendo è che Dio condivide con Israele un'intimità unica che è la base per le pretese uniche che Egli fa su quel popolo. Le affermazioni sono tali perché Dio si prende cura di Israele. Poiché queste affermazioni sono fatte nel contesto dell'intimità dell'alleanza, il profeta poi dice nel versetto successivo: "Possono due camminare insieme, se prima non si sono accordati? (''no’adu'')?"<ref>Indipendentemente dal fatto che le radici ''yod daled ayin'' e ''yod ayin daled'' siano etimologicamente correlate o meno, sembra esserci una relazione letteraria tra loro creata da questa giustapposizione.</ref> Israele è intimamente conosciuto da Dio e deve agire in base alla sua intima esperienza di quella conoscenza. La relazione qui non è una relazione noetica di un soggetto e di un oggetto. È l’''Io'' divino che tende ad abbracciare un ''tu'' umano che poi sceglie di essere così abbracciato.<ref>Cfr. Abraham Joshua Heschel, ''Man is Not Alone'' (Philadelphia, 1951), 125 segg.; ''God in Search of Man'' (New York, 1955), 136 segg.</ref> Pertanto, proprio all'inizio della rigenerazione dell'alleanza di Dio con Israele in Egitto, la Scrittura afferma:
{{citazione|I figli d'Israele gemevano a causa della schiavitù e alzavano delle grida; e le grida che la schiavitù strappava loro salirono a Dio. Dio udì i loro gemiti. Dio si ricordò (''va-yizkor'') del suo patto con Abraamo, con Isacco e con Giacobbe. E Dio vide con favore (''va-yar'') i figli d'Israele e si prese cura di loro (''va-yeda'').|{{passo biblico2|Esodo|2:23-25}}<ref>Da notare come l'[[w:Haggadah di Pesach|Haggadah di Pesach]] colleghi questo "conoscere" con il "conoscere" sessuale delle persone stesse: la connessione essenziale tra i due è il fattore dell'intimità. Cfr. M. M. Kasher, ''Haggadah Shlemah'', III ediz. (Gerusalemme, 1967), pt. 2, pag. 41. È così che R. Akibah poteva vedere l'erotismo del Cantico dei Cantici come l'intenzionalità più santa (cfr. ''Shir Ha-Shirim Rabbah'', 1.11). E mentre nel Cantico dei Cantici la sessualità umana suggerisce l'amore di Dio per Israele, qui l'amore di Dio per Israele suggerisce la sessualità umana.</ref>}}
Quanto alla risposta di Abramo all'elezione da parte di Dio, è inizialmente una risposta all'essere in intimo contatto con Dio. Questo è ciò che desidera. Tale intimità è, come vedremo presto, la caratteristica principale della vita pattizia del popolo ebraico nel presente. Quei comandamenti della Torah che celebrano specificamente la singolarità storica degli eventi dell'alleanza danno a quella vita la sua ricca sostanza.
 
Quello che dobbiamo ora vedere è come l'esperienza di essere conosciuti da Dio porti Abramo e la sua progenie a praticare la via del Signore. Ciò può essere meglio compreso se ricordiamo che l'atto di elezione è prima di tutto una promessa. Così l'alleanza stessa si fonda su una promessa. Ma perché Abramo crede alla promessa di Dio? La sua risposta è qualcosa di più di un "atto di fede"?
 
Per quanto riguarda la sequenza del testo biblico stesso, è importante ricordare che la promessa di Dio ad Abramo non è la prima promessa che Dio ha fatto. Dopo il diluvio Dio promette: "Io stabilisco la mia alleanza con voi: non sarà più distrutto nessun vivente dalle acque del diluvio, né più il diluvio (''mabul'') devasterà la terra" ({{passo biblico2|Genesi|9:11}}). I rabbini furono molto astuti nell'insistere sul fatto che le promesse divine incondizionate sono fatte come giuramenti. Qualsiasi giuramento fatto da Dio non poteva essere poi annullato da Dio in quanto l'annullamento di un giuramento (''shevuah'') può essere fatto solo da un'autorità superiore a quella di colui che lo ha fatto. Ma non potrebbe esserci autorità superiore a Dio per annullarlo. Allora Dio deve mantenere la sua stessa parola; in caso contrario, la sua credibilità sarebbe totalmente minata.<ref>Si veda specialmente TB Berakhot 10a rif. {{passo biblico2|Esodo|32:13}}.</ref> Inoltre, il collegamento tra la promessa fatta a Noè e la promessa fatta ad Abramo è esplicitamente fatta da [[w:Libro di Isaia|Deutero-Isaia]]:
{{citazione|Ora cioò è per me come le acque di Noè, quando giurai (''nishba’ti'') che non avrei più riversato le acque di Noè sulla terra; così ora giuro di non più adirarmi con te e di non farti più minacce. Anche se i monti si spostassero e i colli vacillassero, non si allontanerebbe da te il mio affetto, né vacillerebbe la mia alleanza di pace (''u-vriti shalom'') — dice il Signore che ti usa misericordia.|{{passo biblico2|Isaia|54:9-10}}}}
Inoltre, apprendiamo che la relazione di Dio con il mondo è il correlato del suo rapporto con Israele, e il rapporto di Israele con il mondo è il correlato del suo rapporto con Dio.
 
Penso che si possa vedere l'intima connessione di queste due promesse nel termine usato per caratterizzare la "via del Signore" che Abramo deve insegnare alla sua progenie: "ciò che è giusto ed equo" (''tsedaqah u-mishpat''). Ma ciò richiede che consideriamo le due parole nel termine a denotare due atti separati ma correlati. La consueta interpretazione le vede come denotanti un unico atto, vale a dire, la giustizia corretta, che è lo standard per cui la distinzione tra innocente e colpevole è costantemente mantenuta nell'aggiudicazione. Questa interpretazione del termine si adatta all'immediato contesto del dialogo tra Dio e Abramo in cui Abramo indica che la coerenza di giudizio è il minimo indispensabile che ci si aspetta da Dio, che ha scelto di essere "il giudice di tutta la terra" ({{passo biblico2|Genesi|18:25}}). Questa interpretazione si concentra sulle questioni etiche nel testo. Tuttavia, esaminando le questioni teologiche ancora più profonde nel testo, si può prendere ''tsedaqah'' come un termine e ''mishpat'' come un altro. In questo senso, si può interpretare ''tsedaqah'' come l'aspetto trascendente della relazione di Dio con la creazione e ''mishpat'' come il suo aspetto immanente. Il popolo eletto, quindi, deve imitare gli aspetti trascendenti e immanenti della relazione di Dio con il mondo.
 
=== Obbligo dell'Alleanza e libertà ===