Israele – La scelta di un popolo/Capitolo 3: differenze tra le versioni

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[[Image:TheStarOfRedemptionEng.svg|thumb|240px|Rappresentazione della ''[[w:La stella della redenzione|La stella della redenzione]]'' di Rosenzweig]]
Gli impedimenti a tale costituzione sono duplici. Primo, Dio è visto come dotato di una natura assoluta che preclude qualsiasi cosa che sia personale come la rivelazione diretta a destinatari umani. In secondo luogo, gli esseri umani sono visti come dotati di un'etica universalista che preclude qualsiasi cosa così particolaristica come la rivelazione diretta da parte di Dio che sia veramente fondamentale per tali umani. Per superare questi impedimenti, bisogna considerare la possibilità di andare oltre la "natura" di Dio e di andare oltre l'"ethos" della vita e della cultura umane. Solo dopo che ciò sarà stato fatto, si potrà ricostituire il '''''rapporto''''' diretto tra Dio e uomo che è autentica elezione. Nel suo capolavoro, ''[[w:La stella della redenzione|La stella della redenzione]]'', un'opera i cui principi ha successivamente sviluppato ma mai rifiutato, Rosenzweig vede la liberazione di Dio per il rapporto come una "metafisica" e la liberazione dell'uomo per il rapporto come una "metaetica". Il significato di questi due termini chiave deve essere colto prima di poter arrivare alla costituzione specifica della dottrina dell'elezione proposta da Rosenzweig.
 
I lettori di Rosenzweig, che certamente egli presume abbiano una discreta familiarità con la storia della filosofia, normalmente con "metafisica" significherebbero il tentativo intellettuale di scoprire la realtà che sta "oltre" (uno dei significati della parola greca ''meta'') il fisico (uno dei significati della parola greca ''physis'') e da cui si può spiegare meglio il fisico che non con principi astratti dalla sola esperienza.<ref>Cfr. Aristotele, ''[[w:Metafisica (Aristotele)|Metafisica]]'' 981b25-30.</ref> Tali lettori normalmente interpreterebbero "metaetica" ad indicare il tentativo intellettuale di scoprire la realtà che sta al di là delle norme etiche e da cui si può spiegare l'etica meglio che con principi astratti dalla sola pratica normativa.<ref>Con il termine "metaetica", Rosenzweig non intende l'analisi del linguaggio etico che divenne noto come "metaetica" nella filosofia analitica contemporanea. Invece, lo intendeva nel senso del fondamento ontologico dei precetti etici nel modo in cui lo definiva Kant nel suo ''Grundlegung zur Metaphysik der Sitten''. Cfr. {{en}} ''The Star of Redemption'', trad. W. W. Hallo (New York, 1970), 38 segg. (d'ora in poi, ''Star''); anche, N. Rotenstreich, "Rosenzweig's Notion of Metaethics," in ''The Philosophy of Franz Rosenzweig'', cur. P. Mendes-Flohr (Hanover & Londra, 1988), 224, n. 3.</ref> Ma Rosenzweig non usa questi due termini nel modo normale. Ritorna invece alle radici etimologiche dei termini in greco e ne ricava significati molto diversi da quelli normali che abbiamo appena visto.
 
Ciò che intende per "metafisica" di Dio è il riconoscimento di Dio come persona che non è vincolata da ciò che era stato visto come la ''natura'' (altro significato della parola greca ''physis'') o essenza di Dio, ciò che i filosofi avevano visto come identificazione di Dio con l'Essere superpersonale, eterno, immutabile.<ref>Cfr. ''Star'', 16-18.</ref> Così l'esistenza di Dio è vista da Rosenzweig come trascendente l'essenza di Dio. Data questa trascendenza, Dio non è vincolato da nulla che Egli stesso non possa cambiare. In quanto tale, Dio può essere sempre, ovunque e con chi vuole. Dio può discendere dall'alto distacco dell'Essere (''Sein'') alla immediatezza dell'essere lì (''da-sein'').<ref>"Sperimentiamo direttamente la sua esistenza (''sein Dasein erfahren wir unmittelbar'') solo in virtù del fatto che ci ama e risveglia il nostro io morto all'anima amata e corrisposta" (''Star'', 381) = ''Der Stern der Erlösung'' (Frankfurt-on-Main, 1921), 478 (d'ora in poi, ''Stern''). Cfr. anche ''Star'', 120; ''Jehuda Halevi'' (The Hague, 1983), 73. Nella sua traduzione della Bibbia, scritta insieme a Martin Buber, {{passo biblico2|Esodo|3:14}} è tradotto "Ich werde dasein als der dasein werde ... Ich bin da."Questo uso di ''Dasein'' fu formulato prima del suo uso in qualche modo simile e successivamente molto più famoso, da Martin Heidegger in ''Sein und Zeit''. Per l'importanza di questa traduzione, cfr. D. Novak, "Buber and Tillich," ''Journal of Ecumenical Studies'' (1992), 29: 159 segg.; anche, J. Tewes, ''Zum Existenzbegriff Franz Rosenzweigs'' (Meisenheim am Glan, 1970), 85 segg.</ref> Pertanto, la trascendenza di Dio non è l'essere di Dio ''lontano dal'' mondo; piuttosto, è il ''discostamento'' di Dio dalla sua chiusura di sé e il ''venire verso'' l'oggetto diretto della Sua scelta nel mondo. E tutte le strutture "essenziali" (''Wesen'') che possiamo vedere all'interno della nostra esperienza della presenza di Dio sono solo inferenze parziali conosciute ''a posteriori'', cioè successive all'esperienza stessa.<ref>Cfr. ''Star'', 386 segg.</ref> È meglio prenderle come "qualità" (''middot'') nel senso rabbinico del termine.<ref>Pertanto, i rabbini criticano coloro che tentano di derivare le ''[[w:Middò|middot]]'' di Dio da nozioni preconcette di ciò che Dio dovrebbe essere. Insistono sul fatto che la rivelazione è l'unico standard per dedurre queste ''middot''. Cfr. TG Berakhot 5.3/9C; TB Rosh Hashanah 17b rif. {{passo biblico2|Esodo|34:6}}.</ref> Queste strutture emergono dall'interno dello stesso evento sperimentato; non sono forme primarie in cui Dio deve necessariamente inserirsi. Non sono definizioni in cui Dio è già vincolato ''a priori''. In altre parole, non possediamo una classe chiamata "Essere" (l'essenza di Dio) con la quale poi identifichiamo il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe come il primo membro (l'esistenza di Dio). Non abbiamo un nome di Dio prima che Dio fondamentalmente si nomini per coloro con cui si confronta, per coloro ai quali Dio si presenta nella evento di rivelazione.<ref>Cfr. ''Jehuda Halevi'', 72, 100-101; anche, A. Babolin, "Der Begriff der Erlosung bei Franz Rosenzweig," in ''Der Philosoph Franz Rosenzweig'', cur. W. Schmied-Kowarzik (Munich, 1988), 2:609.</ref> L'"esistenza" di Dio è l'autopresentazione di Dio come evento (''Ereignis''). L'"essenza" di Dio è solo la configurazione (''Gestalt'') impressa nella nostra esperienza interiore (''Erlebnis'') di quell'evento rivelatore.<ref>Cfr. ''Star'', 164, 186, 418; ''Jehuda Halevi'', 30.</ref> Non possiamo cogliere altro.<ref>"Ci muoviamo nell'orbita in cui ci siamo trovati, e lungo il percorso su cui siamo posti. Non arriviamo più (''greifen'') oltre questo se non con la presa impotente (''Griffen'') di concetti vuoti (''Begriffe'')" (''Star'', 381 = ''Stern'', 478)</ref>
 
 
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