Israele – La scelta di un popolo/Capitolo 2: differenze tra le versioni

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In quanto ebreo, Cohen era indignato per quella che considerava la calunnia dell'ebraismo fatta da Spinoza. Quella calunnia consisteva principalmente nell'affermazione di Spinoza secondo cui l'ebraismo è privo di qualsiasi contenuto teorico genuino, il tipo di contenuto a cui la filosofia è veramente interessata. Per Spinoza, come abbiamo già visto, l'ebraismo ha valore solo come fenomeno politico, e anche quel valore è ormai ampiamente superato. Nella migliore delle ipotesi potrebbe funzionare solo come un'analogia storica alquanto remota con il moderno stato democratico che Spinoza immaginava per il suo tempo e luogo. Cohen era ben consapevole che questa caratterizzazione dell'ebraismo era stata enormemente influente sui pensatori successivi, anche sull'ispirazione filosofica di Cohen: [[w:Immanuel Kant|Immanuel Kant]].<ref>Cfr. Kant, ''Religion Within the Limits of Reason Alone'', trad. {{en}} T. M. Greene & H. H. Hudson (New York, i960), 116 segg.</ref> Per questo motivo, Cohen dedicò notevoli sforzi a confutare le affermazioni di Spinoza al fine di salvare ancora una volta l'ebraismo a favore di un serio interesse filosofico, proprio come Cohen era convinto che [[Maimonide]] (che era la sua ispirazione ebraica) aveva fatto in un'epoca precedente. Pertanto, mentre Spinoza aveva fatto una distinzione assoluta (almeno nella mente di Cohen) tra teoria e prassi, vedendo la filosofia come l'epitome della prima e l'ebraismo come un semplice esempio della seconda, Cohen insistette sul fatto che "la teoria della prassi da sola è comunque filosofia".<ref>"Spinoza über Staat und Religion, Judentum und Christentum" (1915), in ''Jüdische Schriften'', cur. B. Strauss (3 voll., Berlino, 1924), 3:302.</ref> E il carattere pratico dell'ebraismo, il suo insegnamento morale, ha valore diretto e indispensabile per la teoria etica, che, seguendo Kant, Cohen presumeva essere la forma più alta di filosofia.
 
Come filosofo kantiano, Cohen era quasi ugualmente indignato dal panteismo e dal determinismo di Spinoza. Identificando Dio all'interno dello stesso sistema naturale che include l'uomo come anche tutti i fenomeni fisici, Spinoza aveva reso la moralità – cioè, secondo la relativa definizione kantiana – impossibile. Per Cohen, la moralità richiede che sia Dio sia l'uomo trascendano l'ordine predeterminato del mondo fisico e che siano correlati in un reame noumenico al di fuori di quel mondo. Solo attraverso tale trascendenza la libertà e la teleologia, i due ingredienti indispensabili di ogni moralità autentica, possono eventualmente funzionare.<ref>Cfr. ''Ethik des reinen Willens'', IV ediz. (Berlino, 1923), 317 segg.</ref> Così Spinoza non solo aveva sottratto all'ebraismo ogni reale interesse per la filosofia, ma ancor più che aveva privato la filosofia della sua più alta funzione precludendo la costruzione di un sistema etico autenticamente indipendente. In effetti, mentre un certo numero di pensatori ebrei moderni desideravano che Spinoza non avesse mai lasciato l'ebraismo e che si potesse costruire un ebraismo moderno che ancora lo includesse – almeno postumo – Hermann Cohen lo considerava "questo grande nemico" ("dieser grosse Feind").<ref>"Spinoza über Staat, etc.," in Jüdische Schriften, 3:371. Cfr. anche "Die Bedeutung des Judentums fur den religiösen Fortschritt der Menschheit" (1910), ibid., 1:55.</ref> Pertanto, non era necessario ricostruire l'ebraismo per accogliere Spinoza; piuttosto, l'ebraismo doveva essere costituito con un rigore filosofico tale da dimostrare in modo conclusivo il perché proprio Spinoza non poteva mai più essere considerato un pensatore ebreo. In tutti i suoi scritti Cohen ribadì più e più volte questo punto fondamentale sull'inaccettabilità di Spinoza su basi sia ebraiche che filosofiche.
 
Quindi sembrerebbe che, considerando l'assoluto distanziamento di Cohen da qualsiasi cosa che assomigli anche lontanamente all'ontologia di Spinoza, si possa affermare che Cohen avesse una visione dell'elezione di Israele essenzialmente diversa da quella di Spinoza. Dopotutto, poiché l'elezione denota una relazione tra Dio e Israele, sicuramente un cambio di paradigma nell'ontologia, in cui è costituito l'essere di Dio, comporterà necessariamente un commisurato cambio di paradigma nel modo in cui si costituiscono le relazioni storiche di Dio. Tuttavia, come scopriremo presto, non è affatto così. Invece, la differenza tra la visione dell'elezione tenuta da Spinoza e quella tenuta da Cohen è di grado piuttosto che di tipo. Tale è il caso, infatti, perché il Dio che Cohen concepisce filosoficamente non funziona in modo così diverso dal Dio di Spinoza nella vita dei soggetti umani e delle loro comunità.
 
Per Cohen, come per Spinoza, Dio funziona in due modi: (1), nel modo in cui le tradizioni religiose percepiscono Dio; (2), nel modo in cui i filosofi concepiscono Dio. Inoltre, il modo in cui i filosofi concepiscono Dio non è una concettualizzazione dell'esperienza delle tradizioni religiose. Tale concettualizzazione sarebbe opera di teologi, non di filosofi, almeno non di coloro che Spinoza o Cohen designerebbero filosofi. Invece, i filosofi concepiscono Dio nei termini della funzione che Dio svolge nei sistemi filosofici che hanno costruito. L'inclusione di un concetto di Dio in qualsiasi sistema filosofico ne fa necessariamente un'ontologia, cioè un modo di pensare a ciò che [[w:Aristotele|Aristotele]] chiamava "le cause prime".<ref>''[[w:Metafisica (Aristotele)|Metafisica]]'' 981b27.</ref>
 
Ora, se un filosofo (cioè uno che è filosofo secondo i criteri di cui sopra) vuole ancora usare la parola "Dio", allora dovrà in qualche modo collegare l'uso di quella parola nel suo sistema filosofico con l'uso di quella parola nel discorso ordinario, discorso che deriva inevitabilmente dall'esperienza di cui parlano le tradizioni religiose. Altrimenti, l'uso della parola "Dio" di per sé è inutile, e sarebbe molto meno confusionario usare semplicemente una parola filosofica come "Essere" o "l'Assoluto" in modo coerente.<ref>Questo è un problema affrontato da tutti i teologi che sono anche filosofi, e anche da tutti i filosofi che sono anche teologi. Cfr. per es., [[w:Gregorio di Nissa|Gregorio di Nissa]], {{en}} ''Against Eunomius'', in ''Nicene and Post-Nicene Fathers'', II serie (Grand Rapids, Mich., 1983), 5:50-51. Cfr. anche Tommaso d'Aquino, ''Summa Theologiae'', 1, q.2, a.3.</ref>
 
=== Il Dio filosofico di Cohen ===