Pluralismo religioso in prospettiva ebraica/Ebrei e altri: differenze tra le versioni
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La dottrina ebraica dell'Elezione illustra la complessità del pluralismo interreligioso nell'ebraismo. La dottrina, soprattutto nella sua elaborazione rabbinica, è un programma particolaristico con dimensioni universali. È particolaristico nella sua applicazione: solo le persone scelte da Dio, per ragioni note solo a Dio, sono obbligate a osservare cose molto specifiche come modi di comunicare con Dio, siano esse l'osservanza dello [[w:Shabbat|Shabbat]], o le rigide restrizioni dietetiche ([[w:Casherut|''kasherùt'', כַּשְׁרוּת]]), o le preghiere. I [[w:613 Mitzvot|613 comandamenti]] specificati dall'ebraismo rabbinico sono obbligatori solo per gli ebrei, i destinatari della Torah di Dio; non riguardano i non-ebrei. Solo gli ebrei sopportano le conseguenze dell'osservanza o della mancata osservanza delle prescrizioni di Dio.
Eppure questo programma molto particolaristico include anche aspetti universali. In primo luogo, durante il periodo ellenistico, l'ebraismo si aprì ai non ebrei attraverso la conversione religiosa permessa a tutti i popoli gentili. Il proselito (''ger tzedek'') aveva lo stesso status dei nati ebrei in termini di obblighi religiosi e si doveva amarlo come si ama se stessi.<ref>''Midrash ha-Gadol'' in {{passo biblico2|Levitico|19:34}}.</ref> Per i gentili che non si convertono all'ebraismo, la legge rabbinica riserva una categoria speciale di obblighi legali che riguarda tutti gli esseri umani. Tale categoria comprende le [[w:Noachismo|sette Leggi Noachiche]] che stabiliscono l'obbligo di astenersi da comportamenti negativi (come omicidio, furto e incesto), nonché il comando positivo di istituire tribunali.<ref>I sette comandamenti noachici sono citati nel [[w:Bavli|Talmud Babilonese]], [[w:Yoma (Talmud)|Yoma]] 67b e in altri punti.
La fusione di particolarismo e universalismo nell'ebraismo ne fece un'anomalia nel mondo greco-romano. Accanto all'ostilità e al ridicolo, gli ebrei suscitarono fascino e ammirazione, attirando alcuni gentili ad adottare determinati rituali ebraici senza convertirsi all'ebraismo.<ref>Sulla percezione alquanto complessa degli ebrei nel mondo antico, si veda Louis H. Feldman, ''Jews and Gentile in the Ancient World'' (Princeton University Press, 1993).</ref> Nell'impero ellenistico e in quello romano, l'ebraismo si distingueva perché era una religione nazionale: l'identità religiosa degli ebrei era inseparabile dalla loro identità etnica. A differenza di altre nazioni che avevano assorbito gli "dei" della civiltà dominante nel proprio pantheon di divinità, il monoteismo ebraico precludeva tale sincretismo. Gli ebrei rifiutarono ostinatamente la religione civica dominante degli imperi ellenistico e romano e condussero la loro politica nazionale come servizio a Dio. Non sorprende che la prima persecuzione religiosa registrata nella storia fosse diretta contro la religione nazionale degli ebrei. Nel 167 p.e.v. [[w:Antioco IV|Antioco IV]] comprese correttamente che per sottomettere la nazione ebraica in Giudea e ripristinare la legge e l'ordine nell'[[w:Seleucidi|impero seleucide]], doveva limitare la libertà di praticare le leggi della Torah. Al contrario, gli ebrei interpretarono la loro opposizione alla presenza straniera sulla [[w:Eretz Israel|Terra]] e nel loro [[w:Tempio di Gerusalemme|Tempio]] come una lotta tra falsi "dei" e l'unico e vero Dio a cui era dovuta la loro fedeltà. Quando gli ebrei ripresero il controllo del Tempio nel 164 p.e.v., ciò fu celebrato come la vittoria di Dio ed espresso attraverso la purificazione rituale del Tempio di Gerusalemme.
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