Taumaturgia messianica/Appendice C: differenze tra le versioni
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Analoghe riflessioni, in uno schema metafisico più rigoroso, saranno riproposte nella teologia medievale da [[w:Tommaso d'Aquino|Tommaso d'Aquino]] (cfr. ''Contra Gentiles'', IV, c. 13).
Ma i passi del NT che associano il Verbo divino alla creazione del mondo non hanno per soggetto solo il Figlio-Verbo eterno del Padre. Essi dicono relazione anche al Verbo in quanto unito, in Cristo, alla natura umana (cfr. {{passo biblico2|Gv|1:1-3;14}}; {{passo biblico2|Ef|1:3-10}}; {{passo biblico2|Col|1:16-20}}; {{passo biblico2|Eb|1:1-3}}). Gesù Cristo, Parola del Padre fattasi uomo, mantiene una speciale relazione con la creazione, e questo almeno per due motivi: ''a)'' ad incarnarsi è la medesima parola creatrice, l'unico Verbo divino; ''b)'' con l'Incarnazione è Dio stesso a volersi in un certo senso "legare" alla creazione. Ne vedremo brevemente i contenuti biblici in due aspetti: '''1.''' la creazione ha in Cristo il suo principio di sussistenza; essa è stata fatta in Lui, per mezzo di Lui e ''in vista di Lui''; l'umanità di Cristo può dunque considerarsi come ''pienezza della creazione'', sommamente rivelatrice del progetto di Dio; '''2.''' in Cristo si rende già disponibile la logica di una ''nuova creazione'', che egli inaugura con la riconciliazione operata nel suo sangue e conduce misteriosamente al suo compimento escatologico mediante la sua resurrezione gloriosa.
=== La creazione sussiste in Cristo ed è stata fatta in vista di Cristo ===
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La Scrittura aveva già presentato la capitalità dell'uomo sulla creazione, posto al vertice dell'opera divina dei sei giorni, l'unica creatura fatta ad immagine di Dio e capace di riassumere in sé la coesistenza di spirito e di materia, quasi una sintesi di tutto il mondo creato. "Unità di anima e corpo, l'uomo sintetizza in sé, per la sua stessa condizione corporale, gli elementi del mondo materiale, così che questi, attraverso di lui, toccano il loro vertice e prendono voce per lodare in libertà il Creatore" (''Gaudium et spes'', 14; cfr. [[w:Concilio Lateranense IV|Concilio Lateranense IV]], DH 800). Una tale capitalità "antropocentrica" viene assunta e portata a pienezza in chiave "cristocentrica", perché il Verbo incarnato, oltre ad essere perfetta immagine del Padre, è anche immagine del vero uomo, di cui il primo Adamo era figura (cfr. {{passo biblico2|Rm|5:14}}). In lui non è più una sintesi di spirito e materia a venire espressa, bensì l'unione ipostatica (cioè nella Persona divina) e inconfusa della sua natura divina con una natura umana, corporale e spirituale: "Nam sicut anima rationali et caro unum est homo, ita Deus et homo unus est Christus" (''[[w:Simbolo degli apostoli|Simbolo pseudo-Atanasiano]]'', DH 76). Svelando il volto dell'uomo perfetto nei piani di Dio, il Verbo incarnato esprime in modo perfetto anche tutta la creazione, della quale l’uomo era stato messo a capo. Ciò non si realizza solo in forza della sua divinità, cioè per mezzo della mediazione creatrice del Verbo eterno generato prima di ogni cosa, ma anche in forza della sua vera e perfetta umanità.
Accanto ai già citati elementi di originalità del ''Logos'' cristiano nei confronti del pensiero greco, ne vanno qui segnalati alcuni altri. La filosofia stoica e neoplatonica conosceva una personificazione della natura (''physis''), con qualche analogia con quanto l'AT diceva riguardo la Sapienza divina. Ma l'origine di tutte le cose dalla natura e la loro riconducibilità ad essa (''ek, en, eis'') assumevano più il significato di un'armonia cosmica e di un archetipo esemplare, che quello di una finalità vera e propria. Di Cristo non si dice che il creato "derivi" da Lui, né che il creato sia un tutto armonico compiuto in se stesso perché fatto sul modello esemplare di Lui. Il ruolo del Cristo è piuttosto quello di esserne la causa, il fine e la sussistenza: "il cosmo non è solo creato in lui e per mezzo di lui, ma ha anche il suo ''ubi consistam'' in lui solo […]. Tutto ciò che esiste ha in lui la sua consistenza, perché lui è il Signore, il capo del Corpo" (E. Lohse, ''Le lettere a Filemone e ai Colossesi'', Brescia 1979, p. 117). Quando si afferma che in Lui abita la pienezza della divinità, non ci si riferisce ad una pienezza cosmologica, come nella tradizione greca, dove il cosmo costituisce il corpo stesso della divinità, bensì ad una pienezza soteriologica (cioè ''salvifica''), che esprime la potenza delle opere di Dio in Lui manifestate, e di conseguenza il compiacimento, la pace, la riconciliazione. Se nel pensiero greco il mondo è visto come qualcosa di necessario ed il ruolo del ''Logos'' come qualcosa di contingente, nella logica della creazione cristiana è il mondo ad essere contingente ed il Verbo, in quanto Dio, necessario (cfr. O’Callaghan, 1995): non è il Verbo ad essere fatto per il mondo, ma il mondo per il Verbo.
=== La nuova creazione in Cristo ===
Il Verbo incarnato è anche il mediatore universale di una "nuova creazione", quella inaugurata con la sua resurrezione gloriosa. Ne è figura solenne la visione del Verbo giudice, compimento escatologico dei nuovi cieli e della nuova terra (cfr. {{passo biblico2|Ap|21:1-6}}). Si tratta di una mediazione comprensibile se si pensa che il Verbo incarnato, in vista del quale fu fatta ogni cosa, è il Cristo risorto del mistero pasquale. La creazione, offuscata dal peccato dell'uomo, riacquista in Lui una nuova dignità, quella che aveva dal principio nei piani di Dio. Una peculiarità di questo rinnovamento, realizzato nella sua umanità passibile, è che esso non comporta un'azione diretta o estrinseca di Cristo sulla creazione — quasi una sorta di intervento miracoloso pronunciato sul cosmo — ma pone piuttosto l'umanità redenta ed il nuovo popolo di Dio in condizione di riportare a Dio tutte le cose quasi dal loro interno, cioè appunto ''in Cristo'', ed utilizzarle secondo la sapienza dei suoi piani salvifici. Si tratta di un rinnovamento che è mistericamente ''già dato'' in Cristo, e perciò già presente nella sua Chiesa come segno e sacramento universale di salvezza, ''ma non ancora'' realizzato, perché impegnerà il Suo corpo mistico in un’economia sacramentale che durerà fino alla fine dei tempi.
La corrispondenza fra la prima creazione e la nuova creazione è simbolicamente espressa dalla domenica di Pasqua, alba della Chiesa e primo giorno dell'[[w:Exameron|esamerone]] genesiaco (ciclo dei sei giorni). Avendo come riferimento l’umanità trasfigurata di Cristo risorto, la nuova creazione non distrugge, ma trasforma la creazione precedente. Fra le due nozioni vi è certamente discontinuità, ma anche continuità: è la ricostruzione di un ordine originario del quale si scopre adesso quale fosse il vero senso. All’idea di una nuova creazione vi è associata la sottomissione definitiva di tutto il creato a Cristo, con speciale riferimento alla vittoria sulla morte, e una ricapitolazione universale che ha come finalità riordinare, instaurare e condurre tutte le cose al Padre nello Spirito.
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La creazione è per Cristo un’eredità filiale (cfr. {{passo biblico2|Eb|1:2}}; {{passo biblico2|Rm|8:17}}) sulla quale esercita la sua signoria regale. Tutto il creato è stato destinato a questa sottomissione (cfr. {{passo biblico2|Ef|1:22}}) perché occorre che alla fine della storia "Dio sia in tutte le cose" ({{passo biblico2|1Cor|15:28}}). Nella Lettera ai Colossesi si dirà che "Egli è anche il capo del corpo, cioè della Chiesa; il principio, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti, per ottenere il primato su tutte le cose" ({{passo biblico2|Col|1:18}}). Cristo è il capo (''kephalé'') sotto cui sta il corpo (''sôma'') del cosmo, ma tutto secondo un'ottica marcatamente salvifica. Questo corpo infatti è la Chiesa stessa e la consistenza che la creazione trova sotto di lui vuol dire che in lui solo c'è salvezza e vittoria sulla morte. La sua condizione di primogenito risorto dai morti diventa normativa di una nuova discendenza universale come lo fu quella di Adamo.
Manifestazione e garanzia definitiva di questa sottomissione del creato è la sua resurrezione gloriosa, i cui frutti salvifici si rivelano già ora nella vita dei credenti (cfr. {{passo biblico2|Ef|2:6-7}}; {{passo biblico2|Col|3:1-4}}). In forza della sua resurrezione Egli può far vivere nel suo Corpo mistico le primizie di questa nuova economia-alleanza, capacitandolo a riconsegnare al Padre una creazione rinnovata nello Spirito (cfr. {{passo biblico2|Fil|3:20-21}}; {{passo biblico2|1Cor|15:28}}; {{passo biblico2|Rm|9:5}}; {{passo biblico2|Col|3:11}}; {{passo biblico2|Ef|4:6}}). Quest'ultima, attende con impazienza una trasfigurazione finale, in cui la vittoria sulla corruzione della morte sarà estesa ad ogni creatura, e sarà definitivamente rivelata e portata a pienezza l’immagine di una filiazione alla quale tutto il cosmo era chiamato a partecipare (cfr. {{passo biblico2|Rm|8:19-22}}).
Il tema della "ricapitolazione" ha il suo brano scritturistico principale nel prologo della Lettera agli Efesini: "[Egli] ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà, secondo quanto nella sua benevolenza aveva in Lui prestabilito per realizzarlo nella pienezza dei tempi: il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra" ({{passo biblico2|Ef|1:9-10}}). Nell'espressione biblica "ricapitolare in Cristo tutte le cose" (''anakephalaiósastai tà pánta'') convergono i due significati di "ridare un capo" ed "erigere". In Lui, tutte le cose sono contenute, ricapitolate a modo di riassunto, in primo luogo le opere salvifiche di Dio. Ma esse sono anche "restaurate" o "instaurate", cioè "fondate". Infine, in Cristo ogni cosa ritrova un capo o deve essere posta sotto la sua sovranità; cioè, vi si contiene anche l’idea, già vista, di sottomissione universale. La ricapitolazione universale di Cristo ha un'influenza cosmica: essa comprende le cose che sono "nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili" ({{passo biblico2|Col|1:16}}; cfr. {{passo biblico2|Ef|1:11}}), quelle del secolo presente e quelle del secolo futuro (cfr. {{passo biblico2|Ef|1:21}}). Il mistero della Chiesa, primizia del Regno di Dio sulla terra, sarà il luogo sacramentale e teologico ove si realizza già ma non ancora la logica di questa nuova creazione.
== Le conseguenze filosofiche e scientifiche di un mondo creato per mezzo di Cristo e in vista di Cristo ==
=== L'universo creato partecipa del mistero di Cristo ===
Il modo abituale con cui la riflessione teologica utilizza il dato biblico della mediazione esercitata da Cristo, Verbo incarnato, al principio e nel compimento della creazione, è quello di comprenderne la dinamica in rapporto al mistero trinitario. Il Padre ha creato il mondo nel suo Figlio e per Amore del suo Figlio, ed il Figlio riconduce ogni cosa al Padre per mezzo dello Spirito. I rapporti fra Dio e il mondo vengono così interpretati all'interno di uno schema di ''exitus-reditus'' (uscita e ritorno). La teologia medievale, specie quella di Tommaso d'Aquino e di Bonaventura, ne rappresentano un esempio classico. Nella teologia contemporanea, in continuità con una prospettiva già presente nella patristica ed in alcuni autori medievali, le conseguenze teologiche e filosofiche della mediazione universale di Cristo sono discusse all'interno di una visione chiamata
In primo luogo, la creazione materiale, riassunta paradigmaticamente dall'umanità di Gesù Cristo, risulta in qualche modo associata al suo mistero pasquale. L'invito rivolto ad ogni essere umano, creato e redento in Cristo, ad entrare, come figli nel Figlio, in comunione con la Trinità, coinvolge anche l'universo materiale. Questo ordinamento del creato ad essere presente in Cristo accanto alla vita di Dio è conseguenza dell'ordinamento a Lui di tutto il creato (cfr. {{passo biblico2|1Cor
Il fatto poi che l'umanità del Verbo attraversi il mistero della sofferenza e della morte, rivela che anche la creazione è soggetta alla caducità. In essa si dà una sorta di incompletezza e la possibilità — storicamente datasi — di un disordine, quello introdotto dal peccato dell'uomo, cose che saranno superate dalla signoria definitiva di Cristo. La logica del mistero pasquale ha una portata cosmica: il limite, il dolore, l'inadeguatezza restano presenti nel creato fino a quando esso non sarà rinnovato dall'avvento di un nuovo cielo e di una nuova terra (cfr. {{passo biblico2|2Pt
In secondo luogo va osservato che un universo creato in Cristo e in vista di Cristo assume una
=== L'opera di Teilhard de Chardin ===
Fra gli autori contemporanei che hanno maggiormente messo in luce la possibilità di una lettura
Egli concepisce così una scienza dell'universo che ricolleghi la cosmologia all'antropologia: l'uomo è il centro dell'universo, perché costituisce il coronamento e l'apice della sua evoluzione. Questa evoluzione è progressiva ed irreversibile, manifestativa di un progetto che dalla materia inerte porta fino al pensiero cosciente e poi alle più alte manifestazioni dello spirito e dell'amore: essa trova il suo senso in Qualcuno che dia consistenza a tutto il processo, ne costituisca la finalità e l'espressione più alta. Inizialmente indicato con il termine di
L'opera di Teilhard ha sostanzialmente due meriti. Il primo di essi è aver offerto una lettura non materialista dell'evoluzione, contrarrestando così un paradigma interpretativo cominciato con [[w:Herbert Spencer|H. Spencer]] (1820-1903) e
Il secondo merito è aver tracciato le linee di una cristologia
Alcuni aspetti della sintesi teilhardiana sono però rimasti poco convincenti. Ad esempio, come armonizzare la naturalezza della continuità dell'evoluzione con la discontinuità rappresentata dall'apparizione della vita, della coscienza e poi dall'Incarnazione, senza cadere nella proposta di un processo determinista. In prospettiva escatologica, tale insufficienza si manifesta nella scarsa precisazione di quale debba essere il canone della continuità/discontinuità nel rapporto fra prima creazione e nuova creazione. Ciò equivale a dover chiarire meglio il rapporto fra storia del cosmo e storia della salvezza, all'interno della quale non va ignorato il ruolo del peccato. Il linguaggio di Teilhard, di difficile comprensione e spesso poco rigoroso, ha dato luogo a fraintendimenti. Una dichiarazione
=== L'intelligibilità dell'universo cristiano, luogo di dialogo fra Dio e l'uomo ===
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È stato rilevato da più autori che la fede cristiana in un ''Logos'' creatore ha favorito lo sviluppo di una mentalità scientifica nella quale trovasse posto una fede nella razionalità del mondo, nella significatività della nozione di leggi di natura, sostenendo così la ragionevolezza di cercare un ordine stabile ed universale. Questa convinzione è anche condivisa da un buon numero di scienziati. In realtà, potrebbe trattarsi di un'associazione soltanto funzionale, nel senso che un certo ordine di idee, indipendentemente dalla verifica del loro fondamento oggettivo nella realtà delle cose, abbia potuto storicamente favorire con successo l'impiego di una gnoseologia maggiormente adeguata all'analisi delle scienze. Una teologia cristiana della creazione non si limita però a registrare questo successo funzionale, ma sostiene che esso radica in re, cioè nelle cose. Porre il Verbo a fondamento del reale, anche di quello fisico, non solo rende possibile un'attività scientifica, ma rivela la struttura intima del reale, quella di essere effetto di una parola e di mantenere pertanto un'apertura costitutiva al dialogo fra l'uomo e la natura, fra l'uomo e Dio.
Un possibile riflesso sul dibattito scientifico potrebbe essere ad esempio l'interrogativo circa la
Se tutta la creazione rispetta la logica di un Verbo fonte di razionalità e di intelligibilità, allora devono esistere delle categorie interpretative capaci di abbracciare tutto l'essere del mondo, nessuna parte esclusa. Ne deriva per tutto il cosmo una forte unità gnoseologica e caratteriologica, riconoscibile in ogni suo sottoinsieme, con evidenti conseguenze sul piano della comprensione globale. Solo in un simile uni-verso le categorie di identità e di universalità, così importanti per l'analisi delle scienze, divengono davvero significative. Con esse diviene significativo sia il processo di deduzione di proprietà su larga scala a partire dall'osservazione di proprietà locali — come abituale ad esempio nella metodologia della cosmologia contemporanea —, sia
Secondo un punto di vista ancor più generale, il tema della dialogicità del cosmo si collega con quello della sua
=== ''Logos'' cristiano e realismo delle scienze ===
È stato già osservato che la razionalità associata al ''Logos'' cristiano si presenta simultaneamente con i caratteri della trascendenza e dell'immanenza, con la solennità del mistero del disegno divino sul mondo e con la concretezza della storia e della carne. Non è una razionalità confinata nel circolo platonico del mondo delle idee, ma attraversa la natura con tutta
Il Verbo ha una propria personalità trascendente, ma nondimeno ha voluto legarsi allo spazio, al tempo, alla materia: un universo plasmato dal ''Logos'' cristiano appare in maggiore sintonia con una gnoseologia realista, in accordo con l'impostazione induttiva delle scienze, ed assai meno con le varie forme di idealismo, dal funzionalismo allo psicologismo. In un universo così, in sostanza, viene favorita la convinzione che la verità delle cose non esista solo nella nostra mente, né implichi solo una coerenza astratta, ma appartenga alle cose stesse. La verità può certamente oltrepassare il paradigma dell'adaequatio, ma l'adeguazione fra intelletto ed oggetto resta un momento insostituibile del processo di conoscenza. Si registrerebbe dunque una consonanza con il realismo classico dell'impresa scientifica, come esposto ad esempio nelle riflessioni epistemologiche di [[w:Max Planck|Planck]] o Einstein, ed una implicita sintonia con il primato della esperienza. Vi sarebbe invece una maggiore distanza da interpretazioni del mondo fisico debitrici ad una prospettiva idealista, come potrebbero essere ad esempio la visione della meccanica quantistica offerta dalla scuola di Copenhagen o la visione di una cosmologia che si preoccupi esclusivamente della coerenza interna delle proprie formulazioni, rinunciando ad elaborare modelli in grado di mantenere un controllo con la realtà osservabile. Una comprensione realista dei rapporti fra matematica e fisica, inoltre, suggerirebbe che il fondamento di ogni teoria scientifica, anche di quella che faccia ricorso al formalismo più astratto, debba in ultima analisi poggiare su basi empiriche.
Fra le ragioni del realismo degli scienziati non compare certamente in modo esplicito quella dell'incarnazione del Verbo. Esistono però delle eccezioni interessanti. [[w:James Clerk Maxwell|Maxwell]] vi farà un riferimento remoto quando, commentando l'itinerario concettuale che lo condusse alla formulazione delle sue note equazioni del campo elettromagnetico, affermava che la matematica, per rappresentare efficacemente la realtà, doveva materializzarsi,
Il confronto fra approccio realista ed approccio idealista nella nostra conoscenza dell'universo è ben riassunto da una metafora che accomuna autori diversi. [[w:Arthur Eddington|Eddington]] vede lo scienziato che indaga la natura come chi, camminando sulla spiaggia, cerca l'origine di alcune orme assai interessanti, per scoprire in seguito che si tratta delle stesse orme lasciate dai suoi piedi, e concludere così che l’uomo ritrova nella scienza solo quelle idee che vi ha posto con la sua stessa attività di ricerca. [[w:Isaac Newton|Newton]], anch'egli immaginando di passeggiare sulla spiaggia, si paragonava al termine della sua vita scientifica come un bambino che ha potuto solo divertirsi con un sassolino e qualche conchiglia, mentre lo sconfinato oceano del sapere sta ancora davanti a lui, con tutta la sua oggettività. Nel primo caso ci troviamo di fronte ad una visione della ricerca, e di conseguenza ad una interpretazione dell'universo, di carattere idealista: tutto quello che la scienza ci dice è solo l'eco delle nostre relazioni mentali, perché non esiste nulla che sia oggettivamente dato. Nel secondo caso, l'attività della scienza è sempre vista come una scoperta, come un trovare qualcosa che l'uomo non crea ma riceve: la natura, ed il ''lógos'' che la regge, sono visti invece come un
In continuità con il tema del realismo, la teologia cristiana del Verbo manifesta interessanti conseguenze circa il carattere di
== Il mistero di Gesù-Cristo, Verbo incarnato, principio di comprensione dei rapporti fra Dio e il mondo ==
=== La ''lex incarnationis'', origine della specificità del cristianesimo oltre il linguaggio del mito ===
Il fatto che la pienezza della rivelazione e della donazione di Dio al mondo avvengano nella Persona del Verbo caratterizza in modo determinante i rapporti fra l'uomo, il mondo e Dio. L'aggettivo
La fede cristiana nell'Incarnazione ha suscitato a volte domande in merito al suo rapporto col mito (cfr. C. Schönborn, ''Il mistero dell'Incarnazione'', Casale Monferrato 1989). La dottrina dell'unione ipostatica (cioè unione delle due nature, umana e divina, nell'unico soggetto o
Il mistero dell'Incarnazione si colloca in un contesto radicalmente diverso. Nel [[Taumaturgia messianica/Capitolo 9|concepimento verginale di Maria]], madre di Gesù (cfr.
Grazie a questa peculiarità di unione dell'umano al divino, l'Incarnazione prende sul serio la natura umana ed ogni uomo concreto. L'essere umano non è più terreno della lotta fra gli dèi; l'uomo cessa di essere una creatura illusa da una mitica divinizzazione oppure umiliata dall'assolutizzazione di un'incolmabile differenza con Dio. L'intimità con Dio lascia intatta la personalità della creatura: lo Spirito Santo, che dopo l'Incarnazione può abitare in ogni uomo perché Spirito del Cristo (cfr. {{passo biblico2|Gal
=== Il mondo creato può essere pienamente compreso solo alla luce del mistero del Verbo incarnato ===
Le considerazioni sviluppate nella sezione II ci hanno mostrato come il mondo appartenga al mistero di Cristo, che è ''mistero del Padre''. Il mondo, cioè, nasce dal mistero della volontà del Padre che vuole ogni cosa nel Figlio, per mezzo del Figlio, e nasce da quell'amore, lo Spirito, che ne sigilla il rapporto. Il mondo non è solo una
L'appartenenza del mondo al mistero di Cristo e, attraverso di Lui, al Dio uno e trino, implica che il mondo materiale non possa comprendersi fino in fondo, tanto nelle ragioni ultime del suo essere come in quelle del suo divenire, prescindendo da categorie
{{q|Il mondo materiale ha origine nella azione delle Persone divine ed è chiamato ad essere riassunto e trasfigurato dalle Persone divine. È questo uno degli aspetti fondamentali per la visione attuale del mondo. La sconsacrazione del cosmo è una delle grandi tentazioni dell'uomo moderno, che tende a concepire il mondo della natura, in cui esercita la scienza, come estraneo al destino religioso. L'uomo moderno tende a dissociare un destino religioso che sarebbe puramente personale, da un destino cosmico che sarebbe profano e materiale: come se la religione fosse un affare privato, e il problema religioso un problema individuale e non il problema del senso dell'intero universo e quindi della sua realtà materiale L'incarnazione del Verbo e la sua solidarietà con la storia del mondo rappresentano la ragione di fondo per ritenere che non esistano realtà terrene totalmente profane:
Una prospettiva che voglia interpretare la realtà a partire da categorie religiose, e non come qualcosa di semplicemente profano, deve chiarire i suoi rapporti con l'autonomia delle cose create e con la loro secolarità. Un primo chiarimento è fornito dalla metafisica della creazione. L'autonomia (''autós nómos'') della creatura mantiene il suo necessario riferimento ontologico alla [[w:Motore immobile|Causa Prima]], ragione ultima dell'essere e della essenza/natura di ogni ente creaturale: senza questo legame con l'essere, la creatura non ha alcuna legge (''nómos'') propria. Ciò è vero sia sul piano dei fenomeni naturali sia sul piano antropologico, dove l'autonomia si chiama libertà e la sua realizzazione carità. Riproponiamo in proposito la nota riflessione della ''[[w:Gaudium et spes
{{q|Se per autonomia delle realtà terrene si vuol dire che le cose create e le stesse società hanno leggi e valori propri che l'uomo gradatamente deve scoprire, usare e ordinare, allora si tratta di una esigenza di autonomia legittima: non solamente essa è rivendicata dagli uomini del nostro tempo, ma è anche conforme al volere del Creatore [...]. Se invece con l'espressione Un secondo chiarimento a sostegno della non conflittualità fra interpretazione religiosa del mondo ed autonomia del creato può ricavarsi dalla convergenza fra
{{q|La metafisica cristiana della creazione separata dall'ermeneutica pasquale della filiazione, che ne articola il senso per l'uomo, si trasforma in una Sul piano filosofico, una prospettiva che veda nell’appartenenza del mondo al mistero fontale di Dio la necessaria chiave di lettura per comprenderne appieno il senso e il significato, è quella espressa dal ''credo ut intelligam'' di Agostino o dal ''lumen fidei'' di Bonaventura e di Tommaso. In ambedue i casi, la fede in un
La singolarità del mistero di Cristo e della sua incarnazione non costituiscono infine un ostacolo sulla strada del dialogo fra il cristianesimo e le religioni della terra: impongono solo alla teologia di saper chiarire i rapporti fra il ''Logos'' cristiano e l'universalità della verità, fra il discorso sul Dio di Gesù Cristo ed il discorso su Dio presente nelle altre tradizioni religiose. Il legame fra Cristo e il cosmo, che la fede cristiana confessa, intende farsi carico proprio di quell'universalità ed assicura che quella strada esiste.
<div style="color: teal; text-align: right; font-size: 0.8em;">''(estratto/redatto dai documenti DISF, Documentazione Interdisciplinare di Scienza e Fede, 2002)''</div>
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<div style="text-align: center; font-size: 1.5em;">'''[[Taumaturgia messianica|<< Torna all'Indice]]'''</div>
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[[Categoria:Taumaturgia messianica|Appendice C]]
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