Gesù e il problema di una vita/Capitolo 14: differenze tra le versioni

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==== Interrogatorio dell'imputato ====
Secondo la testimonianza concorde dei quattro vangeli l'interrogatorio di Pilato si concentrò sulla terza accusa: "Tu sei il re dei Giudei?" "Tu lo dici" ({{passo biblicobiblico2|Mt27Mt|27,11-14}};Mc15 {{passo biblico2|Mc|15,2-5}};Lc23 {{passo biblico2|Lc|23,2-5}};Gv18 {{passo biblico2|Gv|18,28-38}}). Questa sola risposta riportata dai tre sinottici può suonare ambigua: "Non lo sono, sei tu che lo dici", oppure "Sì lo sono, lo dici tu stesso". Giovanni esplicita il senso affermativo: "Tu lo dici, io sono re", ma aggiunge la precisazione che chiarisce la natura teologica e non politica di questa regalità: "Il mio regno non è di questo mondo", che rappresenta una implicita discolpa di Gesù. A parte questa breve risposta i tre sinottici non riportano altre parole di Gesù, fatto che desta meraviglia in Pilato. Giovanni invece amplia il dialogo tra Gesù e Pilato. Secondo il [[w:diritto romano|diritto romano]] stabilire che Gesù si fosse dichiarato re rappresentava un reato di [[w:lesa maestà|lesa maestà]] e implicava la [[w:condanna a morte|condanna a morte]].
 
Secondo i quattro vangeli Pilato, nonostante l'ammissione della sua regalità 'teologica', non trovò colpa in Gesù e in un primo momento non lo condannò. Questa ricerca di neutralità è in {{passo biblicobiblico2|Mt27Mt|27,19}} rafforzata dall'intervento della [[w:moglie di Pilato|moglie]].
 
Il resoconto [[w:Vangelo secondo Giovanni|giovanneo]] del processo di fronte a Pilato, solleva comunque delle perplessità tra gli storici, non essendo verosimile che la massima autorità giudiziaria in Giudea e prefetto romano Ponzio Pilato abbia acconsentito - per non urtare la sensibilità religiosa dei giudei, come riportato appunto da Giovanni<ref>{{passo biblicobiblico2|Gv18Gv|18,28-40; Gv1919,1-16}}.</ref> - a condurre il processo facendo da portavoce tra i suoi sudditi Ebrei, che erano rimasti fuori dal pretorio per non contaminarsi in vista della Pasqua, e l'accusato Gesù, uscendo ed entrando dal pretorio stesso almeno 6 volte; questo, a maggior ragione, conoscendo la crudeltà e la fermezza da sempre dimostrate da Pilato nei confronti degli Ebrei stessi.<ref>Bart Ehrman, ''Prima dei vangeli'', Carocci Editore, 2017, pp. 130-136, ISBN 978-88-430-8869-0.</ref>
 
==== Tentativi di Pilato: il rinvio ad Erode Antipa, la liberazione di un condannato ====
Il vangelo di Luca riporta ({{passo biblico|Lc23Lc|23,6-12}}), all'interno dell'incontro tra [[w:Ponzio Pilato|Pilato]] e [[Gesù]], il rinvio a [[w:Erode Antipa|Erode Antipa]] in quanto aveva appurato che era [[Galilea|galileo]]. La motivazione del rinvio non viene esplicitata dal testo: il parere di alcuni è che Pilato, convinto della sua innocenza, cercasse una conferma in tal senso anche dal re della [[Galilea]], di cui Gesù era suddito, da contrapporre alle accuse delle autorità giudaiche<ref>{{cita|Ricciotti, ''Vita di Gesù Cristo''| p. 664 (par. 583)|ricciotti}}.</ref>. Secondo altri, Pilato cercava solo di liberarsi delle sue responsabilità; aveva accettato di giudicare Gesù, che era galileo, secondo il principio giuridico del ''forum delicti'' ma aveva tentato di ricorrere al principio del ''forum domicilii'' (casistica prevista dal diritto romano)<ref>{{cita|Marucci|pp. 6-7|marucci}}.</ref>.
Secondo Flusser, invece, Pilato intese rispettare il protocollo una volta appurato che l'imputato era galileo ottenendo in cambio di tale gesto l'amicizia di Erode<ref>{{cita|Flusser|pp. 166-167|flusser}}.</ref>.
 
Il parere del Miglietta è che si sia trattato di un calcolo preciso: Pilato, da giudice, con la richiesta di un parere sui fatti intendeva acquisire elementi circa la condotta di Gesù in merito all'accusa di "sollevare il popolo cominciando dalla Galilea" sperando allo stesso tempo di acquisire, con un atto di cortesia istituzionale, un risultato "politico", la riconciliazione con il vicino<ref>{{cita|Miglietta|pp. 124, 1444-145|miglietta2}}.</ref>.
Erode Antipa risiedeva abitualmente a [[Tiberiade]], capitale del suo effimero regno, ma come Pilato si trovava a [[w:Gerusalemme|Gerusalemme]] in occasione della [[w:Pesach|Pasqua]]. La sede del palazzo degli [[w:Asmonei|Asmonei]], è ipotizzata con relativa certezza al centro della città, di poco a occidente del tempio.
 
All'incontro erano presenti anche i "sommi sacerdoti" che accusavano Gesù. Le accuse non sono riportate dal resoconto di Luca. Secondo l'evangelista il re, in accordo col carattere semplicistico e un po' fanciullesco che gli viene attribuito anche in occasione dell'episodio della morte di [[Giovanni il Battista]] ({{passo biblicobiblico2|Mt|Mt1414,6-11}}), sembra poco coinvolto dal processo e mostra interesse invece per le sue capacità di compiere miracoli. Gesù però non risponde nulla né compie alcun miracolo.
 
Disilluso dal colloquio Erode non espresse alcuna condanna, ma lui e i suoi soldati insultarono e schernirono Gesù, rivestendolo di una "splendida veste" (probabilmente per deriderlo come re) e rimandandolo a Pilato.
 
Dopo l'invio di Gesù ad [[Erode Antipa]] Pilato cercò di liberarlo <ref>Nel trattato [[mishna]]ico Pesachim VIII 6a vien contemplata una situazione simile: un israelita detenuto nel carcere romano di Gerusalemme può sperare di essere rilasciato prima della sera di Pasqua. Tale caso sembra essere ricorrente prima di ogni 15 Nisan il che avvalorerebbe l'affermazione del vangelo. ({{Cita pubblicazione|autore=L. Bove|titolo=Chi volete che vi liberi, Barabba o Gesù?: il privilegium paschale|rivista=F. Amarelli, F. Lucrezi, Il processo contro Gesù|città=Napoli|anno=1999|pp. 205-206}})</ref> mediante il cosiddetto "privilegio pasquale"<ref>Oltre al testo del vangelo le fonti che confermano tale usanza sono molto scarse</ref>, ma venne richiesta la liberazione di [[w:Barabba|Barabba]]. In merito a tale amnistia per la Pasqua, va rilevato come non sia mai stata storicamente documentata per nessun governatore romano di alcuna provincia. Inoltre, appare improbabile che Ponzio Pilato, noto per la sua fermezza e crudeltà, fosse disposto a liberare un pericoloso ribelle<ref>{{passo biblicobiblico2|Mc15Mc|15,7}}; Lc23{{passo biblico2|Lc|23,19}}.</ref>. Va anche sottolineato che sull'esistenza di Barabba non vi è alcuna prova storica al di fuori dei vangeli; lo stesso nome "Barabba" significa in aramaico, lingua parlata nella Palestina del I secolo, "figlio del padre" e - in alcuni manoscritti del Vangelo secondo Matteo - viene chiamato "Gesù Barabba", quasi a voler sottolineare la colpa dei giudei, spesso rimarcata dagli evangelisti, nella scelta sbagliata del "Gesù figlio del padre".<ref>Bart D. Ehrman, ''Gesù è davvero esistito? Un'inchiesta storica'', Mondadori, 2013, pag. 186, ISBN 978-88-04-63232-0.</ref><ref>Bart Ehrman, ''Prima dei vangeli'', Carocci Editore, 2017, pp. 146-147, ISBN 978-88-430-8869-0.</ref>
 
Secondo Giovanni e soprattutto Luca ({{passo biblico|Lc23Lc|23,22}}) la [[w:flagellazione di Gesù|flagellazione]] è collocata prima della condanna definitiva e viene proposta, nelle intenzioni di Pilato, come una alternativa alla condanna capitale. Matteo e Marco invece sintetizzano gli eventi e la collocano dopo la condanna a morte, come preliminare della crocifissione. Vi è, comunque, un'incongruenza tra gli evangelisti: la flagellazione sarebbe avvenuta prima della fine del processo davanti a Ponzio Pilato<ref>{{passo biblico|Gv19,1-16}}.</ref>, come riportato dal Vangelo secondo Giovanni, oppure dopo che era finito tale processo, subito prima che Pilato lo consegnasse ai soldati per la crocifissione<ref>{{passo biblicobiblico2|Matteo |27,26}}; Mc15{{passo biblico2|Mc|15,15}}.</ref>, come invece precisato dei vangeli di Matteo e Marco. Non è pensabile che Gesù sia stato sottoposto a due flagellazioni - una prima della fine del processo e l'altra dopo - e sia riuscito a sopravvivere ad entrambe,<ref>La flagellazione romana era estremamente dura: il condannato, nudo, era legato ad una colonna e veniva colpito con un flagello (frusta) di lacci di cuoio aventi in punta schegge d'ossa, piombi e pungiglioni; questo provocava profonde lacerazioni e fratture che a volte uccidevano il condannato stesso.</ref> ma nessun vangelo parla di una doppia flagellazione.
 
==== Sentenza ====
A fronte della pressione della folla che stava degenerando in un tumulto ({{passo biblicobiblico2|Mt|Mt2727,24}}) Pilato acconsentì alla loro richiesta di far crocifiggere Gesù e fece il gesto divenuto poi proverbiale di lavarsi le mani. Un certo numero di studiosi argomenta circa il gesto di lavarsi le mani, attribuito a Pilato, come storicamente poco verosimile per un prefetto romano, che nutriva oltretutto un certo disprezzo per i semiti, essendo questo un rituale ebraico di discolpa e affermazione di purezza riportato in vari passi della Bibbia<ref>Ad esempio: {{ passo biblico|Dt21Dt|21,6-8}}; Salmi25{{passo biblico2|Salmi|25,5-6}}; Salmi72{{passo biblico2|Salmi|72,13}}.</ref><ref>Adriana Destro e Mauro Pesce, ''La morte di Gesù'', Rizzoli, 2014, pp. 125-126.</ref>, tuttavia l'uso dell'abluzione per rimuovere la colpa grave di un omicidio è attestato anche nella letteratura classica greca<ref>{{cita|France|pp. 559-560|france}}.</ref>.
 
== La colpevolezza del Sinedrio come motivo di anti-semitismoantisemitismo ==
[[File:Hieronymus Bosch 055.jpg|thumb|330px|<small>La ''[[w:Salita al Calvario (Bosch Gand)|Salita al Calvario]]'' di [[w:Hieronymus Bosch|Hieronymus Bosch]]. Da notare come mostruosamente siano raffigurati gli ebrei</small>]]
 
Una delle frasi più note, in merito all'assunzione di responsabilità della morte di Gesù da parte degli Ebrei, è il passo {{passo biblicobiblico2|Mt27Mt|27,25}}: "''E tutto il popolo rispose: «Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli»''", contenuto nel solo Vangelo secondo Matteo. Tale frase "com'è noto [...] non è storica: proietta all'indietro le polemiche tra i Giudei e i seguaci di Gesù della fine del I secolo"<ref>Così il Biblista [[w:Mauro Pesce|Mauro Pesce]]. Analogo parere di [[w:Raymond Edward Brown|Raymond Brown]] che ritiene che "questo episodio rappresenti una composizione di Matteo sulla base di una tradizione popolare riflettente sul tema del sangue innocente di Gesù e della responsabilità da esso creato. È della stessa derivazione e formazione degli episodi di Giuda e della moglie di Pilato. (Infatti io sospetto che la tradizione dietro alla storia dei Magi arrivi dagli stessi circoli giudaico cristiani)". Anche lo storico [[w:Aldo Schiavone|Aldo Schiavone]] sottolinea per tale episodio matteano, così come per gli altri contenuti antiebraici introdotti dall'evangelista nel processo di fronte a Pilato, che "non si può credere a una sola parola di questo racconto". (Adriana Destro e Mauro Pesce, ''La morte di Gesù'', Rizzoli, 2014, p. 122, ISBN 978-88-17-07429-2; Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, p. 833, ISBN 978-0-300-14009-5; Aldo Schiavone, ''Ponzio Pilato. Un enigma tra storia e memoria'', Einaudi, 2016, Cap. IV, ISBN 978-88-062-2836-1; [https://www.ilmessaggero.it/pay/edicola/ponzio_pilato_revisione_saggio_aldo_schiavone-1502675.html Ma Pilato non si lavò le mani], archiviato [https://web.archive.org/web/20191017100918/https://www.ilmessaggero.it/pay/edicola/ponzio_pilato_revisione_saggio_aldo_schiavone-1502675.html].).</ref> e gli esegeti del "Nuovo Grande Commentario Biblico"<ref>Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, ''Nuovo Grande Commentario Biblico'', Queriniana, 2002, p. 876, ISBN 88-399-0054-3.</ref> evidenziano in merito come "l'amaro, sgradevole carattere di questo versetto può essere solo capito come risultato della polemica contemporanea e alla luce della prospettiva storica di Matteo". Secondo [[w:Joseph Ratzinger|Joseph Ratzinger]], Matteo non mette il verbo "ricada"<ref>Il testo greco non riporta il verbo: alcune traduzioni in italiano lo omettono correttamente altre no</ref> nella frase con l'intento di sottolineare la perdita definita del privilegio di essere "il popolo di Dio" e non per esprimere un fatto storico<ref>{{cita|Ratzinger|pp. 560-561|ratzinger}}.</ref>. Altri studiosi cristiani osservano, invece, il peso che ebbe tale frase matteana e il teologo [[w:John Dominic Crossan|John Dominic Crossan]]<ref>John Dominic Crossan, ''Who killed Jesus?'', HarperOne, 1995, pp. 152, 157-159, 218-219, ISBN 978-0-06-061480-5.</ref>, tra i cofondatori del [[Jesus Seminar]], sottolinea che "questa reiterata giustapposizione tra gli ebrei che domandano la crocifissione di Gesù e le dichiarazioni romane sull'innocenza di Gesù stesso non è profezia e neanche è storia. È propaganda Cristiana" e "alla luce del successivo antigiudaismo Cristiano e alfine dell'antisemitismo genocida<ref>Il teologo [[w:Hans Küng|Hans Küng]] osserva in merito: "L’antisemitismo razzista, che con l’Olocausto raggiunse il suo vertice terroristico, non sarebbe stato possibile senza la quasi bimillenaria preistoria dell’antigiudaismo della Chiesa cristiana". (Corrado Augias, ''I segreti del Vaticano'', Mondadori, 2010, p. 271, ISBN 978-88-04-64615-0.).</ref>, non è più possibile in retrospettiva pensare che questa finzione della [[Passione di Gesù|passione]] fosse una propaganda relativamente benigna. Per quanto spiegabili le sue origini, difendibili le sue invettive e comprensibili i suoi motivi tra i Cristiani che lottavano per la sopravvivenza, la sua ripetizione è adesso diventata la più duratura menzogna e, per la nostra integrità, noi Cristiani dobbiamo alla fine definirla in tal modo", inoltre "una volta che l'Impero Romano divenne Cristiano questa finzione diventò letale"<ref>Aggiunge tale teologo che "siccome il Cristianesimo alla fine ottenne il supporto politico e militare dell'Impero Romano, esso fu in grado di promuovere le sue idee e anche perseguitare i suoi opponenti in un modo non consentito al Giudaismo" e "una volta che è l'Impero Romano divenne Cristiano, tutti gli altri furono in pericolo, Ebrei naturalmente ma anche pagani e anche Cristiani dissidenti".</ref>. Anche il biblista cattolico tedesco Josef Blinzler riconosce: "la storia della [[w:passione di Gesù|passione di Gesù]] si è realmente trasformata nella storia della sofferenza degli Ebrei; la strada del Signore verso la croce è diventata una ''via dolorosa'' della gente ebraica attraverso i secoli".<ref>Josef Blinzler, ''The trial of Jesus'', Newman Press, 1959, p. 8. (cfr. anche: Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, p. 385, ISBN 978-0-300-14009-5.).</ref>[[w:Raymond Edward Brown|Raymond Brown]]<ref>Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah'' Vol. 1, Anchor Yale Bible, 2010, pp. 7, 383-397, 831-832, ISBN 978-0-300-14009-5. (Cfr anche: John Dominic Crossan, ''Who killed Jesus?'', HarperOne, 1995, pp. 157-159, 218-219, IX-XII, ISBN 978-0-06-061480-5.).</ref> evidenzia, inoltre, che "mentre l'intero Nuovo Testamento è stato mal usato in maniera antiebraica, questo testo, con tutta la gente che urla «Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli», ha avuto un ruolo speciale. È stato trattato come se fosse una auto maledizione con la quale la gente ebraica attirò su sé stessa il sangue di Gesù per tutti i tempi successivi. [...] Questa è una di quelle frasi che sono state responsabili per oceani di sangue umano e un incessante flusso di miseria e desolazione"; aggiunge tale teologo come la stessa frase fu poi usata dai primi cristiani e dai Padri della Chiesa: "[[w:Origene|Origene]] andò drasticamente aldilà del giudizio di Matteo quando nel 240 dopo Cristo egli scrisse: «per questa ragione il sangue di Gesù ricade non solo su quelli che vissero al momento ma anche su tutte le generazioni di Giudei che seguirono, fino alla fine dei tempi». Sfortunatamente egli fu seguito nella sua valutazione da alcuni dei più grandi nomi della Cristianità" e ad esempio "[[w:Sant'Agostino|Sant'Agostino]], [[w:Giovanni Crisostomo|Giovanni Crisostomo]], [[w:Tommaso d'Aquino|Tommaso d'Aquino]], [[w:Lutero|Lutero]], etc, sono citati come sostenitori, con preoccupante ferocia, del diritto e anche del dovere dei Cristiani di disprezzare, odiare e punire gli Ebrei".
 
In merito al Vangelo di Marco, nota [[w:Vito Mancuso|Vito Mancuso]] che a chiedere la crocifissione di Gesù, per Marco fu invece una folla (composta probabilmente dai sostenitori di Barabba, lì radunati dai sacerdoti), per Giovanni i Giudei (identificabili con l'aristocrazia del tempio) e per Luca i capi dei sacerdoti, i magistrati ebrei e il popolo, quest'ultimo non nella sua totalità<ref>Vito Mancuso, ''Io e Dio'', Garzanti, 2011.</ref>, mentre gli studiosi del "Nuovo Grande Commentario Biblico"<ref>Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, ''Nuovo Grande Commentario Biblico'', Queriniana, 2002, p. 817, ISBN 88-399-0054-3.</ref> osservano - in merito al verso {{passo biblico|Mc14,55}} "''Intanto i capi dei sacerdoti e tutto il Sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano''" - come "Marco sta presentando l'udienza come un vero e proprio processo davanti a tutto il Sinedrio. Questa tendenza faceva probabilmente parte dello sforzo generale dei Cristiani di diminuire il coinvolgimento dei Romani nella morte di Gesù e di accrescere quello dei Giudei".
 
Anche nel Vangelo secondo Luca - in merito al verso di Luca {{passo biblico|Lc23Lc|23,25}}: "''Rilasciò colui che era stato messo in carcere per sommossa e omicidio e che essi richiedevano, e abbandonò Gesù alla loro volontà''" - gli studiosi dell'interconfessionale "Parola del Signore Commentata"<ref>Parola del Signore Commentata, traduzione interconfessionale, Nuovo Testamento, LDC/ABU, 1981, p. 267.</ref> rilevano che "in modo ancora più forte di Matteo, Luca giudica i Romani liberi dalla «colpa» della morte di Gesù. Luca tace addirittura il fatto che sia stato Pilato a pronunziare la sentenza di morte. L'unico fatto che egli ci riferisce è che il governatore lasciò che fossero gli abitanti di Gerusalemme a decidere sulla sorte di Gesù".
 
Anche nella [[w:Prima lettera ai Tessalonicesi|Prima lettera ai Tessalonicesi]] - che, scritta attorno al 50 de.Cv., è il più antico documento [[w:Nuovo testamento|neotestamentario]] esistente - come osservano gli esegeti del "Nuovo Grande Commentario Biblico", al verso {{passo biblico|1Tess21Tess|2,13-16}} con "forte tono antisemitico [...] [[w:Paolo di Tarso|Paolo]] enumera una serie di accuse contro i Giudei: l'uccisione di Gesù e dei profeti, la persecuzione contro Paolo e i suoi collaboratori, la disubbidienza verso Dio, l'inimicizia nei confronti degli uomini, il porre impedimenti al vangelo perché non raggiunga i pagani laddove possa servire alla loro salvezza"<ref>Gli stessi esegeti precisano anche come "questo è l'unico passo negli scritti di Paolo dove la responsabilità della morte di Gesù è addossata ai Giudei". Pur essendo la [[w:Prima lettera ai Tessalonicesi|Prima lettera ai Tessalonicesi]] tra le sette lettere di Paolo ritenute genuine, questo verso, che oggi "molti studiosi giudicano inautentico", è considerato un'interpolazione cristiana successiva in chiave antiebraica. (Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, ''Nuovo Grande Commentario Biblico'', Queriniana, 2002, pp. 1010-1014, ISBN 88-399-0054-3.).</ref>.
 
Secondo alcuni, invece, il testo dei vangeli canonici non attribuisce la "colpa" ai soli giudei e coinvolge nelle responsabilità della condanna a morte di Gesù anche Erode Antipa e i Romani. Gesù nel [[vangelo di Giovanni]] dice a Pilato che coloro che l'hanno consegnato a lui hanno una colpa più grande intendendo soprattutto le autorità del Tempio, Caifa ed Anna che avevano organizzato il processo per eliminarlo. Il [[Nuovo Testamento]] descrive in vari modi la partecipazione e le responsabilità del Sinedrio nella condanna e nell'esecuzione di Gesù, ma non esenta dalle colpe i romani stessi. Il Nuovo Testamento sottolinea anche il fatto che Pilato, dopo che Gesù venne consegnato a lui, appurato che si trattava di "problemi religiosi" voleva che il condannato venisse giudicato dagli ebrei e che essi lasciarono a lui la sentenza poiché per loro non era possibile mettere a morte qualcuno sotto l'autorità romana (Giovanni 18, 31). La persecuzione degli ebrei fu un fenomeno piuttosto frequente, soprattutto nell'Europa cattolica del [[w:Medioevo|Medioevo]]. Tutto ciò sarebbe stato però contrario agli insegnamenti dello stesso Gesù che aveva ordinato ai suoi discepoli di amare i propri nemici (Matteo 5, 38-39) e aveva perdonato, in punto di morte, gli uomini che l'avevano crocifisso (Luca 9, 51-56).{{Senza fonte}}
 
== Storicità e attendibilità del processo ==
Come ricordato in una precedente sezione, i quattro [[vangeli canonici]] sono le uniche fonti storiche in merito al processo di Gesù. Molti studiosi evidenziano - come meglio precisato nei sottostanti paragrafi della presente sezione - come tali narrazioni non sarebbero storicamente conciliabili e attendibili, rappresentando queste la personale interpretazione teologica di ogni evangelista su precedenti materiali della tradizione cristiana. <br/>[[Raymond Edward Brown|Raymond Brown]]<ref>Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, p. 417, ISBN 978-0-300-14009-5.</ref> evidenzia come "la soluzione più comune (almeno in passato) sia stata armonizzare le singole narrazioni evangeliche con la presunzione che ognuna sia storicamente vera ma riferita solo ad una parte di una scena più ampia. Spesso molta immaginazione è stata usata per tali armonizzazioni [...] Siccome i singoli vangeli non incoraggiano a compiere tali armonizzazioni, è meglio considerare separatamente i tre adattamenti che ci arrivano da Marco/Matteo, Luca e Giovanni. A prescindere da come è nato, ogni adattamento dà l'impressione di essere la descrizione completa di cosa accadde, non la parte di una scena più ampia". Gli evangelisti, precisa Raymond Brown<ref>Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, p. 556, ISBN 978-0-300-14009-5. (Cfr. anche: John Dominic Crossan, ''Who killed Jesus?'', HarperOne, 1995, pp. 116-117, ISBN 978-0-06-061480-5; Rudolf Bultmann, ''History of the Synoptic Tradition'', Hendrickson Publisher, 1963, p. 272, ISBN 1-56563-041-6; Bart Ehrman, ''Prima dei vangeli'', Carocci Editore, 2017, pp. 131-135, ISBN 978-88-430-8869-0.).</ref>, si basarono su materiale precedente, che "riarrangiarono per inserirlo secondo i propri intenti teologici [e tale materiale] nella maggior parte dei casi sarà più vicino alla storia rispetto agli arrangiamenti fatti nei vangeli"<ref>Precisa ancora Raymond Brown come tale materiale pre-evangelico si riferisce al "periodo precedente a quello in cui furono scritti i vangeli, principalmente il periodo tra il 30 e il 60 quando oralmente (e probabilmente per iscritto) si formarono le tradizioni che furono rimodellate e incorporate (con aggiunte) dagli evangelisti negli anni tra il 60 e il 100".</ref>; quindi, in merito alle scene processuali di fronte alle autorità ebraiche e a quella romana, "sicuramente entrambe non sono storiche così come descritte, qualunque tradizione sottostante è stata pesantemente rimodellata"<ref>Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, pp. 585-586, ISBN 978-0-300-14009-5.</ref>. <br/>Così, ad esempio, "il racconto lucano del processo differisce notevolmente da quello di Marco"<ref>Come evidenziano gli esegeti del "Nuovo Grande Commentario Biblico" (Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, ''Nuovo Grande Commentario Biblico'', Queriniana, 2002, p. 936, ISBN 88-399-0054-3. Cfr anche: Bibbia TOB, Nuovo Testamento Vol.3, Elle Di Ci Leumann, 1976, p. 279.).</ref> e pone un unico procedimento sinedrile il mattino al contrario di Marco/Matteo che riferiscono di due procedimenti, di cui uno notturno<ref>Vedi sottostante sezione "[[w:Processo di Gesù#Il processo davanti al Sinedrio|Il processo davanti al Sinedrio]]" (Cfr:. Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, pp. 359, 568, 585, 586, ISBN 978-0-300-14009-5; Bibbia di Gerusalemme, EDB, 2011, pp. 2496, 2513, ISBN 978-88-10-82031-5; Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, ''Nuovo Grande Commentario Biblico'', Queriniana, 2002, p. 936, ISBN 88-399-0054-3; Bibbia TOB, Nuovo Testamento Vol.3, Elle Di Ci Leumann, 1976, pp. 118-119, 278-279; Bart Ehrman, ''Prima dei vangeli'', Carocci Editore, 2017, pp. 131-135, ISBN 978-88-430-8869-0; Adriana Destro e Mauro Pesce, ''La morte di Gesù'', Rizzoli, 2014, pp. 121-126, ISBN 978-88-17-07429-2.).</ref>; mentre invece il Vangelo di Giovanni<ref>Vedi sottostante sezione "[[w:Processo di Gesù#Il processo davanti al Sinedrio|Il processo davanti al Sinedrio]]" (Cfr:. ''Bibbia di Gerusalemme'', EDB, 2011, p. 2546, ISBN 978-88-10-82031-5; Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, pp. 424-426, 557, 586, ISBN 978-0-300-14009-5; Adriana Destro e Mauro Pesce, ''La morte di Gesù'', Rizzoli, 2014, pp. 122-123, 125, ISBN 978-88-17-07429-2; Bart Ehrman, ''Il Nuovo Testamento'', Carocci Editore, 2015, pp. 88-90, ISBN 978-88-430-7821-9. ).</ref> riferisce che il processo "ebbe luogo settimane prima della Pasqua" e "una seria possibilità è che la versione di Giovanni sia più antica e forse anche più storica"<ref>Come precisa [[w:Raymond Edward Brown|Raymond Brown]] (Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, pp. 424-426, ISBN 978-0-300-14009-5.).</ref>. <br/>Anche il processo di fronte a Pilato<ref>Vedi sottostante sezione "[[w:Processo di Gesù#Il processo davanti a Pilato|Il processo davanti a Pilato]]" (Cfr:. Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, pp. 725, 753-755, 758-759, 778, 783-785, 854, 860-861, 830-833, 836-837, ISBN 978-0-300-14009-5; John Dominic Crossan, ''Who killed Jesus?'', HarperOne, 1995, pp. 99, 116-117, 148, ISBN 978-0-06-061480-5; Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, ''Nuovo Grande Commentario Biblico'', Queriniana, 2002, pp. 818, 876, ISBN 88-399-0054-3; Bibbia di Gerusalemme, EDB, 2011, p. 2386, ISBN 978-88-10-82031-5; Rudolf Bultmann, ''History of the Synoptic Tradition'', Hendrickson Publisher, 1963, p. 272, ISBN 1-56563-041-6; Bart Ehrman, ''Prima dei vangeli'', Carocci Editore, 2017, pp. 135-136, ISBN 978-88-430-8869-0.).</ref> "è trattato differentemente in ogni vangelo" e "questi sono racconti popolari, non documentazioni legali"<ref>Precisa ancora [[w:Raymond Edward Brown|Raymond Brown]] (Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah'' Vol. 1, Anchor Yale Bible, 2010, pp. 753, 854, ISBN 978-0-300-14009-5.).</ref>. <br/>Secondo alcuni autori molti altri dettagli dei processi non sarebbero storicamente coerenti o risulterebbero inconciliabili tra i vangeli: ad esempio, la figura di Barabba (e la relativa usanza del rilascio di un prigioniero a Pasqua)<ref>Vedi sottostante sezione "[[w:Processo di Gesù#L'amnistia pasquale e la liberazione di Barabba|L'amnistia pasquale e la liberazione di Barabba]]" (Cfr:. Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, pp. 815-820, ISBN 978-0-300-14009-5; John Dominic Crossan, ''Gesù una biografia rivoluzionaria'', Ponte alle Grazie, 1994, pp. 174-178, ISBN 88-7928-270-0; Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, ''Nuovo Grande Commentario Biblico'', Queriniana, 2002, pp. 818, 876, 937, ISBN 88-399-0054-3; John Dominic Crossan, ''Who killed Jesus?'', HarperOne, 1995, pp. 111-112, ISBN 978-0-06-061480-5; Rudolf Bultmann, ''History of the Synoptic Tradition'', Hendrickson Publisher, 1963, p. 272, ISBN 1-56563-041-6; ''Bibbia TOB, Nuovo Testamento'' Vol.3, Elle Di Ci Leumann, 1976, pp. 120-121, 179; ''La Sacra Bibbia illustrata'' Vol. 4. ''Nuovo Testamento'', Versione ufficiale CEI, Mondadori, p. 170, 2010; Bart Ehrman, ''Jesus apocalyptic prophet of the new millennium'', Oxford University Press, 1999, pp. 222-223, ISBN 978-0-19-512474-3.).</ref>, oppure l'accusa di blasfemia verso Gesù<ref>Vedi sottostante sezione "[[w:Processo di Gesù#L'accusa di blasfemia|L'accusa di blasfemia]]" (Cfr: Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, pp. 475-476, 480-482, 506-515, 531-535, 538, 541, 544-547, ISBN 978-0-300-14009-5; Bibbia di Gerusalemme, EDB, 2011, p. 2546, ISBN 978-88-10-82031-5; Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, ''Nuovo Grande Commentario Biblico'', Queriniana, 2002, p. 817, ISBN 88-399-0054-3; Rudolf Bultmann, ''History of the Synoptic Tradition'', Hendrickson Publisher, 1963, p. 270, ISBN 1-56563-041-6; John Dominic Crossan, ''Who killed Jesus?'', HarperOne, 1995, pp. 110-111, ISBN 978-0-06-061480-5; Bart Ehrman, ''Jesus apocalyptic prophet of the new millennium'', Oxford University Press, 1999, pp. 145-148, 216-221, 234-237, ISBN 978-0-19-512474-3; Adriana Destro e Mauro Pesce, ''La morte di Gesù'', Rizzoli, 2014, p. 290, ISBN 978-88-17-07429-2.).</ref>, o i resoconti sulla [[w:flagellazione di Gesù|flagellazione di Gesù]]<ref>Vedi sottostante sezione "[[w:Processo di Gesù#La flagellazione e lo scherno nei confronti di Gesù|La flagellazione e lo scherno nei confronti di Gesù]]" (Cfr: Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, pp. 8, 851-853, 871, ISBN 978-0-300-14009-5; ''Bibbia TOB, Nuovo Testamento'' Vol.3, Elle Di Ci Leumann, 1976, pp. 280, 351; Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, ''Nuovo Grande Commentario Biblico'', Queriniana, 2002, p. 937, ISBN 88-399-0054-3.).</ref> e sullo scherno nei suoi confronti parte dei soldati<ref>Vedi sottostante sezione "[[w:Processo di Gesù#La flagellazione e lo scherno nei confronti di Gesù|La flagellazione e lo scherno nei confronti di Gesù]]" (Cfr: Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, pp. 430, 568, 586, 871-874, ISBN 978-0-300-14009-5.).</ref>.
 
=== Il processo davanti al Sinedrio ===
[[File:Jesús en casa de Anás Museo del Prado José de Madrazo.jpg|thumb|330px|<small>''Gesù percosso davanti a [[w:Anna (sommo sacerdote)|Anna]]'', di [[w:José de Madrazo|Madrazo]] (1803)</small>]]
Il resoconto evangelico del processo di fronte ai sommi sacerdoti e al Sinedrio presenta notevoli problemi storici e il teologo [[w:John Dominic Crossan|John Dominic Crossan]]<ref>John Dominic Crossan, Who killed Jesus?, HarperOne, 1995, pp. 116-117, ISBN 978-0-06-061480-5.</ref>, tra i cofondatori del [[w:Jesus Seminar|Jesus Seminar]] - concordemente al teologo cristiano [[Rudolf Bultmann]]<ref>Rudolf Bultmann, ''History of the Synoptic Tradition'', Hendrickson Publisher, 1963, pp. 270-272, ISBN 1-56563-041-6.</ref> - ritiene che "la tradizione trasmessa non è il nucleo di una memoria ricordata di cosa è accaduto a Gesù durante il processo ma il nucleo di profezie che rimpiazzano l'assenza di ricordi". Vi è, ad esempio, discordanza tra i vangeli se il [[Sinedrio]] si sia riunito due volte - una di notte e una al mattino<ref name="ReferenceA"/>, come sostengono [[w:Vangelo secondo Marco|Marco]] e [[Vangelo secondo Matteo|Matteo]] - oppure solo una al mattino<ref name="passo biblico|Lc22-23"/>, come riporta invece [[w:Vangelo secondo Luca|Luca]], con resoconto identico a quello degli altri due sinottici per la prima riunione notturna; notano gli esegeti del "Nuovo Grande Commentario Biblico"<ref>Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, ''Nuovo Grande Commentario Biblico'', Queriniana, 2002, p. 936, ISBN 88-399-0054-3.</ref> che Luca "differisce notevolmente" e "in luogo della sequenza di Marco: arresto, processo notturno, scherni, rinnegamento, Luca ha la seguente: arresto, rinnegamento, scherni e processo mattutino" in cui "non ci sono falsi testimoni; non si parla dell'accusa che Gesù dichiarava di distruggere il Tempio; il processo è condotto dall'intera assemblea o Sinedrio mentre in Marco il solo sommo sacerdote funge da portavoce". Concordemente, gli esegeti dell'interconfessionale [[w:Bibbia TOB|Bibbia TOB]]<ref>Bibbia TOB, Nuovo Testamento Vol.3, Elle Di Ci Leumann, 1976, p. 279.</ref> osservano che in Luca "il racconto della comparizione di Gesù davanti al Sinedrio corrisponde essenzialmente ai passi paralleli di Matteo e Marco (le deposizioni dei testimoni sono omesse, ma vi si accenna al versetto 71). Ne differisce per la cronologia (questa seduta del mattino corrisponde a quella della notte in Matteo e Marco)". <br/>[[w:Raymond Edward Brown|Raymond Brown]]<ref>Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, pp. 421, 585-586, ISBN 978-0-300-14009-5.</ref> - nel notare come sia il processo sinedrile sia quello romano descritti dai vangeli non siano storici e le tradizioni pre-evangeliche siano state pesantemente riadattate dagli evangelisti - precisa come "lo spostamento del processo del Sinedrio al mattino è un riordino di Luca [e] quando esaminato criticamente, mostra i segni rivelatori dei problemi causati da tale riordino". Lo stesso Raymond Brown<ref>Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, p. 421, ISBN 978-0-300-14009-5.</ref> sottolinea che "per poter armonizzare molti hanno supposto che Luca non narri la sessione del processo che Marco pone di notte, ma una forma allargata della sessione mattutina di Marco. Questa tesi deve essere rigettata per tre motivi: primo, Luca nel narrare il processo mattutino non dà indicazioni di una precedente sessione notturna e non lascia neppure lo spazio per effettuarne una; secondo, i contenuti della sessione mattutina di Luca sono del tutto simili alla maggior parte di quelli della sessione notturna di Marco, ma non a cosa Marco riporta per il mattino; e terzo, Marco non descrive una sessione mattutina ma semplicemente la fine della sola sessione che ebbe luogo la notte".
 
Al contrario dei sinottici, inoltre, per il [[w:Vangelo secondo Giovanni|Vangelo secondo Giovanni]]<ref name="passo biblico|Gv11,46-54"/> la riunione sinedrile avvenne invece molti giorni prima - quando Gesù non si trovava ancora a Gerusalemme - e l'evangelista non cita, infatti, alcuna altra riunione il giorno del processo davanti a Pilato. Raymond Brown<ref>Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, pp. 424-426, 434, ISBN 978-0-300-14009-5.</ref> osserva che " per Giovanni la scena ebbe luogo settimane prima della Pasqua [...] La scena sinedrile di Giovanni non è dipendente da quella dei Sinottici ma rappresenta una tradizione indipendente [...] Una seria possibilità è che la versione di Giovanni sia più antica e forse anche più storica [...] Storicamente, avere una sessione del Sinedrio settimane prima di Pasqua sarebbe più plausibile di una convocata di fretta nel mezzo della notte"<ref>Peraltro, "il posizionamento notturno si adatta bene al motivo di segretezza dei vangeli: gli avversari di Gesù volevano fosse arrestato senza tumulti. Tuttavia il posizionamento notturno non esige una sessione del Sinedrio, un semplice interrogatorio di Gesù da parte del sommo sacerdote nella propria casa si sarebbe notato di meno".</ref> e quindi "Marco può aver messo qui una sessione sinedrile che nella tradizione non aveva una data precisa ma nei fatti successe prima, e storicamente Giovanni può essere più plausibile nel descrivere solo un interrogatorio sacerdotale nella notte prima che Gesù fosse consegnato ai Romani". Anche gli esegeti della [[w:Bibbia di Gerusalemme|Bibbia di Gerusalemme]]<ref>''Bibbia di Gerusalemme'', EDB, 2011, pp. 2513, 2546, ISBN 978-88-10-82031-5.</ref> ritengono che "Gv 18,31 suppone che effettivamente non ci sia stato un processo davanti al Sinedrio, che si sarebbe concluso con una condanna a morte. Secondo le tradizioni «giovannee», si sarebbe invece tenuta una riunione del Sinedrio, che avrebbe deciso la morte di Gesù per ragion di stato, ma in assenza di Gesù e molto prima del suo arresto. D'altra parte, la decisione di far morire Gesù sarebbe la conclusione del lungo conflitto tra Gesù e i capi del popolo ebraico, che si era acuito al momento delle diverse salite di Gesù a Gerusalemme. Questa presentazione dei fatti è più plausibile di quella della tradizione sinottica, la quale, facendo salire una sola volta Gesù a Gerusalemme, avrebbe sintetizzato il dramma con il racconto della comparsa di Gesù davanti al Sinedrio nella notte stessa dell'arresto" e infatti in merito a tale tradizione sinottica "numerosi storici hanno mostrato l'inverosimiglianza di questa procedura, il che poneva seri interrogativi sulla verità storica dei Sinottici"; appare, inoltre, storicamente improbabile che vi possa essere stata una convocazione notturna e improvvisa dei settanta dei membri Sinedrio, seguita oltretutto da un'ulteriore seduta in mattinata<ref>Adriana Destro e Mauro Pesce, ''La morte di Gesù'', Rizzoli, 2014, pp. 121-125, ISBN 978-88-17-07429-2.</ref>.<br/>Teologicamente, il Vangelo secondo Giovanni, il quale non presenta un processo a Pasqua, ma una sentenza emanata già settimane prima, inserisce tale processo in seguito al miracolo della risurrezione di Lazzaro, in quanto "Giovanni deliberatamente crea una sequenza tra la resurrezione di Lazzaro e la decisione del Sinedrio di mettere Gesù a morte. Il suo arrangiamento è teologico" più che storico<ref>Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, p. 557, ISBN 978-0-300-14009-5.</ref>.
 
La narrazione sinottica dell'incontro con il sommo sacerdote non risulta quindi conciliabile con quella giovannea e "il procedimento legale [durante la Pasqua] descritto da Giovanni non è ambiguo, non suggerisce affatto un processo, neppure da una versione ridotta del Sinedrio [e] qualunque parallelismo nel contenuto o nel formato con il processo sinedrile dei Sinottici davanti al sommo sacerdote (o sacerdoti, Caifa per Matteo) è negli occhi di chi interpreta, non nel testo di Giovanni" e i "problemi che sono stati riscontrati nelle narrazioni dei vangeli su questo interrogatorio diventano più comprensibili se riconosciamo come i singoli evangelisti hanno riadattato le tradizioni pre-evangeliche" piuttosto delle "goffaggini create mettendo insieme gli episodi che erano separati nella tradizione"<ref>Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, pp. 424-426, 558-560, ISBN 978-0-300-14009-5.</ref>.
 
Anche in merito ai "falsi testimoni" portati contro Gesù<ref>{{passo biblicobiblico2|Mc14Mc|14,55-59}}; Mt26{{passo biblico2|Mt|26,59-61}}.</ref>, tali narrazioni risulterebbero storicamente dubbie e questo si evidenzia anche nel "problema reale della scena, ad esempio preparare dei falsi testimoni che dopo non concordano"<ref>Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, p. 549, ISBN 978-0-300-14009-5.</ref>; inoltre, in merito alle testimonianze rese sull'affermazione di Gesù relativa alla distruzione del Tempio<ref>{{passo biblico|Mc14,58; Gv2,19}}.</ref> "i vangeli nelle loro descrizioni del procedimento nel Sinedrio non concordano tuttavia se tale affermazione di Gesù fosse stata effettivamente citata nella sessione sinedrile che causò la condanna a morte da parte dei leaders di Gerusalemme. Giovanni e Luca non hanno l'affermazione, Marco/Matteo sì. Perciò non c'è modo di risolvere la questione. L'apparire del detto sulle labbra dei (falsi) testimoni in Marco/Matteo potrebbe essere un modo di drammatizzare un fatto avvenuto, benché non con parole citate testualmente"<ref>Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, p. 459, ISBN 978-0-300-14009-5.</ref>.
 
=== L'accusa di blasfemia ===
Si evidenziano delle presunte incongruenze anche per l'accusa di blasfemia nei confronti di Gesù. In merito all'affermazione di Gesù di essere Messia e "Figlio di Dio", questo non costituisce un reato punibile con la morte e anche gli studiosi della [[w:École biblique et archéologique française|École biblique et archéologique française]] (i curatori della [[Bibbia di Gerusalemme]])<ref>Bibbia di Gerusalemme, EDB, 2011, p. 2546, ISBN 978-88-10-82031-5.</ref> rilevano infatti - concordemente a [[w:Raymond Edward Brown|Raymond Brown]]<ref>Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, pp. 534-535, ISBN 978-0-300-14009-5.</ref>, il quale sostiene che, in merito a tale possibilità, "deve essere risposto negativamente" - che "secondo Luca, il Sinedrio avrebbe condannato Gesù a morte per avere bestemmiato dicendosi «Figlio di Dio» (Lc22,70; cfcfr. Mt26,64-66; Mc14,62-64). Al v.36 Gesù ricorda che nella Scrittura (cfcfr. 10,34-35) l'espressione «Figlio di Dio» ha un senso debole e non costituisce bestemmia. Ma dopo la risurrezione, i cristiani la comprenderanno in un senso forte, trascendente, addirittura divino; il che provocherà la rottura con il giudaismo".
<br/>Relativamente, invece, all'affermazione che la "bestemmia" di Gesù fosse stata nell'equipararsi ("sedere alla destra") a Dio, indicato con l'epiteto "Potenza", notano gli studiosi del "Nuovo Grande Commentario Biblico"<ref>Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, ''Nuovo Grande Commentario Biblico,'' Queriniana, 2002, p. 817, ISBN 88-399-0054-3.</ref> - per l'affermazione di Gesù (Mc14,64): "'' Gesù rispose: «Io lo sono! E vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo»''" - come "l'accusa di bestemmia viene usata in modo poco preciso, perché secondo Lv24,10-23 la bestemmia implicava il nome divino e veniva punita con la lapidazione" e in tale espressione - citata nelle profezie del Libro di Daniele - gli evangelisti, che scrissero in greco e al di fuori della Palestina, proiettarono, la loro visione cristiana di quella che poteva essere una bestemmia in ambiente giudaico<ref>Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, pp. 509-515, ISBN 978-0-300-14009-5. (Cfr anche: Bart Ehrman, ''Il Nuovo Testamento'', Carocci Editore, 2015, pp. 111,119,145,170,195, ISBN 978-88-430-7821-9; Adriana Destro e Mauro Pesce, ''La morte di Gesù'', Rizzoli, 2014, p. 290, ISBN 978-88-17-07429-2.).</ref>. Anche il teologo cristiano [[w:Rudolf Bultmann|Rudolf Bultmann]]<ref>Rudolf Bultmann, ''History of the Synoptic Tradition'', Hendrickson Publisher, 1963, p. 270, ISBN 1-56563-041-6.</ref> ritiene che fu la successiva tradizione cristiana a influenzare gli evangelisti: "La confessione di Gesù della sua messianicità non avrebbe potuto condurre alla sua condanna [...] Per la successiva tradizione cristiana, dalla quale tutti gli eventi di questa storia arrivano, la dichiarazione di messianicità di Gesù, che era il principale problema tra la chiesa e il giudaismo, poteva bene apparire essere la base della sua condanna"; così Raymond Brown<ref>Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, pp. 475-476, 506-515, 531-547, ISBN 978-0-300-14009-5.</ref> ritiene che "senza dubbio questo processo è scritto alla luce della successiva esperienza dei Cristiani. In esso noi stiamo udendo come i Cristiani del tardo terzo del I secolo pensavano che gli avversari Ebrei avrebbero giudicato Gesù essere blasfemo. Dalle scene del processo possiamo concludere che (negli occhi dei Cristiani) gli avversari Ebrei pensavano blasfeme le esaltazioni di Gesù come messia, il figlio di Dio. Forse anche (in questa scena Cristiana), gli avversari Ebrei di quel periodo avrebbero considerato blasfemamente arrogante la valutazione Cristiana della distruzione del tempio di Dio come un giudizio sugli Ebrei da parte di Gesù, il figlio dell'uomo, perché questi avversari sapevano che tutte queste cose erano nelle mani del solo Dio d'Israele [...] Sottolineo che questa è un'immagine di circa 30 o 70 anni dopo gli eventi, in un periodo quando i problemi di separare quelli che credevano in Gesù da quelli (Ebrei) che non ci credevano era diventato più chiaramente e ostilmente articolato".
 
=== Il processo davanti a Pilato ===
[[File:Ecce homo by Antonio Ciseri (1).jpg|thumb|330px|<small>''[[w:Ecce Homo (Antonio Ciseri)|Ecce Homo]]'', dipinto di [[w:Antonio Ciseri|Antonio Ciseri]], raffigurante Ponzio Pilato che presenta Gesù flagellato alla gente di Gerusalemme</small>]]
In merito alla storicità del processo di fronte alla giustizia romana, analogamente a quello ebraico, [[w:Raymond Edward Brown|Raymond Brown]]<ref>Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah'' Vol. 1, Anchor Yale Bible, 2010, pp. 725, 753, 830, 854, ISBN 978-0-300-14009-5.</ref> rileva come "il tipo di narrazione che i vangeli presentano non è né un rapporto legale sul processo e neppure una sintesi di un testimone" e "il processo Romano di Gesù è trattato differentemente in ogni vangelo. Non abbiamo a che fare in nessun vangelo con un resoconto di testimoni di cosa accadde (specialmente in Giovanni, dove Gesù è dentro il pretorio lontano dagli occhi pubblici o anche dagli occhi di un discepolo che potrebbe aver ricordato). La tesi che un resoconto scritto del processo esisteva negli archivi Romani è invenzione, nonostante alcune referenze patristiche successive. Piuttosto ci sono elementi nella tradizione Cristiana che sono comuni ai quattro vangeli. [...] Tuttavia il grado al quale questi elementi sono drammatizzati e altri sono introdotti varia considerevolmente tra i vangeli. Anche il ritratto di Pilato non è coerente" e "questi sono racconti popolari, non documentazioni legali". <br/>Ad esempio, il Vangelo di Matteo introduce in tale processo degli elementi, non presenti in altre fonti (i 30 pezzi di argento per Giuda e il Campo di sangue<ref>{{passo biblicobiblico2|Mt27Mt|27,3-10}}.</ref>, il sogno di una donna pagana (moglie di Pilato)<ref>{{passo biblicobiblico2|Mt|Mt2727,19}}.</ref>, il gesto di Pilato di lavarsi le mani<ref>{{passo biblicobiblico2|Mt27Mt|27,24}}.</ref>), che sono "popolari quasi folkloristici temi per insegnare la lezione teologica che la giustizia di Dio non è derisa ma interessa ogni parte coinvolta nello spargimento del sangue del figlio di Dio"<ref>Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, p. 755, ISBN 978-0-300-14009-5. (Cfr. anche: Rudolf Bultmann, ''History of the Synoptic Tradition'', Hendrickson Publisher, 1963, p. 272, ISBN 1-56563-041-6.).</ref>. Lo stesso Matteo è ancora l'unica fonte anche per quanto riguarda l'affermazione degli Ebrei, dopo che Pilato si lavò le mani, "''E tutto il popolo rispose: «Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli»''"<ref>{{passo biblicobiblico2|Mt27Mt|27,25}}.</ref> e, come osserva il biblista [[w:Mauro Pesce|Mauro Pesce]]<ref>Adriana Destro e Mauro Pesce, ''La morte di Gesù'', Rizzoli, 2014, p. 122, ISBN 978-88-17-07429-2.</ref>, "com'è noto, questa frase che si trova solo in Matteo non è storica: proietta all'indietro le polemiche tra i Giudei e i seguaci di Gesù della fine del I secolo"; anche Raymond Brown<ref>Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, pp. 831-833, ISBN 978-0-300-14009-5.</ref>, in merito alla storicità, ritiene che "questo episodio rappresenta una composizione di Matteo sulla base di una tradizione popolare riflettente sul tema del sangue innocente di Gesù e della responsabilità da esso creato. È della stessa derivazione e formazione degli episodi di Giuda e della moglie di Pilato. (Infatti io sospetto che la tradizione dietro alla storia dei Magi arrivi dagli stessi circoli giudaico cristiani)" e "mentre l'intero Nuovo Testamento è stato mal usato in maniera antiebraica, questo testo, con tutta la gente che urla «Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli», ha avuto un ruolo speciale. È stato trattato come se fosse un'automaledizione con la quale la gente ebraica attirò su sé stessa il sangue di Gesù per tutti i tempi successivi [...] Questa è una di quelle frasi che sono state responsabili per oceani di sangue umano e un incessante flusso di miseria e desolazione".
Anche il resoconto [[w:Vangelo secondo Giovanni|giovanneo]] del processo romano<ref>Cfr:. Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, pp. 758-759, 860-861, ISBN 978-0-300-14009-5; John Dominic Crossan, ''Who killed Jesus?'', HarperOne, 1995, pp. 99, 116-117, 148, ISBN 978-0-06-061480-5; Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, ''Nuovo Grande Commentario Biblico'', Queriniana, 2002, p. 818, ISBN 88-399-0054-3.</ref>, presenta inverosimilmente la massima autorità romana Ponzio Pilato, noto per la sua crudeltà nei confronti degli Ebrei, che fa da spola fuori e dentro il pretorio almeno 6 volte, fungendo da portavoce tra Gesù e i capi giudei; questo per non urtare la sensibilità religiosa dei suoi sudditi, in quanto "i capi dei giudei non vogliono entrare nel pretorio per non compromettere la purità rituale in vista della cena pasquale, ed essi quella sera vogliono mangiare l'agnello pasquale", benché "secondo Marco, invece, avevano già mangiato la Pasqua la sera precedente!"<ref>Come nota il biblista [[w:Bart Ehrman|Bart Ehrman]] (Bart Ehrman, ''Il Nuovo Testamento'', Carocci Editore, 2015, p. 89, ISBN 978-88-430-7821-9; Bart Ehrman, ''Prima dei vangeli'', Carocci Editore, 2017, pp. 130-136, ISBN 978-88-430-8869-0. Cfr anche: John Dominic Crossan, ''Who killed Jesus?'', HarperOne, 1995, pp. 148, 174-178, ISBN 978-0-06-061480-5.).</ref>. Lo storico e teologo [[John Dominic Crossan]]<ref>John Dominic Crossan, ''Who killed Jesus?'', HarperOne, 1995, pp. 99, 116-117, ISBN 978-0-06-061480-5.</ref>, tra i cofondatori del [[w:Jesus Seminar|Jesus Seminar]], sottolinea come "decisamente la più significativa invenzione giovannea è il magistralmente bilanciato scenario nel quale Pilato corre avanti e indietro tra Gesù all'interno e le autorità ebraiche all'esterno durante il molto, molto più lungo [rispetto ai Sinottici] processo Romano" e "l'intera passione giovannea manca di verosimiglianza storica perché mostra Gesù in totale controllo durante l'arresto, il processo, la crocifissione e anche la sepoltura. Egli sta giudicando Pilato, non Pilato lui"; analogo il parere di Raymond Brown<ref>Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1,'' Anchor Yale Bible, 2010, pp. 758-759, 860-861, ISBN 978-0-300-14009-5.</ref>: "dentro Gesù è sereno in modo sovrano riflettendo la sua convinzione [...] egli non tratta Pilato come un uguale, ancor meno come un superiore, piuttosto Gesù pronuncia degli oracoli che lasciano Pilato attonito [...] non ci può essere dubbio che questo è deliberatamente un tocco artistico, espandendo e riarrangiando che cosa arriva dalla tradizione", in quanto è usanza di "Giovanni aggiungere dialoghi, come Matteo aggiungere azioni, riflettenti le controversie teologiche tra cristiani e capi ebrei della sinagoga della seconda metà del primo secolo". <br/>Anche in merito alla figura di Ponzio Pilato - prefetto della Giudea dal 26 al 36 de.Cv. - il racconto dei vangeli non appare storico e gli esegeti del "Nuovo Grande Commentario Biblico"<ref>Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, ''Nuovo Grande Commentario Biblico'', Queriniana, 2002, p. 818, ISBN 88-399-0054-3.</ref> osservano che "i ritratti che ne danno i vangeli come di un uomo indeciso e preoccupato della giustizia contraddicono altre antiche descrizioni della sua crudeltà e ostinazione", mentre [[John Dominic Crossan]]<ref>John Dominic Crossan, ''Who killed Jesus?'', HarperOne, 1995, pp. 148, 174-178, ISBN 978-0-06-061480-5.</ref> rileva come le informazioni "riguardanti Pilato [che ci giungono] da Flavio Giuseppe mostrano la sua mancanza di interesse per la sensibilità religiosa ebraica e la sua capacità di avere metodi piuttosto brutali per il controllo della popolazione".<ref>Cfr anche, tra gli altri: Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, p. 753, ISBN 978-0-300-14009-5; Bart Ehrman, ''Prima dei vangeli'', Carocci Editore, 2017, pp. 135-137, ISBN 978-88-430-8869-0; Adriana Destro e Mauro Pesce, ''La morte di Gesù'', Rizzoli, 2014, pp. 78-79, ISBN 978-88-17-07429-2.</ref>
 
Il solo Luca, inoltre, presenta, dopo il primo interrogatorio, il rinvio di Gesù a Erode Antipa, ma anche tale episodio secondo alcuni esegeti non sarebbe storico e Raymond Brown<ref>Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, pp. 783-785.</ref> ritiene che "tale scena in Luca23 è difficilmente un resoconto storico diretto ma questo materiale [materiale pre-Lucano riguardante Erode Antipa] non è necessariamente storico, e la sua assenza in Marco, Matteo e Giovanni mostra che un forte dubbio rimane".
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=== L'amnistia pasquale e la liberazione di Barabba ===
[[File:Barabbas (James Tissot).jpg|thumb|330px|''[[w:Barabba|Barabba]]'' in un disegno di [[w:James Tissot|James Tissot]]</small>]]
In merito a tale amnistia per la Pasqua, va rilevato come non sia mai stata documentata da altre fonti per nessun governatore romano di alcuna provincia. Gli stessi evangelisti sono in disaccordo sulla provenienza di tale amnistia e [[w:Raymond Edward Brown|Raymond Brown]]<ref name="Raymond E. Brown 2010, pp. 815-820">Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, pp. 815-820, ISBN 978-0-300-14009-5.</ref> evidenzia che "i vangeli differiscono in merito alle origini della usanza del perdono, questo riguardava il governatore Romano secondo Marco/Matteo e gli Ebrei secondo Giovanni"; lo stesso esegeta ne rileva l'inverosimiglianza storica e l'assoluta mancanza di fonti: oltre alla mancanza di citazioni in Filone, anche "Flavio Giuseppe dà una lunga lista di concessioni romane sia imperiali che locali ai Giudei, iniziando con quelle di Giulio Cesare, ma nessuna di queste concessioni menziona il rilascio di un prigioniero a una festa [e] la letteratura talmudica dà quasi una descrizione ora per ora della Pasqua e non menziona mai questa usanza"<ref>Precisa ancora [[Raymond Edward Brown|Raymond Brown]]: "L'esistenza di varie amnistie e perdoni nelle diverse culture potrebbe aver reso l'idea di una regolare usanza di rilascio festiva plausibile per i narratori e chi ascoltava, che non avevano un'esatta conoscenza della Giudea dell'anno 30".</ref>. Anche altri autorevoli studiosi - il "Nuovo Grande Commentario Biblico"<ref>Tali esegeti rilevano come "non esistono testimonianze extrabibliche dell'usanza annuale di rilasciare un prigioniero in occasione della Pasqua. Forse un'amnistia occasionale è stata trasformata in una usanza, dagli evangelisti o dalle loro fonti". (Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, ''Nuovo Grande Commentario Biblico'', Queriniana, 2002, p. 818, ISBN 88-399-0054-3.).</ref>, l'interconfessionale [[Bibbia TOB]]<ref>Anche tali studiosi rilevano come di tale usanza "non se ne ha conferma altrove". (Bibbia TOB, Nuovo Testamento Vol.3, Elle Di Ci Leumann, 1976, p. 120.).</ref>, il teologo [[Rudolf Bultmann]]<ref>Lo studioso afferma: "L'episodio di Barabba è ovviamente una espansione leggendaria. Non c'è alcuna evidenza nella legge ebraica o Romana dell'usanza della quale riferisce Marco [la liberazione di un prigioniero a Pasqua]. L'usanza alla festa Romana della Lectisternia, alla quale [[w:Ugo Grozio|Hugo Grotius]] si riferisce come analogia, non è rilevante, principalmente perché questa era concernente a un perdono di massa". (Rudolf Bultmann, ''History of the Synoptic Tradition'', Hendrickson Publisher, 1963, p. 272, ISBN 1-56563-041-6.).</ref> - evidenziano la non storicità dell'episodio e il teologo [[John Dominic Crossan]]<ref>John Dominic Crossan, ''Gesù una biografia rivoluzionaria'', Ponte alle Grazie, 1994, pp. 174-178, ISBN 88-7928-270-0.</ref>, tra i cofondatori del [[w:Jesus Seminar|Jesus Seminar]], rileva come questo "non sia assolutamente un racconto storico, e che sia più plausibilmente un'invenzione di Marco" e "il suo ritratto di un Ponzio Pilato mitemente acquiescente dinanzi alla folla urlante è esattamente l'opposto dell'immagine che ci siamo fatti di lui attraverso la descrizione di Giuseppe Flavio: la specialità di Pilato era il controllo brutale della folla. [Inoltre] qualcosa come la consuetudine di concedere in occasione della Pasqua un'amnistia generalizzata - liberazione di qualsiasi prigioniero venisse richiesta per acclamazione dalla folla - è contraria ad ogni saggezza amministrativa"<ref>Precisa ancora [[w:John Dominic Crossan|Crossan]]: "Filone, per esempio, che scrive circa un decennio dopo, descrisse ciò che i governatori decenti facevano per crocifiggere i criminali nelle occasioni festive. Essi potevano posporre la data dell'esecuzione in attesa della fine della festa, o potevano concedere alla famiglia del condannato la sepoltura, ma Filone non dice assolutamente nulla circa possibili abrogazioni della pena su richiesta". Anche Raymond Brown dubita che "i governatori Romani potrebbero aver mai compromesso sé stessi con un'usanza che avrebbe richiesto loro di rilasciare un assassino al centro di una recente rivolta in una provincia tesa ed instabile" (Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, p. 817, ISBN 978-0-300-14009-5.), mentre gli studiosi del "Nuovo Grande Commentario Biblico" rilevano, in merito a Barabba, che "si trattava di un rivoluzionario e omicida, il tipo di persone che dovevano preoccupare di più i Romani" e, riguardo a Ponzio Pilato, "i ritratti che ne danno i vangeli come di un uomo indeciso e preoccupato della giustizia contraddicono altre antiche descrizioni della sua crudeltà e ostinazione". (Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, ''Nuovo Grande Commentario Biblico'', Queriniana, 2002, p. 818, ISBN 88-399-0054-3.).</ref>. <br/>Sottolinea ancora Raymond Brown<ref>Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, pp. 818-819, ISBN 978-0-300-14009-5.</ref> - essendo "questo versetto ("''Ma egli doveva rilasciare loro qualcuno in occasione della festa''", {{passo biblicobiblico2|Lc23Lc|23,17}}) omesso dai manoscritti più autorevoli"<ref>Come precisano gli studiosi de [[w:Versioni della Bibbia#Italiano|La Sacra Bibbia illustrata CEI]] (La Sacra Bibbia illustrata Vol. 4. Nuovo Testamento, versione ufficiale CEI, Mondadori, 2010, p. 170.).</ref> del Vangelo di Luca - come anche "già all'inizio del terzo secolo [[Origene]] tradì sorpresa in merito a questa usanza. L'omissione di Luca di tale usanza, benché egli conoscesse Marco, si può pensare rappresentare scetticismo", mentre invece "in At25,16 Luca tradisce conoscenza dell'usanza opposta da parte Romana: il prefetto Festo asserisce che non è abitudine Romana rilasciare un prigioniero prima di una corretta procedura giuridica". <br/>L'inserimento dell'episodio di Barabba - personaggio per il quale non vi è quindi alcuna prova storica al di fuori dei vangeli - da parte degli evangelisti è di natura teologica, anche considerando che lo stesso nome "Barabba" (''bar 'abbāabbā’'') significa in aramaico, lingua parlata nella Palestina del I secolo, "figlio del padre" e, in alcuni manoscritti del Vangelo secondo Matteo, viene chiamato «Gesù Barabba», quasi a voler sottolineare la colpa dei Giudei, spesso rimarcata dagli evangelisti, nella scelta sbagliata del "Gesù figlio del padre"<ref>Cfr: Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, ''Nuovo Grande Commentario Biblico'', Queriniana, 2002, pp. 818, 876, 937, ISBN 88-399-0054-3; Bart Ehrman, ''Prima dei vangeli'', Carocci Editore, 2017, pp. 146-147, ISBN 978-88-430-8869-0; Bibbia TOB, Nuovo Testamento Vol.3, Elle Di Ci Leumann, 1976, p. 121. La [[w:Bibbia TOB|Bibbia TOB]] (che in {{passo biblicobiblico2|Mt|Mt2727,16}} scrive «Gesù Barabba») osserva come "numerosi manoscritti omettono la parola Gesù prima del termine Barabba. Questa tradizione sembra riflettere una preoccupazione, da Origene in poi, di rifiutare a Barabba il nome di Gesù, nome tuttavia frequente in quel periodo".</ref>. Raymond Brown<ref name="Raymond E. Brown 2010, pp. 815-820"/> ritiene che, presupponendone una qualche storicità, "il substrato storico dell'episodio di Barabba può essere stato relativamente semplice. Un uomo di nome Barabba fu arrestato dopo una sommossa che aveva causato alcuni morti in Gerusalemme. Alla fine egli fu rilasciato da Pilato quando una festa portò il governatore a Gerusalemme per supervisionare l'ordine pubblico. Presumibilmente questo accadde nello stesso periodo in cui Gesù fu crocifisso, oppure non lontano da esso, oppure in un'altra Pasqua. In qualunque caso, questo rilascio colpì i cristiani, vista l'ironia che si trattava dello stesso problema legale, sedizione contro l'autorità dell'Impero. [...] La tendenza dei narratori di contrapporre il rilascio di Barabba e la crocifissione di Gesù mettendoli insieme allo stesso momento di fronte alla giustizia di Pilato sarebbe stata accresciuta se entrambi avessero avuto lo stesso nome personale, Gesù"; "il reale peso della narrazione di Barabba è su un altro livello, cioè la verità che gli Evangelisti volevano trasmettere riguardo alla morte di Gesù. Per loro la condanna dell'innocente Gesù aveva un lato negativo, la scelta del male. La storia di Barabba, se pur con una base fattuale, fu drammatizzata per trasmettere questa verità"<ref>Anche il teologo [[John Dominic Crossan]] sottolinea che "Marco scriveva poco dopo la fine della terribile prima guerra giudaico-romana del 70 dopo Cristo quando Gerusalemme e il suo tempio erano stati totalmente distrutti. [...] Quella, dice Marco, era stata la scelta di Gerusalemme, essa aveva scelto Barabba invece che Gesù, un ribelle armato invece di un Salvatore privo di armi. La storia di Barabba era, in altre parole, una drammatizzazione simbolica del destino di Gerusalemme, come lui lo aveva visto". (John Dominic Crossan, ''Gesù una biografia rivoluzionaria'', Ponte alle Grazie, 1994, p. 177, ISBN 88-7928-270-0.). Gli esegeti del "Nuovo Grande Commentario Biblico" osservano, inoltre, che "c'è quindi un contrasto tra Gesù Barabba e Gesù Cristo [...] È chiara l'ironia della scena. Di più: gridano perché venga rilasciato uno chiamato Barabba, «figlio del padre» e respingono colui che è veramente figlio del Padre". (Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, ''Nuovo Grande Commentario Biblico'', Queriniana, 2002, pp. 876, 937, ISBN 88-399-0054-3.).</ref>.
 
=== La flagellazione e lo scherno nei confronti di Gesù ===
[[File:Guercino Flagellazione.jpg|thumb|330px|<small>''Flagellazione di Gesù'', di [[w:Guercino|Guercino]] (1657)</small>]]
Riguardo alla flagellazione di Gesù, presentata nel processo di fronte a Pilato, gli evangelisti ({{passo biblicobiblico2|Mc15Mc|15,15-16}}; Mt27{{passo biblico2|Mt|27,26-27}}; Lc23{{passo biblico2|Lc|23,16-26}}; Gv19{{passo biblico2|Gv|19,1-17}}) riportano ancora differenti resoconti: Luca parla di una fustigazione (pena meno grave in cui si percuoteva il condannato senza frustarlo) e la pone a metà processo, senza evidenziare che tale pena sia poi stata applicata; Giovanni pone la flagellazione (pena più severa, in cui si colpiva il condannato con un flagello, cioè una frusta, fatto di lacci di cuoio aventi in punta schegge d'ossa, piombi e pungiglioni) a metà processo, stessa scelta temporale di Luca; Marco/Matteo fanno invece riferimento ad una flagellazione a processo terminato; come nota [[w:Raymond Edward Brown|Raymond Brown]]<ref name="Raymond E. Brown 2010, p. 851">Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, p. 851, ISBN 978-0-300-14009-5.</ref>, "ogni evangelista sta lottando con la consapevolezza che la flagellazione era parte della sentenza di crocifissione". Secondo, infatti, alcuni studiosi - come Raymond Brown, [[Bibbia TOB]], "Nuovo Grande Commentario Biblico" - le versioni degli evangelisti furono: [in Luca] "anche se Pilato menziona la ''fustigatio'', un castigo non troppo grave, Luca non dice mai che Gesù venne percosso o flagellato. Egli va verso la croce in pieno dominio della situazione"<ref>Così gli esegeti del "Nuovo Grande Commentario Biblico" (Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, ''Nuovo Grande Commentario Biblico'', Queriniana, 2002, p. 937, ISBN 88-399-0054-3.).</ref> e "nonostante l'omissione di Luca del castigo inferto a Gesù, forse per sua preferenza di non far sottostare Gesù a una tale violenza fisica, la tradizione conteneva riferimento a una flagellazione di Gesù che Marco/Matteo e Giovanni usarono in modi differenti"<ref>Come sottolinea [[w:Raymond Edward Brown|Raymond Brown]] (Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, pp. 852-853, ISBN 978-0-300-14009-5.).</ref>, inoltre in Luca "questa pena non è legata alla sentenza capitale, a differenza di Mt27,26 e Mc15,15 (che impiegano il termine tecnico ''flagellare'')"<ref>Come rilevano gli esegeti dell'interconfessionale [[Bibbia TOB]] (Bibbia TOB, Nuovo Testamento Vol.3, Elle Di Ci Leumann, 1976, p. 280.).</ref>; [in Giovanni]: "nell'arrangiamento altamente teologico del processo Romano in 7 episodi di Giovanni la flagellazione è parte di un episodio in metà [e] la sequenza in Giovanni19,1-5 implica che la flagellazione fu fatta dentro il pretorio, la sequenza in Marco15,15-16; Matteo27,26-27 implica che la flagellazione fu fatta fuori dal pretorio"<ref>Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, pp. 852-853, ISBN 978-0-300-14009-5.</ref> e teologicamente Giovanni "considera senza dubbio gli eventi in un altro modo e suggerisce che si veda in Gesù l'uomo vero che, con questa stessa umiliazione, inaugura la regalità messianica"<ref>Bibbia TOB, Nuovo Testamento Vol.3, Elle Di Ci Leumann, 1976, p. 351.</ref>; infine, "solo Marco/Matteo menzionano che Gesù fu flagellato alla fine del suo processo. Piuttosto maldestramente Marco15,15 piazza la flagellazione di Gesù da parte di Pilato tra le parole «gli consegnarono Gesù» e le parole «perché fosse crocifisso». Matteo rende più scorrevole la situazione inserendo le parole «essendo stato Gesù flagellato» prima delle parole «lo consegnò loro perché fosse crocifisso»"<ref name="Raymond E. Brown 2010, p. 851"/>. Osserva ancora Raymond Brown<ref>Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, pp. 871, 851, ISBN 978-0-300-14009-5.</ref> che la versione storicamente più verosimile appare essere quella di Marco/Matteo: "Marco/Matteo hanno il più plausibile momento per la flagellazione, ovvero alla fine del processo Romano e dopo che Gesù è stato sentenziato, così che la flagellazione è parte della pena per la crocifissione".
 
Analogamente all'episodio della flagellazione di Gesù, anche lo scherno di cui sarebbe stato vittima da parte dei soldati secondo alcuni esegeti non risulterebbe storicamente coerente tra i vari resoconti evangelici, ma viene riarrangiato dagli evangelisti in base alle proprie necessità redazionali e teologiche. Secondo, infatti, Raymond Brown<ref>Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1,'' Anchor Yale Bible, 2010, pp. 568, 871-874, ISBN 978-0-300-14009-5.</ref> "c'è un forte disaccordo tra Marco/Matteo e Giovanni su quando durante il processo Romano lo scherno di Gesù ebbe luogo. Luca, per di più, va per proprio conto sostituendo ad esso uno scherno di Erode prima e uno mentre Gesù è sulla croce"; infatti "questa scena, narrata da Giovanni prima della spedizione di Gesù a Caifa e da Luca prima della investigazione del Sinedrio, segue in Marco Matteo immediatamente il giudizio del Sinedrio in cui Gesù è colpevole, punibile con la morte" e inoltre "in Marco/Matteo e Giovanni lo scherno segue la flagellazione, mentre in Luca lo scherno (sia da Erode con le sue truppe sia dai soldati Romani mentre Gesù è in croce) è posto senza alcuna flagellazione". Precisa Raymond Brown che alcuni tentativi di "armonizzazione tra i vangeli sono stati tentati, come ritenere che Erode rimandò Gesù [da Pilato] vestito con abiti regali, e questo diede ai soldati romani l'idea di schernirlo. Ma gli Evangelisti che descrivono questo scherno Romano (Marco/Matteo, Giovanni) non mostrano alcuna consapevolezza della storia Lucana su Erode". Tale teologo osserva inoltre che "Luca e Giovanni hanno la sistemazione più plausibile per lo scherno, ovvero nel mezzo del processo", anche perché vi è "una forte obiezione contro la storicità della scena dello scherno romano [dopo la condanna]: con l'ordine di crocifiggere Gesù e con una certa fretta di effettuare l'esecuzione prima della sera (per non irritare la popolazione ebraica, così sensibile riguardo al sabato che stava arrivando), i Romani avrebbero procrastinato l'esecuzione per divertirsi vittimizzando Gesù?".
 
=== Il lavarsi le mani di Pilato ===
L'uso dell'abluzione per rimuovere la colpa grave di un omicidio, per quanto sia attestato nella letteratura classica greca - e si può, quindi, osservare come "Matteo si esprime con un linguaggio comprensibile per i lettori «giudeo-cristiani» che sapevano del rituale"<ref>Adriana Destro e Mauro Pesce, ''La morte di Gesù'', Rizzoli, 2014, pp. 125-126, 290, ISBN 978-88-17-07429-2.</ref> - secondo alcun esegeti non apparirebbe storicamente plausibile in riferimento a Pilato. Gli esegeti del "Nuovo Grande Commentario Biblico"<ref>Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, ''Nuovo Grande Commentario Biblico'', Queriniana, 2002, p. 876, ISBN 88-399-0054-3.</ref> - nell'evidenziare che tale azione è contenuta solo nel Vangelo secondo Matteo - ritengono che "questo gesto durante un processo non è romano, è bensì una prassi dell'AT: Dt21,6-9; Sal26,6;73,13" e anche il teologo [[w:Rudolf Bultmann|Rudolf Bultmann]]<ref>Rudolf Bultmann, ''History of the Synoptic Tradition'', Hendrickson Publisher, 1963, p. 272, ISBN 1-56563-041-6.</ref> - così come [[w:Raymond Edward Brown|Raymond Brown]]<ref>Che giudica questi elementi introdotti da Matteo come "popolari quasi folkloristici temi per insegnare la lezione teologica che la giustizia di Dio non è derisa ma interessa ogni parte coinvolta nello spargimento del sangue del figlio di Dio". (Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, p. 755, ISBN 978-0-300-14009-5.).</ref> e lo storico [[w:Aldo Schiavone|Aldo Schiavone]]<ref>Il quale sottolinea per tale episodio matteano, così come per gli altri contenuti antiebraici introdotti dall'evangelista nel processo di fronte a Pilato, che "non si può credere a una sola parola di questo racconto". (Aldo Schiavone, ''Ponzio Pilato. Un enigma tra storia e memoria'', Einaudi, 2016, Cap. IV, ISBN 978-88-062-2836-1; [https://www.ilmessaggero.it/pay/edicola/ponzio_pilato_revisione_saggio_aldo_schiavone-1502675.html Ma Pilato non si lavò le mani], archiviato [https://web.archive.org/web/20191017100918/https://www.ilmessaggero.it/pay/edicola/ponzio_pilato_revisione_saggio_aldo_schiavone-1502675.html].).</ref> - la considera una delle caratteristiche leggendarie che Matteo introdusse nella sua narrazione, così come i 30 pezzi di argento per Giuda, il Campo di sangue, il sogno di una donna pagana (moglie di Pilato). Raymond Brown<ref>Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 1'', Anchor Yale Bible, 2010, p. 836, ISBN 978-0-300-14009-5.</ref> sottolinea, inoltre, che in merito al "tentativo di Pilato di evitare la responsabilità di emettere una sentenza su un uomo innocente, il rituale di lavarsi le mani di Deuteronomio 21 era efficace solo se gli anziani che lo facevano non avevano parte nell'omicidio, sia commettendolo, sia conoscendo chi l'aveva commesso. La responsabilità di Pilato può non essere la principale responsabilità, ma egli non poté lavarla via più di quanto [[w:Lady Macbeth|Lady Macbeth]] poté lavare via la «macchia maledetta»<ref>Nella tragedia di [[w:William Shakespeare|William Shakespeare]], è la macchia che Lady Macbeth, sonnambula, quando inizia a sentire il peso del sangue e dei lutti che ha causato, cerca ossessivamente di lavar via dalle proprie mani.</ref>".
 
Secondo Eli Lizorkin-Eyzenber, invece, il gesto di Pilato deve essere interpretato come una reazione al comportamento dei capi dei sacerdoti che utilizzarono la legge dei Romani per costringerlo a condannare Gesù (Lc 23,2; Gv 19,12). Egli cioè avrebbe provocatoriamente utilizzato un gesto rituale caratteristico dei farisei (Mt 15,2) e nel testo ebraico del ''[[w:Titulus crucis|Titulus crucis]]'' oltre a qualificare Gesù come "re dei giudei" avrebbe deliberatamente creato l'acrostico [[w:IHWH|IHWH]], caricando così i suoi interlocutori del delitto di deicidio.<ref>''Jewish Insights Into Scripture'', Israel Bible Center, Paperback – December 17, 2017</ref><ref>L'ipotesi che il ''titulus crucis'' contenga un acrostico fu avanzata da [[w:Schalom Ben-Chorin|Schalom Ben-Chorin]] ed è discussa a p. 117 del libro del papirologo e storico Carsten Peter Thiede, intitolato "Ma tu chi sei, Gesù ?", Paoline Editoriale 2005.</ref>