Abulafia e i segreti della Torah/Studi e insegnamento 2: differenze tra le versioni

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Tuttavia, la maggior parte dell'attività di Abulafia come insegnante della ''Guida'' non fu probabilmente una semplice esposizione del pensiero di Maimonide. Come il cabalista menziona ''supra'' nel contesto dei suoi studenti a Tebe, insegnò alla ''Guida'' in due modi diversi, il secondo presumibilmente coincidendo con il modo peculiare in cui interpretava i segreti del libro di Maimonide, di cui parleremo appena più avanti. Come risulta chiaro da molti dei suoi scritti, è la seconda interpretazione, superiore, segreta, orale, combinatoria, linguistica, individualista e cabalistica della ''Guida'' che è, di fatto, un aspetto importante della sua Cabala estatica.
 
Secondo la stessa testimonianza di Abulafia, la ''Guida'', insieme a ''Sefer Yeṣirah'', costituisce una delle due fonti principali della sua Cabala.<ref>Si veda Idel, "Maimonides and Kabbalah", 67; il suo "Sefer Yetzirah and Its Commentaries", 486; e Scholem, ''Major Trends in Jewish Mysticism'', 126.</ref> Un esempio importante del suo tentativo di mettere insieme le sue due fonti è la sua interpretazione dell'ideale della conoscenza di Dio, espresso in modo alquanto ambiguo in ebraico dalla frase ''Yedi ʿat ha-Šem'', che può essere intesa, in linea di principio, sia come conoscenza di Dio che come conoscenza del nome di Dio.<ref>Questa espressione trovata in centinaia di discussioni nelle opere di Abulafia, era usata per riferirsi al nome divino. Cfr. ''Ḥayyei ha-ʿOlam ha-Baʾ, Sitrei Torah'', 78, 140, 154, 194, e specialmente il seguente brano da ''Sefer ha-Ḥešeq'', 39:
{{Lingua ebraica|תכלי ת אהחרו נה המכוונ ת מבציאות ו השי אשהג תדי עת הש םי ו דיע ת השםאינה כי אם עלפי ה ו א י תו ת השם הם הכלםי הקרובי ם [...] שהאותיות הם מציאות ה ו על םולוכ, וב ם השםמנהי גולעמו כמ ו שמ י עד בע ל פסר ירצי האבו מ ו ר " כל היצרו וכ ל דה ו בריו צא מםה." וא מר שהשם מהי לך ה ו א י תו ת של כליצהורים, וק שרלה ם כהתרי ם ו צרפםזה עםזה, כלומ ראהתו עםהיצרו}}
"Il fine ultimo che si prefigge la sua esistenza è la conoscenza del nome e la conoscenza del nome è [impossibile] senza le lettere che sono gli strumenti vicini [...] poiché le lettere sono l'esistenza del mondo intero, e tramite loro Dio governa il Suo mondo, come testimonia ''Sefer Yeṣirah'' quando fu detto ‘Tutte le creature e tutte le parole emergono da esse’. E disse che Dio assegnò le lettere su tutte le creature, e attaccò loro delle corone e le combinò tra loro; vale a dire, una lettera con una creatura." Cfr. anche Idel, ''Language, Torah, and Hermeneutics'', 27, ed il testo tradotto da Elliot R.Wolfson, ''Abraham Abulafia'', 54–55, e il suo "Kenotic Overflow and Temporal Transcendence", 140.</ref> La prima interpretazione è filosofica, mentre la seconda è legata a ''Sefer Yeṣirah'' e i suoi commentari, dove è menzionato "un nome" (''šem eḥad'').<ref>Cfr. ''Sefer Yeṣirah'', 2:8.</ref> Secondo un'altra formulazione diffusa nei suoi scritti, la conoscenza di ''ha-šem'' è raggiunta da ''šem''; cioè la conoscenza di Dio si raggiunge per mezzo del nome divino.<ref>Cfr. Idel, ''Language, Torah, and Hermeneutics'', 51-53, e la trattazione più elaborata nel suo ''Enchanted Chains'', 76-121, e "Hekhalot Literature", sezione 6. Sulla gnosi del nome divino come parte del segreto di alcune parti della Bibbia ebraica, si veda il recente studio di Israel Knohl, ''The Holy Name'' {{he}} (Or Yehudah: Kinneret Zmora-Bitan Dvir, 2012). A mio avviso, c'era una tensione tra le tendenze di pensiero che enfatizzavano la centralità del nome divino e quelle che si occupavano della rivelazione degli attributi o delle manifestazioni divine. Si veda l'importante testo midrashico in ''Mekhilta’ de-Rashby on Exodus'', curr. Yaakov N. Epstein e Ezra Z. Melamed (Gerusalemme: Mekize Nirdamim, 1959), 129-31, nonché Idel, "The Contribution of Abraham Abulafia’s Kabbalah to the Understanding of Jewish Mysticism", in ''Gershom Scholem’s Major Trends in Jewish Mysticism 50 Years After'', curr. Peter Schäfer e Joseph Dan (Tübingen: Mohr Siebeck, 1993): 117-43. Pertanto, Abulafia elaborò, nel suo modo specifico e idiosincratico, una tradizione più antica che si concepiva come superiore alla teoria cabalistica degli attributi divini.</ref>