Ebraicità del Cristo incarnato/Paradigma ultimo: differenze tra le versioni

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Se il concetto della sola anima di Mosè divinizzata e non il suo corpo rimane poco chiaro, il modo in cui Filone spiega un testo da {{passo biblico2|Esodo|24}}, in cui Dio comanda a Mosè di salire a Lui da solo sulla montagna, rende la logica di Filone ancora più esplicita. Qui Filone afferma:
{{q|Perché Egli dice: "Mosè avanzerà solo verso il Signore, ma gli altri non si avvicineranno e il popolo non salirà con lui"? O più eccellente e degna ordinanza di Dio, che solo la mente profetica dovrebbe avvicinarsi a Dio e che quelli al secondo posto debbano salire, facendo un percorso verso il cielo, mentre quelli al terzo posto e i caratteri turbolenti del popolo non debbano né salire su né andare avanti con loro, ma coloro che sono degni di vedere debbano essere testimoni del sentiero benedetto in alto. Ma quel "Mosè avanzerà solo" è detto in modo molto naturale. Perché quando la mente profetica si ispira divinamente e si ricolma di Dio, diventa come la monade, non essendo affatto mescolata a nessuna di quelle cose associate alla dualità. Ma si dice che colui che è risolto nella natura dell'unità si avvicini a Dio in una sorta di relazione familiare, per aver rinunciato e lasciato indietro tuttitutte le cose mortali, è trasformato nel divino, in modo che tali uomini diventano simili a Dio e veramente divini.|''QE'' 2.29 [Marcus, LCL]}}
Man mano che l'anima (cioè la mente) di Mosè diventa sempre più ispirata e ricolma di Dio, risvegliando in tal modo quell'aspetto della divinità già presente in lui, i coinvolgimenti terreni che lo avevano trattenuto lentamente rilasciano la presa su di lui fino al punto in cui Mosè riesce finalmente a lasciar dietro di sé ogni residuo della sua precedente esistenza corporea. Piuttosto che volare verso l'alto solo per una breve distanza come la maggior parte degli uomini, l'anima di Mosè ascende "non nell'aria o nell'etere o nel cielo (che è) più in alto di tutti”, ma verso un luogo che è "oltre il mondo", dove non c'è nient'altro "che Dio", affinché la sua "anima santa sia divinizzata" (''QE'' 2.40 [Marcus, LCL]). Non più una dualità di corpo e anima, Mosè diventa, come Dio stesso, un'unità, una monade, un'entità singolare composta semplicemente da pura mente o razionalità. Lasciando alle spalle la sua esistenza mortale e corporea, Mosè viene invece trasformato in divino (''QE'' 2.29; cfr. ''QE'' 2.27; 2.40).