Missione a Israele/Contesti sociali: differenze tra le versioni

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Nel caso della storia sull'azione di Ges nel Tempio, Matteo e Luca chiaramente si servono di Marco. La usano nello stesso modo che fa lui, per iniziare gli eventi che conducono alla Passione portando Gesù all'attenzione ostile dei capi sacerdoti; e presentano le stesse citazioni da Isaia e Geremia. Giovanni e Marco, in contrasto, ne condividono solo i minimi dettagli: Pesach, un gesto violento contro i venditori nel Tempio, una certa condanna del commercio nei recinti del Tempio. La storia stessa potrebbe essere autentica, cioè, risalente a Gesù verso il 30 circa, e Marco e Giovanni di conseguenza ne conoscono una qualche versione. Oppure si potrebbe essere cristallizzata insieme ad altre tradizioni che parimenti sviluppano il tema delle presunta ostilità di Gesù contro certe forme di adorazione e pratica tradizionali ebraiche, in un dato periodo tra la sua esecuzione e la composizione di questi due Vangeli. O potrebbe essere originale in Marco, un modo drammatico escogitato per portare la storia al suo culmine, che Giovanni, leggendo Marco adotta in seguito e lo adatta per i suoi scopi. Non riusciremo mai a saperlo. E non abbiamo prove in entrambi i casi.
 
Se Gesù predisse veramente la distruzione del Tempio e, quindi, se codificò simbolicamente tale distruzione con una qualche azione nel Tempio stesso, allora rimangono ancora due problemi. Il primo è il silenzio assoluto di Paolo sulla faccenda. Ecco qui Gesù che fa una profezia spettacolare in un momento cruciale della sua missione, e Paolo fa scena muta!? Ecco qui Pietro, Giovanni, e probabilmente altri tra i discepoli originali, che devono aver conosciuto la profezia e che certamente avevano conosciuto Paolo ({{passo biblico2|Galati|1:18,2:9}}). E per giunta ecco qui Paolo stesso, che nelle sue lettere parla spesso della venuta del Regno. Perché allora non disse assolutamente niente della profezia di Gesù?
 
Abbiamo solo sette lettere di Paolo — sei, se consideriamo quella a [[w:Lettera a Filemone|Filemone]] una specie di promemoria. Paolo fu un apostolo attivo per circa trent'anni. Chiaramente egli deve aver scritto ben più di sette lettere in tutto questo tempo. La maggior parte della sua corrispondenza è andata persa — tra cui, per quanto ne sappiamo, la sue descrizione definitiva della profezia di Gesù sull'imminente distruzione apocalittica del Tempio.
 
Ciononostante, ci sono numerosi punti nelle poche lettere che comunque abbiamo dove egli avrebbe potuto citare questo drammatico segno della prevista Fine del Mondo. Per esempio, consolando i suoi infelici Tessalonicesi, un po' dopo {{passo biblico|Tessalonicesi|4:15}}: "Questo vi diciamo sulla parola del Signore" che il Tempio verrà distrutto e stabilito da Dio quale parte degli eventi della Fine. O anche dopo {{passo biblico2|Filippesi|4:5}}: "Il Signore è vicino! Una volta che il Tempio non ci sarà più, allora verrà nella gloria ricostruito dal Padre". O in {{passo biblico2|1Corinzi|15}}, dove nuovamente ripete la sequenza di eventi alla Fine. O perlomeno in Romani — capitolo 8, quando parla della trasformazione dell'universo? Dopo il capitolo 11, quando Israele viene reincorporato nella redenzione e tutti sono salvati? Nel capitolo 15, quando porta le offerte dei Gentili a Gerusalemme come se svolgesse un servizio sacerdotale "non presso questo Tempio terreno, che voi sapete il Signore ha detto che non esisterà più, ma al Tempio Eterno". Invece niente, non dice proprio nulla di sorta. Da nessuna parte. Data la coincidenza dell'evidenza storica che sopravvive in merito a questo periodo del movimento, uno non dovrebbe dare troppa enfasi al "silenzio" di Paolo. Ma comunque silenzio è.