Missione a Israele/Verità evangeliche: differenze tra le versioni

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Infine, c'è la traiettoria fornita dalla testimonianza specificamente cristiana. I Vangeli ovviamente rappresentano la fonte primaria. Ma altrettanto importanti, per ragioni differenti, sono le lettere di Paolo.
 
Paolo sta in una sorta di puntoi intermediario tra Gesù di Nazareth e i successivi evangelisti sui cui ritratti dipendiamo per formarci un quadro complessivo di Gesù. Come gli evengelisti, e a differenza di Gesù, la lingua madre di paolo era il [[w:greco antico|greco]], la sua tradizione b iblica la ''Septuaginta'', il sua ambiente le città della Diaspora mediterranea. Come loro, inoltre, egli è molto più consapevole della cultura gentile di quanto non lo fosse mai stato il Gesù storico, consapevole anche delle conseguenze del messaggio evangelico ai Gentili: Paolo indirizzò le sue lettere specificamente, addirittura esclusivamente, ai credenti gentili. E, di nuovo, come loro – e presumibilmente non come il Gesù storico – il suo vangelo viene informato dalla fede post-Risurrezione. Paolo aveva visto il Cristo Risorto ({{passo biblico2|1Corinzi|15:8}}; {{passo biblico2|Galati|1:16}}), e molto della sua buona novella, il suo ''euangelion'' (gr. εὐαγγέλιον), riguarda cosa aspettarsi dall'imminente ritorno glorioso di Cristo.
 
Ma come Gesù, e a differenza degli evangelisti, Paolo verso la fine degli anni 60. Tale fatto, insieme alla sua convinzione che Dio, mediante Cristo, stesse per per portare la storia umana ad un finale glorioso ({{passo biblico2|1Corinzi|15}}, {{passo biblico2|Romani|11}}), ci deve cautelare quando designamo Paolo un "cristiano". Naturalmente, Paolo fu un cristiano, ed è difficile sapere cosa significherebbe tale termine se non lo usassimo per lui: egli credette che Cristo era il Figlio di Dio, il Suo agente nella Creazione, e l'attore chiave nel attuare la redenzione dell'universo (per es. {{passo biblico2|Filippesi|2:5-11}}).
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Tuttavia Paolo si reputava un ebreo. Operava nell'ambito di un lasso di tempo molto condensato: "Il tempo ormai si è fatto breve... la forma attuale di questo mondo passa" ({{passo biblico2|1Corinzi|7:29,31}}). Per lui e la sua comunità "è arrivata la fine dei tempi" ({{passo biblico2|1Corinzi|10:11}}).
{{q|La nostra salvezza è più vicina ora di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino.|{{passo biblico2|Romani|13:11-12}}}}
Un tale lasso di tempo non gli avrebbe certo permesso di concepire la sua missione di istituire nuove comunità separate e indipendenti da quelle ebraiche. Quando dibatte con gli apostoli, anche loro ebrei, dibatte su temi tipicamente ebraici: retaggio ("Sono Ebrei? Anch'io! Sono Israeliti? Anch'io! Sono stirpe di Abramo? Anch'io!" {{passo biblico2|2Corinzi|11:22}}; "circonciso l'ottavo giorno, della stirpe d'Israele, della tribù di Beniamino, ebreo da Ebrei" {{passo biblico2|Filippesi|3:5}}; livello di osservanza religiosa ("quanto alla legge, fariseo... quanto alla giustizia che è nella legge, irreprensibile", {{passo biblico2|Filippesi|3:5-6}}; i suoi oppositori in Galazia "neppure loro, che sono circoncisi, osservano la legge", {{passo biblico2|Galati|6:13}}); autorità religiosa ("il vangelo da me annunziato non è modellato sull'uomo; infatti io non l'ho ricevuto né l'ho imparato da uomini, ma per rivelazione", {{passo biblico2|Galati|1:11-12}}). Quando organizza una grande colletta, lo fa per il sostegno dei poveri a Gerusalemme ({{passo biblico2|1Corinzi|16:1-3}}; {{passo biblico2|2Corinzi|1:1-9:15}}; {{passo biblico2|Romani|15:25}}).
 
Ma sono le parole stesse di Paolo che rendono questo punto molto efficacemente – cioè, che il suo orientamento spirituale si centrava sulla Torah e sul Tempio del suo tempo, nell'ebraismo pre-70 – quando descrive il suo operato come inviato di Dio (gr. απόστολος, ''apostolos'') alle nazioni per portare la buona novella della redenzione in Cristo. Paolo concepì il suo apostolato sull'analogia del servizio dei sacerdoti gerosolimitani al Tempio. Pertanto, quando sollecitava i Gentili a Corinto a capire che il supporto materiale della comunità è il diritto dell'apostolo, Paolo argomenta citando il Deuteronomio:
 
{{q| Dico forse queste cose da un punto di vista umano? Non le dice anche la Legge? Difatti, nella legge di Mosè è scritto: "Non mettere la museruola al bue che trebbia il grano". Forse che Dio si dà pensiero dei buoi? O non dice così proprio per noi?... Se abbiamo seminato per voi i beni spirituali, è forse gran cosa se raccoglieremo beni materiali?|{{passo biblico2|1Corinzi|16:1-3}}}}
Un apostolo ha diritto al supporto della comunità che serve come i sacerdoti che servono la comunità a Gerusalemme:
{{q|Non sapete voi che quelli che fanno il servizio sacro mangiano delle cose del Tempio, e quelli che servono all'altare hanno parte dei beni dell'altare? Così pure il Signore ha ordinato che coloro che annunziano l'evangelo, vivano dell'evangelo.|{{passo biblico2|1Corinzi|9:13-14}}}}
In una lettera successiva, scrivendo per introdursi alla comunità gentile di Roma, Paolo enumera i privilegi e le prerogative con cui Dio ha distinto Israele:
{{q|Essi [la gente di Paolo] sono Israeliti e possiedono l'adozione a figli, la ''gloria'', le alleanze, la promulgazione della Legge, l’''adorazione'', le promesse; ai quali appartengono i patriarchi, e da essi proviene il messia secondo la carne.|{{passo biblico2|Romani|9:4-5}}}}
Ho messo in corsivo le due parole nella lista di Paolo, "gloria" e "adorazione", perché l'italiano oscura la loro connessione immediata col Tempio. Per "gloria" i greco di Paolo ha ''doxa''; la parola ebraica che traduce è ''[[:en:w:K-B-D|kavod]]'', che nella [[w:letteratura ebraica|letteratura ebraica]] non si riferisce alla gloria di Dio in generale, ma specificamente alla ''[[w:Shekhinah|presenza]]'' gloriosa di Dio che dimora sulla terra nel Tempio di Gerusalemme. Come dice il Gesù di Matteo: "Chi giura per il Tempio, giura per esso ''e per Colui che l'abita''" ({{passo biblico2|Matteo|23:21}}). Inoltre, alla base della parola "adorazione" sta la parola greca di Paolo ''latreia'': ciò richiama l'ebraico ''avodah'' (עֲבוֹדָה‎), l'adorazione di Dio. E come viene adorato Dio? Col culto che Egli ordinò a Israele tramite Mosè, che Israele conservò alla presenza di Dio a Gerusalemme. "Adorazione " è una traduzione che non implica sangue, ma ciò che Paolo intende è "culto", specificamente il culto del sacrificio animale (che a sua volta, come abbiamo visto sopra, forniva cibo ai sacerdoti di Dio) che si svolgeva al Tempio.