Embricazione del trauma in Hemingway/Trauma e ARIT: differenze tra le versioni

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La più grande difficoltà nell'avvicinarsi a un testo come ARIT è l'impulso del critico di cercare di salvare il testo, di ripristinare il testo dalle profondità di disapprovazione alla sua posizione legittima nel canone di Hemingway. Invece, avvicinarsi ad ARIT richiede una più estesa esplorazione. Il testo deve essere prima inteso come una storia seguita da un attento esame tematico. L'esame dovrebbe ispezionare minuziosamente le strutture del testo concentrandosi su elementi, aspetti e parti della narrazione. Infine, l'indagine dovrebbe riguardare le informazioni storiche e biografiche contenute nel testo. La spinta di questo tipo di lettura non è quella di salvare eroicamente o semplicemente di esaltare il testo, ARIT; invece, l'impulso è di disperdere la confusione critica prevenendo in primo luogo questi tipi di approcci e interpretazioni di ARIT.<br/>
Ernest Hemingway presenta la sua visione della romanzo in molte interviste, saggi e trattati. In risposta alla domanda di George Plimpton (1958) sulla funzione dell'arte, Hemingway proclama che l'arte nasce "from things that have happened and from things as they exist and from all things that you know and all those you cannot know" (''The Paris Review'', Primavera 1958; rist. in Trogdon, ''Ernest Hemingway: A Literary Reference'', 310). Hemingway continua spiegando i suoi metodi usati per creare arte e afferma: "you make something through your invention that is not a representation but a whole new thing truer than anything true and alive, and you make it alive, and if you make it well enough, you give it immortality" (''The Paris Review'', Primavera 1958; rist. in Trogdon, ''Ernest Hemingway: A Literary Reference'', 310). Le osservazioni di Hemingway sulla funzione e sul metodo per creare l'arte si riflettono sulle capacità necessarie per leggere e interpretare la sua narrativa.<br/>
Leggere e interpretare ARIT, in questo modo, implica esaminare il testo dalle prospettive di Hemingway: cose che sono successe, cose come esistono, cose che conosci e cose che non puoi conoscere. Esplorare la domanda di Howe, – cosa c'è'c’è'' nella scrittura contenuta in ARIT? – implica esaminare davvero il lì del romanzo di Hemingway. L'esplorazione comporta un'indagine di ARIT per "cose che sono accadute" mediante la comprensione di come il testo funzioni prima come storia, "cose come esistono" attraverso un esame dei temi nel testo, poi "cose che conosci" attraverso un'attenta ispezione delle strutture del testo, e infine "quelle che non puoi conoscere" attraverso una concentrazione su elementi, aspetti e parti del testo aiutata dall'inclusione di un'indagine di informazioni storiche e biografiche contenute in ARIT.</ref> bocciano lo stile di scrittura del romanzo, che [[:en:w:Morton Dauwen Zabel|Morton D. Zabel]] (1950) suggerisce essere "povero di una carenza di invenzione, una opacità di linguaggio, uno stile e un tema da autoparodia" (Meyers, ''Hemingway: The Critical Heritage'', 377).<ref>Per un compendio accessibile delle recensioni del romanzo, si veda Jeffrey Meyers, ''Hemingway: the Critical Heritage''. Il volume di Meyers contiene recensioni scritte da Zabel, Kazin, Waugh, Rosenfield, Frye, Wylder e Beach (pp. 375-406).</ref>
 
== Ruolo del trauma nell'interpretazione di ARIT ==
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{{q|since the gangrene started in his right leg he had no pain and with the pain the horror had gone and all he felt now was a great tiredness and anger that this was the end of it.<ref>Hemingway, ''The Complete Short Stories'', 41.</ref>}}
In questo brano, le cose che sono successe – "since the gangrene started in his right leg" – le cose che sono esistite – "he had no pain and with the pain the horror had gone" – e le cose che conosci - "with the pain the horror had gone" – tutte operano per presentare l'esperienza di Harry e i ricordi di quell'esperienza degli effetti del trauma. Analogamente, come suggerisce Whitehead, l'esperienza e la memoria del trauma non riguardano solo la presentazione, nella narrazione, del riflesso accurato dell'esperienza. La funzione dell'arte, per Hemingway, non è solo quella di creare una storia che catturi le cose che "conosci", ma anche di creare una narrazione che incarni "tutto ciò che non puoi conoscere".
 
I movimenti narrativi di Hemingway di "“all those [things] you cannot know" appaiono come una preoccupazione per la riuscita delle sue narrazioni in relazione alla scrittura sull'esperienza del trauma. Un componente del trauma è la ''performance'' della comprensione che si verifica dopo l'esperienza del trauma. L'atto performativo che segue l'esperienza del trauma tenta di dare voce alle percezioni e alle conoscenze generate dall'esperienza. Dal momento che c'è un elemento dell'inconoscibile che circonda l'esperienza traumatica, il performativo indica anche la capacità di costruire la comprensione dell'inconoscibile. Ad esempio, Hemingway ne "The Snows of Kilimanjaro" crea questo tipo di ''performance'' quando Harry, subito dopo il precedente stralcio citato, afferma: "For this, that now was coming, he had very little curiosity. For years it had obsessed him; but now it meant nothing in itself. It was strange how easy being tired made it. Now he would never write the things that he had saved to write until he knew
enough to write them well" (''The Complete Short Stories'', 41). In questo brano, l'ossessione di Harry per l'inconoscibilità che non scriverà mai dà voce alla porzione inconoscibile legata all'esperienza del trauma. Allo stesso modo in ARIT, Hemingway fa riecheggiare questi sentimenti in relazione al trauma. La narrazione circonda Cantwell che riflette:
{{q|Death is a lot of shit, he thought. It comes to you in small fragments that hardly show where it has entered. It comes, sometimes, atrociously. It can come from unboiled water; an un-pulled-up mosquito boot, or it can come with the great, white-hot, clanging roar we have lived with. It comes in small cracking whispers that precede the noise of the automatic weapon. It can come with the smoke-emitting arc of the grenade, or the sharp, cracking drop of the mortar.<br/>
I have seen it come, loosening itself from the bomb rack, and falling with that strange curve. It comes in the metallic rending crash of a vehicle, or the simple lack of traction on a slippery road.<br/>
It comes in bed to most people, I know, like love’s opposite number. I have lived with it nearly all my life and the dispensing of it has been my trade. But what can I tell this girl now on this cold, windy morning in the Gritti Palace Hotel?|ARIT, 202}}
In "The Snows of Kilimanjaro" e in ARIT, l'atto performativo di raccontare la storia della morte e del trauma in seguito all'esperienza traumatica tenta di dare voce alle percezioni e alla conoscenza generate dall'esperienza nelle narrazioni. L'elemento dell'inconoscibile circonda l'esperienza del trauma nelle narrazioni e, come tale, l'atto performativo di raccontare la storia del trauma indica anche la capacità di costruire la comprensione dell'esperienza traumatica inconoscibile.
 
Nello stralcio di "The Snows of Kilimanjaro", Hemingway pone in Harry una preoccupazione per la ''performance'', in quanto presa da una mancanza di conoscenza: "very little curiosity". La narrazione suggerisce anche una concentrazione sulla ''performance'' stessa: "he would never write the things he had saved to write". Pertanto, la "little curiosity" di Harry e la sua incapacità di scrivere "the things he had saved" fanno riferimento alla natura inconoscibile e abietta degli effetti delle esperienze e dei traumi precedenti. In effetti, Hemingway nell'intervista di Plimpton indica che, con l'esperienza del trauma, "one part of you sees it with complete detachment from the start while another part is very involved".<ref>Citato in Trogdon, ''Ernest Hemingway: A Literary Example'', p. 297.</ref> Le osservazioni di Hemingway sono incarnate nella figura di Harry in "The Snows of Kilimanjaro". Il narratore della storia illustra la tensione tra la riflessione e l'esecuzione del trattamento di esperienze traumatiche nella narrazione hemingueiana. La storia, riflette una verosimiglianza dell'esperienza traumatica mentre crea anche una narrazione che esplora aspetti dell'inconoscibile correlati agli effetti dell'esperienza.
 
Hemingway scrive al suo amico Buck Lanham nel 1949 che ARIT ricapitola i temi usati durante tutta la sua carriera, aggiungendo che egli credeva questo romanzo fosse il suo migliore fino ad quel momento.<ref>Si veda Waldron, ''A Readers to Ernest Hemingway'', 187. La maggior parte dei critici bocciò il romanzo; [[:en:w:Carlos Baker|Carlos Baker]] afferma che "nonostante le grandi speranze e celebrazioni preliminarie di Ernest, ''Across the River'' è stato ricevuto a settembre con noia e sgomento" (486). Pertanto sin dalla sua pubblicazione, il romanzo è rimasto quasi sempre nell'oscurità, senza mai essere stato analizzato per il suo valore stilistico e letterario.</ref> Da un lato, ''Across the River and into the Trees'', come ricapitolazione delle esperienze e dei ricordi di guerre e traumi, coinvolge il periodo che Hemingway trascorse come autista di ambulanze in Italia durante la Prima Guerra Mondiale e come corrispondente di guerra durante la Seconda Guerra Mondiale. In effetti, Hemingway, in (1944) "Battle for Paris", ricorda il suo tempo nella Parigi lacerata dalla SGM che, "the main highlights of this period that I remember, outside of being scared a number of times, are not publishable at this time. Sometime I would like to be able to write an account of the actions of the colonel both by day and by night. But you cannot write it yet" (''Collier’s'' 30 settembre 1944, rist. in ''By-Line'', 371). L'osservazione di Hemingway secondo cui "I would like to be able to write an account of the actions of the colonel both by day and by night", illustra il suo desiderio di riflettere e creare dalle sue esperienze traumatiche — i momenti non pubblicabili di "being scared". Hemingway soddisfa questo desiderio scrivendo ARIT. ARIT utilizza e stabilisce temi e strutture utilizzati da Hemingway nelle sue precedenti narrazioni.
 
In relazione ad ARIT, [[:en:w:Carlos Baker|Carlos Baker]] osserva che "l'atmosfera del [romanzo] è stata oscurata da uno strano malessere psicologico, come se Ernest stesse usando le pagine del suo romanzo come l'equivalente del divano di uno psichiatra" (477). L'osservazione critica di Baker si concentra sul romanzo in quanto si collega esclusivamente al biografico senza concentrarsi sulle qualità testuali della narrazione. Baker e molti altri critici affrontano solo un lato dell'interpretazione narrativa di Hemingway in ARIT. Baker, come la maggior parte dei critici contemporanei del romanzo, concentra le proprie critiche sulla natura autobiografica di ARIT. Grosso e madornale errore. Anche [[:en:w:Alfred Kazin|Alfred Kazin]] nella rivista ''New Yorker'' (1950) cade in errore e afferma che "il libro [ARIT] si legge come se fosse stato scritto quale sintesi prematura della vita e del lavoro di Hemingway" (rist. in Meyers, ''Hemingway: The Critical Heritage'', 378). Le osservazioni riguardo al penultimo romanzo di Hemingway si concentrano tutte sull'elaborazione di una critica dell'opera da prospettive biografiche, il che limita grandemente la piena esplorazione della narrazione.
 
La preoccupazione dei critici per le connessioni tra Hemingway e la sua prosa in ARIT è affrontata dalla citata osservazione di Hemingway (1950) in cui afferma che le analisi critiche dovrebbero concentrarsi sui testi e non solo sulle personalità dell'autore. Tuttavia, la lettura di ARIT implica anche una comprensione di come le esperienze di Hemingway, in generale, e le sue esperienze traumatiche, in particolare, influenzino le sue costruzioni narrative. Per rispondere davvero la domanda di Irving Howe, "cosa ''ci fu'' nella scrittura di Hemingway che gli permise di comandare la fedeltà di una generazione?", sicuramente richiede una responsabilità per l'interpretazione della scrittura (il testo), per l'autore, per la storia di sopravvivenza nel testo, per la sopravvivenza dell'autore e per l'effetto del trauma ricordato e vissuto in relazione alla strutturazione delle sue narrazioni.<ref>Si veda Jeffery Meyers, ''Hemingway: The Critical Heritage'', 430-433.</ref>
 
Hemingway parla della dicotomia e della responsabilità di catturare la guerra e il trauma per iscritto. Nel dispaccio a ''Collier’s'' del 18 novembre 1944, in cui si intromette nel racconto del combattimento fatto dal Capitano Howard, Hemingway afferma che "there is a great difference in combat between the way it is supposed to be and the way it is — as great as the difference in how life is supposed to be and how it is" ("War in the Siegfried Line", rist. in ''By-Line'', 394). Parimenti, [[w:Michael Herr|Michael Herr]], in ''[[:en:w:Dispatches (book)|Dispatches]]'', scrivendo come corrispondente di una guerra molto diversa – quella del Vietnam – cattura il senso del trauma e sostiene: "Andai lì con la cruda ma seria convinzione che dovevi essere in grado di vedere qualsiasi cosa, seria perché ci agii e ci andai, cruda, perché non lo sapevo, ci volle la guerra per insegnarmelo, che eri responsabile di tutto ciò che vedevi come lo eri per tutto ciò che facevi" (20). Hemingway, come Herr, comprende che scrivere la guerra richiede un'oscillazione tra la riflessione e la creazione.<ref>La lettura di ARIT implica una focalizzazione sul lì del testo tramite l'impegno con la riflessione sulla vita di Hemingway – "the way it is" – e sulla creazione del testo hemingueiano – "they way it is supposed to be". L'affermazione di Herr si concentra sulla responsabilità della riflessione, cioè "seeing (= vedere)" in concerto con il "doing (= fare)", cioè la creazione di un trauma bellico. Allo stesso modo, le osservazioni di Hemingway si concentrano sulla responsabilità dell'autore di vedere la guerra, come riflesso di ciò che "è" (= "what it is") e di rappresentare la guerra, come una creazione di ciò che "dovrebbe essere" (= "supposed to be"). In questa maniera, ARIT serve sia da riflessione che da creazione della sua esperienza di guerra e trauma.</ref> La domanda che ciò fa emergere è come si può creare una struttura narrativa in grado di incarnare il trauma pur mantenendone responsabilità.