Embricazione del trauma in Hemingway/Stile e struttura: differenze tra le versioni

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Il lavoro di Sigmund Freud sul trauma, in particolare, e sui meccanismi psicoanalitici della mente, in generale, presenta un interessante amalgama per gli studi letterari nella prima parte del ventesimo secolo. Similmente, M. H. Abrams osserva che la forma di psicologia freudiana inizialmente opera come mezzo di analisi e terapia per le nevrosi, ma che il lavoro di Freud si espande presto per spiegare gli sviluppi nella società — come guerra, mitologia e religione, ma anche la letteratura e le altre arti (''A Glossary of Literary Terms'', 248). La comunione tra pensiero psicoanalitico, creazione letteraria e critica contribuisce notevolmente all'ambiente letterario del ventesimo secolo.
 
''Hysteria'' (1895) di Freud e Joseph Breuer sostiene che il trauma è una ferita nella psiche. Freud e Breuer asseriscono che l'individuo non può parlare direttamente a questa ferita, ma tuttavia l'individuo sperimenta una fissazione su questo evento tramite ricordi imperfetti, fantasie, ripetizioni e compulsioni associati all'esperienza. In questo modo, un individuo che soffre un trauma potrebbe non avere un ricordo dell'evento, ma legherà una varietà di esperienze al tentativo di comprendere l'evento. L'attaccamento delle esperienze periferiche nel tentativo di comprendere il trauma subito genera fantasie attorno all'evento. Pertanto, l'evento del trauma, di per sé, diventa una narrativa immaginaria generata al fine di tentare di comprendere un evento o una sequenza di eventi che richiedono comprensione.
 
L'idea che il trauma sia vissuto e poi dimenticato è la chiave per le teorie del trauma in relazione alla critica e allo studio letterari. Il trauma divide la mente da se stessa e dalla comprensione e dalla struttura del tempo. In relazione all'effetto del trauma e alla presenza in letteratura, [[:en:w:Lyndsey Stonebridge|Lyndsey Stonebridge]] osserva che "c'è un ritardo, uno strappo, nell'esperienza del traumatizzato che lo tira fuori dalla cronologia lineare" (195). Successivamente, l'esperienza del trauma influisce sulla comprensione dell'evento, del sé e del tempo. In effetti, Freud riflette su questa parte dell'esperienza del trauma in ''L’uomo Mosè e la religione monoteistica'' affermando che "noi diamo il nome di traumi a quelle impressioni, vissute prima e poi dimenticate, alle quali attribuiamo tanta importanza nell'eziologia della nevrosi" (349).<ref>''Moses and Monotheism: Three Essays trans. James Strachey and Dickson'', 1985.</ref> La divisione della mente, in relazione al trauma, influenza la comprensione della propria posizione nello spazio e nel tempo. Pertanto, le narrazioni che tentano di incarnare o raccontare la storia di un trauma o di traumi spesso utilizzano narrazioni disgiunte che coinvolgono la memoria e la perdita della memoria nel tentativo di catturare il trauma e gli effetti del trauma in una struttura narrativa.
 
L'osservazione predittiva di Freud che influisce sulla sua comprensione e teoria del trauma è la sua tesi saliente che le esperienze traumatiche influenzano la mente ''e'' la concezione della soggettività umana.<ref>Allo stesso modo, Stonebridge osserva che "l'originalità di Freud stava nell'insistere sul fatto che il trauma non aveva solo un effetto sulla mente, ma che costituiva ciò che noi pensiamo come la soggettività umana stessa, motivo per cui, contemporaneamente..." (196).</ref> Di conseguenza, Stonebridge sostiene in relazione alla creazione letteraria che essa "traccia lo sviluppo del concetto di trauma secondo il pensiero di Freud e, da un lato, sembra che mentre Freud concettualizzava per la prima volta il trauma in termini di sessualità, gradualmente il suo pensiero veniva oscurato da una seconda teoria del trauma, questa volta modellato sulla nevrosi a cui i soldati di fanteria devastati dalla la PGM al fronte, con i loro sguardi vacui, tremori, paralisi e andature alla Charlie Chaplin, rendevano testimonianza dolorosa. Con una semplicità narrativa eloquente, l'autodistruzione del soggetto dell'ipocrisia borghese lascia il posto ai traumi di un secolo sempre più atroce — come se la violenza consumante di quest'ultimo fosse l'apoteosi dell'alienazione della prima da se stessa. Ma fu anche sempre chiaro a Freud che gli eventi esterni acquisiscono la loro forza traumatica proprio perché attivano le fantasie e provocano la spinta verso azioni e reazioni. Quindi, per il Freud del 1915, se non per altri che lavoravano con questa nuova categoria di isteria fatidicamente storicizzata, i veterani sconvolti dallo ''shell shock'' durante la Grande Guerra non impazzirono semplicemente a causa dalla guerra; furono traumatizzati perché il trauma della guerra aveva distrutto le loro più profonde fantasie di se stessi come soggetti virili in tempo di pace (197)."