La prosa ultima di Thomas Bernhard/Ricezione critica 1: differenze tra le versioni

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=== ''Die Kälte'' ===
Franz Wesenauer, Podlaha e la posizione critica nei confronti dei medici hanno dominarono superficialmente l'accoglienza delle prime tre opere; le ripetute critiche nei confronti dell'assistenza medica, questa volta contro l'ospedale TBC a Grafenhof, ora misero a dura prova la pazienza di uno o due critici. Nella sua caustica recensione, Kurt Kahl ritiene che Bernhard si fosse semplicemente sbagliato ad accusare i medici di negligenza, che egli soffrisse di "Verfolgungswahn" (paranoia) e che in ''Die Kälte'' l'autore ("nicht ein Mensch von besonderem Talent") avesse prodotto un'opera "ohne literarischen Belang"; Kahl conclude: "da kaschiert einer sein frühes Versagen mit der Überheblichkeit von heute."<ref>Kurt Kahl, "Nur der Schamlose ist authentisch", ''Kurier'', 5 febbraio 1981.</ref> Huber afferma che, con una o due eccezioni, ''Die Kälte'' fu accolta molto meglio dei tre precedenti volumi della pentalogia. Come Kahl, tuttavia, non mancarono quei critici che continuarono ad incolpare Bernhard dei soliti peccati: autocommiserazione (haj), abbrutimento creativo e ripetizione (Hartung), portatore di sventura e "Verzweiflungsartist" (Löffler), nonché creatore ancora una volta di un "Labyrinth der Hoffnungslosigkeit" (Matheja).<ref>Si veda: haj [Hansres Jacobi], "An der Anklagemauer", ''Neue Zürcher Zeitung'', 14 marzo 1981; Harald Hartung, "Gegen die Unausweichlichkeit", ''Der Tagesspiegel'', 17 maggio 1981; Sigrid Löffler, "Die Leiden des jungen Bernhard", ''profil'', 2 maggio 1981, e: Bernd Matheja, "Grauen wider den Tod", ''tip'' [Berlin], 7 (1981), 42-3 (p. 43).</ref> Christoph Geiser, scrivendo nel ''Süddeutsche Zeitung'', accusa Bernhard a un certo punto in ''Die Kälte'' persino di "Todessehnsucht" — che è un'affermazione curiosa dato che gran parte del racconto è dedicato al protagonista che cerca di sfuggire alla morte e all'ospedale TBC, coerentemente con la sua "decisione" di vivere presa nel volume precedente.<ref>Christoph Geiser, "Beispiel einer Jugendkrise", ''Süddeutsche Zeitung'', 11/12 aprile 1981.</ref> Insomma, ce n'è per tutti i gusti... Ma ben pochi si concentrano sul valore stilistico e letterario del testo bernhardiano: la critica è superficiale, avventata e preconcetta.
 
Dopo i romanzi degli anni ’60 e primi anni ’70, i critici avevano pensato al nome di Bernhard come sinonimo di morte, suicidio e allegro nichilismo. Sebbene questa percezione dominasse l'accoglienza critica di ''Der Atem'', uno o due commentatori furono più audaci nelle loro interpretazioni di ''Die Kälte''. Perfino la altrimenti negativa Elisabeth Effenberger parla di uno scrittore che, in questo quarto volume autobiografico, considera il paesaggio (metaforico e fisico) con un occhio amico e le cui ripetizioni "kommen kaum noch vor".<ref>Elisabeth Effenberger, "In der Isolation eingerichtet: Thomas Bernhard", ''Salzburger Nachrichten'', 1 febbraio 1981.</ref> Tuttavia, sono Rolf Michaelis e [[:en:w:Rainald Goetz|Rainald Goetz]] a fornire le analisi più sensibili e ricercate di speranza e calore umano nel testo. Goetz, un ex studente di medicina, sottolinea che le presunte esagerazioni del testo ("grotesk überspitzte Karikaturen") sono, in effetti, abbastanza vere: "Ich habe an einem derartigen [Grafenhof] Ort Zustande und Situationen erlebt, ebenso ungeheuerlich wie von Bernhard beschrieben."<ref>Rainald Goetz, "'Wahr ist nur, was nicht paßt'", ''Der Spiegel'', 27 luglio 1981, pp.229-32 (p.231).</ref> Goetz, storico e studioso di medicina, solleva inavvertitamente un problema qui importante: molti recensori austriaci avevano refutato Bernhard per le sue presunte dichiarazioni esagerate sull'inefficienza di una roccaforte dell'Establishment, la professione medica. Il contro-battuta di Goetz secondo cui il perenne esageratore potrebbe non aver esagerato, pone la narrazione sotto una luce diversa: piuttosto che essere il prodotto prevedibile di un nichilista seriale, l'opera può essere considerata con maggiore affidamento come una descrizione realistica che richiede una lettura seria e attenta: "Wir sollten Thomas Bernhard mit etwas weniger Ehrfurcht und tiefsinnigem Schaudern lesen und ihn dadurch zugleich ernster nehmen."<ref>''Ibid.''</ref>
 
Nella sua valutazione di ''Die Kälte'', Rolf Michaelis fa un ulteriore passo avanti: chiede al lettore di cercare più da vicino gli indizi positivi nel lavoro di Bernhard, e si riferisce a "den von manchen Lesern bedauerten «Pessimismus», der in Wahrheit Optimismus ist".<ref>Rolf Michaelis, "Einmal Hölle und zurück", ''Die Zeit'', 27 marzo 1981.</ref> Il lettore raggiungerà questa intuizione attraverso "einer zugleich langsamen wie gehetzten Lektüre"; Michaelis conclude sottolineando che Bernhard non è un misantropo indurito e che ''Die Kälte'' rappresenta "ein Schritt in die Welt".<ref>''Ibid.''</ref> Erich Skwara fa qui eco al sentimento di Michaelis, ma estende retrospettivamente la pertinenza della sua affermazione a lavori precedenti: "[Bernhard] beschreibt [...] in diesem jüngsten Buch und auch früher selten, aber überzeugend und wärmend genug, seine Sehnsucht nach einem Menschen, einem Freund, einem Halt."<ref>Erich W. Skwara, "Tropfenweise, wie bittere Medizin", ''Rheinischer Merkur/Christ und Welt'', 6 febbraio 1981.</ref> Interpretando qui le parole di Michaelis e Skwara, sembrerebbe che il nichilista di ''Amras'', ''Verstörung'' e ''Das Kalkwerk'' abbia riveduto e corretto considerevolmente la sua visione.
 
=== ''Ein Kind'' ===
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