Interpretazione e scrittura dell'Olocausto/Memoria e compimento: differenze tra le versioni

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{{q|Nella RDT questa domanda fu sempre delegata ai tedeschi occidentali. Ora, apparteneva a noi. La questione del nostro rapporto con le vittime e i morti venne improvvisamente sollevata. Eravamo circondati da morti: di fronte a noi i morti dell'Olocausto e della Guerra, e dietro di noi, sempre più distinti, i morti dei Gulag e le rivoluzioni culturali.<ref>Alexander Stillmark, "Brother Eichmann. The Story of an Awkward Relationship", p. 5.</ref>}}
Dal 1995, la compagnia ha continuato a rappresentare ''Bruder Eichmann'' nello spazio/studio di Berlino in questa nuova versione compressa. L'ambiente intimo dello studio, con le sue pareti a specchio, costringe ad uno stretto rapporto tra attore e pubblico, passato e presente. In particolare, la produzione solleva la questione della responsabilità. Alla nuova generazione, attraverso l'esempio dell'identificazione sconsiderata di Eichmann con il dogma politico e la mancanza di compassione per i suoi simili, viene chiesto di rispondere nel mondo odierno in modo proattivo.
{{q|Ci sono molti giovani che non si sono mai preoccupati di questo tema e si confrontano con il mondo in un modo totalmente diverso rispetto a noi anziani. Anche il loro mondo è diverso. La [[w:Guerre jugoslave|guerra infuria in Europa]]<ref>Qui, considerando la data del succitato documento, ci si riferisce alla [[w:Guerre jugoslave|Guerre jugoslave 1991-2001]].</ref>, il problema della fame esiste in tutto il mondo, i rifugiati, le guerre nazionali nei paesi arabi e nel Vicino Oriente. Gli sforzi delle parti in guerra non sono, nella maggior parte dei casi, mirati a soggiogare i gruppi/popoli avversari, ma semplicemente a espellerli o sterminarli il più rapidamente possibile.<ref>''IbidStillmark, "Brother Eichmann.'' The Story of an Awkward Relationship", p. 7.</ref>}}
Concentrando il testo di Kipphardt esclusivamente su Eichmann e sull'Olocausto, il regista cerca di sottolineare la colpevolezza tedesca per un momento unico nella storia. La versione compressa di Stillmark evidenzia la questione della responsabilità individuale:
{{q|Dobbiamo imparare ad ascoltare Eichmann con attenzione, a scendere in profondità nelle branche inferiori dei suoi pensieri per poter comprendere la banalità del male come sua verità virulenta.<br/>
<br/>
La comprensione di questa verità ci include poiché Eichmann non è di un altro mondo. È il prodotto del nostro secolo, come noi. Il dramma si chiama BROTHERBRUDER EICHMANN.<ref>''Ibid.'', p.8.</ref>}}
I tedeschi dell'Est hanno rapidamente recuperato la loro storia. In risposta a timori di antisemitismo e xenofobia latenti della Germania orientale, all'inizio degli anni ’90 sono stati condotti numerosi studi per stabilire i profili degli elettori, le credenze politiche e l'atteggiamento nei confronti degli stranieri. I sondaggi sulla xenofobia (definita come un atteggiamento eccessivamente timoroso, ostile o sprezzante nei confronti degli stranieri) e l'antisemitismo (definito come un atteggiamento sfavorevole e ostile nei confronti degli ebrei) mostrarono risultati sorprendenti: i dati rivelarono solo lievi differenze nell'atteggiamento tra ''Ossie'' e ''Wessie''.<ref>Kurthen, ''Antisemitism and Xenophobia'', p. 3.</ref> Sebbene gli ex tedeschi dell'Est fossero frazionalmente più xenofobi e più propensi a votare per i partiti di destra, erano meno antisemiti dei loro cugini occidentali. Un'indagine simile di ''Der Spiegel'' nel 1992 mostrò praticamente gli stessi risultati con il sedici per cento dei tedeschi occidentali che si descrivevano antiebraici mentre solo il quattro per cento dei tedeschi orientali rispondeva allo stesso modo.<ref>''Ibid.'', p. 23.</ref> Studi condotti tra il 1994 e il 1997 hanno confermato questi risultati. Inoltre, hanno dimostrato che gli scolari e i giovani adulti della Germania orientale sapevano di più sull'Olocausto e sulla storia dell'antisemitismo rispetto ai loro omologhi della Germania occidentale, austriaca, britannica e americana.<ref>Kurthen, "Antisemitism and Xenophobia in Germany", pp. 40-57; p. 47.</ref> Fino agli anni ’80, lo Stato della Germania orientale aveva ignorato Israele e la narrativa sulla guerra ebraica. Successivamente, il primo parlamento liberamente eletto della Germania orientale, ''[[w:Camera del popolo (Repubblica Democratica Tedesca)|Die Volkskammer]]'', approvò all'unanimità la seguente dichiarazione nell'aprile 1990:
{{q|Chiediamo il perdono degli ebrei in tutto il mondo. Chiediamo perdono al popolo di Israele per l'ipocrisia e l'ostilità della politica ufficiale della RDT verso lo stato di Israele e per la continua persecuzione e umiliazione dei cittadini ebrei nel nostro paese dopo il 1945.<ref>Kurthen, ''Antisemitism and Xenophobia'', p. 12.</ref>}}
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== Teatro nell'ex-Ovest ==
Mentre ex scrittori, registi e politici della Germania orientale hanno tentato di venire a patti con il passato e lo stato attuale delle cose, la violenza xenofoba è stata accolta in modo banale dai tedeschi occidentali, vale a dire con negazione, distanziamento e "livellamento" per analogia. Come negli anni ’70, quando la RAF aveva creato una "cattiva stampa", i cittadini "decenti" si allontanarono dagli elementi radicali che associavano esclusivamente agli ex tedeschi dell'Est. Individui di destra, organizzazioni e orientali furono demonizzati come progenie dei nazisti "lunatici". Quando la violenza si verificò in Occidente,vennero incolpati gli ''Ossie'' migranti. Tali strategie non sono diverse da quelle dei precedenti cinquant'anni. Le vecchie narrazioni di guerra hanno continuato ad essere perpetuate. Ad esempio, un sondaggio di ''Der Spiegel'' nel maggio 1995 indicava che il settantaquattro per cento dei tedeschi di età superiore ai sessantacinque anni credeva che la Wehrmacht non fosse coinvolta nell'Olocausto e che l'espulsione di oltre quattordici milioni di tedeschi etnici dal territorio sovietico fosse un crimine ben più grande.<ref>John Linklater, "Great Peace Tour Rolls into Germany", ''The Glasgow Herald'' (9 maggio 1995), p. 7.</ref> Nel 1997 scene di rabbia e proteste accompagnarono una mostra fotografica a Monaco intitolata ''Crimini della Wehrmacht''. Le lettere ai giornali indicarono che molti credevano che le foto, scattate dai fotografi che avevano accompagnato le truppe, fossero false.<ref>''The Guardian'' (25 febbraio 1997), p. 16.</ref> ''Junge Freiheit'', un settimanale stampato a Berlino, pubblicava una serie di articoli intitolati "Cinquanta anni dopo" sui ricordi della seconda guerra mondiale che si concentravano quasi interamente sulle sofferenze di giovani coscritti e civili, come se Olocausto e nazisti non fossero mai esistiti.<ref>Elliot Neaman, "A New Conservative Revolution? Neo-Nationalism, Collective Memory and the New Right in Germany since Unification", in Kurthen, ''Antisemitism and Xenophobia'', pp. 190-208; p. 202.</ref> A Berlino, nel novembre 1993, fu eretto il Memoriale per le Vittime della Guerra e della Tirannia, unificando così tutte le vittime della guerra. Questa tattica non era diversa dalla scelta di Borchert di universalizzare tutti i morti di guerra in ''[[w:Draußen vor der Tür|Fuori davanti alla porta]]'' o la cerimonia di Bitburg orchestrata da Kohl nel 1985. Film come ''[[w:La ragazza terribile|Das schreckliche Mädchen]]'' (''La ragazza terribile''; 1990) di [[w:Michael Verhoeven|Michael Verhoeven]] e ''[[w:Europa Europa (film)|Europa Europa]]'' (1991) di [[w:Agnieszka Holland|Agnieszka Holland]] rappresentarono un paese che non era ancora completamente riconciliato con il suo passato.
 
Da Adenauer a Kohl, i politici tedeschi sono stati consapevoli di come le tensioni razziali siano percepite dagli osservatori esterni. Ad esempio, nel 1984, quando Peter Zadek produsse la prima europea di ''Ghetto'' di Sobol al Volkstheater di Berlino, si sollevarono dubbi sul fatto che l'opera fosse adatta a un pubblico tedesco.<ref>Wolfssohn, ''Eternal Guilt'', p. 200.</ref> Il fatto che la maggioranza del pubblico nel 1984 fosse nato dopo la guerra non entrò nel dibattito.<ref>Conversazione con Yehoshua Sobol, Weimar, dicembre 1995.</ref> Dieci anni dopo continuava a sussistere la stessa preoccupazione per il profilo pubblico. Quando un fumetto, progettato per le scuole, su Hitler e l'Olocausto (ispirato a ''[[w:Maus|Maus]]'' di [[w:Art Spiegelman|Art Spiegelman]])<ref>Art Spiegelmann, ''MAUS Racconto di un sopravvissuto'' I e II, traduzione di Ranieri Carano, Milano Libri, 1994.</ref> fu approvato da [[w:Simon Wiesenthal|Simon Wiesenthal]], il governo tedesco respinse la sua richiesta sostenendo che banalizzava l'evento. In realtà, i tedeschi erano preoccupati che sarebbero stati loro a sembrare di banalizzare l'Olocausto usando un ausilio didattico così incongruo come un libro di fumetti per approfondire gli studi sull'Olocausto.<ref>Steve Crashaw, "Hitler Comic For German Schools Raises Only a Grim Smile", ''The Independent'' (18 ottobre 1993), p. 1.</ref>
 
Questa preoccupazione per le apparenze derivava da una tendenza autoflagellante endemica tra intellettuali tedeschi, come Grass. Fu in parte generata dall'idea sbagliata che la xenofobia degli anni ’90 e l'antisemitismo storico fossero intrinsecamente collegati e, inoltre, che tale violenza fosse dominio unico della nazione tedesca. Ad esempio, Susan Tebbutt dimostrò che nella letteratura per l'infanzia il fascismo era presentato come un fenomeno tedesco non europeo.<ref>Susan Tebbutt, "The Representation of Right-wing Extremism in Post-unification German Jugendliteratur", in Durrani, ''The New Germany. Literature and Society after Unification'', pp. 302-20; pp. 304-5.</ref> Grass sostenne che, storicamente, il potere corrompe i tedeschi. Si è quindi opposto alla riunificazione sin dall'inizio:
{{q|Capisco i tedeschi... L'unità è sempre stata un disastro... L'unità tedesca, da Bismark a Hitler, fu la base di Auschwitz.<ref>''The Independent'' (18 ottobre 1993), p. 13.</ref>}}
Come commentò un osservatore esterno in merito a Grass:
{{q|I tedeschi moderni non si sfidano di sè stessi... Certo, stanno diventando un po' più assertivi, ma finora la loro vulnerabilità, la loro insicurezza e la loro capacità di autocritica sono più evidenti.<ref>''Ibid.''</ref>}}
Uno scrittore tedesco che caratterizza questa "sfiducia" è [[w:Hans Magnus Enzensberger|Hans Magnus Enzensberger]]. Nel 1964 scrisse che Auschwitz era un prodotto della "civiltà" occidentale, non specificamente della nazione tedesca.<ref>Hans Magnus Enzensberger, "Am I German?", in ''Encounter'', Vol. 22, No. 4 (1964), p. 16.</ref> Ma nel 1993 vide la violenza xenofoba come espressione della follia collettiva tedesca.<ref>Hans Magnus Enzensberger, "Ausblicke auf den Bürgerkrieg", in ''Der Spiegel'' (1993) trad. {{en}} in Parkes, ''Postmodern Polemics'', p. 101.</ref> Nel suo racconto, ''Die große Wanderung'' (1992), Enzensberger usa una carrozza ferroviaria moderna come metafora per collegare la xenofobia tedesca contemporanea e il concetto ''Lebensraum'' di Hitler.<ref>Hans Magnus Enzensberger, "The Great Migration", trad. {{en}} Martin Chalmers, in "Krauts!", ''Granta'', (Inverno 1992), Vol. 42, pp. 15-51 (ital. ''La grande migrazione'', 1993, Einaudi, trad. di Paola Sorge).</ref> Nella storia, un viaggiatore siede nello scompartimento. Quando entrano nuovi viaggiatori, si sente "invaso" e invia segnali antagonisti a ogni ondata di "nuova migrazione" per creare un'atmosfera ostile. Enzensberger non è necessariamente d'accordo sul fatto che il popolo tedesco abbia il monopolio del razzismo, ma afferma che il suo popolo mostra una propensione allarmante per questo sentimento. In ultima analisi, scrive che i tedeschi sembrano generare violenza razziale con più facilità e regolarità rispetto agli altri europei.
 
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Nel 1994 [[w:Steven T. Katz|Steve Katz]] affrontò la questione dell'"unicità" dell'Olocausto.<ref>Steve Katz, ''The Holocaust in Historical Context. Volume 1: The Holocaust and Mass Death Before the Modern Age'', Oxford University Press, 1994.</ref> È questo dibattito centrale negli studi sull'Olocausto, egli asserisce, che ha sempre confuso ogni valutazione obiettiva. Storicizzando l'evento, conclude Katz, gli scrittori successivi non hanno proposto argomenti concreti nel dimostrare l'unicità trascendentale dell'Olocausto ed egli rifiuta la tendenza a collocare l'evento alteramente sopra la storia come un evento mistico. Scrive, tuttavia, che l'Olocausto fu singolare per ragioni storiche tangibili. Ammantare l'evento nel misticismo semi-religioso e creare un'aura di "intoccabilità", sostiene Katz, ha confuso la ricerca e la comprensione. Tuttavia, affermando, categoricamente, che l'Olocausto è stato un evento unico, Katz paradossalmente lo rende "intoccabile" negando altri punti di riferimento.