Ebrei e Gentili/Saggi: differenze tra le versioni

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L'Abacuc di Maimonide, per così dire, definisce la giustizia come fede; Maimonide stesso definisce la fede come assenso ad una serie di proposizioni.<ref>Rosenberg, "Concept of Emunah", e Manekin, "Belief, Certainty, and Divine Attributes".</ref> Tale assenso non è e non può essere ristretto ai discendenti di Abramo, Isacco e Giacobbe. Qualsiasi essere umano che giunge ad una corretta comprensione delle verità contenute nei primi cinque dei Tredici Principi è perciò uno ''tzadik'', si godrà una porzione del Mondo a venire e, se non è un discendente di Abramo, Isacco e Giacobbe, allora è un non-ebreo ebreo.<ref>Per un importante testo da leggersi in tale prospettiva, si veda ''MT'' "Leggi dell'Anno Sabbatico e del Giubileo", 13:15: "Non solo la Tribù di Levi, ma ciascun essere umano individualmente, il cui spirito lo esorta e la cui conoscenza gli fornisce comprensione per mettersi a parte onde poter stare davanti al Signore, per servirLo, per adorarLo, e per conoscerLo, che cammina eretto come Dio lo ha creato che debba fare, e si libera dal giogo delle molte stolte considerazioni che assillano la gente — tale individuo è consacrato quanto il Santo dei Santi, e la sua porzione ed eredità sarà nel Signore per sempre. Il Signore gli concede adeguato sostentamento in questo mondo, parimenti a come Egli lo ha concesso ai sacerdoti e ai Leviti. Pertanto, invero Davide, pace a lui, dice: «Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: Tu sostieni quel che mi è toccato in sorte» (Salmi 16:5)." Cito Maimonide, ''Libro dell'Agricultura'', trad. {{en}} Klein, 403.</ref>
 
Ora possiamo ritornare a "Leggi del Rapporto Proibito", 14:4, e alla sua asserzione che i giusti sono Israele. Forse Maimonide allude al fatto che il Mondo a venire è custodito gelosamente solo per i giusti (individui moralmente perfezionati che riescono ad ottenere un livello minimo di perfezione intellettuale), che sono di certo Israele, ma Israele della mente, non solo Israele di discendenza.<ref>Non è una coincidenza che Maimonide citi il versetto: "Abramo piantò un tamerice in Bersabea, e lì invocò il nome del Signore, Dio dell'eternità" (Gen. 21:33) all'inizio della ''Guida'', all'inizio delle parti ii e iii della ''Guida'', all'inizio della ''Mishneh Torah'', e all'inizio di una dozzina dei suoi punti. Forse vuole intendere che gli ebrei devono emulare Abramo, che cercò di portare quante più persone possibile ad unirsi all'Israele della mente (Abramo certamente non cercava di "convertirle" a diventare suoi discendenti!). Su Abramo si veda "Leggi dell'Idolatria", 1:3, ed il comandamento positivo 3 nel ''Libro dei Comandamenti'' (dove purtroppo Maimonide non cita Gen. 21:33), come anche ''Guida'' ii.13 (p. 282) e iii.29 (p. 516). Sull'uso di questo versetto da parte di Maimonide si veda il commento nella nuova traduzione in ebraico della ''Guida'' di Michael Schwartz, vol. i, p. 4; cfr. anche Spiegel, ''Chapters'', 572-3, sull'uso del versetto non solo da parte dello stesso Maimonide, ma dai suoi discendenti e seguaci. In connessione con Abramo, bisogna notare che Yeshayahu Leibowitz trova una distinzione in Maimonide tra religione "abramitica" e "mosaica". Leibowitz vede la religione abramitica intesa per il mondo e la religione mosaica intesa per gli ebrei. Si veda Y. Leibowitz, "Maimonides: The Abrahamic Man", e W.Z. Harvey, "Leibowitz on Abrahamic Man".</ref>
 
Avendo chiarito questo apparente ostacolo testuale, possiamo ora ritornare a "Leggi dei Re", 8:11. Quel testo, ci si ricorderà, riporta quanto segue:
{{q|Chiunque accetti i sette comandamenti [Noachici] e li osserva scrupolosamente è un gentile giusto e ha una porzione nel Mondo a venire, a condizione che egli li accetti e li osservi poiché il Santo, che Egli sia benedetto, li ha comandati nella Torah e li ha resi a noi noti tramite Mosè nostro Maestro che i Noachidi erano stati comandati di obbedirli prima [che la Torah fosse data]. Ma se egli li osserva perché la ragione lo obbliga, egli non è uno straniero residente [''ger toshav''], né uno dei gentili giusti [''meḥasidei umot ha’olam''], ma uno dei loro uomini saggi.}}
{{q|...}}
Mi pare evidente che Maimonide non sta qui stabilendo criteri generali per chi avrà o non avrà una porzione nel Mondo a venire. Per poterlo comprendere, dobbiamo esaminare i due precedenti paragrafi:
{{q|'''9.''' ...per quel gentile che rifiuta di accettare quei sette comandamenti [Noachici] viene messo a morte se sotto nostro controllo.<br/>
'''10.''' Mosè nostro maestro lasciò la Torah ed i comandamenti solo a Israele, poiché sta detto "un'eredità è l'assemblea di Giacobbe" (Deut. 33:4), e a quelle altre nazioni che desiderano convertirsi, poiché sta detto: "Ci sarà una stessa legge e uno stesso rito per voi e per lo straniero [''ger'']" (Numeri 15:16). Ma colui che non desidera convertirsi non viene forzato ad accettare la Torah ed i comandamenti. Inoltre, Mosè, nostro maestro, fu comandato da Dio di obbligare tutti gli esseri umani ad accettare i comandamenti ingiunti ai discendenti di Noè. Chiunque non li accetti viene messo a morte.<ref. </ref>Da notare: Maimonide qui parla di uccidere un non-ebreo che si rifiuta di accettare i comandamenti noachici; checché se ne pensi di tale idea, il contesto della discussione è ovviamente la Terra di Israele sotto la sovranità ebraica.</ref> Colui che li accetta è uno designato in ogni luogo come straniero residente [''ger toshav'']. Egli deve dichiarare la sua accettazione in presenza di tre associati.<ref>Ebr. ''ḥaverim''; in altre parole, davanti ad un tribunale. Ciò sottolinea che il processo per diventare un ''ger toshav'' è simile al processo di conversione; il termine è quindi tradotto come "semi-convertito". Cito dal ''Libro dei Giudici'', trad. {{en}} Hershman, 230, con emendamenti.</ref>
Pertanto, nei paragrafi 9, 10 e 11, Maimonide distingue tra diverse classi di non ebrei:
# non-ebrei che rifiutano di accettare le leggi noachiche (e devono esser messi a morte);
# convertiti completi (''gerei tsedek'');
# uno che non desidera convertirsi e che non è forzato a farlo (ma deve accettare le leggi noachiche);
# i Noachidi (che formalizzano il proprio status in presenza di un tribunale);
# i Noachidi che accettano le sette leggi e sono scrupolosi nell'osservarle; questi sono chiamati "gentili giusti", a condizione che accettino le sette leggi perché furono date dalla Torah; tali individui hanno una porzione nel Mondo a venire;
# uno che accetta le sette leggi sulla base di considerazioni razionali e non è un ''ger toshav'', né un gentile giusto, bensì un gentile saggio.<ref>Per un'altra suddivisione si veda Korn, "Gentiles, the World to Come, and Judaism", 274.</ref>
 
Tre domande si presentano immediatamente:
:Qual'è la differenza tra i numeri 4 e 5?
:Il numero 4 ha una porzione nel Mondo a venire?
:Il numero 6 ha una porzione nel Mondo a venire?
 
Ai nostri fini, possiamo ignorare le prime due domande, sebbene siano intriganti, e concentrarci sull'ultima. Il testo su questa materia tace. Nehorai sostiene che proprio come il numero 5 è superiore al numero 4, così il numero 6 è superiore al numero 5 e chiaramentre ha una porzione nel Mondo a venire.<ref>Nehorai, "A Portion of the World to Come". In questo Nehorai segue Kook, ''Igerot hare’ayah'', 99-100. La posizione di Rabbi Kook qui fu precedentemente notata da W.Z. Harvey, "Response", 90: "Sembra chiaro che [secondo Maimonide in "Re", 8:11] sia i gentili giusti sia i gentili saggi hanno una porzione nel Mondo a venire, e che quest'ultimo gruppo, che comprenderebbe uomini come Aristotele e Alfarabi, hanno una porzione più sicura (cfr. Rav Kook, ''Letters'', vol. i, pp. 99-100)." Il testo di R. Kook viene citato in inglese in Korn, "Gentile, the World to Come, and Judaism", 277.</ref> Non siamo costretti a seguire questa interpretazione estrema (sebbene estremamente interessante) per poter constatare che Maimonide non dice nulla di esplicito riguardo alla nostra questione. Se avesse creduto che i membri della classe 6 non dovessero godere di una porzione nel Mondo a venire, non c'è ragione perché non lo abbia asserito esplicitamente. Dato che non lo dice, dato che il testo è ambiguo, e dato che per escludere i gentili saggi dal Mondo a venire dobbiamo ignorare le opinioni di Maimonide chiaramente enunciate su come gli esseri umani si guadagnano il proprio posto nel Mondo a venire, sembra chiaro che l'onere della prova spetta agli interpreti minimalisti di Maimonide, coloro che reputano che egli escluda i saggi gentili dal Mondo a venire.<ref>Levinger, ''Maimonides as Philosopher and Codifier'', 23 n. 7, interpreta Maimonide nello stesso nostro modo, come anche Henske, "On the Question of Unity", 48-50.</ref> In breve, "Leggi dei Re", 8:11, non sta in opposizione all'affermazione qui proposta, che parlando di "non-ebrei ebrei" stiamo interpretando Maimonide in maniera corretta, seguendo Steven Schwarzschild.
 
C'è un'altra ragione per accettare questa interpretazione di "Leggi dei Re", 8:11. Abramo, come viene descritto da Maimonide, scoprì Dio tramite ''hekhre’a hada’at'', convinzione ragionata. Egli portò inoltre i suoi contemporanei (Noachidi nel senso letterale stretto del termine) ad accettare il monoteismo mediante ''hekhre’a hada’at''. Si può quindi assumere che, secondo la visione di Maimonide, lo stesso Abramo e coloro che egli avvicinò a Dio, ottennero una porzione nel Mondo a venire. Questa, mi sembra, è una refutazione schiacciante di tutti coloro che vogliono leggere il nostro passo come escludesse i saggi non-ebrei dal Mondo a venire.
 
L'esito della discussione a questo punto è che Maimonide non distingue ...
 
 
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== Note ==
*''Legenda'': '''TB''' = [[w:Talmud babilonese|Talmud babilonese]]; '''TG''' = [[w:Talmud di Gerusalemme|Talmud gerosolimitano]]; '''''MT''''' = ''[[Mishneh Torah]]''; '''''Guida''''' = ''[[Guida dei perplessi]]''