Ebrei e Gentili/Teoria: differenze tra le versioni

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Maimonide implicitamente adotta una visione (in seguito tenuta esplicitamente da [[w:Levi ben Gershon|Gersonide]]) secondo cui quello che ci rende umani, e di conseguenza quello che sopravvive dopo la morte,<ref>Poiché di certo ciò che condividiamo con gli animali (le emozioni, per esempio) non sopravvive alla nostra morte.</ref> è ciò che conosciamo.<ref>Gersonide sosteneva che ciò che ci rende umani è la nostra conoscenza astratta. W.Z. Harvey ha dimostrato che, per Gersonide, "conta" qualsiasi conoscenza astratta, mentre per Maimonide deve essere la conoscenza di materie metafisiche. Si veda W.Z. Harvey, "Rabbi Hasdai Crescas". L'intellettualismo di Gersonide lo portò a deprecare l'importanza degli esseri umani ''vis-à-vis'' gli intelletti separati. Ciò sollevò molta ira contro di lui, ira che poteva benissimo essere diretta anche a Maimonide, dato che entrambi ragionavano identicamente in materia. Gli interpreti di Maimonide sono divisi sulla questione se pensasse o meno che fosse veramente possibile che chiunque potesse guadagnarsi una porzione nel Mondo a venire. Per una recente discussione, con rifrimenti a studi precednti, si veda l'ottimo H.A. Davidson, "Maimonides on Metaphysical Knowledge".</ref> Secondo questa opinione, il soggetto umano non conta nulla, mentre gli oggetti della conoscenza contano tutto. Questa posizione maimonidea-gersonideana scaturisce dall'adozione dell'idea che gli esseri umani sono animali razionali. Da ciò ne consegue che noi condividiamo con gli animali tutto quello che non è in noi razionale.
 
Quello che chiamerò comprensione "iper-intellettualista" (e quindi elitaria)<ref>L'elitarismo intellettualista di Maimonide è una caratteristica prominente e rinomata del suo pensiero.</ref> di Maimonide riguardo alla natura della natura umana è ben nota e non la esamineremo qui troppo a lungo.<ref>Per un pensatore medievale che interpreta Maimonide in questo modo, si veda Kellner, "Maimonides and Samuel ibn Tibbon". Tra i moderni, [[:en:w:Isaac Husik|Isaac Husik]] interpreta Maimonide in questo modo; si veda il suo ''History of Medieval Jewish Philosophy'', 299-300.</ref> Non c'è dubbio che egli accettiuaccetti la definizione aristotelica degli esseri umani come animali razionali. In termini del nostro ''genus'', noi siamo animali (in contrasto, per esempio, con un articolo di mobilia o con fenomeni meteorologici). La nostra differenza specifica, ciò che ci distingue da tutti gli altri membri del regno animale, è la nostra razionalità: il raziocinio. Tutto ciò che non è un riflesso diretto del pensiero razionale – speranze e paure, amore e odii, desideri, necessità, passioni – è una conseguenza della nostra natura animale.
 
Per poter capire la posizione di Maimonide in queste materie dobbiamo esaminare la sua teoria dell anima. Maimonide adottò una variante di un resoconto medievale aristotelico abbastanza standard della natura dell'anima umana. Secondo questo approccio gli umani nascono con un potenziale di apprendimento, che possono o meno attualizzare; è in questa capacità e nella sua attualizzazione che si basa la nostra umanità. Nasciamo con differenti capacità di apprindimento e di conoscenza; nella misura in cui attualizziamo tale capacità apprendendo verità astratte abbiamo veri intelletti — abbiamo in tal modo ''acquisito'' un intelletto. Se non riusciamo ad attualizzare il nostro potenziale intellettuale, questa capacità con cui siamo nati è sprecata e nulla sopravvive alla morte del nostro corpo.<ref>Una magistrale esposizione di queste materie vien fatta da H.A. Davidson, ''Alfarabi, Avicenna, and Averroes on Intellect''. Davidson discute di Maimonide a pp. 197-207.</ref>
 
 
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