Thomas Bernhard/Piacere: differenze tra le versioni

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La discussione di Schopenhauer sulla visione oggettiva, che richiede l'alienazione dal ''focus'' percepito, e sulla visione soggettiva, in cui le influenze circostanti non possono essere separate dallo spettatore, corrispondono alle idee precedentemente menzionate riguardo al dipinto e allo specchio. La vista richiesta quando ci si guarda in uno specchio differisce da quella richiesta quando si osserva un ritratto. La situazione di Reger nel Kunsthistorisches Museum corrisponde ai concetti di Schopenhauer di uno sguardo alienato:
{{q|La condizione in cui è possibile la comprensione oggettiva di qualcosa di percepito è l'alienazione da ciò che viene percepito; ma quando vediamo il nostro riflesso in uno specchio non siamo in grado di prenderne una visione alienata, perché questa visione dipende in ultima analisi dall'egoismo morale, con il suo profondo sentimento di ''non me'': così che quando vediamo il nostro riflesso, il nostro egoismo ci sussurra un precauzionale "Questo non è ''non-me'', ma ''me''", che ha l'effetto di un ''[[noli me tangere]]'' e impedisce qualsiasi comprensione puramente oggettiva.|Schopenhauer, ''op. cit.'', p. 172}}
Chiaramente, c'è una distanza tra loro, Reger e l'uomo nel ritratto, ma la distanza non porta alla conclusione che la visione di Reger sia oggettiva.
 
Reger è, in un certo senso, uno sconosciuto che osserva uno sconosciuto, ma Reger non separa e non può separare le sue esperienze di vita dalla sua visione del ritratto. All'apparizione di Reger come osservatore dell’''Uomo dalla barba bianca'', Atzbacher si ricorda di Reger, in un pesante cappotto con "in testa per tutto il tempo il suo cappello nero". Reger sta quindi "appoggiato al bastone che teneva stretto tra le ginocchia, completamente immerso nella contemplazione dell’''Uomo dalla barba bianca''..." (''AM'' p. 2). Reger, con il cappello nero e il cappotto che gli ricopre il corpo, sceglie di osservare un estraneo veneziano con una lunga barba bianca e un cappotto nero. Reger non è in grado di sentire il ritratto con alienazione perché non è mai veramente solo nella Sala Bordone e sembra che non riesca a separare le sue esperienze di vita dal soggetto del dipinto. Gli elementi che impediscono un qualsiasi ambiente "puro" o isolato nella Sala Bordone custodita da Irrsigler, includono l'afflusso costante di visitatori europei al museo, la guardia stessa, Atzbacher e il cittadino britannico del Galles. Pertanto, contrariamente alla posizione di Schopenhauer in merito alla possibilità di vedere qualcosa o qualcuno in modo obiettivo, Reger appartiene a quella che Barnet descrive come la "visione costruttivista", in cui uno crea, classifica e associa. Reger, sempre consapevole della propria esistenza quando osserva l’''Uomo dalla barba bianca'', non può impegnarsi in una visione obiettiva del dipinto.
 
Il dipinto, direi, fa appello a Reger come una riflessione speculare, facendo sì che il suo "egoismo morale" prenda atto delle somiglianze nel volto che lo guarda direttamente. Reger nota che il volto del ritratto indossa la barba ed è di un uomo alquanto anziano. Forse si identifica con l'immagine, mette in relazione l'immagine con se stesso e non è più in grado di essere obiettivo. Indipendentemente dal fatto che le visioni soggettive e oggettive esistano simultaneamente o meno per lo spettatore, Reger considera entrambe le visioni ed è in grado di usare le sue diverse prospettive per fare osservazioni multiple e, spesso, contraddittorie, che corrispondono all'enfasi che Bernhard pone su prospettive multiple in scrittura e teatro.
 
[[File:Rembrandt - Aristotle with a Bust of Homer - WGA19232.jpg|250px|right|thumb|''[[w:Aristotele contempla il busto di Omero|Aristotele contempla il busto di Omero]]'', olio di [[w:Rembrandt Harmenszoon Van Rijn|Rembrandt]] (1653)]]
La "tragica ricerca" di Reger o il desiderio di isolamento quando osserva il dipinto di Tintoretto ricorda l'articolo di Julius Held, "Rembrandt's Aristotle", che, come sottolineato in una [[Thomas Bernhard/Antichi maestri|Sezione precedente]], mostra Aristotele che si impegna in un "dialogo silenzioso" con il busto di Omero. In tale articolo, Held sottolinea l'importanza della ''privacy'' e della quiete interiore di Aristotele mentre contempla il busto di Omero. Held riconosce l'esistenza del momento indisturbato nell'umore solitario di Aristotele e ricorda le idee di Schopenhauer sull'"uomo d'intelletto" e la sua capacità di esibirsi: "Un uomo d'intelletto è come un artista che tiene un concerto senza alcun aiuto da nessun altro, suonando su un singolo strumento: un piano, diciamo, che è una piccola orchestra di per sé. Un uomo simile è un piccolo mondo di per se stesso; e l'effetto è prodotto da solo, nell'unità della propria consapevolezza."<ref>Schopenhauer, ''op. cit.'', p. 681.</ref> Un uomo, solo e senza desiderare compagnia, esegue egli stesso lo spettacolo; è sia solista che orchestra. Reger si adatta all'idea di Schopenhauer dell'"uomo d'intelletto" e alla nozione di Held dell'uomo che si impegna in un "dialogo silenzioso" con l'altro e con se stesso. Contiene un mondo di personaggi dentro di sé. È contemporaneamente un solista, impegnato nel suo monologo, e un intero pubblico, che continua a guardare la sua esibizione.
 
Reger nota i dettagli nel ritratto, nonché i dettagli relativi al mondo al di fuori della Sala Bordone e del Kunsthistorisches Museum. Reger subisce un tipo di osservazione e riflessione simile a quello esaminato da Held. Held sostiene che nel dipinto di Rembrandt, Aristotele sta intrattenendo un "dialogo silenzioso" con il busto di Omero. I pensieri del dialogo silenzioso di Aristotele "sono sia più generali – affrontando problemi di vasta portata e scelte morali – sia più concreti – derivanti da specifiche situazioni storiche. Il busto gioca un ruolo molto importante in questi pensieri, ma non è, di per sé, l'oggetto della contemplazione del saggio."<ref>Held, ''op. cit.'', p. 40.</ref> In ''Antichi Maestri'', il ritratto del Tintoretto ispira la contemplazione di Reger. Atzbacher, descrivendo Reger che osserva il quadro del Tintoretto, commenta: "Era sempre seduto sulla panca, col cappello nero in testa, immobile in effetti, ed era chiaro che ormai da parecchio non stava più osservando l’''Uomo dalla barba bianca'' ma qualcosa di completamente diverso dietro all’''Uomo dalla barba bianca'', non Tintoretto ma qualcosa di molto fuori dal museo..." (''AM'' p. 20). Il dipinto stimola l'intelletto di Reger quando inizia a pensare a famosi compositori austriaci, filosofi tedeschi, autori francesi e l'Olocausto. L’''Uomo dalla barba bianca'', come il busto di Omero, funge da trampolino per il suo spettatore, ispirandolo a ricordare momenti del passato, problemi esistenziali e questioni ideologiche.
 
Altri particolari che Held riconosce nel dipinto di Rembrandt corrispondono anche ai particolari del dipinto di Tintoretto. Per citarne uno, sia Aristotele che Tintoretto portano il segno di un'espressione seria. L'espressione seria dell’''Uomo dalla barba bianca'' influenza l'interpretazione del dipinto da parte di Reger e il suo modo di pensare. Mentre sta seduto di fronte all’''Uomo dalla barba bianca'', Reger commenta il suo peculiare modello di osservazione:
{{q|Ogni due giorni mi siedo sulla panca della Sala Bordone, naturalmente non tutti i giorni, perché sarebbe distruttivo, voglio dire se mi sedessi sulla paca della Sala Bordone ogni giorno, ciò distruggerebbe in me tutto ciò che apprezzo, e ovviamente nulla è più prezioso per me del pensare, penso quindi vivo, vivo quindi penso...|''AM'' p. 70}}
La serietà dell'espressione nel dipinto ne influenza il rapporto intellettuale di Reger. Held, commentando la serietà espressiva in ''Aristotele contempla il busto di Omero'', scrive: "Rembrandt ha adottato non solo i dettagli fisionomici esterni ma anche l'espressione seria, se non addirittura tragica, del modello".<ref>Held, ''op. cit.'', p. 29.</ref> Le espressioni serie in entrambi i ritratti inevitabilmente influenzano i pensieri dei rispettivi spettatori in quanto diventano tutti più contemplativi e sensibili alle tecniche pittoriche nel mondo della creazione artistica e alle questioni esistenziali che emergono nello studio della pittura.