Filosofia dell'amicizia/Ellenistico: differenze tra le versioni

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I benefici dell'amicizia romana spiegano perché, nel 112/111 p.e.v., il popolo della città greca di Epidauro fece eresse una statua in onore del suo concittadino Archelochos figlio di Aristofante. Poiché fu in seguito ai suoi sforzi che "amicizia e alleanza con i romani furono concluse per la città di Epidauro".<ref>''Ibid.'', "Epidauros honors one of its prominent citizens", p. 55.</ref> Tali benefici spiegano anche il consiglio di [[w:Plutarco|Plutarco]] agli statisti greci:
{{q|non solo lo statista dovrebbe mostrare se stesso e il suo stato nativo irreprensibile verso i nostri sovrani [i romani], ma dovrebbe anche avere sempre un amico tra gli uomini di alta stazione che hanno il più grande potere come baluardo fermo, per così dire, della sua amministrazione; poiché i romani stessi sono alquanto desiderosi di promuovere gli interessi politici dei loro amici.<ref>Plutarco, ''[[w:Precetti politici|Precetti politici]]'', 814C. Parleremo ancora dell'amicizia politica nella Grecia romana in seguito, quando ritorneremo a Plutarco.</ref>}}
A questo punto dobbiamo esaminare l'amicizia personale come veniva effettivamente praticata e vissuta dai Greci del periodo ellenistico e romano. Qui abbiamo più materiale basilare da cui attingere rispetto al periodo classico. Mentre gli usi politici del discorso-''philia'' potevano essersi spostati date le nuove forme politiche del periodo ellenistico, ci fu molta continuità quando si trattava di amicizia personale e relazioni tra parenti consanguinei.
 
Una fonte di informazioni su tale amicizia sono i documenti conservati su papiro. Katherine Evans ha esaminato questi documenti per informazioni su come i termini "amico" e "amicizia" venivano usati nelle situazioni di vita reale. Evans ha scoperto che era normale che un uomo fungesse da delegato per il suo amico in affari e in questioni ufficiali e che tale persona si prendesse cura della famiglia del suo amico mentre questo era via. Inoltre, gli amici prestavano spesso servizi reciproci, in particolare "il prestito, il finanziamento, la raccolta e il trasporto di denaro". Infine, Evans osserva che le donne si riferiscono agli uomini come amici in una serie di documenti.<ref>Katherine Evans, "Friendship in Greek Documentary Papyri and Inscriptions: A Survey", in John T. Fitzgerald (cur.), ''Greco-Roman Perspectives on Friendship'', Scholars Press, 1997, pp. 181–202, a pp. 189–90, 194, 198.</ref>
 
È possibile raccogliere ulteriori prove da aggiungere ai risultati di Evans. Queste mostrano che sono sopravvissute altre caratteristiche dell'amicizia del periodo classico. In una lettera ai sacerdoti di Tebetunis, [[w:Posidonio|Posidonio]] menziona "l'amicizia ereditaria che hai con me dai vecchi tempi" (99 p.e.v.). Posidonio aggiunge: "Quindi, qualunque cosa tu abbia bisogno, istruiscimi e io ti esaudirò volentieri".<ref>John L. White, ''Light from Ancient Letters'', Fortress Press, 1986, p. 89.</ref> Ciò dimostra che i rapporti ereditari di amicizia erano ancora riconosciuti e continuavano a costituire la base di un obbligo di agire. In un frammento di lettera (2 p.e.v.), l'autore dice al destinatario "devi assisterlo [Damas] a causa della nostra amicizia",<ref>''Ibid.'', pp. 110.</ref> indicando che l'assioma dominante della ''philia'' – "aiutare gli amici" – era ancora saggezza comune e che c'era un'"economia dell'amicizia" personale parallela a quella politica. In un'altra lettera, un figlio prodigo penitente chiede a sua madre di perdonarlo. Scrive: "È solo per perdonare gli amici che inciampano" (II secolo [[w:e.v.|e.v.]]),<ref>''Ibid.'', p.181.</ref> a indicare che il vocabolario della ''philia'' si estendeva ancora alle relazioni familiari.
 
La testimonianza di queste lettere concorda con gli storici contemporanei del periodo. Che il principio di "aiutare gli amici/danneggiare i nemici" governasse ancora la relazione di ''philia'' è chiaramente illustrato dallo storico [[w:Polibio|Polibio]] (ca. 200-2008 p.e.v.). Egli osserva che – mentre un uomo buono dovrebbe amare i suoi amici e il suo paese e odiare in comune con i suoi amici i loro nemici – lo storico dove ignorare questa convenzione comune. Come storico, potrebbe essere obbligato piuttosto innaturalmente a parlare bene dei suoi nemici e a criticare i suoi amici.<ref>Polibio, ''Hist.'' 1.14.4–5.</ref> Come abbiamo notato, i club politici cessarono di avere lo stesso significato che avevano avuto nel periodo classico. Ma ciò non significa che simili associazioni civiche abbiano scavalcato il linguaggio dell'amicizia. Polibio commenta fino a che punto fossero arrivate le cose in Beozia nel 192 p.e.v. Alcuni uomini che erano morti senza figli non avevano lasciato in eredità le loro proprietà ai loro parenti più stretti, come era stata la pratica in passato, ma invece avevano lasciato i loro soldi ai loro gruppi di amici per viaggiare e pranzare. Perfino uomini con famiglie lasciavano grandi porzioni delle loro tenute ai loro club cenacoli. Tali club erano così popolari e dotati di risorse ben adeguate, diceva Polibio, che molti [[w:Beozia|beoti]] avevano più appuntamenti prandiali di quanti fossero i giorni del mese!<ref>''Ibid.'', 20.6.5–7.</ref>
 
Oltre alle lettere, possiamo forsanche trovare informazioni sull'amicizia personale, come era effettivamente praticata e vissuta dai greci ellenistici e romani, dalla poesia del tempo. Molte di queste poesie descrivevano l'amicizia personale come un attaccamento intimo ed emotivo. Ad esempio, [[w:Teocrito|Teocrito]] (ca. 308–240 p.e.v.) scrisse ''Idilli'' (Εἰδύλλια) 28 per accompagnare un regalo a un'amica sposata, Theugenis. Teocrito concluse la poesia come segue:
{{q|''Vedendo questo [dono] qualcuno dirà: "in effetti esiste<br/> un grande affetto in un piccolo dono;<br/> e tutto ciò che viene dagli amici è prezioso".''}}
Nonostante i possibili dubbi che i filosofi avrebbero potuto esprimere sulla possibilità di ''philia'' tra uomini e donne, Teocrito sembra comunque sincero nell'affetto per la sua amica sposata.
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100 Katherine Evans, ‘Friendship in Greek Documentary Papyri and Inscriptions: A Survey’ in
John T. Fitzgerald (ed.), Greco-Roman Perspectives on Friendship, (Atlanta, Georgia:
Scholars Press, 1997), pp. 181–202, at pp. 189–90, 194, 198.
101 John L. White, Light from Ancient Letters (Philadelphia: Fortress Press, 1986), p. 89.
102 Ibid.,, pp. 110.
103 ibid., p.181.
104 Polybius, Hist. 1.14.4–5.
105 Ibid., 20.6.5–7.
106 Peter Jay (ed.), The Greek Anthology (Harmondsworth: Penguin Classics, 1982), p. 93.
107 Anth. Pal. 9. 401
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<references/></div>
 
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