Non c'è alcun altro/Dio Redime: differenze tra le versioni

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Al posto della dottrina della risurrezione fisica, molti ebrei moderni hanno abbracciato una dottrina ebraica ugualmente antica che si originò nella filosofia greca, la dottrina dell'immortalità dell'anima. Alla morte, le nostre anime lasciano il corpo e si uniscono a Dio; ciò costituisce l'immortalità umana.<ref>Per questa sezione ed una visione completa degli insegnamenti ebraici sulla vita dopo la morte si vedano: George W.E. Nickelsburg, ''Resurrection, Immortality, and Eternal Life in Intertestamental Judaism'', Harvard University Press, 1972; Simcha Paull Raphael, ''Jewish Views of the Afterlife'', Jason Aronson, 1994; Neil Gillman, ''The Death of Death: Resurrection and Immortality in Jewish Thought'', Jewish Lights, 1997; Eugene B. Borowitz, ''Liberal Judaism'', Union of American Hebrew Congragations, 1984.</ref>
 
Per quanto riguarda la morte finale della morte, tale tema emerge nella strofa conclusiva (Versetto 10) dell'inno pasquale '''''Chad Gadya''''' ("Un solo capretto"), che conclude il seder di Pesach. In questa strofa, il Santo Benedetto viene rappresentato che distrugge l'Angelo della Morte. La potenza di Dio rimarrà quindi incontestata, anche dalla morte.<ref>Per il testo e rispettivo commentario si vedano {{en}}: ''The Jewish Encyclopedia'' (1906, NY) vol. 8 p. 190 ''s.v.'' "Had Gadya"; Birnbaum, Philip, ''The Birnbaum Haggadah'' (1976, NY, Hebrew Publ'g Co.) p. 156 ("phrased in the simplest style of Aramaic-Hebrew"); similmente, Birnbaum, Philip, ''Encyclopedia of Jewish Concepts'' (1975, NY, Hebrew Publ'g Co.) p. 203, s.v. ''Had Gadya''; Cohen, Jeffrey M., ''1001 Questions and Answers on Pesach'' (1996, NJ, Jason Aronson Inc.) p. 173 ("a variation of a popular German folk song, .... its Aramaic is faulty,..."); Guggenheimer, Heinrich, ''The Scholar's Haggadah'' (1995, NJ, Jason Aronson Inc.) p. 390 ("questionable Aramaic"); Glatzer, Nahum N., ''The Schocken Passover Haggadah'' (1996, NY, Schocken Books) p. 119 ("written in poor Aramaic with a scattering of Hebrew words...."). Mia è la traduzione italiana.</ref>
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|valign=top| Che mio padre comprò per due zuzim.<ref>''Zuz'' (זוז; pl. ''zuzzim'' זוזים) era un'antica moneta d'argento ebraica coniata durante la rivolta di Bar Kochba, ma anche il nome ebraicebraico di vari tipi di monete d'argento non ebraiche, usate prima e dopo la rivolta. Cfr. David Instone-Brewer, 2007. ''Traditions of the Rabbis from the Era of the New Testament'', 2007, 20.</ref>
|valign=top| ''dizabin abah bitrei zuzei.''
|valign=top| ''dəzabbīn abbā biṯrē zūzē.''
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|valign=top dir=rtl| דְּזַבִּין אַבָּא בִּתְרֵי זוּזֵי
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Questo intero dramma escatologico dovrà accadere sotto l'egida di un re umano particolarmente dotato o, in altre tradizioni, un essere divino o semidivino che poi venne chiamato [[w:Messia nell'ebraismo|Messiah]] (in ebraico ''mashiach'' מָשִׁיחַ, o "unto", perché in antichità, e ancor oggi, i sovrani sono incoronati ungendoli con olio). È Dio che, nel Suo tempo, manderà il Messiah. Fino a quel momento, non ci rimane altro che aspettare la sua venuta.
 
Ci siamo ora spostati molto al di là del senso nazionale stretto, originale, della redenzione. Tutte le escatologie sono intrinsecamente espressioni mitiche — metafore complesse, immaginative, che ci portano molto oltre la nostra esperienza umana quotidiana, oltre ciò che non potremo mai sperare di vedere coi nostri occhi. Come per tutti i grandi miti, il loro scopo è di aiutarci ad infondere nelle nostre vite il tipo di significato che non possiamo mai pretendere di ottenere tramite la sola ragione. A questo punto, il tema della redenzione diventa profondamente religioso nel significato più intenso di tale termine; si confronta con il problema persistente posto dall'esistenza umana, il senso che le nostre vite ed il mondo che abitiamo sono, in qualche modo profondo, imperfetti. Tutte le escatologie sono visioni di un'età del cosmo nel contesto del caos che pervade la vita umana mentre la viviamo qui e ora. Impongono ordine sull'anarchia, significato sull'insensatezza. Se Dio è veramente Dio, allora questo Dio deve avere un potere redentivo.
 
==Il mondo non è ancora redento==
Che Dio sia un Dio redentore testimonia la Sua potenza, ma tale potenza redentiva è stranamente ambigua, poiché se la potenza redentiva di Dio sarà manifesta solo alla fine dei giorni, allora l'implicazione inevitabile è che qui ed ora la potenza di Dio non è completamente manifesta. Il versetto conclusivo del profeta Zaccaria ({{passo biblico|Zaccaria|14:9}}) con cui concludiamo ogni servizio di culto ebraico formale e che abbiamo studiato a lungo nel capitolo 1, ha qui un' implicazione importante. Il contesto è una descrizione vivida del "giorno del Signore", una caratterizzazione profetica comune per l'età che segnerà il culmine della storia conosciuta. La visione è apocalittica: le strutture familiari della natura saranno capovolte; non ci sarà né luce solare né chiaro di luna, soltanto un giorno continuo; Dio farà guerra contro le nazioni malvagie e le distruggerà con flagelli. Tutti i sopravvissuti faranno un pellegrinaggio a Gerusalemme per adorare il Dio di Israele. E poi "il Signore sarà re di tutta la terra e ci sarà il Signore soltanto, e soltanto il suo nome", o come riportano altre traduzioni, in quel giorno "il Signore soltanto sarà adorato e invocato col Suo vero nome."
 
Tutto ciò succederà "in quel giorno", ma quel giorno non è ancora arrivato. Al tempo in cui fu fatta la profezia – Zaccaria visse nel sesto secolo p.e.v. – la maggioranza degli Israeliti vivevano ancora in Persia, e sebbene Gerusalemme ed il Tempio iniziavano ad essere ricostruiti, i morti non erano ancora risorti, né "soltanto" Dio era adorato da tutte le nazioni della terra. Né altri accadimenti profetizzati a lungo e che dovevano caratterizzare l'età ideale, erano ancora avvenuti. Né sono avvenuti nel nostro tempo presente, quando continuiamo a recitare questo versetto giornalmente.
 
Confrontiamo qui la stessa ambiguità che abbiamo visto in tutto questo nostro studio. In teoria, la potenza di Dio è assoluta; in pratica, ben lungi dall'esserlo. Alla fine dei giorni, la potenza di Dio sarà manifesta; oggi però, nel tempo storico, rimane tenue. Dio potrà anche essere un Dio redentore, ma la piena manifestazione di tale redenzione sta nel futuro indefinito.
 
L'ambiguità è riflessa dalle varie forme in cui appare la parola ebraica di "redentore", ''[[:en:w:goel|goel]]'', nella liturgia. Riesaminiamo le parole finali delle due benedizioni redentrici che abbiamo studiato ''supra'', quella che segue la recitazione dello ''Shema'' e quella che conclude la narrazione di Pesach. In entrambe, la parola appare nel tempo verbale passato: ''ga`al'', tradotto "ha redento" e si riferisce alla redenzione divina di Israele dalla schiavitù egiziana. C'è inoltre una benedizione di redenzione nella ''amidah'' giornaliera e lì appare nel tempo presente, ''goel'', tradotto "Redentore di Israele" o "Che redime Israele".In questo contesto, il significato sembra essere che, sebbene Dio possa non essere in procinto di redimere Israele qui e ora, Dio ha comunque il potere di redimere Israele. In pari vena, la seconda benedizione della ''amidah'' parla di Dio, "Che porta un redentore ai figli dei figli [d'Israele]". Di nuovo il verbo è al tempo presente.
 
==Insieme nella redenzione==