Non c'è alcun altro/Dio Cambia: differenze tra le versioni

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==Cambiare le metafore==
Abbiamo iniziato questo capitolo evidenziando che non siamo la prima generazione di ebrei ad essere a disagio per come Dio appare nei nostri testi classici. Ciò che abbiamo tracciato fin qui è il percorso seguito dai nostri antenati nell'interpretare tali testi. Abbiamo citato porzioni di testo e poi dimostrato come una nuova prospettiva di tale testo sovverta il suo significato originale. Nel primo esempio, il processo viene esposto a riflettere lo sviluppo storico attraverso i secoli. Nel secondo, l'intero processo è chiaramente nella mente dell'autore sin dall'inizio. Questo accade probabilmente perché l'autore medievale aveva tutta la progressione davanti a lui quando iniziò a scrivere.
 
Quello che è cambiato, quindi, non è Dio ma le nostre immagini di Dio. È di certo allettante suggerire che questi cambiamenti sono per il meglio, che rappresentano crescita e maturazione – prima per gli esseri umani e poi per proiezione – da parte di Dio. Ci sentiamo sicuramente meglio con le nuove immagini di quanto non lo fossimo con le vecchie, ma tale affermazione implica che il nostro stesso sistema di valori è superiore a quello dei testi originali e dei loro autori. Può essere, o forse no.
 
Ciò che è molto più importante è che i cambiamenti sono provocati da una necessità profondamente umana — il bisogno centrale delle Grandi Festività di ripulire le nostre coscienze, di iniziare l'anno nuovo senza i fardelli dei nostri fallimenti passati, di sapere che Dio è infinitamente comprensivo, compassionevole e indulgente di un'umanità che erra. In poche parole, non potremmo convivere col Dio delle prime narrazioni di Genesi, e neanche col Dio di Esodo 34:6-7, il Dio che non si mette a difesa dell'umanità nel tribunale celeste. Le metafore cambiano perché esigiamo che cambino.
 
Da notare anche il ruolo centrale della liturgia. La liturgia rappresenta il fulcro dello sviluppo teologico. Gli ebrei si incontrano col libro di preghiere quotidianamente, molto più spesso di quanto non si incontrino con Bibbia o Talmud. Più di qualsiasi altro testo, è il libro di preghiere che modella la sensibilità ebraica. Ecco perché, a tutt'oggi, il nostro posto nella gamma di possibili identità religiose ebraiche che abbondano intorno a noi, diventa più chiaro quando ci confrontiamo con le parole di una preghiera specifica in una versione specifica del libro di preghiere e determiniamo di potere o meno recitare una data preghiera, appartenendo quindi ad una data comunità invece che ad un'altra con un differente libro di preghiere. Per essere accettato, ogni cambiamento significativo nel pensiero ebraico deve infine trovare la sua espressione liturgica.
 
Concludendo, il fatto che i nostri progenitori si sentirono liberi di trasformare o persino sovvertire alcune immagini classiche dell'ebraismo riguardo a Dio, ci legittima a fare lo stesso. Perché, una volta ancora, stiamo cambiando non Dio ma piuttosto le nostre immagini in evoluzione di come Dio ci appare oggi, nel nostro contesto storico e culturale. Se gli antichi potevano dire che, per loro, Dio non poteva essere sentito soltanto come punitivo, allora possiamo dire, per esempio, che Dio non dovrebbe essere rappresentato esclusivamente in termini maschili. Alcuni di noi saranno d'accordo, altri no. Alcuni cambieranno la liturgia, altri no. Tale tensione è fonte di vitalità.
 
==Note==