Non c'è alcun altro/Introduzione: differenze tra le versioni

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L'ego funziona nell'ambito di una teoria complessa che cerca di spiegare il comportamento umano. Quegli psicologi che accettano tale teoria credono che per poter spiegare ciò che vermanete vedono – il modo in cui si comportano gli esseri umani – devono costruire un mondo interiore che non vedono esplicitamente ma che deve essere lì. Tuttavia, nessun psicologo che usa questa teoria negherebbe che ci sia una "esteriorità" all'ego. Nessuno asserirebbe che l'ego sia una fabbricazione fantasiosa o un'invenzione. Due presupposti sono necessari per vedere l'ego: una convinzione che ci sia un ego là fuori da vedere e che uno sia sufficientemente addestrato all'osservazione del comportamento umano per sapere cosa cercare quando ricerca l'ego.
 
I credenti in Dio sono come gli psicologi: anche loro vogliono spiegare ciò che vedono esplicitamente — in questo caso, l'immagine ultima, l'intero complesso della natura, la storia e l'esperienza umana viste come un tutto integrato. Per spiegare tutto questo, i credenti devono postulare che al di là di ciò che vedono, esiste un mondo invisibile che deve proprio esserci se quello che vedono ha senso. Parte di questo mondo invisibile include una realtà che chiamano Dio.
 
Non c'è modo di rovare obiettivamente e conclusivamente che Dio esiste. Per secoli i filosofi hanno provato a escogitare tali prove, ma con poco successo. Per percepire Dio, allora, uno deve (1) far senso del mondo, (2) credere che la visione ultima sia un tutto integrato, (3) credere che il mondo sia coerente ed abbia senso, e (4) credere che la ragione per cui è coerente – in verità, il principio stesso della sua coerenza – sia l'esistenza di una realtà che chiamiamo Dio e che questo Dio possa essere "veduto" grazie alla nostra esperienza del mondo. Anche se tale Dio non può essere visto direttamente, può però essere "visto" come l'ego viene visto dallo psicologo. Come l'ego, Dio non è un oggetto ma più come una configurazione che permea tutte le cose e le soffonde. Come l'ego è elusivo, così lo è Dio; ecco perché necessitiamo di una serie di metafore per immettere questo Dio nella nostra coscienza, proprio come usiamo metafore per far concretizzare l'ego.
 
Infine, come lo psicologo, il credente deve avere una certa raffinatezza, cultura o formazione, una consapevolezza di cosa cercare. Senza tale formazione, tutte le ricerche del mondo non servirebbero a nulla. L'intero compito della formazione religiosa può essere riassunta così: è il tentativo di formare le persone in modo che vedano il mondo soffuso dalla presenza di Dio, come lo psicologo è addestrato a vedere l'ego nel comportamento di un bambino. I credenti, come gli psicologi, sono membri di una comunità che vede il mondo in un dato modo. La comunità dei credenti è durata infinitamente di più di quella degli psicologi e – usando un criterio certamente pragmatico – il loro modo di concepire il mondo ha funzionato molto bene per aiutare la gente nelle varie epoche e culture a far senso del mondo e della propria esperienza umana. Tale conclusione potrebbe non essere vera oggettivamente, ma è abbastanza vera da dissipare qualsiasi nozione che Dio sia soltanto un'invenzione umana. E quanto detto è praticamente l'unica "prova" disponibile della questione.
 
Rispondere alla domanda "Chi è Dio?" vuol dire studiare le possibilità del complicato sistema metaforico che gli ebrei hanno utilizzato per far senso del mondo e delle proprie vite, man mano che questo sistema si sviluppa attraverso le generazioni.<ref>Per questa sezione specifica, si veda Arthur Green, ''Seek My Face: A Jewish Mystical Theology'', Jewish Lights Publishing, 1997, ''passim''; Neil Gillman, ''Sacred Fragments: Recovering Theology for the Modern Jew'', Jewish Lights Publishing, 2<sup>a</sup> ed., 2004, 17-28; Isaac Breuer, ''Concepts of Judaism'', cur. Jacob S. Levinger, Israel Universities Press, 1974, 86-90.</ref>
 
==Note==