La dimensione artistica e cosmologica della Mishneh Torah/Da teoria a storia: differenze tra le versioni

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e continua ad elencare le allusioni che ha trovato.<ref>Heschel cita anche un'associazione molto precedente dello spirito santo con Maimonide, in ''Ma`amar yikavu hamayim'' di Samuel ibn Tibbon. Sulle allusioni ai segreti della creazione presenti nella ''Guida'', Ibn Tibbon scrisse: "è come se mi fossero pervenuti tramite lo Spirito Santo" (Heschel, ''Prophetic Inspiration'', 124). L'originale è: ''ukhe `ilu ba li beruaḥ hakodesh'' (Ibn Tibbon, ''Ma`amar yikavu hamayim'', 9). Tra l'altro, nella sua prefazione al libro di Heschel, Moshe Idel sottolinea un'ambiguità nell'espressione ''ruaḥ hakodesh'': non è sempre chiaro se viene usata metaforicamente, "ad accrescere l'autorità di un certo tipo di insegnamento", o se il significato inteso sia "un sentimento di rivelazione dall'alto nel vero senso della parola" (''Prophetic Inspiration'', p. ix).</ref> La nozione di Heschel che Maimonide avesse aspirazioni profetiche non ha ottenuto molti consensi, ma alla luce di quello che abbiamo qui asserito circa la forma della ''Mishneh Torah'', vale la pena di ricordarla.
 
Una caratteristica cardinale della dottrina maimonidea della profezia è che tutti i profeti dopo Mosè derivano la propria legittimità dalla legge di Mosè e le loro profezie hanno forza solo nell'ambito dello scopo permesso dalla legge. Un profeta non può introdurre cambiamenti permanenti alla legge,<ref>"Leggi delle Fondamenta della Torah", 9:1.</ref> e non può invocare una percezione profetica – da voce celeste, per esempio – ai fini di risolvere una controversia sulla legge in un dato caso.<ref>"Leggi delle Fondamenta della Torah", 9:4.</ref> Tale è l'opinione di Maimonide riguardo alla tradizione, ben fondata nel Talmud,<ref>Vedi per es. TB ''BM'' 59''b'', alluso in "Leggi delle Fondamenta della Torah", 9:4, mediante la frase biblica "non è in cielo" (Deut. [[passo biblico|Deut|30,12}}).</ref> e chiaramente intesa inoltre per contrastare le asserzioni cristiane ed islamiche di un nuovo ordinamento divino. Queste limitazioni tuttavia non si applicano al profeta ''in quanto'' profeta. Non significa che la stessa persona non possa essere sia profeta che saggio, e in quest'ultima capacità impegnarsi in questioni giuridiche sullo stesso piano di altri saggi, usando gli stessi strumenti di logica e interpretazione. I profeti biblici erano, dopo tutto, parte della catena di trasmissione della legge.<ref>Mishnah ''Avot'' 1:1, e si vedano le introduzioni di Maimonide sia al suo ''Commentario alla Mishnah'' e alla ''Mishneh Torah''.</ref> Inoltre, Maimonide osserva che un profeta non ha necessariamente una missione pubblica; la profezia può essere solo materia di illuminazione personale.<ref"Leggi delle Fondamenta della Torah", 7:7; ''Guida'' ii.37 (p. 375): "A volte la rivelazione profetica che perviene al profeta lo rende solo perfetto e nient'altro. E a volte la rivelazione profetica che gli perviene lo spinge a rivolgersi al popolo, ad insegnare al popolo e fare in modo che la sua perfezione trabocchi verso il popolo."</ref> Rimane quindi aperta la possibilità di un saggio posseduto da qualità profetiche. In tal modo Kreisel interpreta il ritratto che Maimonide fa di Rabbi [[w:Giuda il Principe|Judah il Principe]] nell'introduzione al ''Commentario alla Mishnah'':
 
{{q|In modo significativo, Maimonide nell'introduzione al suo ''Commentario alla Mishnah'' tratta R. Judah il Principe, compilatore della Mishnah, come una persona il cui intelletto e la cui perfezione morale furono superati solo da Mosè. Attribuendogli tutte le qualifiche di profezia, Maimonide essenzialmente indica che mentre non ci furono profeti ''pubblici'' postbiblici, coloro che possedevano la perfezione prefetica continuarono a sorgere sul palcoscenico della storia. Funzionarono da grandi saggi. R. Judah il Principe è il modello di tale saggio. Il prodotto della sua attività ebbe un impatto singolare sia nel conservare che nell'adattare la Legge al suo periodo. Più di una qualsiasi figura postbiblica, egli servì da modello a Maimonide per la propria attività.<ref>Kreisel, ''Maimonides' Political Thought'', 27. Una speculazione: Maimonide si descrive nel suo prologo di prosa ebraica rimata alla ''Epistola allo Yemen'' come ''katan mikotnei ḥakhmei sefarad'', "l'ultimo dei minori tra i Saggi di Spagna" (''Letters'', cur. Shailat, 82). In TB ''Suk.'' 28''a'', R. Yohanan ben Zakai viene descritto come ''katan shebekulan'' "il minore [più giovane?] di tutti loro", cioè degli ottanta discepoli di Hillel; ma naturalemente toccò a lui salvaguardare l'erudizione ebraica dalla catastrofe della distruzione del Secondo Tempio. Maimonide si identificò forse con questo precedente salvatore del popolo ebraico in tempo di crisi come anche con R. Judah il Principe, e alluse così nella sua lettera, con un espressione che è autoironica ma, allo stesso tempo, automitizzante?</ref>
 
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==Riassunto==