Torah per sempre/Cosa è la verità: differenze tra le versioni

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'''3. Pragmatica'''. La verità è quello che funziona. [[w:Charles Sanders Peirce|Charles S. Peirce]] (1839-1914) scrisse che "qualsiasi ipotesi... può essere ammissibile, in assenza di una qualche ragione del contrario, ammesso che sia passibile di verifica sperimentale e solo in quanto suscettibile di tale verifica"; parimenti, "la massima del [[w:Pragmatismo|pragmatismo]] è che un concetto può non avere effetto o significato che differisca da quello di un altro concetto eccetto in quanto... possa plausibilmente modificare la nostra condotta pratica differentemente da quel secondo concetto".<ref>Peirce, ''Collected Papers'', 5:197; 5:196; 5:414.</ref> Perice in seguito chiamò questa teoria "pragmaticismo" per distinguerlo dall'"[[w:William_James#Empirismo tradizionale e empirismo radicale|empiricismo radicale]]" dell'amico [[w:William James|William James]] (1842-1910) (sebbene James stesso distinguesse chiaramente tra i due), nonché dall'uso più popolare del "pragmatismo"; sperava che il "pragmaticismo" fosse "abbastanza brutto da essere salvaguardato dai rapitori" — infatti così è successo.
[[File:William James b1842c.jpg|80px|left|William James, 1910]]
James, insieme a [[w:John Dewey|John Dewey]] e a [[w:Ferdinand Canning Scott Schiller|F. C. S. Schiller]], prese l'idea di Peirce e la sviluppò, ma non sempre nel modo in cui Peirce avrebbe desiderato facesse. James scrive:
{{q|La verità di un'idea non è una proprietà stagnante in essa inerente. La verità accade ad un'idea. Diventa vera, è resa vera dagli eventi. La sua verità è infatti un evento, un processo: il processo cioè di se stessa che si verifica, la sua veri-ficazione. La sua validità è il processo della sua con-valida.<ref>James, ''Pragmatism'', 97.</ref>}}
Questo comincia a sembrare come l'opinione in seguito esposta da [[w:Positivismo logico|positivisti logici]] come [[w:Alfred Jules Ayer|A. J. Ayer]] (1910-1989), che sosteneva che verità e verifica erano praticamente la stessa cosa. La verifica, per loro, è un criterio generale di significato; un'affermazione ha significato solo se è verificabile in linea di principio. Tuttavia, i pragmatici non usavano il criterio di verificabilità per sostenere che affermazioni non verificabili, come quelli su Dio e l'aldilà, fossero insensati.
 
'''4. Morale'''. Convinzioni morali ed etiche si dicono giuste o sbagliate, piuttosto che vere o false. Se qualcuno mi chiedesse di rubare o non rubare, I risponderei che "È sbagliato rubare"; sarebbe stupido rispondere "Rubare non è la verità." Me se qualcuno mi chiedesse "È vero che rubare è sbagliato?" I risponderei di sì. I filosofi dibattono la condizione logica dei giudizi morali, incluse domande se siano più come sensazioni soggettive invece di percezioni di realtà oggettiva, o se siano espressioni di comportamento ed emozione piuttosto che asserzioni di qualcosa di esterno e indipendente da persone fisiche.
'''4. Morale'''. ... ...
 
[[File:Herodot detail.JPG|80px|left|Erodoto, busto romano dell'epoca imperiale (II sec. e.v.)]] [[w:Erodoto|Erodoto]] (484-420 p.e.v.) osservò che le [[:en:w:Endocannibalism|Callatiae]], tribù dell'India, mangiavano i corpi dei propri genitori come segno di rispetto e si sarebbero inorriditi al consiglio di cremarli, mentre i greci cremavano i propri morti e si sarebbero inorriditi al consiglio di mangiarli;<ref>Erodoto, ''[[w:Storie (Erodoto)|Storie]]'', 3:38. Erodoto ha forse travisato i fatti, ma l'argomentazione è comunque valida.</ref> da ciò Erodoto concluse che i giudizi morali sono relativi a società specifiche. Tuttavia, l'opinione che i gidizi morali siano vincolati alla cultura non comporta la conclusione che tali giudizi siano soggettivi. L'illustrazione di Erodoto può essere presa a comprovare il contrario: a dimostrazione che il rispetto degli avi è una virtù umana universale, comune a tutte le società. Il relativismo culturale non implica relativismo morale; il relativismo sorge quando ci chiediamo come un valore universale si possa applicare ad una società particolare.
 
'''5. "Profondità" spirituale'''. Frequentemente, quando confrontati da un'obiezione ragionevole contro una qualche loro affermazione, mistici, cabbalisti e simili annuiranno saggiamente con la testa, dicendo "Ah! Ma ha un ''significato profondo''; concela una ''verità profonda''!" La risposta adatta a tale spiegazione non è un sì o un no, ma Aaah! (o se tale spiegazione non piace, Uffa! con relativa smorfia).
 
'''6. Verità estetica'''. Questa viene ben illustrata dalla strofa di [[w:William Wordsworth|Wordsworth]]: "To me the meanest flower that blows can give | Thoughts that do often lie too deep for tears",<ref>Wordsworth, "Ode: Intimations of Immortality", sez. XI. {{it}} ''Per me il fiore più meschino che soffia può dare | Pensieri che spesso si trovano troppo in profondità per le lacrime''.</ref> o anche da Keats: "Beauty is truth, truth beauty".<ref>Keats, "Ode on a Grecian Urn", sez. V. {{it}} ''Bellezza è verità, verità bellezza''.</ref> Di nuovo, in risposta non si può dire sì o no, ma solo sospirare apprezzando o gemere disapprovando.
 
'''7. Verità psicologica e sociale'''. Certe azioni sono emotivamente appaganti anche se non motivate dalla ragione; sembrano "giuste". Molto spesso ciò accade quando uno ha fatto una qualche "buona azione", come un'offerta generosa in beneficienza, oppure offrire le proprie ossequie ad un funerale.
 
[[File:Tzedakah (charity) box, Charleston, 1820, silver, National Museum of American Jewish History.JPG|130px|left|Cofanetto della Tzedakah (carità), Charleston, 1820, argento, ''National Museum of American Jewish History'']]
 
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'''48. MoraleVerità mitologica'''. ... ...
 
==Consistenza e "duplice verità"==