Storia della letteratura italiana/Questione della lingua tra Trecento e Cinquecento: differenze tra le versioni
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== Dal ''De vulgari eloquentia'' al dibattito cinquecentesco ==
[[File:Portrait de Dante.jpg|thumb|left|Sandro Botticelli, ritratto di Dante, 1492]]
L'origine del dibattito può ricercarsi nel ''De vulgari eloquentia'' di [[../Dante Alighieri|Dante]], dove si riprendeva
È interessante osservare che Dante nella propria opera letteraria non tentò di "inventare" un volgare pan-italiano, bensì utilizzò il nativo fiorentino, pur criticando a livello teorico il toscano: «''si tuscanas examinemus loquelas [...] non restat in dubio quin aliud sit vulgare quod querimus quam quod actingit populus Tuscanorum''», cioè «se esaminiamo le parlate toscane [...] non c'è dubbio che altro sia il volgare che cerchiamo rispetto a ciò cui attinge il popolo toscano».<ref>''De vulgari eloquentia'', Liber XIII, 4.</ref>
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Si possono citare, fra i tratti non pan-italiani del fiorentino di quel tempo:
* il condizionale di tipo ''canterei'' rispetto a ''cantaria'';<ref>{{cita libro | autore=Gerhard Rohlfs
* la prima persona del presente indicativo unificata con il congiuntivo: ''parliamo'', ''viviamo'', ''finiamo'' (< ''-eamus'', etc..), rispetto all'analogico: *''parlamo'', *''vivemo'', *''finimo'' (< -''amus'', ecc.).<ref>{{cita libro | autore=Gerhard Rohlfs
Tuttavia, nel corso del Quattrocento si perse memoria del ''De vulgari eloquentia'', che sopravviveva in pochissimi esemplari. Quando nel 1529 [[../Gian Giorgio Trissino|Gian Giorgio Trissino]] lo ripropose in una sua traduzione alla pubblica opinione, molti sostennero che Dante non avrebbe mai potuto scrivere tale opera, accusando Trissino di mistificazione. Nel frattempo la questione si era riaperta e sviluppata per altre vie grazie all'affermarsi del volgare toscano. Per la scelta di quale lingua utilizzare
* la corrente detta ''cortigiana'' sosteneva di dover usare la lingua parlata nelle corti del Quattrocento e del Cinquecento (il maggior esponente è stato Vincenzo Calmeta, autore di un trattato ''Della volgar lingua'' oggi perduto);
* la corrente ''fiorentina'' sosteneva che i fiorentini fossero portatori della lingua «più vaga e gentile»;
* la corrente secondo cui il latino era la lingua superiore.
In pieno Umanesimo la questione della lingua si fece più accesa, anche in conseguenza dell'avvento della stampa che rendeva necessaria una norma coerente e omogenea a livello nazionale. A quel tempo Venezia era la capitale europea dell'editoria, in contrasto con Firenze. Fu proprio da queste due città che nacquero le due maggiori scuole di pensiero, veneta e toscana: la prima affermava il suo predominio a livello europeo nell'editoria e quindi nella comunicazione, la seconda rivendicava la cittadinanza dei grandi letterati trasformatori della lingua (Dante, Petrarca, Boccaccio). Sempre al modello fiorentino, ma a quello contemporaneo, si ispirava la posizione espressa da [[../Niccolò Machiavelli|
== L'affermazione del modello bembiano ==
[[File:Bembo, Pietro (1470-1547) p. 029.png|thumb|Pietro Bembo in un'incisione di Jean-Jacques Boissard, ''Bibliotheca chalcographica'', 1652-1669
Punto di svolta fu la pubblicazione delle ''Prose della volgar lingua'' di [[../Pietro Bembo|Pietro Bembo]] (1525), il quale, seppur veneziano di nascita, propose come lingua il toscano trecentesco, lingua letteraria per eccellenza, punto di comunicazione tra gli autori del passato e i posteri. In precedenza, Bembo aveva disputato con Pico della Mirandola sul modello da adottare per il latino, individuando in Cicerone e Virgilio i punti di riferimento a cui attenersi, rispettivamente, per la prosa e la poesia. In particolare, riprendendo una tesi sostenuta da
▲[[File:Bembo, Pietro (1470-1547) p. 029.png|thumb|Pietro Bembo in un'incisione di Jean-Jacques Boissard, Bibliotheca chalcographica, 1652-1669, p. 29]]
▲Punto di svolta fu la pubblicazione delle ''Prose della volgar lingua'' di [[../Pietro Bembo|Pietro Bembo]] (1525), il quale, seppur veneziano di nascita, propose come lingua il toscano trecentesco, lingua letteraria per eccellenza, punto di comunicazione tra gli autori del passato e i posteri. In precedenza, Bembo aveva disputato con Pico della Mirandola sul modello da adottare per il latino, individuando in Cicerone e Virgilio i punti di riferimento a cui attenersi, rispettivamente, per la prosa e la poesia. In particolare, riprendendo una tesi sostenuta da [[w:Paolo Cortese|Paolo Cortese]] contro Poliziano, aveva affermato che era necessaria una imitazione totale, che portasse l'imitatore a diventare simile in tutto e per tutto al suo modello.<ref>Giuseppe Petronio, ''L'attività letteraria in Italia'', Firenze, Palumbo, 1970, p. 263.</ref>
Passato a occuparsi del volgare, Bembo applicò la medesima "teoria dell'imitazione" e indicò come modelli [[../Giovanni Boccaccio|Boccaccio]] e [[../Francesco Petrarca|Petrarca]] (di cui Bembo possedeva l'autografo del ''Canzoniere''). Il terzo modello, Dante, fu escluso sia perché il lessico da lui utilizzato era più vasto e meno
Bembo, in sintesi, propendeva per il
Nelle ''Prose'' viene inoltre dedicato ampio spazio alle teorie linguistiche diffuse tra Quattrocento e Cinquecento, allo scopo di fare emergere come migliore la teoria fiorentinista arcaizzante. In particolare, a chi sosteneva la superiorità del fiorentino contemporaneo perché più naturale, Bembo obbiettò il rischio di contaminazione della lingua letteraria con elementi popolari, a cui i fiorentini non potevano essere immuni.<ref name="Marazzini"/> La questione si risolse di fatto con l'affermazione del modello bembiano, e quindi con la sanzione della lingua letteraria toscana. Il successo fu sancito anche grazie alla pubblicazione della terza edizione dell'''Orlando Furioso'', che fu revisionato da [[../Ludovico Ariosto|
Si registrarono tuttavia reazioni negative a Firenze, dove vigeva una fiducia assoluta nella parlata locale e veniva visto con sospetto il fatto che un veneziano desse le regole del volgare toscano. Tra le risposte a Bembo si ricorda la ''Difesa della lingua fiorentina'' di
Fu con l'''Ercolano'' di
== Note ==
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