La religione greca/Le teologie dei filosofi: differenze tra le versioni
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====Le teologie dei filosofi e loro fondamento nello sviluppo della cultura religiosa occidentale====
L'importanza fondamentale delle teologie dei filosofi per la religione greca è un fatto ampiamente dimostrato.
{{quote|Le idee teologiche dei più antichi filosofi si presentano come parte della storia della filosofia e come un capitolo importante della storia della religione greca|Werner Jaeger. ''La teologia dei primi pensatori greci''. Firenze, La Nuova Italia, 1982, p. 10}}
Esse comportano un cambiamento radicale del pensare religioso, anche se ciò non comporta conseguenze pratiche.
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Purtuttavia, come nota Jan N. Bremmer, seppur per molti secoli ancora i riti greci onoreranno gli dèi raccontati dai miti, la religione tradizionale greca non si riprenderà più dalle critiche dei filosofi.<ref>{{quote|These ideas transformed the ways people would think about religion. Greek rituals may still have been practiced for many a century, but the traditional views of Greek religion would never recover from the attacks of the Greek philosophers.|Jan N. Bremmer. Greek Religione - [Further considerations]'', in ''Encyclopedia of Religion'', vol.6, 2005, NY, Macmillan, p. 3685}}</ref>
Tale cambiamento produrrà una nozione di Dio, razionale, comprensibile mediante l'adozione di uno specifico stile di vita. A tale conclusione era già giunto lo storico francese Jules Michelet (1798-1874): {{quote|La religione greca finisce col suo vero dio: il saggio.|Jules Michelet, citato in Pierre Hadot, ''Esercizi spirituali e filosofia antica'', Torino, Einaudi, 2005, p. 13|La religion grecque finit par son vrai Dieu: le sage.|lingua=fr}}
Laddove Pierre Hadot la intende come «la Grecia supera la rappresentazione mitica che aveva delle sue divinità, nel momento in cui i filosofi concepiscono in modo razionale Dio secondo il modello del saggio.»<ref>Cfr. Pierre Hadot. ''Esercizi spirituali e...'', p. 13</ref>.
I "filosofi" antichi non corrispondono all’idea comune e moderna del "filosofo"<ref>Ritenere che la "filosofia" sia una disciplina sistematica con procedere teorico è un atteggiamento moderno ereditato dal Medioevo, quando, con la scolastica, la "teologia" si è differenziata semanticamente dalla "filosofia" svuotando quest'ultima degli esercizi spirituali destinandoli all'alveo della "mistica", restituendo invece al lemma "filosofia" solo il rango di ''ancilla theologiae'', ovvero il ruolo di fornire il materiale teorico alla riflessione teologica. Ad esempio il cristianesimo delle origini indicava sé stesso come φιλοσοφία (cfr. Pierre Hadot, ''Esercizi spirituali e filosofia antica'', p. 67) e non ancora come ''religio'' (cfr. Michel Despland, ''Religione. Storia dell'idea in Occidente'', in ''Dictionnaire des Religions'' (a cura di Jacques Vidal). Parigi, Presses universitaires de France, 1984. In italiano: ''Dizionario delle religioni''. Milano, Mondadori, 2007, pagg. 1539 e segg.)
Così Socrate è ἄτοπος (''átopos'' "non qualificabile") perché è filosofo e quindi amante della σοφία (''sophía''), la sapienza, che risultando perfetta non può che essere divina e quindi non di pertinenza umana: è proprio l’amore (φιλία, ''philía'') per questa sapienza estranea al mondo che rende estraneo al mondo lo stesso filosofo<ref>Cfr. Pierre Hadot. ''Esercizi spirituali e filosofia antica'', p.12.</ref><ref>Eugen Fink ricordando come anche Hegel intendeva la filosofia come "mondo capovolto" (cfr. G.W.F. Hegel ''Fenomenologia dello spirito'') aggiunge: «ai tempi di Talete essa era già tale e si trovava in contrasto con le opinioni della massa, non in una saccenteria presuntuosa e arrogante, ma nella rischiosa impresa di lasciar andare il fondamento portante della familiarità dell'ente e di esporsi alla problematicità del mondo. In ciò la filosofia antica diviene accessibile solo a un contegno che a sua volta filosofa.» (Eugen Fink. ''Le domande fondamentali della filosofia antica'', Roma, Donzelli,
La comparsa del pensare filosofico è tradizionalmente segnalata con le opere dei cosiddetti "presocratici" <ref>Da evidenziare come il termine di "presocratici" sia moderno. La prima opera in cui si trova l'espressione "età presocratica" corrisponde all'<nowiki></nowiki>''Allgemeine Geschichte der Philosophie'' di Johann Augustus Eberhard del 1788. A tal proposito occorre rammentare la lezione di Giorgio Colli il quale ricorda che tali autori venivano indicati nell'antichità col termine di "sapienti" (σοφοί), cfr. ''Criteri dell'edizione'' in ''La sapienza greca'' Milano, Adelphi.</ref>, a seguire con Socrate e i "sofisti" si avviano delle vere e proprie scuole "filosofiche"<ref>La "scuola filosofica «si presenta come una organizzazione chiusa, regolata e autosufficiente. Era una "comunità nella comunità", in cui si svolgevano non solo lo studio e il dibattito, ma l'esistenza stessa di scolarchi e adepti.» Luciano Canfora, ''La trasmissione del sapere- Le scuole dei filosofi'' in ''Storia Einaudi dei Greci e dei Romani''
====Testi scritti e insegnamenti orali====
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