Utente:Xinstalker/sandbox11: differenze tra le versioni
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Nell'autunno del 1924 la studentessa diciottenne Hannah Arendt giunge da
{{q|Cara signorina Arendt! Questa sera devo tornare a farmi vivo con lei e a parlare al suo cuore. Tutto tra di noi deve essere schietto, limpido e puro. Soltanto così saremo degni di aver avuto la possibilità di incontrarci. Il fatto che lei sia stata mia allieva e io il suo insegnante è soltanto l’occasione esteriore di quello che ci è accaduto. Io non potrò mai averla per me, ma lei apparterrà d’ora in poi alla mia vita, ed essa ne trarrà nuova linfa. Noi non sappiamo mai ciò che possiamo diventare per gli altri attraverso il nostro essere. Forse tuttavia una meditazione può chiarire quale azione di distruzione e ostacolo esercitiamo. Non possiamo sapere quale via prenderà la sua giovane vita. Dobbiamo rassegnarci a questo. E la mia devozione nei suoi confronti deve soltanto aiutarla a rimanere fedele a se stessa.|'' Hannah Arendt Martin Heidegger, lettere 1925-1975'', traduzione di Massimo Bonola. Torino, Edizioni di Comunità, 2001, p.3}}
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{{q|Ti ho dimenticata - non per indifferenza, non a causa di circostanze esteriori che si siano intromesse, ma perché sono stato costretto a dimenticarti e ti dimenticherò ogni qual volta mi ritroverò a dover lavorare con assoluta concentrazione. Non è una questione di ore o di giorni, ma è un processo che si prepara nel corso di settimane e mesi, e poi va spegnendosi. E questo distacco da tutte le cose umane e l'interruzione di tutti i rapporti è, per quanto concerne il lavoro creativo, l'esperienza più grandiosa che io conosca tra tutte quelle umanamente possibili - e la più infame che possa capitare in rapporto alle situazioni reali della vita. È come se ti strappassero il cuore dal petto mentre sei perfettamente cosciente. E la cosa più grave è che questo isolamento non si può giustificare appellandosi ai risultati da esso raggiunti, perché non ci sono criteri per poterli misurare e perché non si può semplicemente mettere sulla stessa bilancia la rinuncia alle relazioni umane. Tutto questo, invece, va sopportato - facendo in modo che se ne parli il meno possibile anche con chi ci è più intimo. E sotto il peso di questo isolamento necessario, desidero ogni volta anche un isolamento esteriore -direi quasi un ritorno soltano apparente tra gli uomini- e la forza per mantenere una definitiva e duratura lontananza da essi. Infatti soltanto in questo modo essi potrebbero essere preservati da qualsiasi sacrificio e dal fatto di essere necessariamente respinti.|'' Hannah Arendt Martin Heidegger, lettere 1925-1975'', p. 38}}
Tuttavia, alla fine del semestre invernale 1925/1926, la Arendt lascia Marburgo per trasferirsi ad
{{q|Ciò che voglio dirti adesso non è altro, in fondo, che un'esposizione pura e semplice della situazione. Ti amo come il primo giorno - tu lo sai e io l'ho sempre saputo, anche prima di questo nostro incontro. Il cammino che mi avevi indicato è più lungo e difficile di quanto pensassi. Richiede tutta una lunga vita. La solitudine di questo cammino è volontaria ed è l'unica possibilità di vita che mi è concessa.|'' Hannah Arendt Martin Heidegger, lettere 1925-1975'', p. 47}}
La lettera della Arendt si chiude con i versi del 43° sonetto dei ''Sonnets from the Portuguese'' di
Il 26 settembre 1929 Hannah Arendt e un altro allievo di Heidegger, Günther Stern (meglio noto il nome di
Nell'inverno del 1932/1933 Hannah Arendt scrive una lettera a Heidegger chiedendogli se fossero vere alcune dicerie su sue presunte condotte "antisemite", non conserviamo il testo della lettera della Arendt, ma conserviamo la risposta di Heidegger:
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